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La compilazione d’un codice sarà eseguita con tanto maggior sapere, quanto meno scienza richiederà per essere inteso. Nelle opere d’ornamento la perfezione dell’arte consiste nell’asconder l’arte. In una legislazione scritta per il popolo e per la parte meno intelligeute del popolo la perfezione della scienza consiste nel restarsi celala. Una nobil semplicità ne è il più bel carattere.
Se in quest’opera v’è scienza, anzi una scienza spinosa ed astratta, fa d’uopo considerare che dovevo combattere una moltitudine d’errori prodotti da una falsa scienza; stabilir principj sì antichi e ad un tempo sì nuovi, che ad alcuni non sembrerebbero neppure scoperte, mentre da altri saranno rigettati quali paradossi; toglier la confusione delle nomenclature riguardo ai diritti, ai delitti, ai contratti, alle obbligazioni; sostituire ad un gergo incoerente e confuso un linguaggio imperfettissimo ancora, ma tuttavia più chiaro, più vero, più conforme all’analogia. In una parola, non temo dirlo, ho trovato che nella parte scientifica del diritto dovevasi tutto dimenticare, tutto ricomporre. A fronte d’un assunto sì difficile e sì nuovo chi oserebbe credere aver tutto compito? Non son giunto allo scopo, ma credo averlo additato. Mi lusingo che l’oscurità, se ancor ne resta, non dipenda che dalla novità, mentre nei libri di diritto non dipende che dall’errore. Essi traboccano d’una scienza tanto ributtante quanto inesatta ed inutile. Quello che v’è di difficile e d’astratto in quest’opera, ha per unico oggetto di spianar la strada e di semplicizzar la ricerca della verità. Quanto questo progetto abonda di forme scientifiche, tanto il testo delle leggi ne sarà scevro. Non farà mestieri di scuole di