Della compilazione d'un codice/Sezione III

Sezione III

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SEZIONE III.




DEL METODO, O MEZZI DI NOTORIETÀ


Devo ripetere che con questo intendo l’ordine che dà al codice universale la maggiore altitudine ad esser conosciuto.

Perchè un idea produca un effetto bisogna che sia presente all’intelletto. Ciò è vero qualunque sia il soggetto delle umane azioni e per conseguenza ancor quando trattasi delle leggi. Stolti che noi siemo! in un secolo che si dice dei lumi non solo è necessario ripetere tali verità, ma ripeterle ancora senza speranza d’ottenerne l’applicazione.

Certamente: la legge non può divenir regola di condotta, dare ad ogni individuo una giusta idea dei suoi diritti e metterlo in stato di difenderli e di ricomperarli, se non è conosciuta, intesa, fortemente e chiaramente impressa nell’animo. Una legislazione ignorata circonda gli uomini di pericoli. Ogni umana azione espone ogni individuo all’evento di violar la legge e di risentirne un male.

In Inghilterra, per esempio, si getta ogni anno sul popolo una massa di leggi, come si scaricherebbe un carro di rottami; ed in questo mescuglio ognuno deve cercare ciò che particolarmente lo riguarda, e se è possibile ricordarlo.

A questa maniera di promulgare le leggi quadra benissimo quella energica espressione della Scrittura: Piovono delle reti sul popolo. [p. 16 modifica]Per render notorie le leggi, vi sono dei mezzi di facil pratica e che si presentano spontanei: — Pubblicarne a poco prezzo edizioni autentiche, — Distribuirle nelle comuni, — Affiggerle in dati luoghi, — farle leggere nelle chiese. (Ved. trattati di Legislazione Tomo I. della promulgazione delle Leggi.)

Ma questi mezzi di render notorie le leggi consistenti in pratiche, per così dire, esterne sarebbero poco efficaci, se la materia stessa della legge non fosse stata ben preparata, e non avesse ricevuta una buona distribuzione ed una buona forma.

Il primo principio per procedere ad una divisione consiste nel separar le leggi d’un interesse universale da quelle d’un interesse speciale o particolare.

Vi sono leggi che ogni individuo deve sempre aver presenti, ed altre che non vengono a bisogno che in certe circostanze; cioè vi sono alcune leggi d'un interesse permanente ed altre d’un interesse occasionale.

Il codice penale è il più importante. Tutte le azioni umane oggetto della legge vi sono necessariamente contemplate. La così detta Legge civile non è che una raccolta di spiegazioni; o in altri termini, una esposizione della materia penale. Quindi il codice penale proibisce d’occupare una proprietà su cui non s’abbia alcun diritto: il codice civile spiega quali sono le differenti circostanze per cui s’acquistano diritti sopra una cosa o per cui se ne acquista la proprietà. Il codice penale proibisce l’adulterio: la legge civile espone tuttociò che concerne il matrimonio, e le reciproche obbligazioni dei coniugi.

Ma come il codice penale deve esser compilato per non deviare dalla regola dell’interesse universale? I delitti [p. 17 modifica]delitti saranno distribuiti in un ordine così facile a comprendersi come a ritenersi. Che dobbiamo garantire? La persona, la reputazione, la proprietà, la condizione: ecco dunque la divisione naturale della materia penale, e questa distribuzione presenta ad ogni individuo il prospetto delle azioni che deve proibirsi verso ogni altro. La semplicità di quest’ordine favorisce l’intelletto e la memoria. — Non m’estenderò di più su queste particolarità; bisognerebbe fare un codice per dimostrare come il codice deve esser fatto, ed io non mi son proposto d’esporre che il principio.

Ognun s’accorge che le leggi per cui può difendersi la persona ed i beni, sono di quelle che si devon conoscere, e che non possono ignorarsi senza svantaggio. Ma le leggi relative alla procedura d’una causa civile hanno solo un interesse della circostanza, poiché può passarsi tutta la vita senza aver bisogno di minimamente conoscerle.

Suppongo che esista un codice comprensivo di tutta la materia legale, di cui faccian parte dei codici speciali che corrispondano alle diverse situazioni private in cui può trovarsi un individuo. Questi codici speciali avranno quindi maggiore o minore estensione: codice militare, codice marittimo, codice commerciale, codice municipale di polizia, polizia urbana, polizia rurale, leggi sulla caccia, ec.

