Ciuffettino/Capitolo XI
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XI.
A un certo momento, Ciuffettino udì una voce dolente, che, tra un singhiozzo e l’altro, mormorava:
— Bella ricompensa dei servizi resi!... ah! mondacelo ingrato!
Il nostro eroe si guardò intorno, ma non vide nessuno.
— Si vede che questa voce me la sono sognata io disse il ragazzo, crollando il capo; e tirando la corda: Via, Melampo!..... Però, in fondo, mi dispiace di affogare questo povero cane... che non mi ha fatto mai nulla... Coraggio, Ciuffettino! pensa all’aleatico e alla cena... l’ha detto quell’omino che ride sempre...
E riecco daccapo quella voce lamentevole che brontolava:
— Dopo che io gli ho salvato tante volte la casa dagli assalti dei briganti...
Ciuffettino si fermò: guardò in cielo, guardò in terra, si rivoltò su sè stesso una diecina di volte... e rimase come prima.
Allora, facendo spalluccie:
— Bah! si vede che questa voce me la sono sognata io.
Erano al fosso che travolgeva le acque tumultuose nell’angusto letto, con un fragore monotono e sinistro. Il ragazzo ebbe un brivido:
— Povera bestia... che brutta fine! eh! se non ci fosse di mezzo la cena...
— Per carità, Ciuffettino, salvami... - disse la solita voce.
Questa volta Ciuffettino capì. Era Melampo che parlava!... Allora, mettendosi a sedere su di un sasso coperto di musco, il fanciullo disse al cane, che si era subito accovacciato ai suoi piedi, implorando:
— Che vuoi, Melampo mio! se stesse in me, ti lascerei campare questi altri pochi giorni che ti restano... Ma è il mugnaio che vuole la tua morte. E mi ha promesso tante belle cose se ti butto nel fosso... l’aleatico... il salame... il vino... quattro soldi... e se tu sapessi - qui Ciuffettino fece un grande sbadiglio che fame che ho, e che miseria che mi rimpasto! Quel po’ di pane di dianzi non mi ha toccato nè pure un dente. Con quei quattro soldi posso ritornare a casa... Perchè, mio caro Melampo, devi sapere che io sono un ragazzo sperduto: e se mi riesce di tornare a casa...
— Ciuffettino mio, abbi pietà della mia vecchiaia...
— Melampo, senti, non posso...
— Te ne sarò riconoscente...
— Non posso...
— Pensa che alle volte, una buona azione fa perdonare molti falli...
— Eh! eh! per un cane non parli male, Melampo mio. Credi che al pensiero di doverti buttare nel fosso mi vien da piangere...
E Ciuffettino si asciugò una lacrima.
Allora Melampo, attaccandosi ad un tenue filo di speranza:
— Vedrai che un giorno sarai contento di non aver dato retta a quel cattivo e sconoscente padrone... se tu sapessi quanto mi ha fatto soffrire, e quanto pane duro mi ha fatto mangiare! Scommetto che senza quel pane a quest’ora avrei ancora tutti i denti... Tu devi esser buono di core. Ascoltami... via.....
Ciuffettino si commosse. Sciolse il cane, e accarezzandogli il muso, esclamò:
— Farò a meno di cenare, per istasera, e ti salverò la pelle. Potrei anche tornare al mulino, e dire di avere eseguita la commissione... ma dire una bugia di questo genere mi ripugna... Di bugie ne ho dette già troppe.... Pazienza: la Provvidenza mi aiuterà.
Melampo, in un impeto di gioia, riacquistando per un attimo la vigoria della giovinezza, si rizzò su le zampe posteriori, e abbracciò il bambino, lavandogli la faccia a furia di linguate.
— Caro Ciuffettino! Dio te ne renda merito!
— Io vorrei ritrovar la strada di casa, ecco: non domanderei altro!
— Ma dove vuoi andare?
— A Cocciapelata!
— Cocciapelata è lontana, lontana... miglia e miglia...
— A Cocciapelata c’è il mi’ babbo!
— Vieni: io ti guiderò!
— Tu? vecchio e acciaccato a quel modo?
— Eh! ma ora ci ho una forza nuova! Andiamo! E sai che cos’è che me la dà, questa forza?
— Che cos’è, Melampo?
— La riconoscenza!
Il bambino e il cane si posero in via. E quella notte, l’uno e l’altro dormirono, a pancia vuota, in un pagliaio abbandonato, mentre la luna splendeva in cielo, e i grilli cantavano fra le alte erbe imperlate di guazza.