Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 90
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A FRATE UAIMONOO iDA CAPUA ’ n.
dell’ordine de’predicatori.
I. Lo prega ed esser segnitatore ed amatore della Verità con saula perseveranza e senza alcuno timore serbile.
)l. Lo conforta a sperare la riformazione della santa Chiesa, specialmente in ordine ai suoi ministripastori.
III. Racconta lungamente una sua visione, e le risposte che ella ebbe dall’ istesso. Iddio intorno a quattro petizioni della sua orazione; la prima in ordine alla santa Chiesa, la seconda in ordine al bone universale di tutto il mondo: la terza in ordine alla salute’dtgli uomiui e specialmente dei (leccatori!
la quarta in ordine ad un caso accaduto ad un particolare, facendole conoscere Iddio come questo e tutti gli altri disastri egli ce li manda per nostro bene.
IV. Lo ragguaglia come dopo la visione s’era addormeutata, e così dormendo imparò » scrivere.
La qual lettera apparisce essere stata scritta in astrazione.
Al nome di Jcsu Cristo crocifisso e di Maria dólce.
I. viralissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Jesù.
Jo Catarina, serva e schiava de’servi dì Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi seguitatole ed amatore della verità, acciocché siate vero figliuolo di Cristo crocifisso, il (piale ò essa \ 17 verità e fiore odorifero nell’Ordine santo, e nel corpo mistico della santa Chiesa, e così dovete essere. E non si debba lassare, nò voliere il capo indietro per le spine delle molte persecuzioni, perocché troppo sarebbe matto colui che lassasse la rosa per timore della spina. Il mio desiderio è di vedervi virile, senza timore d’ alcuna creatura.
II. So’certa" per i infinita bontà di Dio, che adempirà il desiderio mio. Confortatevi, carissimo padre, nella dolce Sposa di Crislo, perocché quanto abonda più in tabulazioni ed amaritudine, tanto più promette la divina A erità di farla abondare in dolcezza ed in consolazioni; e questa sarà la dolcezza sua, la reformazióne de’ santi e buoni pastori, i quali sono fiori di gloria, cioè che.rendono odore e gloria di virtù a Dio. Questa è la reformazioue del fiore de’ suoi ministri e pastori, ma non n’ha bisogno il frutto di questa Sposa d’ essere riformato, perocché non diminuisce nè guasta mai per li difetti de’ ministri. Sicché dunque godete nell’amaritudine, poiché la verità ci ha promesso di darci refrigerio dopo l’amaritudine e la consolazione che io ebbi, ricevendo la ietterà del dolce babbo e vostra, perocché amaritudine ebbi per lo danno della Chiesa e per la vostra amaritudine, la quale avevo inteso molto intrinsicamente il dì di santo Francesco (^); ed ebbi allegrezza perchè mi traeste di molto pensiero, unde lette le lettere, ed inteso tutto, pregai una serva di Dio ($)3 che offerisse lagrime e sudori dinanzi da Dio per la Sposa e per la infirmità del babbo.
III. Unde subito per divina grazia le crebbe uno desiderio ed una allegrezza sopra ogni modo, ed aspettando che venisse la mattina per aver la messa, che era il dì di Maria (C), e venuta 1 ora della messa, si pose nel luogo suo con vero coguoscimento di sè, vergognandosi dinauzi da D*o della sua imperfezione; e levando sé sopra di sè ( D) con ansietato desiderio, e speculando con l’occhio dell’intelletto nella Verità i8 esterna dimandava ine quattro petizioni tenendo sè ed il padre suo dinanzi alla Sposa della Verità, e prima la riformazione della santa Chiesa. Allora Dio, lassandosi costrignere alle lagrime, e legare alla fune del desiderio,’ diceva: Figliuola mia dolcissima, vedi come ha lordata la faccia sua con la immondiziacon l’amor proprio, ed enfiata per superbia ed avarizia di coloro che si pascono al petto suo; ma tolle le lagrime e lo sudore tuo, e traile dalla fontana della di* vinamia carità, e lavale la faccia, perocché io ti prometto che non le sarà rendufo la bellezza sua col coltello, nè con crudelità, nè con guerra, ma con la pace; ed umili e continue orazioni, sudori e lagrime, gittate con ansietato desiderio de’ servi miei; e così adempirò il desiderio tuo con molto sostenere, ed in neuna cosa vi mancarà la mia providenzia. E poniamo clic in questo si contenesse la salute di tutto quanto il mondo, nondimeno l’orazione si distendeva più iti particulare, di’ mandando per tutto quanto ii mondo. Allora Dio mostrava con quanto amore aveva creato 1’ uomo; e diceva.