Ma si dirà ove questa notorietà delle leggi conduce?

Volete forse che ognuno sia in grado di difendersi da se stesso? Si, lo vorrei; poiché lo zelo e l’interesse con cui si trattano i proprj affari, è sempre maggiore e più sincero di quello che può sperarsi d’altrui. Inoltre non sempre si hanno i mezzi di pagar gli ufficj d’un curiale, ed in fine non può aversene sempre uno presso di se per consultarlo al [p. 18 modifica]bisogno: ma sebben fosse grande l'utilità che refluirebbe ad ogni cittadino da quest’alto grado d’indipendenza non bisogna lusingarsi di cose impossibili. I legali saranno sempre necessarj a quelli che mancan di capacità di tempo o di fiducia in se stessi. I casi importanti e difficili richiederanno sempre abili giureconsulti. Ma fra quelli che hanno una sufficiente cognizione delle leggi, e coloro che non ne hanno alcuna, v’è la stessa differenza che passa fra un ceco ed un illuminato, e precisamente è il numero dei cechi che vorrei diminuire. Il codice dunque sia fatto e ben fatto nel senso da me indicato, e non vi sarà uomo mediocremente istruito che non possa nell’ore sue di riposo acquistar delle leggi una cognizione superiore a quella stessa dei più abili avvocati in un paese di diritto consuetudinario. Allorchè questa cognizione sarà divenuta generale presso una nazione vi sarà un numero molto minore d’ingiuste cause, meno delitti, meno contratti erronei e viziosi, che presso i popoli ove l’ignoranza degli uomini in materia legale offre una facil preda alla frode ed alla cupidigia.





I due seguenti capitoli 32. e 33. della veduta generale d’un codice completo, nei Trattati di legislazione civile e penale, son riportati qui come riguardanti il metodo nella compilazione di un codice.





DELLA PURITÀ NELLA COMPOSIZIONE D’UN CODICE.


Chiamo purità nella compilazione d’un codice la purgatezza da ogni materia eterogenea, da ogni estraneo miscuglio, da ciò che non è legge, da ciò che non è l’espressione [p. 19 modifica]pura e semplice della volontà del legislatore. Le leggi fatte pe’ secoli devono ignorare le piccole passioni. Devon comandare ed istruire; e non abbassarsi a disputare con gli individui. Leges non decet esse dìsputantes, disse Bacone, sed jubentes. Avrebbe dovuto ancor dire et docentes.

Mi spiace vedere il compilator1 del codice d’una gran nazione sempre occupato a vincere i giureconsulti.

Egli non si vale del regio potere che per muover guerra.

Non fa che un uso continuo di queste formule: «S’è fatto questione.» — «Alcuni giureconsulti hanno preteso.»

— «Gli uni han negato, gli altri sostenuto, ma noi vogliamo ed ordiniamo.» — «Noi aboliamo con le presenti quelle distinzioni prive di qualunque fondamento, ec. ec. ec.»

Gli uomini le cose le opinioni tutto deve esser genericamente considerato. La conciliazione e non il trionfo convien che sia l’oggetto del legislatore. Egli non deve abbassarsi alle effimere contese.

Un altra forma non meno viziosa si è di ravvolgere la volontà del legislatore in una volontà estranea. Nello stesso codice spesso si leggono quest’espressioni: «Le leggi civili stabiliscono.» — «Le leggi non permettono.» — «Le leggi hanno concesso.» Quali son queste leggi? chi le ha scritte? E questa legge anteriore, questa legge naturale a cui si ricorre e sulla quale si fonda il diritto, non è una sorgente d’oscurità? Non è un velo che offusca la volontà del vero legislatore?

I compilatori del codice giustinianeo avevan dato l’esempio di questi errori. In vece di far dire al legislatore [p. 20 modifica]legislatore, io voglio, gli han fatto continuamente dire, mi sembra. L’imperatore oblia la sua dignità a segno d’usar questa frase: «Così ha pensato Tazio o Sempronio.» «E l’oblia ancor più quando scende fino a restar sospeso fra due opposte autorità: «così ha pensato Tazio, ma Sempronio ha opinato in contrario.»

Le dissertazioni storiche non devono aver luogo nella raccolta generale delle leggi. Non bisogna citare ciò che hanno fatto i Romani. Se essi han fatto bene, si imitino, ma non se ne parli.

