Ipsicratea, Reina di Ponto

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Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Ipsicratea, Reina di Ponto
LXXV LXXVII

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CAPITOLO LXXVI.

Ipsicratea, Reina di Ponto.

Ipsicratea, benchè non sappia sua schiatta, nondimeno ella fu moglie del gran Mitridate, e gran reina di Ponto: fu di maravigliosa bellezza, e d’invincibile amore verso suo marito, e intanto da lodarla, che per quello meritò perpetuo splendore al suo nome. E essendo Mitridate in lunga guerra, e grande spesa con gli Romani, benchè egli, secondo l’usanza barbara, avesse altra moglie e amica; accesa di grandissimo amore, o che egli andasse in battaglia, o che egli apparecchiasse armata, sempre ella era fidatissima e inseparata sua compagna. E questa certamente portando molestamente la sua assenzia, e pensando niuno poterlo meglio servire, e che la maggior parte de’ servi non fussero strani; acciocchè ella potesse fare al marito amato sommamente da lei le cose bisognose, benchè le paresse fatica, deliberò di seguirlo. E perchè a sì grande opera l’abito di donna non pareva convenevole, e indecente che una [p. 329 modifica]donna andasse accanto ad uno re sì fatto a battaglia; acciocchè ella paresse maschio, innanzi all’altre cose tagliossi i biondi capegli, de’ quali hanno infinita gloria le donne, per esser principale ornamento del loro delicato volto; nè solamente consentì coprir quelli con l’elmo, ma bruttare quegli di sudore, di polvere, di raggine d’armi; e metter giuso i fregi d’oro, i giojelli e le vesti di porpora lunghe infino alli piedi, ovvero tagliarle corte infino a’ ginocchi1, e coprire con la corazza2 lo bianco petto, e calzarsi le gambiere, lasciare l’anella e ornamenti delle mani, in luogo di quegli portare lo scudo e la lancia, e cignersi l’arco e lo turcasso di Partia in luogo degli ornamenti del collo; e faceva ogni cosa sì attamente, che di dilicata reina pareva fatta uno antico cavaliere. Come se queste cose fussero state leggiere, ella usata alle reali camere, all’ozio e alle delicatezze, e a vedere l’armi rade volte, lasciate quelle cose, [p. 330 modifica]con virile animo avea imparato a cavalcare, e infaticabile, caricata d’arme, seguire lo marito, lo di e la notte per aspri monti e per valli, vincendo il freddo e il caldo, spesse volte correre era trovata; e in luogo di reale letto alcuna volta, costringendola il sonno, giaceva nella dura terra senza paura, e avendo indurato il corpo alla fatica, giaceva per le tane delle fiere; e vincendo il marito, o che fuggisse, sempre era in sua compagnia, e aiutatrice delle fatiche, e in ogni luogo partecipava dei suoi consigli. Perchè più parole? ella imparò potere vedere senza paura colli pietosi occhi le ferite, l’uccidere degli uomini, il sangue, il quale spesse volte combattendo con le saette, ella spargeva; e ridusse le sue orecchie, usate a udire cantare, a udire senza spavento della mente lo sbranare e annitrire de’ cavalli, lo romore dei cavalieri, e lo suono delle trombe. Finalmente avendo portate molte fatiche, e gravi a un forte cavaliere, ella seguì Mitridate vinto da Gneo Pompeo per lo paese d’Armenia, e per gli occulti luoghi di Ponto, e per le aspre nazioni di ciascuna gente con pochi suoi amici; confortando quello afflitto alcuna volta con migliore spe[p. 331 modifica]ranza, alcuna volta lusingandolo con piaceri, dei quali ella sapeva egli essere cupido; acciocchè dovunque egli fusse menato, e in solitarj luoghi, paresse che si confortasse nella camera della moglie. Oh come quello era petto sacro di matrimoniale dolcezza, e come era quell’amicizia senza difetto! con che forza fu fortificato l’animo della donna! Niuna moglie mai per lo marito certamente portò simili, non che maggiori cose. Per lo quale merito, se gli antichi si convertirono a sua lode perpetuale, non se ne devono maravigliare quelli che sono venuti drieto. Finalmente di sì gran fatti, e di sì grande e gloriosa fè quella degna donna non ebbe dal marito degno premio; perchè, essendo egli già vecchio, e avendo morto, sopraffatto dall’ira3, uno suo figliuolo generato di quella; soperchiando la potenza de’ Romani, ridottosi non solamente nel regno, ma nella casa reale, benchè cgli tentasse gran cose con l’animo, e con ambascerie indurre alla guerra contro a’ Romani varie e lontane nazioni, fu assediato da Farnace suo figliuolo; lo quale si ribellò per [p. 332 modifica]la crudeltà del padre contro ai figliuoli e agli amici: la qual cosa vedendo e trovando quello costante, e pensando quella essere rovina dei suoi fatti, avvelenò Ipsicratea con tutte le sue mogli e amiche e con le figliuole, avendo quella alla sua vita dato tanti aiutorj affaticandosi, acciocchè ella non vivesse dopo lui. E per certo la ingrata opera di Mitridate non potè menomare la debita gloria di Ipsicratea: lo corpo che era mortale fu spacciato per morto innanzi tempo col veleno; ma lo suo nome è pervenuto a noi, e viverà perpetualmente in gloriosa fama per la testimonianza dei venerabili scrittori, e non potè essere soperchiato per futura lunghezza di tempo.

Note

  1. Cod. Cass. overono tagliate chorte infino aginocchi. Test. Lat. aut genu tenus resecare.
  2. Cod. Cass. cholcerotto. Test. Lat. lorica teggere.
  3. Cod. Cass. sopra ira. Test. Lat. iratus.