l’ira del divino giudicio. E sappi che neuno può esche dalle mie mani, e però apre l’occhio dell’intelletto, e mira nella mia mano. E levando 1 occhio, vedeva nel pugno suo rinchiuso tutto l’universo mondo; e poi diceva. Io voglio che tu sappi che neuno me no può esser tolto, perocché tutti stannò o per giustizia, o per misericordia, sicché tulli sono mici; e perchè sono esciti di me, amoli ineffabilmente, e farò lo’misericordia col mezzo de* servi miei. Allora crescendoci fuoco del desiderio stava quasi beata e dolorosa, e rendeva grazie alla divina bontà, quasi eognoscendo che Dio le avesse manifes-lalo i diluiti delle
conivano senza alcuna pena, perchè non avevano il peso della propria volontà, c quesli erano i veri figliuoli, i quali abbandonati loro medesimi, andavano coii ansielato desiderio, cercando solo l’onore di Dio e la salute dell mime. F.d e quei dcH’afietlo loro tenevano ed andavano per Crisio crocifisso, che era
altro, nè cercare se non Cristo crocifisso, così questi cotali sono debili, ed allentano l’andare del santo desiderio, quando si veggono levare dinanzi dalla mente loro l’obietto del diletto e delle proprie consolazioni, unde giugnendo poi le politure, o di tentazioni del dimonio, o delle creature, o di loro medesimi d’una tenerezza spirituale che hanno, vedendosi privati di quella cosa che amavano, vengono meno, ed indebiliscono nella via di Cristo crocifisso; perocché in Cristo / crocifisso hanno voluto seguitare il Padre, e gustare la dolcezza delle molte consolazioni, perchè nel Padre non può cadere pena, ma sì nel Figliuolo, e però dicevo che seguitavano il Padre, e vedovasi che non si poteva r.medire la debilezza loro, se non seguitassero il Figliuolo, e così diceva la Verità eterna; io dico che neuno può venire a me, se non per questo mezzo dell’unigenito mio Figliuolo, perocché elli è colui che v’ha fatta la via, la quale dovete seguitare. Elli è via, verità e vita, e questi che vanno per questa via guS.
Caterina. Opere. T. V. . z stano e cognoscono la Verità, e gustano l’amore ineffabile che ioT ho mostrato nelle pene che elli ha sostenute per loro. Sai bene, che se io non v’ avessi amati, non v’averei dato sì fatto ricomperatore, ma perocché eternalmente io v’amai, però posi e diedi all’obbrobriosa morte della croce questo unigenito mio Figliuolo; il quale coH’obedienzia sua e con la morte, consumò la disobbedienzia d’Adam e la morte dell’ umana generazione. E così cognoscono la mia verità, e cognoscendo la verità, seguitano la verità, e così ricevono la vita durabile, perché sono tenuti per la via di Cristo crocifisso, e gionti, e passati per la porta, della verità, e trovansi nel mare pacifico co’ veri gustatori.
