Della superstitiosa noce di Benevento/Parte Terza

Parte Terza
Della celebrità di questo superstitioso luogo

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Parte Terza
Della celebrità di questo superstitioso luogo
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P A R T E
T E R Z A.

Della celebrità di questo superstitioso luogo appo i stregoni, e Maghi di tutto il mondo, e de’ casi seguiti, et apparitioni viste in quello.


E
Comune opinione di scrittori gravissimi, et approvati, che in questo luogo ancor dopò levatane la Noce antica superstitiosa, vi sii quasi di continuo radunanza, et unione delle magiori streghe, e Maghe del mondo, quali anco da lontanissimi paesi si radunano quivi per opra de’ Demonij di notte, come raccontano il Prierio, il Grillando, et altri notati dal Garzoni nella piazza universale discorso 41. e da noi nel [p. 32 modifica]trattato latino cap. 5. ancorche il P. Don Antonio Caracciolo Cherico regolare Teatino nel suo libretto intitolato Istorica demonstratio de Patria S. Ianuarij à carte 24. habbi senza portare autorità alcuna, negato quello, con affermare, che questo luogo fu anticamente stanza di un huomo letterato, e dotto; ad ogni modo le autorità, et esempi, che portano li sopradetti scrittori provano apertamente il contrario, come anche il confermano quelli, che noi qui raccontaremo.
E non solo si radunavano in questo superstitioso luogo per alcun tempo le streghe, ma le più famose del mondo si retiravano ad habitare in questi contorni, D. Ovidio de Lucijs nella vita di S. Mercurio Mar. fol. 36, come fè quella chiamata Alcina, che habitò in quelle contrade dove è di presente la Terra di Pietra Pulcina, da essa con nome corrotto così nominata, e non più che quattro miglia da Benevento discosto, della quale famosa Maga fingendo l’Ariosto, che havesse acceso del suo amore Ruggiero di Bradamente con privarlo dell’amor d’ogni altra donna, così disse. [p. 33 modifica]

La bella Donna, che cotanto amava,
Novellamente gli è dal cor partita,
Che per incanto Alcina gli lo lava
D’ogni antica amorosa sua ferita,
E di se sola, e del suo amor lo grava,
E in quello essa riman sola scolpita.

Habitava anco in questi nostri contorni un altra famosissima Maga chiamata Menandra; nel luogo dove è hoggì la Grotte Menarda, per ciò così detta.

Si è anche alle volte osservato, che alcune di queste maledette streghe si sono servite del frutto delle Noci per fare maleficij gravissimi, forsi in memoria di quell’arbore superstitioso, come dissemo nel trattato latino cap. 4. che fè l’anno 1581. quella Maga chiamata Boiarona, che tenendo alcune Noci con Demonij in quelle legati per dannificarne alcune persone, come havea soluto altre volte fare, furon quelle a caso inghiottite da suoi figliuoli, et entrandoli i Demonij adosso miserabilmente spiritorono; e l’istesso solea fare con questo stesso frutto un altra strega chiamata Gioconna, come ivi si disse.

In oltre il venire à questo [p. 34 modifica]superstitioso luogo non è permesso à tutte le streghe, e stregoni, come dicemmo nel trattato latino cap. 7. ma solo ad alcune particolarmente ascritte nel loro maledetto Collegio, et all’altre alcuna volta si permette con particolar licenza; però le arcistreghe han per privilegio particolare di venirvi sempre che gli piace, come confessò nel Tribunale del Santo Officio di questa Città una Maga chiamata Violante da Pontecorvo.

Hanno di più per congregarsi in detto luogo alcune giornate particolarmente destinate, come frà l’altre quella del Venerdì, forsi perchè le sceleragini, che si commettono sijno maggiori per esser quel giorno memorabile della Passione di nostro Signor Giesù Christo, et alle volte si congregano ancora in certe giornate straordinarie secondo l’occasioni, che loro occorreno, essendo avisate di ciò da’ Demonij, che miseramente le guidano per precipitarle, come poi fanno nel baratro infernale; però queste, et altre cose concernenti il loro maledetto culto le rimettiamo al Grillando, Delrio, Garzonio, et altri, [p. 35 modifica]che copiosamente ne trattano.

