Come andò a finire il Pulcino/La mia prima fidanzata
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— 132 — Infatti, trascorsa appena una settimana, la signora Ida Baccini riceveva il manoscritto e lo consegnava allo stampatore. Ed ecco come, o fanciulli, vi è stato possibile di proseguire il racconto che formò le delizie delle vostre mamme e che vi spiega « Come andò a finire il Pulcino. » II. La mia prima fidanzata. Dopo i bei tempi trascorsi nel luogo che mi détte i natali, presso la più cara, la più amata delle mamme, debbo confessare che il periodo più felice della mia esistenza l’ho passato in questa casa ospitale, fra le cure della signora Carolina e le cucchiaiate di minestra favoritemi gentilmente, quando dal buon Masino, quando da suo padre che, quantunque rozzetto di modi e d’aspetto, è il più gran galantuomo ch’io mi conosca. Chi dice « sor Teodoro Gemi arei li » dice Onestà e buon cuore. — 13 3 — Non ini si rinchiuse in una stia, non si cercò di stabilire un limite alle mie passeggiate. Ero padrone di tutto l’orto e anche della parte del terreno coltivato a giardino. Certo eh’ io non abusai di quella grande bontà, e la coscienza non mi rimorde di aver mai brucato un cavolo o strapazzata una pianta. Già debbo dire che fin da piccino ho avuto sempre il rispetto delle cose belle create dal buon Dio e non ho mai potuto soffrire i ragazzi che con la scusa del chiasso o della spensieratezza sperperano i fiori, i frutti e i nidi. Per me lo sciupare una rosa, l’abbattere un alberino giovane, il dar noia a una bestiola innocente sono colpe che vorrei punire a furia di nerbate. Passavo dunque una vita abbastanza contenta, quando una sera, sull’ imbrunire, vidi entrar nel giardino la signora Caro- 10 — Baccini, *Memorie d’un Pulcino, ecc. — 134 — lina, accompagnata da una vecchietta ricurva che non faceva altro che tossire e masticar pasticche. — Anch’io — diceva la mia padrona — sono un po’ sofferente da qualche tempo à questa parte. Non mi reggo ritta e vo soggetta a frequenti capogiri. — Tutt’ effetto di debolezza ; — replicava la vecchina — e lei deve seguire il mio metodo di cura: molto latte e molte uova a bere. — È così difficile trovarle fresche! — sospirò la signora Carolina. — Ebbene: pigli una gallina; così sarà sicura del fatto suo. Vedo che ha già un galletto, — proseguì guardandomi — quindi nulla di più facile che metter su pollaio, e aver delle belle uova fresche tutti i giorni! — Povero Cocò ! — disse la mia padrona chinandosi e prendendomi in collo. — Che ne dici? Vogliono darti moglie! — Non credei conveniente di rispondere, ma confesso francamente che l’idea di una compagna con cui avrei diviso le gioie e i dolori della vita non mi dispiacque.
— 135 — — Se lei si decide ad accettare il mio consiglio, — proseguì la vecchietta — domattina presto le mando la pollastra! — E io la riceverò con tutto il piacere ! — esclamò ridendo la signora Carolina. E posandomi in terra, soggiunse: — Dunque, allegro, Cocò. Domani verrà la fidanzata. — Le due signore si allontanarono e io rimasi solo nell’orto, al pallido chiarore delle prime stelle, che cominciavano a tremolare nell’azzurro tenero d’un bel cielo primaverile. Non so perchè, il mio pensiero volò alla mamma e alle nostre belle notti mugellane tutte profumo e mistero. — Dio mio! — pensai — se è vostro desiderio ch’io abbia una compagna, fate che essa rassomigli la virtuosa gallina che m’ha dato la vita e s’è ingegnata di farmi crescere onesto e buono ! — & Quando la Fanny comparve nell’orto sulle braccia di Masino, non potei trattenere un — chicchirichì d’esultanza, tanto mi parve graziosa e gentile.
Figuratevi una piccola gallina dalle piume azzurrognole che prendevano, al sole, tutti i riflessi dell’iride, con una piccola cresta di corallo, e con un bel paio d’occhietti vivaci e birichini... !
— Eccoti una compagna ! — mi disse il padroncino, presentandomi la Fanny. E a questa: — Ecco Cocò, un galletto per bene, istruito, che ha visto molto mondo e potrà farti un’ottima compagnia. Procurate d’esser buoni, di star d’accordo e di non darci dispiaceri. —
E deposta in terra la mia futura Èva, Masino se ne andò pei fatti suoi.
Fra due persone che si vedono la prima volta v’è sempre molta freddezza. Non si sa che cosa dire, e il timore che ci sfuggano delle sciocchezze o delle cose troppo comuni non contribuisce certamente a renderci più disinvolti.
