Compendio storico della Valle Mesolcina/Capitolo XXV
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CAPITOLO XXV.
(Alluvione del 27 agosto 1834.)
Essendomi in questo Compendio proposto di raccontare con brevità i fatti successi nella Valle senza però ommettere quanto ho potuto raccogliere d'esenziale e d'interessante, così pure nella triste narrazione dell’ultima avvenuta alluvione proseguirò in egual maniera, essendo io
stesso stato dell’orribile catastrofe testimonio oculare.
Generalmente quell'anno presagiva alla Valle un’annata fertile d’ogni genere di prodotti. Le prime raccolte furono abbondantissime, e così speravasi delle altre, giacchè le stagioni si succedevano propizie. Non così dalla parte dei contigui oltramontani paesi, ove ebbesi un’intera estiva siccità.
Verso la metà di quel funesto agosto incominciò a piovere, proseguendo così giornalmente più o meno. Tutta la notte del 26, fu spaventosa: non si vedevano e non si sentivano che tuoni e lampi, quali, quasi senz’intervalli, si succedevano con ispavento gli uni agli altri, frammischiandosi d’orribili turbini. Nella mattina del 27, l'aria era densa di nere nuvole, a traverso delle quali di tanto in tanto si scorgeva la luce, ne’ quali intervalli pioveva poco, ma si respirava un’atmosfera tiepida e sulfurea; solo verso le dieci ore antimeridiane incominciarono le pioggie dirotte che di quando in quando eran men forti. Circa a mezzo giorno poi le cateratte del cielo incominciarono a rompersi, e torrenti d'acqua piombavano sulla Valle. Alle due pomeridiane scorrevano per ogni dove torrenti di acque. Terribile spettacolo! si vedevano genti correre spaventate per le strade vedendo le loro abitazioni in pericolo; chi si ritirava precipitosamente nei luoghi creduti sicuri, altri s’affrettavano di rendersi al sacro Tempio affin d’implorare il divino ajuto.
Tutti i valloni e canali erano rigonfi d’acqua e d'ogni sorta materie. Il fiume Moesa alzatosi senza misura fuori dell’ordinario suo letto, strascinava negli orribili suoi vortici tutto ciò che trovava sul violento suo passaggio.
Alcuni minuti prima delle quattro le nuvole sembravamo dissiparsi, e le pioggie cessavano; ma i torrenti che ad ognora divenivan anche più forti continuavano a devastare. La giornata di mercoledì 27 agosto, fu un giorno d’immenso infortunio per la Valle Mesolcina, come per alcune altre vicine vallate. Non vi fu Comune, o famiglia nella Valle che più o meno non abbia provate le funeste conseguenze di quella disastrosa giornata. Il paese di Mesocco, oltre d’aver persa una grande quantità di fondi comunali e particolari che esistevano sulle due sponde della Moesa, trentacinque differenti fabbricati, la più parte stalle, le quali rinchiudevano fieno e biade, con molti pezzi di prati sui monti levati dalle lavine, si vede altresì danneggiata a perpetuità in non pochi luoghi di pascoli sulle montagne che restarono denudate. Gran parte della campagna nella contrada d’Andersla esiste ora sotto le rovine e le ghiaje, ed alcune di quelle case vi si trovano ancora in piedi frammezzo. L’antica creduta tomba di Rinaldo Nordman fu bensì attorniata da quelle trasportate materie, ma le acque rispettarono la memoria di quel benemerito eroe della patria.
Nella parte inferiore della Valle, i disastri furono in alcuni luoghi ancor più spaventevoli. Parte della metà circa della campagna di Soazza fu distrutta del tutto, e parte molto danneggiata; i prati piani che esistevano sulla destra e sinistra della Moesa smarrirono con cinquantaquattro stalle o cascine contenenti e fieno e grani, compresavi la grande sega comunale. Crastera uno de' tre piccoli alpi di quella Comune, il quale viene caricato da cavalli e bestie bovine, è stato fortemente guastato, e non si ristabilirà che in molti anni in avvenire. Il riale Giuegna che sorte dal monte Forcola fu la principal causa dei danni al territorio di Soazza cagionati.
Le vaste pianure di Cabbiolo e Lostallo furono inondate da ogni sorta di materie e da un’immensa quantità d’intere piante ed altri legnami che del tutto distrussero alcuni fondi, e molto danneggiarono il restante.
Le due piccole terre di Sorte e Norantola soffrirono inondazioni con perdita d’alcuni beni.
La campagna di Cama posta tra la Moesa e lo stradale è resa deserta; Cama di là fu inondata dal riale della Valle; e perdette due case, con tutti i loro mobili, che trovavansi vicine al fiume.
La maggior parte dei prati nella spaziosa campagna di Leggia fu distrutta, o coperta di ghiaja, e non meno alcuni campi.
La Comune di Grono perdette alcuni fondi situati sulle sponde del fiume Moesa, e siccome le dirotte pioggie di quell'infelice giorno non cadevano che massime dalla parte di levante, cosi quella Comune restò per miracolo salvata, perchè la Calancasca non s’accrebbe oltre misura, e li Gronesi non furono quella volta che assai sorpresi da un’eccessiva paura per la rimembranza delle simili sofferte disgrazie nei tempi passati. Pare che or siano finalmente convinti della necessità di mettersi più al sicuro; giacchè incominciano a fabbricare verso settentrione poco lontano da dove abitano oggidì.