e servire; e se non studia in cognoscere sè, dove meglio cognosce la larghezza ed abondanzia della mia carità? non cognoscendo non ama, e non amando non ini serve, unde esso fatto che è privala di me, perchè non può slare senza amore, ritorna al miserabile proprio di sè medesimo. Costoro fanno come il cane, che poiché ha mangialo vomita, e poi per la immondizia sua pone l’occhio sopra’l vomito, e piglialo, e così immondamente si notrica: cosi costoro negligenti posti in tanta tepidezza hanno vomitato per timore della pena e fracidumi de’peccati per la santa confessione, cominciando uno poco di volere entrare per la via della Verità, unde non andando innanzi, conviene che tornino addietro; vollendo 1 occhio dell’intelletto al vomito di prima, sonosi levati del vedere la pena, e tornali a vedere il diletto sensitivo, per la quale cosa hanno perduto il timore; e però si ripigliano il vomito, nutricando gli afi’elti e desiderj loro delle proprie immondizie, unde saranno mollo più reprensibili e degni di punizione costoro che gli altri. Or così so’ofleso cosi iniquamente dalle mie creature, e però voglio, figliuoli carissimi, che non allentiate i desiderj vostri, ma crescano, notricandovi in su la mensa del santo desiderio. Levinsi i veri servi miei, ed imparino ila me, Verbo, a ponersi le pecorelle smarrite in su la spalla portandoli con pena e con molle vigilie, ed orazioni, e cosi passarete per me, che so’ponte, come detto è, e sarete sposi e figliuoli della mia Verità; ed io vi infondarò una sapienzia con uno lume di fede, il quale vi darà perfetto cognoscimento della Verità, unde acquis la rete ogni perfezione. E poiché alla benignità e pietà di Dio piacque di manifestare sè medesimo, c le cose
24 scerete sue, alle quali cose, padre dolcissimo, la lingua ci viene meno, o l’intelletto pare che si offuschi, tanto è assottigliato il suo vedere; il desiderio vive spasimato, intanto che tutte le potenzie dell’ani* ma gridano a una di volere lassare la terra, poiché c’è tanta imperfezione, drizzarsi e giognere al fine suo a gustare co’veri cittadini la somma eterna Trinità, ove si vede render gloria e loda a Dio; ove rilucono le virtù, la fame e lo desiderio de’veri ministri e perfetti religiosi, i quali stettero in questa vita come lucerna ardente posta in sul candelabro della santa Chiesa, a render lume a tutto quanto il mondo. Oimè, babbo, quanta differenzia era da loro a quelli che sono al dì d’oggi, de’quali si lamentava con zelo di grande giustizia, dicendo: Costoro hanno preso la condizione della mosca, che è tanto brutto animale, la quale ponendosi in su la cosa dolce ed odorifera non si cura, poiché ella è partita di ponersi in su le cose fastidiose ed immonde: così questi iniqui sono posti a gustare la dolcezza del sangue mio; e non si curano poi che sono levati dalla mensa dell’altare, e da conservare, e ministrare il corpo mio e gli altri sacramenti della santa Chiesa, i quali sono odoriferi, pieni di dolcezza e di grande suavità, in tanto che dà vita all’anima che il gusta in verità, e senza esso non può vivere; essi dico, essi non si curano di ponersi in tanta immondizia, quanto pongono la mente ed i corpi loro, che non tanto che ella putì a me tanta iniquità, ma le dimonia hanno a schifo questo peccato tanto miserabile.
Poiché la divina bontà, carissimo padre, sopra le tre petizioni ebbe risposto, come detto è, rispose alla quarta petizione, che si domandava, dimandando i’ajutorio e la providenzia di Dio, che provedesse in alcuno caso cliera divenuto d’alcuna creatura, il quale per scritto non vi posso coniare, ma con la parola viva vel dirò, se già Dio non mi facesse tanto ili grazie e di misericordia, che 1’ anima mia si partisse da questo miserabile corpo prima che io vi vedesse; il
quale è una legge perversa, che sempre impugna con* tra Io spirito, e voi sapete bene, ch’io dico la verità, sicché grazia mi sarebbe a esserne privata. Dicevo e dico, che la A entà eterna si degnò di rispondere alla quarta ed all* ansielalo desiderio che dimandava, dicendo!