La Fanny taceva, guardando distrattamente, così mi parve, un bacherozzolo che appa riva — 137 — e spariva da un bucolino del terreno : dico distrattamente, perchè non supponevo che in quel momento il pensiero della colazione le occupasse il cervello! Tanto per dire una cosa nuova, che desse alla giovane fidanzata un’idea brillante del mio spirito, esclamai: — Ohe bella giornata.... per noi ! — La gallina nascose precipitosamente il capo nell’ala destra, non per timidità, ma per liberarsi da un pidocchio pollino che la tormentava; quest’operazione, durante la quale io non sapevo troppo che contegno prendere, durò due minuti buoni, in capo ai quali Fanny tornò a prender di mira il bacherozzolo che dal suo bucolino seguitava le stesse manovre. — Com’ è timida ! — pensai. E ripresi a voce alta: — Spero, signorina, che ella si troverà assai bene in questo luogo di delizie. Io ci vivo da quattro mesi e posso assicurarla che.... — Non potei proseguire. La mia fidanzata con un piccolo salto fu sopra al bacherozzolo, lo ghermì delicatamente col becco e se lo mangiò — 138 — con visibile compiacenza, guardandomi maliziosamente in tralice col suo vispo occhietto. Altro che timidità ! Non aveva avuto neanche il gentile pensiero di domandarmi se vo- troppo dissimili dagli uomini. Un bel visetto piace, seduce, dispone l’animo alla benevolenza: ma guai se non è accompagnato dalla gentilezza dell’anima e dalla soavità dei modi ! Tutta la simpatia sfuma in un fiat ! Pure, la mia qualità di galletto e di ospite m’imposero di dissimulare la mia cattiva impressione: e col tòno della più corretta garbatezza dissi alla Fanny : — La signorina ha appetito? — Sicuro ! — rispose vivacemente — e se lei si compiacesse di condurmi in un posto dove levo favorire ! Il fatto, dico il vero, mi parve alquanto spoetizzante, e cal-
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,|J mò non poco i miei entusiasmi giovanili. I polli non sono, su certi tasti, — 139 — ci sia da mangiare, mi farebbe un vero regalo. — Ma s’immagini! È mio dovere. — La precedei fino alla mia elegante stia di legno bianco, dove in uno spazio relativamente breve, erano riuniti tutti i comodi della » ' vita: acqua fresca, bastoncelli da appollaiarsi, sassolini per facilitare la digestione e un grosso tegame di crusca e midolle di pane rinvenute. — Si serva! — dissi alla Fanny, accennandole il tegame. La mia fidanzata ci tufi'ò il becco, ma lo rialzò quasi subito, dicendomi con tòno sprezzante : — O che sudiciume è questo? — È un pastone eccellente; — risposi mortificato — non capisco come non le piaccia. Io ne sono soddisfattissimo ! — Ah sì? Può darsi. Ho sentito dire che lei è un mezzo contadino; quindi non può intendersi dei cibi fini. — Sentii che la cresta, dalla gran rabbia contenuta, mi diventava una fiamma. — 140 — E lei, — risposi fremendo — che cosa mangia di grazia! Dei savoiardi intinti nel vin santo ? — La sora Vincenzina mia padrona mi ha sempre mantenuta a riso, a minuzzoli di pane e anche ar dolci. Non capisco come le sia venuto in testa di regalarmi a questa gente! Stavo così bene nell’orto di casa mia! Avevo fatto amicizia con un merlo canterino che mi raccontava un monte di storielle divertenti, e le so dire che il tempo mi passava presto e bene. — Lei è stata regalata alla signora Carolina per due ragioni — risposi con sostenutezza. — Prima di tutto perchè la mia padrona ha bisogno di uova fresche, eppoi anche — e mi sentii avvampar la fronte — perchè si unisca meco in matrimonio e diventi una sposa e una madre esemplare, com’era la mia — aggiunsi mestamente. La gallina mi guardò dapprima coi segni della più grande stupefazione; poi, dando libero sfogo alla sua vena canzonatoria, proruppe : — 141 — — Quella stupida della sora Vincenzina non ha un fìl di giudizio. Aveva una gallina che le faceva delle uova squisite e la regala.... — .... per fare una garbatezza a un’amica ammalata — interruppi con tòno severo. — Furba ! E, quel che è peggio, dispone di me come se fossi uno strofinaccio da cucina. Prima di tutto non voglio maritarmi; e caso mai mi decidessi a fare questo passo, sarebbe con qualche galletto signore appartenente a un pollaio principesco, dove ci sono animali dalle belle piume rosse, bianche, celesti e color d’oro. — Si serva pure! — risposi sdegnosamente, e la piantai lì sola, davanti al tegame di yt crusca. Passo, sorvolando, su questo periodo della mia giovinezza, e riassumo dicendo che la Fanny fece la fine che si meritava. Siccome, oltre al dimostrarmi la più sprezzante antipatia, si era attirata l’odio de’ padroni, sia bevendo le uova che essa stessa faceva, sia sciupando i fiori, sia tentando ripetutamente di beccar gli occbi d’un vecchio gatto soriano che