La grande utilità d’un codice si è di far obliare e le questioni dei giureconsulti e le cattive leggi dei tempi andati.

dello stile delle leggi.


Nello stile delle leggi convien distinguere le perfezioni essenziali e le perfezioni secondarie.

Le prime consistono nell’evitare i difetti che lo corrompono.

Le seconde nell’ornarlo delle bellezze che gli convengono.

Il fine delle leggi è di dirigere la condotta del cittadino. Due cose sono necessarie per giungere allo scopo:

1.° che la legge sia chiara, cioè che produca un’idea esatta della volontà del legislatore: 2.° che la legge sia concisa, onde rimanga facilmente impressa nella memoria. Chiarezza, brevità, ecco dunque le due qualità essenziali.

Ciò che contribuisce alla brevità, contribuisce alla chiarezza.

Quidquid praecipies esto brevis, ut cito dicta
Percipiant animi dociles, teneantque fideles. [p. 21 modifica]La volontà del legislatore non sarà intesa dal cittadino o non sarà bene intesa; 1.° quando le parole della legge non presentano proposizioni intelligibili; 2.° quando non presentano che una parte dell’idea che s’è voluta far nascere; 3.° quando presentano una proposizione differente da quella che il legislatore voleva esprimere; 4.° quando racchiudono proposizioni estranee mescolate con la proposizione principale.

I difetti dello stile possono dunque aver quattro capi: proposizioni inintelligibili, proposizioni equivoche, proposizioni troppo estese, proposizioni troppo ristrette.

Recherò in esempio una legge citata da Puffendorf, emanata, se non m’inganno, in uno stato in cui il delitto d’assassinio era divenuto frequente. «Chi avrà fatto scorrer sangue nelle vie, diceva la legge, sarà punito di morte.» Un chirurgo incontra altrui caduto in deliquio e gli fa un salasso. Questo avvenimento fece conoscere il bisogno d’interpetrar la legge, cioè scuoprì uno dei suoi difetti.

La compilazione di questa legge era viziosa per eccesso e per mancanza: per eccesso, perchè non eccettuava i casi in cui l’azione di fare scorrer sangue nelle vie non era che utile od innocente: per mancanza, perchè non s’estendeva alle contusioni e ad altre offese non meno perniciose delle ferite.

L’intenzione del legislatore era stata di proibire qualunque ingiuria grave che si fosse potuta commettere nelle pubbliche vie, ma egli non aveva saputo chiaramente esprimere tale intenzione.

Un giudice stando al testo della legge l’applica a fatti leggieri, anzi ad opere d’umanità. [p. 22 modifica]Un altro giudice, egualmente infedele al testo della legge, lascia impuniti atti di violenza più perniciosi di ferite che abbian fatto scorrer sangue.

La legge che ha differenti significati per il giudice non può aver maggior chiarezza per gl’individui.

Questi incontra uno colpito d’apoplessia e lo lascia morir per prudenza.

Quegli, in egual caso, non ascolta che le voci dell’umanità; e mentre soccorre l’infermo, viola la lettera della legge, e s’espone ad esser condannato da un giudice inflessibile.

Un terzo, fidando nel senso litterale, lascia il suo avversario tramortito dalle percosse, come quell’arcivescovo che per non versare il sangue cristiano uccideva con una clava.

Si degnino in grazia riflettere su quest’esempio quei sommi ingegni in legislazione che crederebbero far onta al genio abbassandosi ad un rigido studio di parole. Le parole costituiscono la legge. Infatti qual altro mezzo di far leggi se non se con parole? Vita, libertà, proprietà, onore, tutto ciò che abbiamo di più stimabile dipende dalla scelta delle parole.

La chiarezza dello stile deriva dunque dalla logica e dalla grammatica: due scienze che bisogna profondamente conoscere per compilar rettamente le leggi.

Rispetto alla brevità bisogna distinguere. Quand’anche il codice fosse con un buon metodo ridotto alla massima brevità, sarà sempre troppo vasto per rimaner tutto impresso nella mente del cittadino. Bisogna dunque dividere il codice generale in codici particolari, per uso delle [p. 23 modifica]differenti classi che hanno bisogno di conoscere una parte delle leggi più specialmente di tutte le altre.

