Cenni biografici e ritratti d'insigni donne bolognesi/Santa Caterina Vigri da Bologna
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SANTA CATERINA VIGRI DA BOLOGNA
La Beata Illuminata Bembo, Giovan Sabbadino degli Arienti, il Padre Grassetti, il Melloni, e pochi anni sono Emidio Nannetti, nello scrivere la vita di Santa Caterina
Vigri da Bologna, si diffusero a narrare i prodigi con che Dio si compiaque circondare la di lei culla, a disseminarne la vita, a coronarne il fine; ma gli angusti limiti assegnati
a questa raccolta di cenni biografici non permettono di por mano ad una messe per la cui abbondanza rimarrebbe incompleta la parte sostanziale del racconto. Laonde sembra miglior consiglio rimandare il lettore avido di conoscere quei sovrumani avvenimenti alle pagine dei surriferiti autori; ove, ammirando le cose operate dal creatore a glorificazione della eletta sua creatura, avrà donde saziare come a ricca mensa la devota sua brama. Ciò premesso s’imprendono a fedelmente narrare le vicende di Caterina Vigri, e trascrivendo le azioni colle quali resesi degna delle divine grazie, si spera di ottenere lo scopo di eccitare gli animi a modellarsi su colei, che non solo presenta la Vergine del Chiostro, e l’austera religiosa, mą bensì il ricetto di ogni umana perſezione,
Caterina Vigri nacque in Bologna agli 8 Settembre 1413,
figlia a Giovanni Vigri e a Benvenuta Mammoli, coniugi
agiati ed estimati assai. Nelle fascie ella non emise, a
quanto narrasi, un vagito; per cui a ragione fu giudicata
ben presto di carattere docile e tranquillo; e coll’alluminarsi
del suo intelletto mostrossi rassegnata al soffrire, compassionevole per i poveri, accesa di ardentissimo amore verso
Iddio. Di un candore angelico, e di una compostezza di
gran lunga superiore alla sua età, sviluppò eziandio precocemente un ingegno aperto e sagace; locchè conosciuto
da Benvenuta si affreltò di applicare la figlia allo studio
della propria e della lingua latina, non meno che al disegno e alla musica. Queste occupazioni, quantunque severe e svariatissime, non riuscirono gravi alla tenera mente
di Caterina, che ricambiando di diligenza le materne premure, faceva de’ suoi progressi ognuno ammirato. Come
avviene di frequente che le rare qualità, ad onta della
modestia di chi ne è fregiato, si palesano assai da lungi
col proprio splendore, la singolare virtù della piccola Vigri
giunse all’orecchio di Nicolò lll. Signore di Ferrara: e
mosso egli dal desiderio di conoscerla, invitò il di lei padre
( che qual Giureconsulto stavasi da qualche tempo in quella
città, agli ordini di esso Marchese) di chiamarvi la moglie
Benvenuta e la figlia Caterina. Presentate a corle, non è
a dirsi come quella fanciulla non ancora decenne, vin
cendo la gigantesca fama che l’aveva preceduta, vi de
stasse generale meraviglia per le doti dello ingegno, e per
la sua pietà edificasse quegli animi. Il Marchese pertanto
che sapeva quanto l’esempio della virtù alla virtù consiglia, la volle a particolare Damigella d’onore della già
adulta sua figlia Margherita; che per aureo cuore e per
pietà altrettanto distinguevasi nella sua famiglia, quanto
la Casa dello Estense Nicolò superava in cristiane virtù,
quelle degli altri Principi d’allora.
