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Un altro giudice, egualmente infedele al testo della legge, lascia impuniti atti di violenza più perniciosi di ferite che abbian fatto scorrer sangue.

La legge che ha differenti significati per il giudice non può aver maggior chiarezza per gl’individui.

Questi incontra uno colpito d’apoplessia e lo lascia morir per prudenza.

Quegli, in egual caso, non ascolta che le voci dell’umanità; e mentre soccorre l’infermo, viola la lettera della legge, e s’espone ad esser condannato da un giudice inflessibile.

Un terzo, fidando nel senso litterale, lascia il suo avversario tramortito dalle percosse, come quell’arcivescovo che per non versare il sangue cristiano uccideva con una clava.

Si degnino in grazia riflettere su quest’esempio quei sommi ingegni in legislazione che crederebbero far onta al genio abbassandosi ad un rigido studio di parole. Le parole costituiscono la legge. Infatti qual altro mezzo di far leggi se non se con parole? Vita, libertà, proprietà, onore, tutto ciò che abbiamo di più stimabile dipende dalla scelta delle parole.

La chiarezza dello stile deriva dunque dalla logica e dalla grammatica: due scenze che bisogna profondamente conoscere per compilar rettamente le leggi.

Rispetto alla brevità bisogna distinguere. Quand’anche il codice fosse con un buon metodo ridotto alla massima brevità, sarà sempre troppo vasto per rimaner tutto impresso nella mente del cittadino. Bisogna dunque dividere il codice generale in codici particolari, per uso delle dif-