La brevità di stile di cui si parla non concerne che il testo delle leggi, la composizione dei periodi e dei paragrafi.

La prolissità è viziosa particolarmente, quando s’incontra nel luogo stesso in cui il legislatore dovrebbe far conoscere il suo volere.

Gli errori i più contrarj alla brevità in un paragrafo sono: 1.° le frasi incidenti, le parentesi che avrebber dovuto formare articoli distinti; 2.°la tautologia: per esempio allorchè facevasi dire al re di Francia: «vogliamo, ordiniamo, e ci piace;» 3.° la ripetizione delle parole specifiche, in vece delle parole generiche; 4.° la ripetizione della definizione, invece del termine proprio che bisognava definire una volta per sempre; 5.° lo sviluppo delle frasi, invece di servirsi delle ellissi comuni: per esempio, allorchè si fa menzione dei due sessi, mentre il mascolino avrebbe indicato tutti e due, o quando si aggiunge il singolare od il plurale dove l’uno dei due numeri sarebbe bastato; 6.° specialità inutili: per esempio rispetto al tempo, allorchè per denotare un’epoca, invece di limitarsi all’indicazione del fatto a tal fine rammentato, si va diffondendosi su fatti anteriori.

Il complesso di tutti questi errori ha dato agli Statuti inglesi quell’immensa loro prolissità, ed ha oscurato la legge con una verbosa compilazione.

Interessa essenzialmente dare spesso riposo alla mente non solo con la distinzione dei paragrafi, ma anche con la divisione delle frasi di cui il paragrafo si compone. Ciò giova all’intelletto ed alla memoria. [p. 24 modifica]È anche questo un difetto intollerabile degli statuti inglesi. Il senso della legge rimane spesso sospeso per alcune pagine, e s’oblia il principio del periodo avanti d’esserne giunti a mezzo.

Non basta che gli articoli sien corti devono esser numerati. Bisogna in qualche modo separarli e distinguerli. Il metodo dei numeri è il più semplice, il meno fallace, il più comodo per le citazioni ed i rimandi.

Gli atti del parlamento britannico peccano anche in questo. La divisione in sezioni, ed i numeri che le distinguono nelle edizioni correnti, non sono autentici. Nell’original testo della legge gli atti sono d’un sol tratto senza distinzioni di paragrafi, senza interpunzione, senza cifre.

Non può dunque farsi conoscere il principio e la fine d’un articolo che ripetendo queste clausule introduttive — ed inoltre viene ordinatoed inoltre viene ordinato dall’autorità superiormente rammentata, o qualche altra simil frase. Questa, per così dire, è un algebra in senso contrario. In algebra una lettera sta in luogo d’una linea di parole; qui una linea di parole non fa che imperfettamente le veci d’una cifra. Dico imperfettamente; poichè le parole servono alla divisione, ma non posson servire ai rimandi. Se vuolsi correggere o revocare un articolo d’un atto, essendo impossibile indicar questo articolo con un rimando numerico, bisogna ricorrere alle perifrasi ed alle ripetizioni sempre lunghe e per conseguenza oscure. Così gli atti del parlamento britannico sono inintelligibili per quelli che non hanno acquistato con una lunga abitudine la facilità di consultarli. [p. 25 modifica]Ciò nasce da una servil pratica delle antiche consuetudini.

I primi atti del parlamento sono d’un epoca in cui l’interpunzione non era in uso, le cifre arabe sconosciute. Ma gli statuti nella semplicità e nell’imperfezione loro originaria erano sì brevi e sì pochi che la mancanza di divisione non aveva sensibili inconvenienti.

Le cose si son là arrestate per negligenza, per abitudine o per un opposizione segreta e venale contro ogni riforma. Siamo vissuti dei secoli ignorando i punti, le virgole e le cifre. Perchè ora adottarli? L’argomento invero non ammette replica.

Rispetto alle perfezioni del second’ordine posson ridursi a tre, forza, armonia, nobiltà. La forza e l’armonia dipendono in parte dalle qualità meccaniche delle voci adottate, in parte dall’ordine delle parole. La nobiltà dipende principalmente dalle idee accessorie di cui si fa uso.

Le leggi sono suscettibili d’un’eloquenza lor propria, e che pure è utile, quando non valesse che a conciliar loro il favor popolare. A tal oggetto il legislatore può spargere alcune sentenze morali, purchè facciano all’uopo e producano una viva impressione con la lor brevità.