E forsi per questo concorso à tal superstitioso luogo habbiamo in Benevento la osservanza ne’ tempi passati di alcune cose maravigliose, Delrio disquis. magical. lib. 2: q. 21. come frà l’altre è quella di che fà mentione il sudetto Delrio, cioè della transformatione di un Pavone in Pavonessa, e di un huomo in donna, e riferisce questo epigramma dell’Ausonio.

Foemineam in species convertit masculus ales
Pavaque de Pavo constitit ante oculos,

Nec satis antiquum, quod campano in Benevento
Unus Epheborum virgo repente fuit;

Et essendosi con la maggior brevità possibile toccate le sudette cose per beneficio de’ Lettori porremo alcuni essempi de’ casi seguiti circa questo superstitioso luogo cavati da approvati authori.


ESEMPIO PRIMO.


R
Acconta Paolo Grillando Grillan. de sortile. lib. 2. q. 7. n. 25. come, intorno à gli anni di Christo 1527 in un Castello della Sabina vicino [p. 36 modifica]Roma vi era un contadino, la di cui moglie era strega, del che sospettando il marito per alcuni segni vedutine più volte ne la domandò, però sempre asseverantemente negava, e crescendo il suspetto volle il marito per più notti osservare quello che la maledetta donna si facesse, e fingendo di dormire si accorse, che essa si volse sacredere molto bene se dormiva ò nò, e maggiormente mostrando esso di stare in profondissimo sonno vidde, che la moglie prese un vasetto d’unguento, che secretamente tenea, e spogliatasi nuda scaldò detto unguento, se ne ontò, e lo ripose nel luogo suo, e dopò haver fatto questo la vidde con gran velocità uscire dalla casa, come se volasse; il che fatto si alzò il marito, et esservò, che la porta, e finestre erano ben serrate, come à punto esso le havea lasciate la sera, et andando nel luogo dove essa havea reposto l’unguento, lo prese, e seguitò à dormire; là matina essendo tornata la moglie gli dimandò dove era andata in quella notte, e negando essa di essere andata in luogo alcuno, il marito prese un legno la cominciò à bastonare, [p. 37 modifica]mostrandoli il vaso dell’unguento col quale l’havea veduta ungere; onde essa vedendosi confusa gli raccontò l’error suo, e come era strega; il che intendendo il marito gli promise perdonarli, purche lo portasse seco à quell’essercitio, il che essa accettò volentieri, e promise farlo; dopò gli raccontò tutti i maledetti riti di quella setta, e li sozzi gusti, che si prendono, et ottenuta la licenza dal Demonio di potere portarcelo, lo fè ungere, e lo avisò, che nè per strada, nè dopò che eran gionti al luogo destinato si facesse in alcun modo il segno della Croce, ò la nominasse, e neanche quello di Dio, ò Giesù Christo; e fatto questo si posero ciascheduno di essi sopra una Capra, e gionti al luogo destinato la moglie presa licenza dal marito andò à dare obedienza al maledetto Satanasso, che stava quivi assiso nel suo horrido trono, e dopò ritornata gli disse il marito, che si stupiva della gran moltitudine d’huomini, e donne, che in quel luogo per sì fatto essercitio erano radunati; finito di darsi, da tutti l’obedienza si cominciò à ballare, e danzare con suavissimo suono d’instromenti d’ogni sorte, però il tutto [p. 38 modifica]era con confusione, e contro gli ordini, che in ciò soglion tenersi; Finiti i balli si preparò una lautissima mensa, dove essendo introdotto il marito dalla moglie, ottenutane prima dal maledetto Satanasso licenza, mentre mangiava oservò che le vivande erano insipide, onde più volte chiese del sale, e tardando à venire con maggiore ardenza seguitò à chiederlo, et essendo finalmente venuto disse queste formate parole, Hor lodato sia Dio pure venne questo sale, et havendo ciò detto, ad un tratto sparì il tutto, nè vi restò niuno di quella gran turba, che prima vi si vedea, et estinguendosi i molti lumi, che prima vi si vedevano; quel povero huomo si ritrovò solo, all’oscuro, e nudo sotto un arbore di Noce nel territorio Beneventano in luogo freddissimo, avvengache quello superstitioso luogo è in una pianura vicino il fiume Sabbato, dove per l’humidità del fiume, e per le vicine colline, che la detta pianura da per tutto circondano vi è molto freddo, che però disse il Grillando in detto luogo queste formate parole, Stetitquae sub illa frigidissima Nuce Beneventana per totam [p. 39 modifica]noctem. La matina seguente domandò ad alcuni Pastori di quelle contrade, che paesi eran quelli, et intendendo che era distretto di Benevento distante dalla sua patria più di cento miglia, cominciò a chieder limosina, et essendosi con un straccio coverto al miglior modo che potè accattando quella porta per porta si condusse con molto disaggio, e pericolo nel suo paese con il viaggio di otto giornate, assai consumato, e mal ridotto, dove gionto diede querela contro la moglie, et altre persone di quel Castello, che in detto consesso havea conosciute, le quali furon prese, e carcerate, e dopò esatta informatione presane, costando esser vero quanto si è detto furon giustamente bruggiate, e questo stesso essempio viene riferito da Martino del Rio nelle disquis. magical. lib. 2. quest. 16. fol. 195.