Roveredo, oltre d’aver perduto alcuni pezzi di fondi lungo le sponde del fiume, quella Comune ha sofferto in tal luttuosa giornata un’irreparabile calamità; le forti dighe che la riparavano furono superate e rotte, ed in poco tempo l'impetuosa Moesa spinta a destra dalla rapida Traversagna atterrò diecisette case con le loro differenti botteghe e portici che ne attorniavano la bella piazza, sulla quale si tenevano le fiere e i mercati di Valle, e da dove si traversava il superbo ponte di pietra, il di cui primo arco fu pure portato seco dalla corrente, come anche quelle case con alcune contigue stalle perirono, senza che per la maggior parte siasi potuto nulla o quasi niente di esse metter in salvo, e la Moesa scorre ora nei siti, ove erano piantate le fondamenta.
La Comune di s.Vittore non soffrì che inondazioni semplici sulla destra sponda, che pur pochi fondi le tolsero. A motivo, come si è detto parlando di Grono, la Val Calanca in generale non ha sofferto in quell'occasione gravi danni.
Da San Bernardino sino ai confini del Canton Ticino una gran porzione dello stradale Cantonale venne affatto distrutto o danneggiato; similmente i tre ponti costrutti in pietra viva sui quali il detto stradale passava, furono levati, cioè quello che traversava il riale di Verbio, il magnifico sulla Moesa che si vedeva dirimpetto alla Valle del monte Forcola, e quello che traversava la Buffalora. La pronta eseguita provvisoria rifabbricazione sì dell’uno, che degli altri, necessitò in diversi lunghi tratti cambiamenti di direzione e posizione.
Gola, il più antico ponte della Mesolcina ha resistito agli impulsi delle pietre, legnami ed altre materie lanciatevi contro dalle violenti acque che lo sormontavano, gli levarono però la prima arcata che stava sotto alle altre due, ed ecco così quel ponte, il quale esistette intatto già da una lunga serie di secoli, vinto dalla giornata del 27 agosto.
Il ponte di Sorte creduto eterno, quello di Cama, di Leggia e di Roveredo ben costrutti in pietre, ed altri in legno, appartenenti alla Valle ed alle Comuni, furono vittime di quella terribil giornata. Trovandomi in Mesocco mia patria in quel deplorabile giorno, verso le quattro ore e mezza intesi che la chiesa ed ospizio dei cappuccini correvano rischio d’essere atterrati dall’alluvione: corsi a quella volta, e vidi che il torrente avea di già distrutto parte del ponte situato colà poco lungi, e avvicinavasi alla detta chiesa scavando profondamente. Circa all’estremità dello spazioso piazzale di quella chiesa, si alzava orgoglioso un gran tiglio chiamato la Lenza, colà piantato dal primo cappuccino che venne in Mesocco come Missionario, ai di cui piedi scorreva la Moesa, e sotto i suoi ombrosi alti rami andavasi a riposare e godere nei giorni estivi della dolce freschezza. Vidi quella superba pianta scavata tutta all’intorno, eppur sostenersi per alcuni momenti in aria, quasiché sdegnosamente non volesse abbandonare quell'amena sua antica situazione. La sua maestosa caduta fece sì, che il grosso dell’acqua furibonda si dividesse in due parti; e così la chiesa ed il convento restarono salvi.
Prima, e durante il terribile giorno ventisette, ed anche dopo si fece particolar attenzione alla misteriosa fontana, ma essa non gettò in quell'occasione acqua alcuna.
Anche le ruvine del castello di Mesocco furono colpite in quella trista giornata, giacchè le dirotte pioggie, i turbini e più probabilmente il fulmine fecero cadere un gran pezzo dell’alta muraglia che faceva parte di quell’interno palazzo.
Allorché le acque incominciarono a ritirarsi, si trovarono lungo le sponde del fiume Moesa e sugli accumulati banchi di sabbia quantità di pesci morti, ed alcuni corpi di selvatici quadrupedi, stati colà deposti dalle fluttuanti onde.
Almeno con buona fortuna nella Mesolcina nessuna umana creatura fu vittima di quel generale infortunio: molti però furono imminenti di perdere la vita, e salvati solo da pronti prestati soccorsi: come pur troppo in altre egualmente disgraziate vicine valli più o meno persone perdettero in quella luttuosa giornata miseramente la vita.
Alcuni profondi concavi stati scavati dalle dirotte pioggie, scoprirono delle vestigie d’antiche strade, residui di ponti, e fondamenta di diversi fabbricati, che rammemorano le simili disgrazie avvenute nei tempi passati.
I deplorabili narrati disastri del memorabile citato ventisette agosto faranno epoca nella Storia della Mesolcina, la quale solo con assidui lavori e col tempo potrà guarire da tali profonde piaghe.
I rilevati danni della Valle cagionati da quell'alluvione ascendevano quasi ad un milione e mezzo di lire mesolcinesi, circa un terzo dei sofferti in tutto il Cantone.
D'eterna e lodevol memoria sia la rara filantropia Svizzera delle Comuni e particolari d’ogni Cantone, domiciliati anche in lontani paesi, che a quell’occasione prontamente soccorsero i loro disgraziati compatrioti dei quattro maggiormente danneggiati Cantoni, sì in robba, che in denari. Il totale delle compartite beneficenze in denaro che il Canton Griggione ricevette dal Federale Comitato di beneficenza ascendeva a cento settantat'otto mila fiorini, compresovi il quarto circa di quella somma, le beneficenze rilevate separatamente per il Cantone, di cui la Mesolcina, in particolare o comunalmente, ricevette a proporzione circa cento cinquanta mila lire mesolcinesi, oltre diecinove grossi colli contenenti ogni sorta d’abiti, biancherie ed effetti che vennero distribuiti alle famiglie più povere. I denari largiti alle Comuni furono, per disposizione del prelodato Comitato, destinati ad esser solo impiegati a vantaggio del pubblico.