Ciuffettino/Capitolo IX

Nel quale Ciuffettino restituisce... per forza, l’Elixir di lunga vita che il professor Sotutto gli ha offerto generosamente

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Nel quale Ciuffettino restituisce... per forza, l’Elixir di lunga vita che il professor Sotutto gli ha offerto generosamente
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IX.

Nel quale Ciuffettino restituisce... per forza l’«Elixir di lunga vita» che il professore Sotutto gli ha offerto generosamente.

A dir la verità, anche voi altri, bambini miei, vedendo quegli illustri scienziati, avreste riso un pochino.

Figuratevi dei vecchi lunghi, magri, sparuti, con [p. 70 modifica]delle grandi barbe fluenti, bianche e giallastre, con dei brutti nasi pieni di bitòrzoli, con degli occhiali spaventosi, e poi, vestiti di certe lunghe cappe nere ricamate in oro, con dei cappelli a cono altissimi e dei guantoni verdi... Sembravano tanti morti in permesso, vestiti in maschera.

Sul suolo di cemento della piazza era stato disegnato con del carbone un ampio circolo. E i sapienti andavano entro a quello tracciando altre linee e altri disegni capricciosi, adoperando compassi, seste gigantesche e penne stilografiche mostruose. Tutti disegnavano, accumulavano cifre su cifre, trinciavano l’aria con i loro arnesi, facendo segni cabalistici, ma nessuno parlava.

Quell’alto silenzio venne turbato a un tratto da Ciuffettino.

I dotti, sentendo le risate del ragazzo, lasciarono per qualche istante le ricerche tormentose del grande problema.

Erano tutti indignati. Chi poteva permettersi..? Uno dei vecchioni, scoprendo il nostro eroe, gli corse incontro, emettendo delle piccole grida gutturali, lo acciuffò per la collottola, e alzandolo all’altezza del naso, domandò, stizzosamente:

— Di dove vieni? Da quale scuola scappi? Perchè ridi? [p. 71 modifica]

Ciuffettino, benchè la situazione fosse tutt’altro che allegra, continuò a sghignazzare. Non poteva tenersi, proprio!

— Ah! tu seguiti a ridere! - aggiunse lo scienziato, tentennando il capo in atto di minaccia - devi essere un ignorantello della campagna!... Adesso la voglia di ridere te la caverò io...

— O guarda! - disse Ciuffettino - che colpa ci ho io se avete quel naso che pare un peperone?

— Al cospetto di un uomo che da duecento anni si affatica intorno ai sublimi quesiti della natura, e che ha dato al mondo i frutti portentosi del suo genio, tu osi sghignazzare?...

— Duecento anni? - esclamò Ciuffettino, meravigliato - voi avete duecento anni?.. li portate bene... Ve ne davo un centinaio solamente...

Il dotto trascinò nel circolo dei colleghi il ragazzo, e lo presentò all’assemblea con queste parole:

— E’ un povero idiota... una specie di minuscola scimmia... bisognerà istruirlo!...

Tutti guardarono curiosamente Ciuffettino, come se fosse stato un animaletto di nuovo genere.

— Comincieremo a mandarlo alle scuole inferiori - proseguì il solito scienziato.

— Senta, signor... signor? - chiese Ciuffettino.

— Mi chiamo Sotutto.

— Senta, signor Sotutto: io andrei volentieri a scuola, ma a pancia piena...

— Che sciocchezza! Io, per esempio, non ho mangiato da sei mesi, piccolo ignorante!

— E io da dieci mesi e mezzo! - ribadì un altro con uno sbadiglio.

— Beati loro! - disse Ciuffettino - io, invece, non mangio da stamattina, e mi sento languido, languido... [p. 72 modifica]

— A te deve bastare, per adesso, che io ti spezzi il pane della scienza... - riprese a dire il professore Sotutto.

E Ciuffettino, da quell’asino che era:

— Il pane della scienza... è bianco o nero? perchè, dico la verità, preferisco il bianco...

Il professore levò le mani al cielo.

— Che abisso di ignoranza! Vediamo: comincieremo con le scienze esatte. T’insegnerò l’aritmetica. Conosci la tavola pitagorica?

E Ciuffettino:

— Conosco soltanto la tavola... dove si mangia.

Il sapiente emise un gemito.

— Oh! supremo idiotismo! E dimmi, animaletto, sapresti tu estrarre da un numero qualunque la radice quadrata?

— Io le radici non le so estrarre, ma le so mangiare con il lesso...

— Lo udite? lo udite? - sbraitò il povero professor Sotutto, furibondo, ai colleghi mezzo svenuti per l’orrore. -Che ne dobbiamo fare di questo scellerato?...

— Pietà - supplicava Ciuffettino, impaurito - fatemi tornare dalla mamma!.. Insegnatemi la strada [p. 73 modifica]di casa!... E se avete un briciolo di cuore, datemi almeno una fetta di panettone...

— Panettone? - ripetè il professore. - Che c’entra? Non comprendo. E’ forse il nome di tuo padre?

— Ho fame!