ESEMPIO SECONDO.


L
’Istesso Grillando nel sudetto luogo Grilland. nel luogo citato racconta come l’anno 1524. nel Castello di Mazzano pure nella Sabina esaminò per ordine de’ superiori [p. 40 modifica]due streghe, che ivi si ritrovavano carcerate, e dopò havere riferite molte esecrande osservanze, e riti, che hanno nel fare quel maledetto essercitio, e la professione, che avanti il Principe delle tenebre Satanasso sogliono fare quei, che in la loro setta entrano, le quali cose qui per giusti rispetti si tacciono, racconta come gli confessò detta strega, che subito fatta la detta professione gli viene assegnato a quella tal persona un Demonio particolarmente per suo custode, che non la lascia mai, e continuamente l’hà da servire in ciò che essa gli domanda, et in particolare è obligato quello Demonio di avisarla sempre che occorre farsi radunanza generale dell’altre streghe due giorni prima acciò si prepari (e le radunanze per lo più soglion farsi in questo superstitioso luogo di Benevento (come appresso si vedrà) Di più al consesso egli l’accompagna per via come fà il marito alla moglie, et occorrendo alcuno giusto impedimento è obligata la strega dirlo, e se quello è ragionevole viene scusata dall’intervento nella Congregatione sudetta, però escusandosi [p. 41 modifica]fittivamente, ne saria tormentata con molta crudeltà da quel Demonio, che ne hà cura con dolori, et infermità grandissime nel corpo in pena della sua fraude, e bugia, in modo che raccontò quella donna in tali casi havere patiti più giorni, e notti continui tormenti, e quanto essa faceva svaniva, in modo che fù costretta confessare, che senza giusta causa havea lasciato d’intervenire à quel consesso, e con giuramento promise di non farlo mai più, nè di ricusare mai più d’intervenirvi, et in cotal guisa si liberò da quei tormenti, et havendo fatta detta promessa la notte seguente si sentì chiamare come con una voce humana dal Demonio suo custode, il quale, conforme disse è in uso appò di loro di non chiamarlo altrimenti Demonio; ma Martinetto, Martinello, ò Maestrino, così con nome diminutivo, forsi perche ciò dinota amorevolezza; et alla chiamata destandosi solea ontarsi il corpo in certe parti, e membri, et uscendo dalla casa trovava il suo maledetto Maestrino in forma di Capro avanti la porta, sul quale essa cavalcando solea aventarsi al collo di quello per tenersi, e per [p. 42 modifica]aria in brevissimo tempo veniva da esso condotta nel luogo della Noce Beneventana, dove con somma suavità era posata, et ivi ritrovavasi infinito numero d’huomini, e donne, con l’infame trono del Principe de’ Demonij Satanasso, al quale prima d’ogn’altra cosa si dava da ciascheduno segno di obedienza, però con ordine retrogado, et alla rovescia, cioè voltando le spalle a quello, e chinando la faccia verso le spalle, per à punto tutto il contrario di quello solemo noi fare; et essendo finite queste cerimonie, il maledetto Satanasso solea comandare che si balli, e danzi, e che ogn’uno si pigli spasso, e gusto, e ciascheduno Demonio pigliando la sua donna, cioè quella assegnatali in custodia ballano, e danzano, frà tanto si prepara il mangiare in una lautissima mensa, e vengono al convito; dopò mangiare si smorzano i lumi, e ciaschedun Demonio presa forma d’huomo si ritira in disparte con la sua donna, et altri presa forma di donne si ritirano con gli huomini stregoni, e maghi che a detto nefando essercitio sono radunati, e peccano carnalmente; Dopò [p. 43 modifica]fatte tutte queste cose ciascheduno a cavallo al suo Capro, che è quell’istesso Demonio, in tal forma de ne solea tornare a casa sua; e di più confessò, che alcune volte sogliono fare de sacrificij in un certo modo raccontato parimente dal Grillando, che qui si tralascia per non fare così note al mondo tante, o tali sceleragini, particolarmente ad huomini idioti per mezo di questo libro volgare, che potriano scandalizzarsene, et anche i cattivi impararne.