Convien pure sommamente che le leggi portino l’impronta della tenerezza paterna, e che vi si scorgano marche sensibili della benevolenza che le ha dettate. Perchè il legislatore arrossirà d’esser padre? Perchè non mostrerà che la sua severità stessa è benefica? Queste bellezze di cui solo il poter supremo può far uso, si trovano nelle istruzioni di Caterina II., e nei preamboli di alcuni editti di [p. 26 modifica]Luigi XVI, emanati essendo ministri due uomini onore della Francia e della umanità.

Dopo queste nozioni generali, ecco le regole che devon dirigere la pratica.

1.° Bisogna, per quanto si può, evitare nella compilazione d’un codice l’uso di termini di diritto non familiari al popolo.

2.° Se è forza valersi di termini tennici, convien darsi cura di definirli nel codice stesso.

3° I termini della definizione devono esser parole conosciute ed usitate; o per lo meno la catena più o meno lunga delle definizioni deve costantemente finire con un anello in cui non vi sieno che parole di tal genere.

4.° Stesse idee, termini stessi. Non si faccia uso che d’una sola e medesima parola per esprimere una sola e medesima idea. Questo metodo contribuisce alla brevità, poichè la spiegazione d’un termine può servire una volta per sempre; ma la identità delle parole contribuisce alla chiarezza ancor più che alla brevità. Infatti se il discorso è dissimile, diviene un problema il sapere se si son volute esprimere le stesse idee; dove impiegando le medesime parole non può dubitarsi che il pensiero non sia lo stesso. Finalmente quanto la differenza dei termini è minore, tanto maggiore sarà l’esattezza e la cura con cui potrà farsene scelta. Coloro che prodigan le parole poco scorgono il male dell’errore: ed in materia di legislazione il rigore non può esser mai rimproverato d’eccesso. Le parole della legge devon pesarsi come diamanti. [p. 27 modifica]La compilazione d’un codice sarà eseguita con tanto maggior sapere, quanto meno scienza richiederà per essere inteso. Nelle opere d’ornamento la perfezione dell’arte consiste nell’asconder l’arte. In una legislazione scritta per il popolo e per la parte meno intelligeute del popolo la perfezione della scienza consiste nel restarsi celala. Una nobil semplicità ne è il più bel carattere.

Se in quest’opera v’è scienza, anzi una scienza spinosa ed astratta, fa d’uopo considerare che dovevo combattere una moltitudine d’errori prodotti da una falsa scienza; stabilir principj sì antichi e ad un tempo sì nuovi, che ad alcuni non sembrerebbero neppure scoperte, mentre da altri saranno rigettati quali paradossi; toglier la confusione delle nomenclature riguardo ai diritti, ai delitti, ai contratti, alle obbligazioni; sostituire ad un gergo incoerente e confuso un linguaggio imperfettissimo ancora, ma tuttavia più chiaro, più vero, più conforme all’analogia. In una parola, non temo dirlo, ho trovato che nella parte scientifica del diritto dovevasi tutto dimenticare, tutto ricomporre. A fronte d’un assunto sì difficile e sì nuovo chi oserebbe credere aver tutto compito? Non son giunto allo scopo, ma credo averlo additato. Mi lusingo che l’oscurità, se ancor ne resta, non dipenda che dalla novità, mentre nei libri di diritto non dipende che dall’errore. Essi traboccano d’una scienza tanto ributtante quanto inesatta ed inutile. Quello che v’è di difficile e d’astratto in quest’opera, ha per unico oggetto di spianar la strada e di semplicizzar la ricerca della verità. Quanto questo progetto abonda di forme scientifiche, tanto il testo delle leggi ne sarà scevro. Non farà mestieri di scuole di [p. 28 modifica]diritto per spiegarlo, di professori per commentarlo, di glossatori per intenderlo, di causidici per rilevarne le sottigliezze. Parlerà il linguaggio di tutti. Ognuno potrà consultarlo al bisogno. Lo distingueranno dagli altri libri una semplicità ed una chiarezza maggiore. Il padre di famiglia col testo delle leggi alla mano potrà senza interpetre insegnarle da se stesso ai suoi figli, e dare ai precetti della morale particolare la forza e la dignità della morale pubblica.



  1. Coccejo cod. fed.