Figliuola mia, providenzìa non rnancarà mai a chi la vorrà ricevere, ciò sono coloro che perfettamente sperano in me: costoro sono quelli che mi chiamano in verità, non solamente con la parola, ma con affetto e col lume della santissima fede: non gustaranno me nella providenzia mia coloro che solamente col suono della parola mi chiamaranno signore, signore; perocché io loro, se con altra virtù non mi dimandano, non cognoscerò e non saranno cognosciuti da me per misericordia, ma per giustizia. Sicché io ti dico, che la mia providenzia non li mancarà, se esse speraranno in me; ma io voglio che tu venga con questa pazienzia, e me li conviene portare loro e l’altre mie creature, le quali io ho creato alla imagine e similitudine mia, con tanta dolcezza d’ amore; unde aprendo 1’ occhio deH’intelletto. per obedire al comandamento suo nelr abisso della sua carità, allora si vedeva come elli era somma eterna Bontà, e come per solo amore aveva elli creati e ricomperati del sangue del Figliuolo suo tutte le creature che hanno in sé ragione, e con questo amore medesimo dava ciò che elli dava, tabulazione e consolazione. Ogni cosa era. data per amore e per provedere alla salute dell’ uomo, e non per alcuno altro fine, e diceva: il sangue sparto per voi vi manifesta, che questo é la verità, ma essi acciecati per lo proprio amore che hanno di loro, si scandalizzano con molta impazienzia, giudicando in male, ed in loro danno e ruina, ed in odio quello che io fo per amore e per loro bene per privarli delle pene eternali, e per guadagno dare loro vita eterna: perche dunque si lagnano di me, ed odiano quello che debbano avere in reverenzia, e vogliono giudicare gli occulti miei giudizj, i quali sono tutti dritti; ma essi fanno come lo 26 cieco, che col tallo della mano, ed alcuna volta col sapore del gusto, ed alcuna volta col suono della voce vorrà giudicare in bene ed in male, secondo il suo infermo e piccolo cognoscere; e non si vorrà attenere a colui che ha lume, ma come matto vuole andare col sentimento della mano, che è ingannala nel suo toccare, perchè non ha lume in discernere il colore; e così il gusto s’ inganna, perchè non vede l’animale immondo che si pone in sul cibo. L’ orecchia è ingannata nel diletto del suono, e perchè non vede colui che canta, il quale con quello suono non guardandosi da lui per lo diletto, gli può dare la morte!
così fanno costoro quasi come acciecati e perduto il lume della ragione, toccando colla mano del sentimento sensitivo i diletti del mondo gli pajono buoni, ma perchè egli non vede, non s’agguarda, che elli è uno panno ammischiato di molte spine e di molta miseria di grandi affanni, intanto che’l cuore che lo possiede è incomportabile a sè medesimo; così la bocca del desiderio, che disordinalamenle l’ama, gli pajono dolci e soavi a prenderli, eve su l’animale immondo di mólti peccali mortali, che fanno immonda l’anima; unde se elli non va col lume della fede a purificarla nel sangue, n’ha morte elernale: l’udire e l’amore proprio di sè, che gli fa un dolce suono, perchè l’anima corre dietro all’amore della propria sensualità; ma perchè non vede è ingannala dal suono, e trovasi menalo nella fossa legato col legame della colpa nelle mani de’ nemici suoi, perocché come acciecati del proprio amore, e con la fidanza che hanno posta nel loro proprio amore e sapere, non s’ attengono a me, che so’via e guida loro, e io’ vita e lume, e chi va per me non può essere ingannato, nè andare per la tenebre. Non si fidano di me, che non voglio altro che la loro santi-’ fica ’/ione, e lo’ do e permetto ogni cosa per amore, e sempre si scandalizzano in me, ed io con pazienzia gli porlo e gli sostengo, perchè io gli amai senza essere amalo da loro; ed essi sempre mi perseguitano con molta impazienzia, odio e mormorazioni, e con molta infidehtà, e voglionsi ponere a investigare secondo il loro parere, e vedere cieco gli occulti miei giudizj, i quali sono tutti fatti giustamente, e per amore, e non cognoscono ancora loro medesimi, e però veggono falsamente, perocché chi non cognosce sè medesimo, non può cognoscere me, nè le giustizie rnie in verità. Vuoi.