ESEMPIO TERZO.


L
’Altra donna, che era con questa carcerata, e fù parimente esaminata dal Grillando, e chiamavasi Lucretia, et era di bellissimo aspetto, secondo egli dice, raccontò come ritornandosene una volta dalli sudetti giochi della Noce Beneventana un poco più tardi del solito, avvicinandosi alla sua patria sentì suonare l’Ave Maria della matina, onde il Demonio fù costretto lasciarla, et a un tratto cadde la misera dentro uno spineto, ò siepe; dove mo1to mal ridotta fù costretta aspettare fin [p. 44 modifica]che spuntando l’alba passò da quella contrada un giovane suo paesano, che molto à buon hora usciva per andare in un Castello ivi vicino, onde essa conosciutolo il chiamò; Temè al principio il giovane, e maggiormente quando voltatasi la vidde ignuda, e scapigliata giacersene in quel luogo, nè volea accostarsi, però essa maggiormente il pregò, che la soccorresse in quel bisogno, et essendosi egli accostato, e riconosciutala per chi era, gli dimandò che ivi si facesse, et essa gli rispose, che la sera precedente havea perduto il suo asinello, e che tutta la notte havendolo cercato, non l’havea potuto trovare; della quai risposta burlandosi il giovane gli disse, se vuoi che io ti agliuti dimmi il vero, che fai quì; onde essa per ridursi in casa, temendo del marito, e de’ parenti, confidatasi con quel giovane gli raccontò il tutto, e come quella notte ritrovando da giuochi della Noce Beneventana gli era successo quanto di sopra si è raccontato nel toccare la campana dell’Ave Maria, e quel giovane havendola coverta al meglio che potè la condusse à casa sua segretamente, e [p. 45 modifica]dopò per gratitudine di tal beneficio ne fù regalato molto dalla detta donna.


ESEMPIO QUARTO.


N
Ell’anno 1519. formossi una sollenissima inquisitione nella Corte Arcivescovale di questa Città, dove frà l’altre vennero carcerate alcune streghe della Terra di Pontecorvo, et una di esse chiamata Violante confessò come solean di continuo congregarsi in questo luogo della Noce Beneventana appò loro molto famoso, e che è vicino la ripa di un fiume, e stavvi un grand’arbore di Noce, che di continuo verdeggia come se fusse di estate, e questo costa dal processo in detta Corte Arcivescovale, e noi anche il riferimmo nel trattato latino cap. 5. in fine.


ESEMPIO QUINTO.


