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capitolo lxxvi. 331

ranza, alcuna volta lusingandolo con piaceri, dei quali ella sapeva egli essere cupido; acciocchè dovunque egli fusse menato, e in solitarj luoghi, paresse che si confortasse nella camera della moglie. Oh come quello era petto sacro di matrimoniale dolcezza, e come era quell’amicizia senza difetto! con che forza fu fortificato l’animo della donna! Niuna moglie mai per lo marito certamente portò simili, non che maggiori cose. Per lo quale merito, se gli antichi si convertirono a sua lode perpetuale, non se ne devono maravigliare quelli che sono venuti drieto. Finalmente di sì gran fatti, e di sì grande e gloriosa fè quella degna donna non ebbe dal marito degno premio; perchè, essendo egli già vecchio, e avendo morto, sopraffatto dall’ira1, uno suo figliuolo generato di quella; soperchiando la potenza de’ Romani, ridottosi non solamente nel regno, ma nella casa reale, benchè cgli tentasse gran cose con l’animo, e con ambascerie indurre alla guerra contro a’ Romani varie e lontane nazioni, fu assediato da Farnace suo figliuolo; lo quale si ribellò per

  1. Cod. Cass. sopra ira. Test. Lat. iratus.