Chi l'ha detto?/Parte prima/27

§ 27. Famiglia

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§ 27.



Famiglia





459.   Où peut-on être mieux
Qu’au sein de sa famille?1

sono forse gli unici versi di Jean-François Marmontel che siano rimasti popolari in Francia e fuori: essi fan parte d’un quartetto della commedia lirica Lucile (composta nel 1769, musica di Grétry, atto unico, sc. IV). D’altra parte può l’uomo vivere solo, e senza affetti? No davvero; anche la Bibbia ammonisce:

460.   Non est bonum esse hominem solum.2

e più oltre:

461.   Vae soli.3

e ne dà subito dopo la ragione: quia, cum ceciderit, non habet sublevantem se, «poichè se cade (ed è inteso specialmente in senso morale) non ha chi l’aiuti a rialzarsi»; tuttavia qualche volta i parenti danno anche delle tribolazioni, come le stesse Sacre Carte ammoniscono:

462.   Inimici hominis domestici ejus.4

Anche Tacito (Histor., lib. IV, cap. 70): Acerrima proximorum odia. A Firenze, nel palazzo che fu di Agnolo Doni, poi dei Fenzi e dei Foresi, posto nel Corso dei Tintori, al n. 8, c’è ancora nell’atrio un’antica lapide popolarissima che dice:

Amici nemici - parenti serpenti - cugini assassini - fratelli coltelli.

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Bella dunque è la vita infiorata dagli affetti domestici, purchè in seno alla famiglia regni la pace: lontane sempre le

463.   Barufe in famegia.5

che è il titolo di una graziosa commediola in dialetto veneziano di Giacinto Gallina, rappresentata per la prima volta in Venezia dalla compagnia Moro-Lin nel gennaio 1872. Il suo soggetto è la eterna discordia fra suocera e nuora, poichè la commedia è imitata dalla Famiglia dell’Antiquario di Goldoni. Con essa esordì il Gallina nel teatro dialettale veneziano.

Gioia della famiglia sono i figli, e di essi solo ho da parlare, poichè delle mogli ho già detto in un precedente paragrafo.

Una frase dantesca esprime con parole più nobili quel che più umilmente il nostro popolo dice coi proverbi: Chi di gallina nasce convien che razzoli, ovvero I figli dei gatti pigliano i topi; Dante invece:

464.   .... Ogn’erba si conosce per lo seme.

Lo stesso concetto è espresso in un versetto biblico:

465.   Sicut mater, ita et filia eius.6

che era già proverbio al tempo del profeta, com’egli stesso dice; e in un verso latino:

466.   Et sequitur leviter filia matris iter.7

che si trova nel Pantagruel di Rabelais (lib. III. cap. 41) preceduto da altro verso che ne completa il concetto:

Sæpe solet similis filius esse patri,
Et sequitur leviter filia matris iter.

Rabelais si riporta in proposito a questa citazione ad una glossa del Corpus juris civilis (Ut ait gl. vj. q. j. c. Si quis ecc.), ma [p. 139 modifica]non dice precisamente quale, ed è probabile che questa citazione, come molte altre simili, sia stata inventata da lui per puro scherzo.

Il Varrini nella Scuola del volgo, cioè Scelta di proverbi ecc., così la traduce in italiano:

Della madre il camin segue la figlia.

Anche Orazio nelle Odi (lib. IV, od. 4, v. 31-32) ritiene che

.... Neque imbellem feroces
Progenerant aquilæ columbam

con frase che, se prestiamo credenza a Porfirio, era proverbiale presso i Latini.

L’Alighieri in altro luogo svolge l’idea opposta cioè che nè virtù nè genio sono sempre ereditarii, e questo segue, a sua detta, per volere della Provvidenza la quale vuole che coloro ai quali essa distribuisce queste doti, le riconoscano da lei sola:

467.   Rade volte risurge per li rami
L’umana probitate: e questo vuole
Quei che la dà, perchè da lui si chiami.

Altrove egli dice che:

468.   Molte fiate già pianser li figli
Per la colpa del padre.

Perchè siano severi educatori dei fìgli, ammonisce i padri la Bibbia:

469.   Qui parcit virgæ odit filium8

altrimenti i figli stessi chiederanno conto ai genitori della loro colpevole debolezza, e potranno dir loro:

470.   Ecco, a te rendo il sangue tuo; meglio era
Non darmel mai.

come Emone, morente invece per la crudeltà del padre, dice a questo nell’Antigone di Vittorio Alfieri (a. V, sc. 6).

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Della benedizione dei genitori così sta scritto nei libri sapienziali:

471.   Benedictio patris firmat domos filiorum; maledictio autem matris eradicat fundamenta.9

Giacomo Leopardi nella canzone scritta per le nozze della sorella nel 1821, quando già nell’animo suo cominciava a radicarsi quel pessimismo che fu caratteristico della sua lirica, così a lei dice

472.   O miseri o codardi
Figliuoli avrai. Miseri eleggi.

A conforto di coloro che hanno uno stato civile poco regolare, si può affermare che

473.   On est toujours l’enfant de quelqu’un.10

come dice il giudice Brid’oison nel Mariage de Figaro (a. III, sc. 16) di Beaumarchais.

Parmi che, parlando della famiglia, sia questo il luogo migliore per ricordare anche la frase:

474.   La vie privée d’un citoyen doit être murée.11

attribuito da Stendhal (Correspondance, 1885, 1re partie, pag. 249) a Talleyrand; ma anche di questa attribuzione, come di tante altre, è il caso di dire che on ne prête jamais qu’aux riches. Fu il deputato francese Royer-Collard che nella seduta del Corpo legislativo del 27 aprile 1819 (Moniteur Universel, 29 avril 1819, pag. 529) in una discussione sulla libertà di stampa si esprimeva in tal guisa: «Voilà donc la vie privée murée, si je puis me servir de cette expression.» Lo stesso Royer-Collard il 7 marzo 1827 in una discussione ricordava la sua frase già diventata celebre: «Je répéterai volontiers ce que j’ai dit en 1819.... oui, la vie privée doit être murée

Note

  1. 459.   Dove si può star meglio che in seno alla famiglia?
  2. 460.   Non è bene che l’uomo sia solo.
  3. 461.   Guai a chi è solo.
  4. 462.   I nemici dell’uomo sono i suoi parenti.
  5. 463.   Baruffe in famiglia.
  6. 465.   Quale la madre, tale anche la figlia.
  7. 466.   E facilmente la figlia batte le orme della madre.
  8. 469.   Chi risparmia il bastone non ama suo figlio.
  9. 471.   La benedizione del padre consolida le case dei figli; la maledizione della madre ne sradica le fondamenta.
  10. 473.   Si è sempre il figlio di qualcuno.
  11. 474.   La vita privata di un cittadino dev’essere chiusa da un muro.