C
Onforme si disse in detto trattato latino nel caso primo una donna Beneventana ci rivelò stando inferma, dubitando che l’infermità non provenisse de fatura come tenendo amicitia [p. 46 modifica]con una vecchia maledetta, che era strega, e la eccitava ad intervenire ai giochi di quella superstitiosa Noce, esagerandoli non poco i gusti, e diletti, che ivi si prendeano, et alla fine questa gli promise di volerci andare, e di volere professare il loro maledetto essercitio, onde la vecchia l’avertì, che non si segnasse col segno della Croce, nè che nominasse neanche col core il benedetto nome di Giesù nè della Beata Vergine, nè d’altri Santi; Gli diede certo unguento, col quale si ontasse la notte seguente, alle quattro hore le braccia, le gambe, le nate, et il petto, e gli diede una certa polvere, che la mettesse nel collo del marito, acciò dormisse tutta la notte profondamente, e dopò li soggiunse, che gli dicesse che desiderava per transferirsi à quel nefando luogo se il bastone, overo un Capro, un Asino, un Cane, ò altro animale; alche la donna sorridendo rispose, che l’havesse prima imparato in casa il modo come si faceva, e dopò haveria pensato al Cavallo, e la strega sorridendo gli promise di farlo, e partirsi; la notte seguente questa donna si sentiva spaventare da un [p. 47 modifica]insolito timore, et andava ruminando l’esecrande parole dettele da quella strega; Dissuadendola il Santo Angelo Custode (come può piamente credersi) che non commettesse tal sceleragine; In questo mentre sentì com’un sibilo di gagliardo vento, e gli apparve quella maledetta vecchia, e con voce bassa gli diceva, sù sù, ungiti, che tuo marito dorme, e dopò vi è poco tempo da godere, e la donna con molto timore preso un poco d’animo gli disse: Vattene, vattene tu, che io non voglio offendere il mio Creatore Giesù Christo, e quanto ti promisi fù per burla; A quelle parole la pessima, e maledetta strega accesa d’ira gli sbruffò in faccia come se sputasse un fiato di puzzolentissimo fuoco, e gli tirò un calce nel destro osso scio; onde tutta la notte quella donna tenne la faccia come se brugiasse in mezo di carboni accesi, e la matina si trovò leprosa, e con grandissimo dolore di sciatica dall’osso sacro fino al piede destro.


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ESEMPIO SESTO.


S
I raccontò parimente nel detto trattato latino casu 2. come gli anni passati un certo huomo chiamato Lamberto Alutario della Terra d’Altavilla sei miglia da questa Città lontana, standosene quì per debiti affidato, solea spesso andare le feste alla sua patria, poiche in detti giorni per debiti civili non si procede; Frà l’altre una volta la vigilia del Santissimo Corpo di Christo si partì di notte da Benevento la volta d’Altavilla, et essendo gionto in quello luogo, che per quella strada è; vidde una gran quantità d’huomini, e donne, che ballavano, e cantando dicevano queste parole, ben venga il Giovedì, e ‘l Venerdì; crese egli che fussero mietitori insieme con le donne, che colgono le spighe, e facessero allegrezza in quel tempo della raccolta, che se ne suol fare da per tutto, et accostacosi ad essi ballava, cantaua ancor lui, soggiungendo, e lo Sabbato, e la Domenica, e perche era gobbo facea ridicolo spettacolo, onde tutti i circonstanti ne rideano; Finiti i balli, [p. 49 modifica]stando tutti stracchi si retirorno sotto un alto, e grand’arbore di Noce, che gli parve di vedere vicino la riva del fiume Sabbato, che quelle campagne inaffia, dove era lautamente preparato da mangiare, et il Lamberto per appetito che havesse, ò perchè volesse burlare, si sedè il primo à tavola, e mangiava insieme con essi; in quello mentre venne un Demonio da dietro, e con gran destrezza (benche con estremo suo dolore) gli premè sù la gobba, in modo che ci la voltò innanzi al petto, onde esso per l’eccessivo dolore ch’in questo far si sentì, gridò ad alta voce; ò Giesù Vergine Maria; Nel proferire le quali parole, disparve ciò che ivi si trovava, et egli si trovò solo, e con la gobba mutata avanti il petto; per il che comprese come era in vero, che quelle erano streghe, che in questo loro maledetto nido eran radunate; Fattosi animo seguitò il suo viaggio, e gionse ad Altavilla poco prima dell’alba, dove stentò molto a farsi conoscere da sua moglie, e i figli, mentre esso picchiando l’uscio, e quella dalla finestra affacciatasi non vedendo la gobba lo discacciava, però [p. 50 modifica]dopò raccontò rutto il successo, e ritornato in Benevento, era per tal causa da fanciulli publicamente beffeggiato, e burlato.


ESEMPIO SETTIMO.


R
Itornando una volta una certa maledetta strega chiamata Rosa da’ giuochi della Noce Beneventana à casa, fù colta dall’aurora in via, et al tocco delle campane dell’Ave Maria cadendo il Demonio che la conduceva, si ritrovò sola, e nascosesi nell’antro di una collina del territorio Beneventano vicino al luogo della Noce, e quello antro fino à dì nostri ritiene il nome di Ripa delle ianare, dove conforme essa istessa confessò era una laguna piena d’acqua, nella quale di estate soleano le streghe bagnarsi, e commettere altre sceleragini, come si disse nel trattato latino cap. 5.