Attalia, Reina di Gerusalemme

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Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Attalia, Reina di Gerusalemme
XLVIII L

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CAPITOLO XLIX.

Attalia, Reina di Gerusalem.

Attalia forse fu famosa per la crudel mente appresso gli Egizj e quegli di Soria, più che non fu di bisogno alla schiatta di David; benchè la sua casa, bruttata d’ogni parte del sangue de’ suoi, e di morte di molte maniere aggiunse non meno di chiarezza al suo nome di crudel fama, che le corone de’ re. Primieramente questa fu figliuola di Achab, re di Giuda, e di Jezabele reina, malvagissima femmina, e fu moglie di Joram, figliuolo di Josafa, re di Gerusalem. Finalmente Josafa e Ozia suo maggiore figliuolo, il quale era rimaso successore nel regno per la morte di suo padre, tolti di vita,1 Joram, marito di quella, oltre all’opinione di ogni uomo fu coronato re di Gerusalem, lo quale eziandio volle che questa donna fusse reina; alla quale, dopo la morte di Acab, suo padre, Joraḿ suo ma[p. 227 modifica]rito, sostituito al padre non diede poco di chiarezza. E succedendo il tempo, che fu stimolata di molte sciagure, e dopo la morte del marito vide Ochozia, suo figliuolo, sedere nella sedia del padre; acciocchè ella da ogni parte fosse splendida di reali onori. E certo essendo Ochozia morto d’una ferita d’una saetta, l’ardita donna, accesa dal desiderio del regno, avendo pensato maravigliosa opera, e preso assai animo a compierla; cacciata via la pietà di donna, non solamente lasciò di dare pianto al morto figliuolo, ma passata in più ampio pianto, se ella avesse avuto cuore di femmina, essendo ancora bagnata la terra del sangue del suo figliuolo, trasse lo suo coltello contro a tutta la successione della schiatta di David; e la persegui tanto lungamente, infino che ella non lasciasse alcuno maschio che non fusse morto. E non campò dalla sua crudeltà se non Joas di Ochozia re, piccolo figliuolo, portato sì, che ella non se ne accorse. Perchè Iosabe sua figliuola, e innanzi sorella di Ochozia, furtivamente avea tolto quel fanciullo, e messo, chè fusse salvato e nutricato, in casa di Ioadam sacerdote suo marito. E così fatta ardita donna, per lo san[p. 228 modifica]gue di tanti morti, malvagiamente ardì montare nella sedia reale come in possessione vôta per sua opera, e ordinare tutte le cose del regno. Perchè ci maravigliamo di Atreo, di Dionigi e di Giugurta, uomini di rigido ingegno, se noi udiamo, quegli tratti da cupidità di signoria, per le piaghe d’alcuno dei suoi essere montati ad altezza di signoria; poichè noi vediamo una donna avere morta la schiatta reale, e non avere perdonato ai suoi proprj per venire a quel grado? Dunque Attalia fu chiara di reale corona; ma certamente più riguardevole, essendo bagnata più di sangue, che ornata di dignità reale2. E certo come ella volontariamente crudele era stata aspra con la spada contro alle innocenti anime della schiatta di David; così potè sentire gli altri aspri contro i suoi. Se ella volle, [p. 229 modifica]potè vedere Joram, re di Israel, suo fratello dar, morto di molte ferite, lo suo sangue ai cani nel campo di Nabot: così Jezabel sua madre, ornata di ornamenti reali, gittata d’una torre, e calpestata da’ piedi di quegli che correvano, e intanto trita da’ piedi e dalle ruote, che convertita in fango, non rimase alcuno vestigio dello infelice corpo. E così potè vedere diciassette suoi frategli morti per comandamento del vincitore in un’ora presso Samaria; e circa Jezinele sua città le teste fitte su i pali, che era argomento di scellerata opera: e gli altri suoi parenti uccisi, acciocchè non campasse alcuno che non fusse morto dalla spada del nimico. E finalmente acciocchè la scellerata donna non passasse senza pena, avendo regnato sette anni; per fattura di Joadam sacerdote, allevato Joas suo nipote re, lo quale ella pensava essere stato morto cogli altri, ella videsi strascinata della sedia reale, gridando contro a lei lo popolo; e per le mani dei servi e dei ribaldi essere strascinata vituperosamente, gridando ella aiutorio, infino alla porta, e minacciando; e in quel luogo essere degnamente tagliata: sicchè la malvagia non andò per altra via [p. 230 modifica]་ allo inferno, che per quella per la quale vi avea mandati per innanzi tanti innocenti. Così opra la giustizia divina3; la quale se indugia, non si smentica; e con più aspro giudicio adopera contro a quegli, i quali ella non vide mutare gli aspettati costumi il quale infino che noi lo dispregiamo, non lo vogliamo credere, e non curiamo di emendarci; leghiamo4 noi medesimi a maggior peccato; infino che nol pensiamo, siamo devorati dalla tempesta, e quando non giova piangiamo i nostri peccati. E certo la cupidigia della signoria senza ragione, è crudele: alla quale rade volte si arriva per fortuna; ma è di necessità che monti a quella per fraude o per forza. Chi vi monta5 per fraude, conviene che il suo pensiero sia stimolato d’inganni, insidie, agguati, sospiri e tradimenti; se per forza, soggiace agli tumulti, rumori, crudeltà, rabbia: per la qual via ti è mestieri avere possanza piuttosto [p. 231 modifica] dalle opere tutte degli scellerati uomini6, alli quali chi non diventa servo, non è signore del regno. Che diremo finalmente7? arriva alcuno a signoria: di necessità è che serri gli orecchi alle lamentanze; che egli rimuova gli occhi dai pianti, dagli peccati, e dalle morti; che il cuore induri come sasso, la crudeltà s’armi, la pietà sia cacciata, la ragione sia dispregiata, l’ingiuria sia onorata, le possanze sieno tolte alle leggi, sieno date alla volontà, sia mandato per la malizia, e la semplicità lordata; la rapina, la lussuria e la gelosia lodate, le quali sono rendite primiere del glorioso re: non si perdona alle divine, nè alle umane cose; le cose sacre e le maledette sieno mischiate insieme, la misericordia premuta8 per sommo peccato vada in sangue; gli animi pietosi abbattuti, i malvagi sieno elevati; sieno isforzate le ver[p. 232 modifica] gini, sieno adulterati i nobili fanciulli; sia dannata la virtù, sia perdonato il vizio, e la discordia trionfi in ogni luogo cacciando la pace. O quanto è il montare di re maraviglioso! se pur quando sono arrivati alla signoria per qualunque modo, vivessero senza nocimento! ma incontanente costrignendo lo sospetto, i maggiori sono mandati in esilio, i ricchi sono ridotti a povertà, gli antichi amici sono bandeggiati, i frategli, i figliuoli, i nipoti, i padri come insidiatori sono messi in prigione, sono morti; non si osserva fe’, non si serva pietà; si vive con ansia, si dorme con difficoltà, nè si gusta cibo senza paura9; tutta la vita si commette agli scellerati, cacciando prima quegli che sono fedeli. Oh, possessione desiderevole e laudabile acquistata10! [p. 233 modifica] quanto era meglio entrare nella piccola casa del povero uomo, piena di pace, forte per sicurtà, e vôta di sospetto! Queste grandi cose si tengono con tanta paura, quanto lo sangue con che elle s’acquistano. E avendo noi cacciati quegli che noi abbiamo sospetti, essendoci commessi agl’infedeli, procurando lo peccato, avviene ispesso, che per opra di quegli noi abbiamo sì fatta o peggiore la fine, quale è stato lo principio; ed in un’ora con la nostra morte si perde quello che per molti sciagurati giorni è raunato. La qual cosa tardi conobbe Attalia12.