— Con questi bisogni volgari non ti riuscirà mai di elevarti alle vette eccelse della scienza. Non troverai, certo, la quadratura del circolo!

— Pazienza: a me basterebbe di trovare... due ova al tegame!

Lo scienziato riflettè a lungo.

— Ma se ti do da mangiare, studierai, dopo? - chiese con voce raddolcita.

E Ciuffettino:

— Figuratevi!... Datemi da mangiare e vedrete. L’ho sempre detto, io, che di uomini come voi ce ne sono pochi!... E vi voglio un bene dell’anima! Siete la mia seconda madre!

— Silenzio: seguimi!

Si incamminarono verso la casa del professor Sotutto: ma il vecchio procedeva così lentamente che ci vollero quattro ore e trentacinque minuti per arrivarvi. E in tutto non erano che duecento metri di strada! Ciuffettino si sentiva svenire.

Per andare dal portone alle scale ci vollero trenta minuti buoni.

— Auf! non ne posso più!... - disse il ragazzo, con le lacrime agli occhi.

— Calma, figliolo: sono vecchio e non mi riesce più di correre. E poi... c’è tempo a tutto.

Giunsero al primo pianerottolo che era già notte fatta.

— O quanti piani ci sono ancora? - bisbigliò Ciuffettino. [p. 74 modifica]

— Pochi, ragazzo mio: dodici soltanto.

— Allora muoio per istrada!...

— Calma, ragazzo... calma...

— Ma io ho fame!...

Ciuffettino per la bizza si diede dei pugni sul capo,

A mezzanotte erano al sesto piano.

— Sentite veh, fra poco mi butto a sedere, e non mi muovo più - minacciò il ragazzo, esausto.

— Fa’ pure il tuo comodo, ragazzo mio: d’altronde io son vecchio, ho duecento anni, e non posso mica volare... Quando aveva la tua età, ero capace di far tutte le scale in cinque ore solamente...

All’alba arrivarono al dodicesimo piano. Il dotto ficcò la chiave nella toppa, aprì l’uscio ed entrò, seguito dal nostro eroe che boccheggiava.

Nell’anticamera il vecchio, sedendosi su di una poltrona, mormorò:

— Siedi.

Ciuffettino obbedì, chiedendo:

— Perchè debbo sedere? [p. 75 modifica]

— Non bisogna far mai nulla senza riflettere. Che cosa siamo venuti a fare, qui?

— A mangiare, toh!

— Allora riflettiamo se dobbiamo mangiare per davvero. Il sapiente non imprende alcuna cosa senza prima pensarci due volte.

— Auf!

— Calma, figliolo: pensa che non sono più un ragazzo, io..

— Sfido! avete duecent’anni sul groppone, e ve li siete spesi proprio benino!

Quattro ore dopo passarono nella sala da pranzo.

— Finalmente! - disse Ciuffettino, sedendosi a tavola, mentre il vecchio apriva un picciolo armadio incastrato nella parete, e ne estraeva due grossi bicchieri e un paio di bottiglie di forma bizzarra. Il professor Sotutto versò nei bicchieri iì liquido delle bottiglie, mescolandolo: poi ordinò a Ciuffettino:

— Mangia! [p. 76 modifica]

— Che cosa? questa è roba da bere...!

— Questo è il mio cibo: siccome ho perduto tutti i denti, mi nutro con l’Elixir di lunga vita.

— Che brutto colore e che pessimo odore! - brontolò il nostro eroe, tappandosi il naso con le dita, e trangugiando il liquido misterioso come se fosse stato olio di ricino.

— Ti piace? - chiese il vegliardo, che nel frattempo aveva vuotato ingordamente il proprio bicchiere, e si stava leccando i baffi. - Eccellente, vero?

— Buonissimo... - balbettò Ciuffettino: e, alzandosi su la sedia, in una contrazione dolorosa dello stomaco... restituì su la tovaglia candida l’Elixir di lunga vita.

— Com’è buono... ohi, ohi...

Il vecchio, livido, puntò lentamente il dito lungo ed ossuto verso Ciuffettino. [p. 77 modifica]

— Che hai fatto!!...

— Eh!... in fin dei conti, abbiate pazienza, bella educazione di invitar le persone a bere certa roba...

— Tu... osi?!...

— Sì - aggiunse il ragazzo con fuoco - e adesso, ho più fame di prima! Voglio una coscia di pollo o una fetta di mortadella!

— Bene!

Il professor Sotutto prese Ciuffettino, se lo mise sotto il braccio, mugolando, e lo portò per le vie tranquille della Città dei Sapienti, fino alla porta. Costì lo riconsegnò a quella guardia che conosciamo, esclamando:

— Mettete fuori della città questo ignorantello! E se ritorna, prendetelo a calci!

La guardia scaraventò il fanciullo, come se fosse stato una palla di gomma, in un prato vicino.

— Sono morto! - pensò il nostro amico - addio, mamma! addio babbo!

E, credendosi morto, si pose a dormire tranquillamente. Quando si svegliò, il sole era alto nell’orizzonte purissimo.