Sempronia Romana

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Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Sempronia Romana
LXXVI LXXVIII
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CAPITOLO LXXVII.

Sempronia Romana.

Ricordiamoci aver letto essere stata un’altra Sempronia di famoso ingegno, oltre a quella che è detta di sopra: ma per la maggior parte abbiamo letto, quella essere stata inchinevole a cose scellerate, e questa, per testimonianza degli antichi, tra le Romane [p. 333 modifica]famosa e per nazione e per bellezza: e fu assai avventurata di marito e di figliuoli, dei quali non ricordandomi de’ nomi, veniamo a questo che è quello di che ella può essere lodata; e quelle cose che la testimonianza e nominanza fa chiare, sieno poste nel primo luogo. Dunque questa fu di presto e di sì pronto ingegno, che subito ella intendeva e contraffaceva eziandio, seguendo, ogni cosa che ella vedeva ad alcuno dire o fare. Per questo avendo imparato non solamente lettere latine, ma eziandio greche, ardì, e non a modo di donna, comporre versi, e sì sottilmente, che ella faceva maravigliare quelli che li leggevano, non come cosa nobile e laudabile in donna semplice, ma eziandio ad uno letterato uomo maravigliosa. Fu ancora di tanta e si ornata eloquenza, che, se voleva, poteva confortare a modestia, muovere giuochi, indurre a ridere, eccitare dilicanza e vaghezza; e, ch’è più, di sì piacevoli costumi favellando, che in qualunque maniera di parlare ella si convertiva, mandava agli orecchi degli audienti dolcezza ed ornamento. Ancora seppe ornatamente cantare e ballare, le quali virtù se alcuna le usa sanamente, [p. 334 modifica]sono molto da commendare in una donna. Poi piena di molte rie opere, parve molto diversa da questa; perchè stimolata da troppo ardore, alcuna volta arrivò a presunzione di uomo, e molto dannabile. E usando lo cantare e lo ballare, che sono strumenti di lussuria, per saziare quella, dispregiata al postutto l’onestà di donna, più spesso cercava gli uomini, che egli non era cercata da quegli. Di questo male (che noi vediamo sì forte in alcuni) stimi le radici come tu vuoi, mai dannerò la natura, della quale, comechè la forza sia grande, circa il principio delle cose puossi sì piegare, che con poca fatica potrai quasi menare come tu vorrai1 la cosa nata; e così dispregiando sempre, si volge a peggio. E per certo, io penso che nella puerizia delle fanciulle lo perdonare de’ padri spesse volte guasta gl’ingegni, le quali per abitrio piegandosi alla lascivia, a poco a poco dà luogo la trepidità2 delle donne, e cresce incon[p. 335 modifica]tanente l’audacia moltiplicata da alcuna matta opinione; per la quale dicono essere decente quello che piace; e poichè sono andate una volta, affatichiamoci indarno che non sia bruttato l’onore delle fanciulle, e che non sia messa giuso la vergogna della fronte, e di ritrarre quelle caduche; poi non solamente le femmine si fanno incontro alla lussuria degli uomini, ma elleno gli stimolano ancora. Sempronia fu cupida di moneta sommamente; e come ell’era cupida d’acquistare vituperosamente, così era larghissima a compiacere a ogni scellerata cosa, intanto che non servava alcuno modo in avarizia o in prodigalità. Mortale male è in alcuna donna la cupidità della moneta, e manifestissimo testimonio di vietato peccato; e così è da vituperare la prodigalità, la quale quante volte l’entra nell’animo contrario a sè naturalmente, come quello d’una femmina, la quale per natura dee essere scarsa, non si può avere alcuna speranza di salute senza povertà. Dell’onestà e di sue ricchezze è fatto, perchè non cessano infino che non arrivano ad estrema vergogna e miseria. Fare masserizie attiene alle donne, e a quelle tocca servare drento la casa quello che [p. 336 modifica]acquistano dai mariti. Questa, quanto è da dannare la cupidità e immoderata larghezza, tanto è più da lodarla quanto ella è manifestamente nobile accrescitrice delle ricchezze, e salute delle cose di casa, testimonio di integra mente, consolazione delle fatiche, e colonna ferma d’intera successione. E certamente acciocchè noi conchiudiamo insieme, e, secondo che io penso, lo estremo suo fatto e tutti i suoi peccati; ardendo quello fuoco di quello perfido uomo Lucio Catilina, la malvagia femmina si mischiò a malvagi consigli nel numero de’ congiurati a desolazione perpetua della romana repubblica; levandosi continuamente a maggior possanza a pigliare licenzia più piena di sua lussuria, desiderando quello che sarebbe stato terribile a malvagi uomini, fecesi compagna ai congiurati3, e la sua casa sempre era apparecchiata in segreto a crudeli parlamenti. Ma resistendo Iddio alle malvagitadi, e dalla sollecitudine di Tullio essendo scoperto lo trattato dei con[p. 337 modifica] giurati; essendo già partito Catilina e andato a Fiesole, penso che ella ingannata cadde nel pericolo degli altri. Per la qual cosa, benchè noi possiamo lodare lo suo ingegno e per quello magnificarla, è necessario dannare lo suo esercizio; perchè essendo macchiata la vesta della donna con più lascivie, adoperò Sempronia, arrivare a sua vergogna; dove, se ella avesse servata modestia, poteva diventare gloriosa.

Note

  1. Cod. Cass. chome tu vedrai. Test. Lat. ut volis.
  2. Betussi volge il verbo cedit per da luogo. Cod. Cass. sachosta la tiepidità. Test. Lat. fœminea cedit trepiditas.
  3. Cod. Cass. facciendosi compagnia aichongiurati. Test. Lat. conjuratis se immiscuit.