L’uguaglianza dei sentimenti che malgrado ogni altra disparità forma mai sempre il più tenace vincolo di amicizia, rese ben presto la giovane Principessa, e la tenera fanciulla indivisibili fra loro. Pari nei desideri del loro spirito, pari chiedevano l’esca per pascolarlo. La Bibbia, le Opere dei Santi Padri e Dottori della Chiesa; dai quali apprendevano a trarre dalla Sacra Scrittura pura e splendida la scienza della Divina parola; non che altri libri ascetici, erano di continuo alle loro mani. Su di essi Caterina, che in particolar modo erasi fatto famigliare il latino idioma, sino a scriverlo tersamente, perfezionava lo intelletto; ed il divino spirito accendendola vieppiù di amore per l’Autor primo di ogni bene, pascevale il cuore di quella gioia celestiale, che, saldo e immutabile, non può trovar forza maggiore se non in chi la inspira. Ecco in qual guisa la bolognese donzella trasse circa tre anni alla corte del Signore di Ferrara, amata e rispettata quan t’altra Dama mai lo fosse; ma il fasto al quale indispensabilmente doveva assoggettarsi ella stessa, il brio, le feste, il rumore, gli usi infine cortigianeschi, male addicendosi a quell’anima leale, umile e devota, che ogni di più sco stavasi dalle umane cose, e di peso e di martoro divenivale tutto ciò che distoglievale dal suo Dio, le ſecero ardentemente bramare la pace di un ritiro. Siccome però sapeva essere volere del padre che quivi si tenesse, e che avrebbe cagionato inesprimibile dolore alla sua Signora, col solo parlarle di distaccarsi da lei; conscia d’altronde che l’appagare una devota brama non è spesso opera meritevole quanto un sacrifizio; chè, più solido cardine delle cristiane virtù è la sommissione ai maggiori; ella, obbediente al padre, alla principessa affettuosa, stavasi al suo posto. Quand’ecco concludersi gli sponsali della principessa Margherita con Roberto Malatesta Signore di Rimino; e quasi contemporaneamente morirsi in Padova il padre di Caterina. Per tali eventi restata sola con una condiscendente genitrice, prese tosto congedo dalla Corte ( sebbene invi tata rimanervi anche dopo la partenza della novella sposa ) e si ritirò nella propria casa. Ella era rimasta unica erede di un pingue patrimonio e di un nome di alta onoranza: non ebbe però nè magnifica la persona, nè il volto ve nusto; ma bensì dolce la voce, soave il sorriso, soavissimo lo sguardo. La coltura della vasta sua mente era profonda: i di lei modi nobili, delicati, affabili; ma sopra tutto l’animo suo spiegava quella soavissima fragranza di carità, quella espansione di puri affetti che la significavano tal vaso di elezione da inebbriare gli spiriti che l’avessero appressata. Molti giovani distinti ne invaghirono, e chiesero in isposa la fanciulla che pare contasse appena il dodicesimo anno: ella però dalle mondane cose non lusin gata, rifiutava modestamente ogni omaggio, e preparavasi a quel talamo che Dio concede alle anime predilette su questa terra.
In Ferrara pareva rifiorire, dopo alquante vicende, la Congregazione del Corpo di Cristo; stabilimento che la proprietaria Bernardina Sedazzari sino dal fondarlo destinava a Monistero. Lucia Maschermi allora allora chiamata dalla fondatrice a succederle negli averi e nella dignità iniziava santamente le giovanelle che in molto numero si adducevano a seco convivere in quel ritiro. Ivi dividevasi il tempo tra l’orazione, e i donneschi lavori; il lucro dei quali veniva destinato a sopperire agl’immensi bisogni, a cui per la poca rendita andava soggetto il reclusorio. Era fissato vi si prescrivesse l’abito e la regola di S. Agostino; ma fino allora indossavasi la tonaca dalla sola direttrice, non eravi ancora clausura, non professavansi i soliti voli religiosi; nè a Prelato regolare soggiacevasi, venendo „ esse dirette soltanto dal loro Parroco di S. Salvatore. Ciò null’ostante tanto era esemplare la costor vita che la città trovavasene altamente edificata. Fra queste angeliche creature bramò racchiudersi anche Caterina; ne fece istan za, e vi fu accolta con amore e con gioia.