figliuola, ti mostri quanto il mondo è ingannato dei misterjmiei? Or apre rocchio deH’intelIetlo, e ragguarda in me; e mirando con ansietalo desiderio dimostrava la dannazione di colui, per cui era addivenuto il caso, e di cui era pregato dicendo: Io voglio che tu sappi, che per camparlo dall’ eterna dannazione, nella quale tu vedi che elli era, io gli permisi questo caso, acciocché col sangue suo nel sangue mio avesse vita; perocché non avevo dimenticato la rivcrenzia ed amore che aveva alla mia dolcissima madre Maria: sicché dunque per misericordia l’ho fatto quello che gl’ignoranti tengono in crudelità, e tutto quello lo’addivicne per lamore proprio di loro, il quale li ha tolto il lume, e però non cognoscono la Verità; ma se essi si volessero levare la nuvola, la cognosciarebbero ed andrebbero, e così averebbero ogni cosa «n reverenzia, e nel tempo della ricolta ricorrebbero il frutto; ma in tutto, ed in questo, ed in ogni altra cosa, figliuoli miei, adempirò il desiderio vostro con mollo sostenere, e la mia providenzia sarà presso di loro, poco ed assai secondo la misura che essi si confìdaranuo in me, e ciò che io provederò più che la misura loro non tiene, il farò per adempire il desiderio de’servi miei, che per loro mi pregano; perocché io non sono dispregiatore di coloro che umilmente m’addimandano o per loro, o per altrui; e però io t’invito a chiedere misericordia a me per loro e per tutto quanto il mondo.
Concepite, figliuoli, e parturite il Figlinolo dell’umana generazione, con odio e dispiacimento del peccalo, e con affocatospasimato amore. 0 carissimo c dolcissimo padre, allora vedendo ed udendo tanto dalla
a8 dolce prima Verità, il cuore per mezzo pareva che si partisse. Io muojo e non posso morire: abbiate compassione della miserabile figliuola, che vive in tanto stento per tanta offesa di Dio, e non ha con cui sfogarsi, se non che lo Spirito Santo m’ha proveduto dentro da me con la clemenzia sua, e di fuore m’ ha provedulo di spassarmi con lo scrivere. Confortianci tutti in Cristo dolce Jesù, e le péne ci sieno refrigerio, e accettiamo con grande sollicitudine il dolco invitare e senza negligenzia: padre dolce, rallegratevi, poiché tanto dolcemente sete chiamato, e sostenete con grande allegrezza e pazienzia, e senza pena affliggitiva, se volete essere sposo della Verità, é consolare in vo l’anima mia; perocché in altro modo non potreste avere la grazia, e me terreste in grande amaritudine, e però vi dissi, ch’io desideravo di vedervi seguilatore ed amatore della Verità. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Benedicete frate Matteo (is) in Cristo dolce Jesù. Questa lettera e un’altra ch’io vi mandai, ho scritte di mia mano in sull’isola della Rocca (.F)con molti sospiri ed abbondanzia di lagrime, intanto che l’occhio vedendo non vedeva; ma piena d’ammirazione ero di me medesima e della bontà di Dio, considerando la sua misericordia verso le creature che hanno in loro ragione, e la sua providenzia; la quale abondava verso di me, che per refrigerio essendo privata della consolazione, la quale per mia ignoranzia io non cognobbi, m’aveva dato e proveduto con darmi 1’ attitudine dello scrivere (G); acciocché discendendo dall’altezza avesse un poco con chi sfogare il cuore, perché non scoppiasse; non volendomi trarre ancora di questa tenebrosa vita, per ammirabile modo me la formò nella mente mia, siccome fa il maestro al fanciullo che gli dà lo esemplo.
