Lena, Greca meretrice

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Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Lena, Greca meretrice
XLVII XLIX
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CAPITOLO XLVIII.

Lena, Greca meretrice.

Lena, secondo che pensano, fu una donna greca, la quale, benchè non fusse onesta, con riverenza nondimeno delle oneste donne e delle illustri reine, piacemi descriverla fra le famose donne. Perchè, come ho detto d’innanzi, non promisi dire solamente delle oneste donne, ma delle famose, per qual modo elle fussero famose. Ancora noi siamo sì costretti alla virtù, che non solamente dobbiamo magnificare quella che noi vediamo nata in luogo onorato, ma dobbiamo sforzarci di trar fama a quella che noi vediamo sommersa in [p. 222 modifica]brutto luogo, e degna chiarezza1. Perchè la virtù è in pregio in ogni luogo; e non riceve brutta macchia di vizio se non come lo raggio del sole non si brutta mischiandosi nel fango. Dunque se alcuna volta noi vediamo la virtù fisa con dato esercizio nel petto di alcuno, dovremo biasimare lo suo vizio così, che le sue lodi non siano menomate alla virtù, essendo quella tanto più maravigliosa e più degna, quanto egli era riputato più rimosso da quella. Per la qual cosa non si dee sempre rifiutare la memoria delle disoneste; anzi facendosi elle degne d’alcuna memoria per merito di virtù, debbonsi magnificare con più ampia e più lieta lode, adoperando in quella questa onorata virtù, acciocchè faccia vergogna alle lascive reine; e la viltà delle reine [p. 223 modifica]iscusi la disonesta lascivia di quelle2; ancora acciocchè appaia, non solamente gli animi dei nobili essere costretti e congiunti ad alti titoli, e che la virtù non isdegna alcuna che la voglia.-Lena si dee mettere tra sì famosa brigata di donne; acciocchè eziandio in quella parte, nella quale adoperò valentemente, sia lodata. Dunque Lena, data a brutta disonestà, e vituperoso servigio, fu cagione che non si sapesse sua schiatta, nè suo paese. Nondimeno regnando in Macedonia Aminta, Armonio e Aristone, nobili giovani, o che fussero3 stimolati per liberare la patria di brutta servitù di tirannia, o per altra cagione, uccisero Hispar, crudele tiranno. E tra gli altri, che furono presi da quelli che succedeva, fu presa Lena, come se ella avesse saputo quello che era fatto, per l’amistà di quegli. E essendo costretti i congiurati a manifestare con crudeli tormenti; la dissoluta femmina, pensando con pietosa con[p. 224 modifica]siderazione di quanto pregio fusse lo santo e venerabile nome dell’ amistà, non facendogli forza, acciocchè egli perdonasse in alcuna cosa, primieramente costrinse il suo animo per lungo spazio con maravigliosa costanza, che ella non dicesse quello di che era domandata; e finalmente crescendo i tormenti, e e mancando la forza del corpo; temendo quella virile femmina, che indebolendo la corporal virtù, s’indebolisse lo mortale proposito, mutossi in maggior fortezza; e fece che la sua potenza di dire mancasse similmente con la forza: con aspro morso si tagliò la lingua, e sputolla fuori: e così con un atto famoso tolse tutta la speranza di saper da lei quello che domandavano i tormentatori. Chi dirà, che Lena abbia abitati in luoghi disonesti, se non per difetto di fortuna? E per certo ella non fu conosciuta da quello che disse, che le femmine tacevano quello che elle non sapevano. Ahimè! che alcuna volta4 la lasciva abbondanza della casa, e il troppo perdonare dei parenti ha condotto le fanciulle a [p. 225 modifica]farle cadere; delle quali la prima morbidezza se non è costretta col ferro dell’asprezza5, e se non sono ritenute6 col continuo tenere a mente delle madri, alcuna volta cade quella che non è sospinta7; e se ella, caduta, è calcata dalla disperazione dell’onore della prima onestà, non torna a casa per alcuna forza. E penso che per questa viltà Lena cadesse, e non per malizia di natura, e specialmente se guardo alla sua virile forza circa i tormenti. E per certo prima mutola, e poi tagliandosi la lingua, acquistò gloria, la quale con ornata orazione ispesse volte meritò presso i suoi Demostene8.

Note

  1. Cod. Cass. ancora nonson chontrarij alle virtù che non solamente magnifichorono quella chennoj vedemo nata in luogo onorata ma debbe sforzarsi ditrarfama a quella che noj ve demo son merso in brutto luogho e degna edegna chiarezza. Test. Lat. Insuper adeo virtuti obnoxii sumus, ut non solum quam insigni loco consitam cernimus, elevemus; sed obrutam crimine turpi in lucem meritam conari debemus educere.
  2. Test. Lat. cum in eis hoc agat comperta virtus, ut lascivientibus reginis ruborem incutiat, et earum lubricos luxus excuset reginarum ignavia.
  3. Cod Cass. e chonfusono.
  4. Cod. Cass. et anchora volta. Test. Lat. Heu mihil nonnunquam.
  5. Cod. Cass. della speranza. Test. Lat. austeris coercentur frænis.
  6. Cod. Cass. sospetto. Test Lat. non impulsam.
  7. Cod. Cass. ricevute.
  8. Cod. Cass. merito perdonanza delle chose disoneste. Test. Lat. quam gloriam floridam per sæpe oratione apud suos valens meruerit forsitan Demosthenes.