Ella fu sorpresa che in quel ritiro, fanciulle poco a lei superiori di età, d’assai l’avanzassero nella perſezione cristiana e nel fervore al servizio di Dio. Punta allora da santa emulazione cominciò ad osservare ciò che in ognuna delle sue compagne trovava di più lodevole, che il cuore inclinato a virtù la cerca dovunque per imitarla, quindi sfidava sè stessa per acquistare eguali tesori. Di sue proprie forze non presumeva; ma neppure sfiduciossi giammai; sendo abbastanza saggia per non farsi rea di diffidenza verso quel Dio, che lascia appena campo ad un cuore di chiedergli la divina grazia, per ascrivergli il merito della preghiera: cosicchè la viva sua fede la rendeva sicura, che le virtù cristiane sono patrimonio di chiunque aspira a farle sue. Difatti la Vigri divenne in breve lo specchio delle sue compagne, le quali ad unisono predicavano ch’ella doveva divenire una gran Santa. Come però le fu dato provare che arbitro è l’uomo di prefiggersi la meta a cui vuole ascendere, ebbe del pari ad addimostrare che è per tulti egualmente arduo il conseguire sublime altezza, e che a ciò è necessaria perseveranza. Bene sofferse ella terribili assalti dal comun nemico: più e più fiate si senti restía, e perfino trasportata ad opporsi agli ordini della direttrice: altre volte accostata alla sacra mensa rimanevasi indifferente e fredda, e quasi presa da noia;, di quando in quando la sua mente venne pure tormentata da dubbi crudeli intorno alla santità della Eucarestia! ma quell’angelo in terra non fermavasi, o a consultare la ragione, o a mendicare pretesti per illudere se stessa, o ad investigare il mistero; offrendo invece a Dio il martirio che tali lotte cagionavano al suo spirito; con preci ardentl chiedeva e scongiurava le accordasse umiltà per obbedire alla cieca; fervore per degnamente ricevere Iddio sotto la specie del pane, e fede per ammirarne le meraviglie, confessando con ispirito cristiano che s’Egli capisse nel nostro immaginar, Dio non sarebbe. Esaudita la Vergine, riebbe la calma del cuore, umiltà per eccellenza, serafico ardore, fede salda e costante.
Dotata com’ella era di mirabile senno non lasciavasi trasportare da desideri, sebbene avessero colore di Santità, se prima accurato esame non la ponesse fuor di dubbio fossero quello invece diaboliche suggestioni: persuasa per tanto non si addicesse ad una giovanetta, l’avventurarsi a mille accidenti, depose la brama che pungevala di por tarsi in un deserto a vivere da Anacoreta. Egualmente pa droneggiando le fisiche disposizioni, combatté col ſervore, e colla diuturnità della preghiera un sonno tormentoso che spesso l’assaliva; ma docile poi a santi consigli concedeva alle umane membra il neccessario riposo.
Ma ora è tempo che si passi ad osservare come fosse perseverante nella deliberazione di consacrarsi al suo Si gnore, superando tutti gli ostacoli che le si paravano d’in nanzi, e sprezzando ogni allettamento che potesse distornela.
Suor Lucia Mascheroni, com’è narrato di sopra, era stata chiamata erede da Bernardino Sedazzari di tutti i suoi beni affine erigesse a Chiostro di Agostiniane lo stabilimento in cui le predelte Vergini vivevano. Disponevasi à cið la buona Suora, quando molte delle convittrici mo strarono desiderio vi si prescrivesse invece il tanto più austero instituto di S. Chiara; persuase che è sempre soddisfatto il debito che ad usura si paga. Ammirata la direttrice che le discepole chiedessero regola molto più austera della già disegnata pareva disporsi ad appagarle. Ma siccome a sconvolgere i più bei piani di ben intenzionati, basta spesso un sol trislo, anche fra quelle sante Donzelle bastò certa Ailisia a portarvi il disordine col muovere guerra alla propria maestra: e illusa che quando riescisse a farla discacciare verrebbe a lei conferito il primato, fece infinite rimostranze ad alti personaggi contro la Mascheroni, e fini coll’accusarla di voler quella disporre a suo senno della eredità di Bernardina.
La perfidia della sciagurata Ailisia pesò su tutta la innocente Congregazione; giacchè alcuni parenti della testatrice che pretendevano a quella eredità, animati da tali dissensioni, assalirono notte tempo quell’Oratorio, e trattene a viva forza le Vergini, s’impadronirono di tutto lo stabilimento. In questo frangente Caterina ritirata presso sua madre, con incessanti e fervidissime preci parve assediare il Trono dell’Altissimo per strappargli di mano il bramalo decreto. Nè andò a lungo che lo Estense Signore sedando ogni liligio ripose l’intera Congregazione nello stesso locale.