IV. Unde subito che fusto partito da me col glorioso Evangelista Joanni e Tomaso di Aquino, così dormendo cominciai ad imparare. Perdonatemi del troppo scrivere, perocché le mani e la lingua s accordano col cuore/Jesù dolce, Jesù amore.Annotazioni alla Lettera 90.
(A) Il dì di santo Francesco. Probabilmente dell’anno 1377, in cni era il beato Raimondo in Roma, ed ella starasi o a Siena, o ne’luoghi ad essa vicii.i.
(Z) Fregai una sena di Dio. Cioè la sauta stessa solita di rapportare le grazie che aveva dal cielo, come se ad altre persone concedute fossero.
(C) Ch’era il di di Maria. Cioè il giorno di sabato, cl’*è a culto speziale di nostra Donna, come ad altra occasione pia distintamente Terrà osservalo. * (D) E levando sè sopra di sè. Di questa elevazione di mente accadutale in questi di la santa medesima fucila a lungo nel suo inara’iglioso trattato della divina Provvidenza, detto ancora il Dialogo; cioè dire dal capitolo primo infino al vi-esimo terzo, ove a disteso questi divini misterj ne ha palesati.
(E) Benedicete frate Matteo. Fra Matteo Tolomti del sacro Ordine de’ predicatori, di cui s’ è favellato nelle annotazioni alla lettera 84.
(F) Di siilV isola della Rocca. Questo era un luogo del castello detto la Rocca di Tentennano, che spettava alla illustre famiglia de’Salimbeni di Siena, di cui si favellerà nd altra occasione.
(G) Con darmi V attitudine dello scrivere. Di questo prodigioso avvenimento d’ apprendere per magisterio celeste a scrivere si favella per opera del signor Girolamo Gigli nell’annotazioni o aggiunta alla leggenda della santa. Ciò le avvenne l’anno iS/", e non prima, poiché, cornea disteso ^ ien rapportalo dal signor Gigli, la pri ma delle lettere, ch’ella di sua mano scrivesse, fu una, che indirizzò al beato Stefano flaconi, il quale uon ebbe di lei conoscenza innanzi all’anno 1376, in cui n andò la santa ad Avignone, e del mese d’ ottobre era di viaggio inverso la Toscana col beato Raimondo; onde tntlociò qui rapportasi si intorno alle rivelazioni, si all’apprendere a scrivere, si dee portare nell’anno seguente 1377.
Già molto prima impreso eila avea a leggere, essendole*" pure il cielo di maestro, come a ha dalla sua leggenda. Del resto non può recar meraviglia che la santa, ancorché d’ onorevole famiglia non fosse stala ammaestrata, chi ponga mente all’infelicità di quc’tempi e alla generale ignoranza, coraechè qua e là fosse fiorito alcun nobile ingegno. Ma di più alti ammaestramenti, che non sooo il leggere e scrivere era stata illustrata la mente di santa Caterina dallo Spinto Sanlo, come ben egli si può vedere, e dal suo libro del D ialogo, e da queste sue Lettere si piene di celeste dottrina e di santi ammaestramenti, che ben vedasi per ognuno esere elli stata dottrinata dal cielo de’più alti misterj di nostra fede, e di 3o tutti i segreti della mistica teologia per condurre con tutta sicurezza le anime sulle più eccelse cime della perfezione, onde dal Possevino si numera tra gli altri, ch’ebbero la scienza coll’opera del cielo, come avvenuto era agli antichi profeti, ad Or abbate nell’Egitto a santa Maria Egiziaca, ad uno schiavo a’tempi di s. Agostino, a s. Efrem Siro alle preghiere di s, Basilio, a s. Romualdo, a *. Francesco, a Gio. vescovo di Mastripassato dall’ aratro alla mitra, ad Udegarde badessa di Spancheim, a R Tomaso maestro della nostra santa, ammaestrato in alcuni passi della Scrittura difficili a intendersi da’ santi apostoli Pietro e Paolo, a santa Teresa e ad altri ancora. Di questa sua celeste dottrina favellano con sommi elogj gli autori che d’essa hanno favellato, e si danno nella prefazione al libro del Dialogo.