Note

  1. Cod. Cass. uolti uia. Test. Lat. de medio sublatis.
  2. Cod. Cass. dunque attalia inghannata di reale chorona ciertamente inghannata ovvero dengniata disonghere cheper degnita reale. Test. Lat. Fulsit igitur diademate regio Athalia equidem magis purpurea respersa cruore spectabilis, quam regia nota. Betussi: fu chiara adunque per corona regia Atalia ma riguardevole essendo tutta tinta più di sangue, che ornata del nome regio.
  3. Betussi. Test. Lat. per quem ire coegisset innocuos. Sic agit divina justitia.
  4. Cod Cass. eleggiamo. Test. Lat. illigamus.
  5. Cod. Cass. visi monta.
  6. Cod. Cass. epermisterio avere possanza perla qual via più tosto ellopere tutto degli sciellierati uomini.
  7. Cod. Cass. diremo finalmente. Test. Lat. Quid tandem?
  8. Cod. Cass. peruita. Test. Lat. præssa
  9. Betussi. Test. Lat. anxie vigilatur, cum difficultate dormitur, nec cibus absque timore gustatur.
  10. Cod. Cass. noi abbiamo sifattj opiggiore lo fecie quale stato lo principio elminore cholla nostra morte. Test. Lat. quales habuimus introitus, tales, aut detestabiliores exitus habeamus; et una nostro cum interitu subtrahatur hora.
  11. Murat. An. It., An. 1355, 1363, 1385.
  12. Messer Boccaccio ha qui ritratta la vita di quegli, che col ferro si apre la strada al trono, oppure per consiglio di popolo gli vien dato nelle mani la somma delle cose; e sembra che ponga non potersi mai scompagnare il vizio dai dominanti. Apriamo la mente dell’autore. Il Boccaccio tolse a dipingere i sovrani tali quali glie li offrivano i tempi in cui viveva, tempi veramente luttuosi per la misera Italia. Su i tanti e piccoli troni di questo paese o sedevano usurpatori, che col pugnale alla mano ci giunsero, o legittimi principi, che per far fronte a quelli usavano del vizio come a propugnacolo dello Stato. Quali scene di sangue non ne offre la storia delle dominazioni nel secolo di Boccaccio? Francesco da Carrara per usurpare la signoria di Padova fa morire nel carcere Iacopino da Carrara suo zio; Ludovico e Francesco Gonzaga uccidono il fratello di loro Ugolino per dominare in Mantova; Pino e Cecco degli Ordelaffi per la procurata morte del zio Sinibaldo ottengono Forlì: mentre che per reggersi sul trono Bernabò e Galeazzo Visconti fan tristo governo del popolo Milanese; e Secondotto, Marchese delMonferrato dà nelle follie Neroniane11; e la turba de’ Baronetti quanto più occulto altrettanto più crudele strazio fanno di que’ miseri che lo sdegno del Cielo loro volle soggetti. Per le quali cose potremo noi dire, venire i vizj dei dominanti, come da causa, dal potere? potremo noi dire, essere la porpora quella camicia di Nesso, che come questa traeva in follia quegli che indossavala, così quella metta nell’animo di chi la veste il mal talento, e la bramosia del sangue? No: tornati i popoli all’incivilimento, da esperienza veniamo chiariti, essere oggi i Principi intenti non a sbramare ambizione di regno, ma a procurare la felicità dei popoli per reggimento paterno.