Infrattanto una rispettabile Dama per nome Verde dei Pii concepì il desiderio di adoprarsi perchè sorgesse il desiderato Monastero. Consultati intorno a ciò Uomini distinti in dottrina e santità, predisposta grossa somma di denaro che all’uopo conosceva abbisognare, fece por mano al opera. Lo stabilimento doveva mutarsi da cima a fondo, per cui le pie donne rientrarono pel momento nelle loro case; ma Caterina, la cui madre erasi rimaritata, chiese ed ottenne di addursi in un chiostro. Allora la di lei virtù si era manifestata sotto ogni aspetto; chiunque si avvedeva ch’essa l’aveva portata ad un’altezza non comune per l’umana natura, perciò ognuno avrebbe ambito in qualche modo appressarla. Ecco dunque aversi ella da molti richie sta e preghiera, perchè accettasse di entrare in alcuna delle famiglie più nobili della città, onde imprendesse ad essere guida, compagna, precettrice, amica di taluna delle nobili donzelle: e per modo erano coloro insistenti, che la santa giovane stessa, temè alcuna fiata di cedere; ma a Dio non al mondo voleva darsi Caterina. Ferma adunque nel proposto, non appena il Monastero fu reso abitabile essa vi accorse delle prime, dando ivi pur anco mano agli operai pel trasporto di molti e gravissimi materiali, acciò tanto più sollecitamente fosse tutto in asselto.
Alfine la nostra Eroina ebbe il contento di veder fissato ed introdotto col miglior ordine lo instituto di Santa Chiara nel suo prediletto convento del Corpo di Cristo. Vide pure senza indugio, giugnere da Mantova, tolta ad un monastero di Clarisse, Suor Taddea de’ Pii ( 1 ) acció come provetta della regola assumesse la carica di Badessa in questa novella Comunitàl; ed infine dopo aver subite le più severe prove di obbedienza, alle quali si assoggetto con inaudita prontezza, vesti, in unione alle compagne l’abito di S. Francesco.
Può credersi di leggeri che ora la vita di questa Santa religiosa dovesse scorrere fra le preci, le meditazioni, le discipline i digiuni: ed egli è ben vero che fra le preci e la meditazione, unita strettamente a Dio, e levata in ispirito a contemplare le di lui grandezze, passava oltre le consuele ore, gran parte pur della notte; che forse abuso della disciplina, e che spesso un troppo rigoroso digiuno vieppiù abbatteva la quasi sempre mal ferma sua salute; ma non è men certo che infaticabile prestavasi al disim pegno di molti uffici, accettandone molti per umiltà, altri per obbedienza, ed altri ancora per avere il vanto servire le spose del suo signore. „ E ciò diceva essa di non bastava a quel cuore che tutta in sè non vedeva circoscritta l’umanità che voleva salva in Dio; pel quale, a lei, nulla sembrava il tributo del solo suo affetto perchè avrebbe bramato presentargli tutti gli spiriti infiammati di amor divino, onde fosse glorificato il Creatore salva l’opera sua prediletta. Ma inoltre, maestra alle. novizie, ella era sollecita ad iniziarle nei doveri del novello stato; esortarle alla penitenza; consigliarle alla carità, alla riser vatezza, alla sommissione, ed ad ogni altra virtù. Intenta era mai sempre ad inspirar loro nell’animo la sola, l'assoluta volontà di piacere a Dio; e nel tempo istesso, tutta indulgenza, compassionava di esse le non virtuose tendenze, insegnava loro a schermirsi da’mali pensieri; e ne pasceva gli intelletti delle sante massime, di cui a dovizia si era dessa munita con la lettura di libri spirituali: infine a quella detlava con nitido stile sani precetti a regole salutari, che, a non trascendere dalla prescritta brevità, si ommettono. Spinta dal desiderio di giovare eziandio alle novizie che fossero entrate in appresso, compose l’Opuscolo = Delle Sette Armi neccessarie alla battaglia Spirituale. = Intorno al qual lavoro, a prova della somma suo modestia si dirà, che gelosamente lo nascose sotto la copertura a cuoio di una seggiola, quindi per meglio assicurarsi che non venisse a cognizione di alcuno, e ne avesse ella da riportarne lodi, lo abbrucid. Prevalendo poi in quell’animo Santo, il timore della Divina riprensione, se taceva quello che ad altri era per giovare,, ripetè lo scritto, tenendolo però in serbo, acciò non si pubblicasse che dopo la di lei morte, come avvenne diſfatti. Tutto, tutto volgeva a gloria di Dio, e a santificazione delle anime, sempre più da lei edificate e direlle coll’esempio, che colle parole. Amava la miniatura, ma non se ne occupava che per adornare il suo Breviario della immagine di Gesù. La viola da lei con maestria suonata, non fu tocca dal suo archetto che per accompagnarsi nel canto di alcuni salmi: e temi sacri soltanto venivano trattati nelle pregevoli sue rime.
