Ciuffettino/Capitolo X
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X.
— Ecco - bofonchiava Ciuffettino, allontanandosi dalla Città dei Sapienti - che cosa tocca a un ragazzaccio svogliato e ignorante come me!... E intanto, così, non ho mangiato! E mi sta bene, ih! ih! ih! perchè se avessi obbedito il babbo... ed il maestro... Oh... ma se faccio tanto di tornar a casa, quant’è vero Iddio, mi metto a lavorare, e divengo un buon ragazzo sul serio. E i miei genitori dovranno piangere di gioia, dovranno...! Un giorno, poi, quando sarò grande, troverò un bell’impiego, e guadagnerò i denari a palate... E per le vie di Cocciapelata tutti diranno: quello era Ciuffettino... quel monellaccio... non par vero! adesso è il presidente del Consiglio dei ministri... Che ingegno! E di tutto il danaro che avrò, che ne farò? Farò, prima di ogni cosa, un vestito al mio babbo, tutto d’oro e d’argento: alla mia mamma, povera donna, comprerò un paio di buccole con delle pietre lucenti come il sole: e io non mangierò che pasticcini alla crema e dormirò in un letto tutto di panna montata, con i cialdoni per guanciali... Oh! ecco un mulino...
Un omuncolo se ne stava su la porta del mulino, con le mani dietro le spalle, lanciando nell’aria azzurra e luminosa il fumo di una vecchia pipa di gesso.
— Quell’omino! oh! quell’omino? che mi dareste, per piacere, un po’ di pane, un po’ di salame e un po’ di burro?
— Ti contenti di poco, figlio mio - disse l’omino, ridendo - ma perchè, di grazia, dovrei darti il pane, il salame ed il burro?
— Toh! perchè, mi sento appetito!
— Ma io, quando mi sento appetito, non vengo mica a mangiare a casa tua!
— Cotesto gli è vero - rispose Ciuffettino tutto mortificato - ma io credevo...
— Se vuoi questa roba, guadagnatela! Ciuffettino e Melampo sulla via di Cocciapelata.
Ciuffettino fece una smorfia.
— Come ho da fare?
— Te lo spiego subito; per l’appunto stamattina mi si è guastata la macina del mulino: aiutami ad accomodarla...
Ciuffettino fece un’altra smorfia.
— Eh!... ma cotesti son lavori da facchini - disse, tentennando il capo. - Che ti pare che io possa...?
— Allora, caro milionario - rispose sogghignando il mugnaio - ti enti pure la tua superbia e io mi terrò il mio pane...
— Bella carità!
— E tu, non ti vergogni, alla tua età, sano e svelto come sei, a non fare nulla?
— Ma io le macine non le ho accomodate mai, e non voglio sciuparmi le mani con gli arnesi.
— Povero grullo!
— Sarò un grullo, ma...
— Il tu’ babbo che cosa fa, scusa?
— Il mi’ babbo? - e il ragazzo divenne rosso come un pomodoro - Fa... fa... il banchiere...
Il mugnaio diede in una risataccia fenomenale.
— Il banchiere! ma deve aver fallito, a quel che sembra...
— Come sarebbe a dire? - chiese tutto impermalito Ciuffettino.
— Sarebbe a dire, che a guardarti le scarpe si capisce subito che non sei figlio di un banchiere...
— Gua’... le scarpe sono scarpe di campagna.
— E tu sei un bugiardello.
Animo: vuoi, o no, aiutarmi ad aggiustare la macina? Per l’appunto il mio nipote gli è andato al paese... se mi dai una mano, sarai contento. Assieme al pane con il salame ci metterò mezzo litro di vino dolce...
— Che è, aleatico?
— Appunto aleatico!
Ciuffettino alzò gli occhi al cielo, mandò un sospirone, e disse lamentevolmente:
— Vi aiuterò... basta che non mi facciate faticare troppo...!...
Ed entrarono nel mulino.
Si trattava di sgobbare, e per bene: perchè si era rotto un perno della ruota della macina.
Ciuffettino, per un poco, cercò di essere utile all’omuncolo, che, sudando, soffiando, bestemmiando, tirava martellate e piantava chiodi che pareva il castigo di Dio: ma poi, stanco, si buttò a sedere per terra, e disse, incaponito:
— No! questo non è il mio mestiere! preferisco fare l’avvocato!
Allora il mugnaio gli dette il pane solo; e poi, sempre sogghignando, gli disse:
— Se vuoi guadagnarti il pane, il salame e il vino... senza faticare... ti offro un altro mezzo. C’è Melampo che è vecchio, è pieno d’acciacchi, e mi dà impiccio... Ammazzarlo da me non posso... mi farebbe male... ci ho il cuore buono, io... potresti affogarmelo tu... nel fosso vicino... E’ una cosa da nulla: gli attacchi un sasso al collo, e lo butti nell’acqua... E poi ritorni, e io ti darò da cena, e ti regalerò quattro soldi.
Ciuffettino si grattò forte forte la zucca.
— Ma io, questo signor Melampo non lo conosco...
— E’ il mio cane... che adesso mangia il pane a tradimento...
— Ah! si tratta di un cane!
— Sicuro, toh! che credevi?
— Mi proverò: ma vi confesso che neanche questo mestiere mi piace...
— Se non sei contento, vattene.
— Mi proverò, vi dico!... Che brutto carattere che avete, caro omino!...
E il mugnaio condusse il ragazzo vicino al casotto di Melampo. Melampo era un vecchio cane da pastore, che aveva perduto il pelo e le illusioni della vita a furia di far la guardia al padrone. Adesso gli erano rimasti due denti, con i quali non poteva masticare neanche la pappa bollita, e un occhio solo, perchè l’altro glie l’aveva chiuso un cacciatore con una impallinata. Non gli riusciva più di abbaiare per una laringite cronica, che lo affliggeva da qualche anno, e non poteva camminare per via di una sciatica a una zampa che lo faceva orribilmente soffrire. Passava il tempo a rimpiangere i bei giorni della gioventù, e intanto lasciava che di notte le astute faine penetrassero nel pollaio e facessero strage dei polli del mugnaio.
— Questo è il cane che devi affogare - mormorò omuncolo, passando una corda al collo della povera bestia, e offrendo un capo della corda a Ciuffettino va’ e fa presto... pensa alla cena... all’aleatico e a quattro soldi.
Ciuffettino, mogio mogio, trascinandosi dietro Melampo, s’avviò, per un sentieruolo che serpeggiava tra i campi, verso il fosso del mulino.