Tanto amata dalle Consorelle per la cordialità dei modi, quanto stimata dagli Ecclesiastici superiori per la santa sua vita, fu duopo più volte a Caterina di prieghi e pianti per esimersi dalle dignità a cui la volevano innalzata. Come però Dio avesse stabilito che la santissima sua religione ricevesse da lei maggior lustro ora lo vedremo.
Molte persone pie di Bologna desiderano di avere in patria un Monastero di Clarisse. A tal fine richiesto ed ottenuto il consenso dal Pontefice, si rivolsero al Vescovo di Ferrara onde accordasse che un certe numero di religiose del Corpus Domini, passassero a Fondatrici ed Insti tutrici in quello ch’essi volevano erigere nella propria città sotto lo stesso titolo. In breve tulto fu convenuto: e Bologna spedi una nobile deputazione alla Badessa delle Clarisse di Ferrara per ricevere ed accompagnare le monache al nuovo Convento. Quella reverenda Madre ebbe a cuore di scegliere fra le sue figlie le più addatte al santo divisa mento: sedici furono le elelte a quest’onore, la maggior parte delle quali Bolognesi (2): diede loro per Abbadessa Suor Caterina, che da quel momento fu sovranominata = da Bologna = e nel congedarsi dai Deputati e dalle Suore, soggiunse: „ sappiate, ed abbiatelo per certo ch ’ io vi do un’altra S. Chiara. „ Invano la modesta ed umile Caterina si protestò, indegna e si vile persona, ignorante, inesperta e insufficiente a reggere perſino gli animali irragionevoli,, dovette accettare e prepararsi a partire.
Altamente compreso del santo incarico ch’erale affida to, temeva sì forte avesse a mancare in lei la forza di n’ebbe ben adempiere la sua missione che per l’angustia violenta scossa nella salute. A tale orgasmo aggiungendo la reciproca sensazione che produsse e riportò nel congedarsi dalle antiche Suore giunse a tale che al momento della partenza dovettero trasportarla di peso, ed adagiarla nella carretta destinata al suo viaggio. Ma, la Dio mercè, e le molte cure della Principessa Margherita d’Este ( la quale tornata vedova alla paterna Casa, volle far corteo all’amica dell’infanzia ) la nuova Badessa si riebbe in vi gore, e prosegui il viaggio felicemente, con gioia della serafica compagnia.
Intanto Bologna preparata a ricevere quell’eletto stuolo di Vergini, col fasto proprio di una grande città, quando vuole onorato ospite a lei condegno; col rispetto di un popolo intensamente religioso; con la gioia di chi vede accompiuto il più ardente dei voti; si fece ad incontrarle per essere loro scorta al monistero. Quivi ad appagare le brame dei distinti cittadini d’ambo i sessi, ognor più desiosi d’intrattenersi in cristiani ragionamenti con la Reve renda Madre Superiora, si lasciò per tre giorni libero accesso ai devoti; i quali bramavano a ciò qualche dilazione; ma tuttocchè l’Abbadesse e le altre Suore, fossero, e con ogni modo si mostrassero grate a tante prove della cordialità bolognese, pure credettero esse di non differire più a lungo di ritirarsi, e la clausura ſu imposta. Or ecco Suor Caterina Abbadessa, Fondatrice, Direttrice: eccola sul dignitoso seggio donde le sue virtù, a guisa dei pregi di bel dipinto collocato per la prima volta al vero punto di luce comparvero nel proprio splendore. Depositaria delle offerte che i Bolognesi avevano fatte al Monastero, fu sì sagace e pronta nel disporne, che provvide al culto di Dio, decorando il tempio degli arredi neccessari; alle bisogna della Comunità; e, quasi senza indugio, am pliando lo stabilimento lo pose in istato di ricevere le molte donzelle desiderose di ammonacarsi. Consigliata dal retto suo senno, studiavasi che di ogni comando dato alle sue soggette ne fosse manifesta la rettitudine, acciò obbedis sero convinte di far bene; che in effetto una troppo cieca credenza è culto devoluto al solo Iddio; e la mente umana non ragiona soltanto al salire i gradi di un seggio. Ella sostituiva alla severità di superiora, la più dolce, la più ben intesa tenerezza di madre: cosi attirati gli animi n’esaminava le tendenze per dirigerli con più adatti con sigli. Amava, che dalla novizia alla più antica professa, fossero fra loro leali e affettuose, ma le richiedeva di quella riservatezza e prudenza dovuta alla dignità del sa ero carattere, e indispensabili a mantenere la buon’armo nia in una Comunità. Non mancò mai incoraggiarle a ri correre a lei in qualsifosse occorrente; e, Figliuole mie (diceva ) se alcuna di voi fossevi che avesse neccessità di alcun che, e non me ne avvedessi, e non osasse di mandarmelo, sono contentissima, anzi voglio che vadi alle Ufficiali, e si provegga da queste, e se non potes sero soddisfarla si venga da me ed io provvederolla dolcemente: e se già ben fosse molto a notte, ed io dormissi voglio mi si desti e mi si palesi ogni suo bisogno d’anima e di corpo.,, Sebbene garantita della purità di sua vita non si fece mai a riprendere con aspri modi alcuna delle sue figlie; e lungi dal mostrarsi formalizzata per qualche loro mancanza, dando invece al mondo nuova prova che l’anima cristiana mentre vitupera la colpa, scusa il colpevole; essa correggeva e rafforzava gli spiriti deboli e vacillanti, con si commovente amorevolezza, da invogliarli a seguire quella virtù della quale provavano gli stupendi effetti. Compassionevole per le inferme, oltre il sorvegliare altentamente le assistenti, bene spesso prestavasi ella stessa ai più bassi e più schifi uffici; cosicchè senza far parola delle molte religiose che ad intercessione di Caterina sanarono prodigiosamente, ſorte numero di esse si riebbe mediante la di lei servitù. Acciò la divina parola suonasse più spesso all’orecchio di quelle Vergini, tratto tratto radunate a Capitolo le tratteneva esponendo evan geliche dottrine, che irrorate dalla sacra eloquenza da lei attinta dai latini scrittori, faceva, ne riescisse più fecondo il seme, più sustanziale il frutto.
Ben grande meraviglia desta la singolare operosità della Santa Donna; ma si accresce a dismisura quando si riflette ch’ella visse quasi sempre fra spasmodici dolori delle sue membra. D’altronde avendo accettato, come dalle mani del Supremo Signore la direzione di un Monistero non era più nè della sua sorte, nè dell’anima sua soltanto che doveva rispondere. Ella sentivasi caricata di quella tremenda responsabilità che dovrebbe far tremare chiunque sia chiamato dalla provvidenza a reggere, o a guidare, o a conservare i suoi simili. L’idea che ogni mancanza commessa dalle sue soggette >, che per mera negligenza non avess’ella impedito, se ne sarebbe riversata su lei la colpa, doveva essere il continuo martello della delicata sua coscienza. Questa impareggiabile madre, non pertinace ma ferma; docile e non debole; retta sem pre; assennata, instancabile, attenta, affettuosa; con la sua vigilante dolcezza, costringeva le vicarie, e le Maestre a seguire le di lei orme: perchè è’ stimolo a cui non si resiste l’eccitamento e le giuste minaccie dei superiori; a modo che non v’è prova più certa di esservi un capo inetlo e debole, dove la trascuranza e la malvagità dei sulbal terni resta impunita. Oh! perchè non si specchiarono in questa reggitrice ( che infine sieno pochi o molti i gradi di un seggio hanno lo stesso principio e il fine istesso ). Perchè non si specchiarono in lei, coloro a cui la proy videnza commise il ben’ essere di tanti loro simili? Ma in vece, o traendo quelli la vita nell’abbandono di letargica mollezza; o fra gli allettamenti di vana ambizione; o in mezzo ai raggiri di vili o interessate mire; abbandonarono alcuna fiata i miseri nella micidiale inerzia; ed altre volte con la gioia dei cannibali, mercanteggiarono di essi, poco meno di come nella primavera è costretto di fare il povero pastore, coi parti delle sue agnella! Oh avessero imitata tutti, la Fondatrice, e Superiora delle Clarisse di Bologna.
Regnava nel Monistero del Corpus Domini della dotta città l’ordine il più perfetto; e già questo Convento com peteva e per il numero e per le distinte virtù delle Vergini che rinchiudeva, coi più antichi e distinti; quando per di sposizione generale venne decretato che la dignità di Ba dessa non dovesse più essere conferila a. vita durante, ma pel solo lasso di tre anni. E siccome gli Ecclesiastici Su periori desiderano cansare le rimostranze che avrebbero fatte alcune delle Superiore a cui si voleva imporre di scendere dal loro posto; si pensò d’invitare Caterina a cederlo per prima; persuasi, andrebbero ben liete tutte le altre d’imitare colei, di cui suonava alta fama di Santità. Cosi avvenne diffatli, e il di lei buon esempio ſu coronato dal più felice successo. Nello stesso volger di tempo la nostra Eroina ci mostrò che quantunque si fosse donata a Dio, e intimamente stretta a lui, tuttavolta non rifiutava quei dolci sentimenti che pure aggiungono pregio all’uma no cuore. Benvenuta Mammolini, di lei madre, non appena rimasta vedova del secondo consorte si fece Terziaria di San Francesco; e quando la figlia fu.chiamata a Fondatrice in Bologna, volle appartenere alla divota compagnia da lei guidata, assumendo essa l’umile qualità, d’inserviente del Monistero, Per tale titolo venne collocata vicino al Con vento, ma divenuta vecchissima e cieca molti erano i pe ricoli, ai quali la tenera figliuola temevela esposta. Ella fattosi animo, radunate a sè tutte le monache le pregà con le lacrime agli occhi di unirsi a lei per supplicare il Pontefice Pio II., allora in Bologna, affine permettesse che Benvenuta fosse ricovrata fra loro entro clausura ( 3). Olte nuto l’intento diede mille altre prove della riverenza, che in qualsiasi stato conservano le buone figlie a chi loro diede la vita.
La buona religiosa collocata al posto della Fondatrice non valse a tenervisi neppure un anno; allora, ad una nimi voti delle Comunità vi fu elevata di bel nuovo Ca terina. Essa riprese le antiche sue consueludini, ed anche con più calore; ma sebbene non contasse che il cinquan tesimo anno di età, la sua salute s’infievoli a segno, da renderla accorta ch’era presso al suo fine; ne prevenne le sue figlie, e diedesi con più fervore all’orazione. E pur troppo fra non molto si aggravo, o per poco solo si rieb be; poi ricaduto il suo frale, l’anima ne volò al bacio del Celeste Sposo.
A descrivere gl’innumerevoli prodigi che si ammirarono sulla benedetta sua salma, sarebbe opera di molte pagine; per cui è giuocoforza tacere di questi, come si tacque di tutto ciò che di sovrumano, n’ebbe la Santa infiorata la vita. Ma, il prodigio si ammira, la virtù s’immita; dunque seguendo le traccie di Caterina s’immitino quei tanti pregi che sarebbero bastati a renderla illustre, se i maggiori suoi sforzi non avessero guadagnata a Lei l’aureola de’beati, a noi una protettrice, nella gran Santa Caterina da Bologna.
NOTE
(1) V. Melloni Tom. VI, pag. 215. 222.
(2) Ecco il Catalogo delle Religiose che si portarono a fondare il Monastero del Corpus Domini in Bologna
La Santa Madre Suor Caterina Vigri Badessa | da Bologna |
Suor Giovanna Lambertini — poi Beata | idem |
Suor Paola Mezzavacca Beata | idem |
Suor Illuminata Bembo Beata | da Venezia |
Suor Anna Morandi | da Ravenna |
Suor Samaritana Superbi | da Ferrara |
Suor Pacifica Barbieri Volto | da Bologna |
Suor Maria Bernardina Calcini | idem |
Suor Maria Pellegrina Leonori | idem |
Suor Anastasia Calcini | idem |
Suor Andra | da Cremona |
Suor Eugenia Barbieri | da Bologna |
Suor Gabriella Mezzavacca sorella della Beata Paola | idem |
Suor Modesta degli Agenti | da Ferrara |
Suor Innocenza degli Annichini | idem |
LE CONVERSE FURONO
Filippa Boari | da Parma |
Margherita | da Sassuolo |
TERZIARIA
Benvenuta Mammolini Madre della Santa | da Bologna |
(3) A quanto pare Benvenuta Mammolini era divenuta povera. Ma quello che sorprende si è, che quantunque ogni scrittore ripeta che Caterina rimase unica Erede di facoltoso Patrimonio, non s’incontra mai più parola in quelle pagine, di tali ricchezze; anzi notasi, che niuna memoria ci avvisa ch’ella provvedesse nè poco nè punto ai forti bisogni, in cui più volte si trovò il suo prediletto Oratorio di Ferrara,