Cenni biografici e ritratti d'insigni donne bolognesi/Elisabetta Sirani
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ELISABETTA SIRANI
... de’ vanti suoi l’antico Apelle Freni gli orgogli, ed arrestando il volo |
Eccoci tener parola di quella illustre Giovinetta che nella nobile arte del dipingere sovra ogni altra del suo sesso come aquila vola, per sedersi accanto a que’ lumi nari che resero si celebre la bolognese scuola della Pittura. Quella scuola che mai collettizia, ma tutta propria, originale risorse, ed in ognuna delle sue tre epoche dei propri cittadini si aggrandi: quella scuola, che, nella patria stessa, inspirandosi ne’ rarissimi monumenti dei più antichi che vanti l’Italia ( 1 ) meravigliosi rispetto ai tempi, dava dei dipinti pieni di moto, assai prima del 1000 (2); fino a che e l’antichissimo Guido, e Ursone, e Ventura, con metodo tutto proprio di devote, aggraziate, e adorne imagini, prevenendo Cimabue, facevano invito da Bologna loro pa tria, a tutta la classica terra di prendere il posto predesti natole dal cielo. Quella scuola che non le mancando un solo anello alla serie progressiva de’ suoi pittori (3), è rigenerata nel decimoquinto secolo dal Francia, lasciando essa a quel tempo senza competitore quel solo Urbinate, che forse mai non l' ebbe , il quale però altamente stimava ed ammirava il nuovo Capo -scuola bolognese. Infine di quel la , che da quasi tre secoli è la scuola pittorica di tutta „ Italia , (4) , a tanto grado elevandola quei Caracci che da tutti i più valenti trassero il meglio , per insegnarlo nella loro accademia degl' Incamminati , donde usci un Domeni chino , un Guido , un Albani , i quali , col martirio di S. Agne se, colla strage degl' Innocenti , e coll' Annunziata mo strano quanto favorisse lo slancio del loro ingegno il non avergli preclusa la via che bramava battere ; quanto le sane critiche maturassero la ragione , quanto una giusta imita zione li facesse padroni del bello originale ; quanto li ren desse attivi quella specie di concorso che vi si faceva per riportare avvisi o premi dal gran Lodovico : della cui arte qual vero trionfo , e qual compendio di ogni bello basti citare il Chiostro di S. Michele in Bosco.
Mentre dunque di tutte queste Opere risuonava si viva lode per tutta Europa, nacque in Bologna li 8 Gennaio del 1638 Elisabetta figlia primogenita a Gian -Andrea Sirani ed a Margherita Masina. Come sempre avviene in ogni es sere vivente, che le predominanti tendenze nelle prime spontanee occupazioni si appalesano , così la picciolissima Elisabetta spiegò ben presto molto trasporto e disposizione al disegno. Il padre valente pittore nell'osservare ciò che per giuoco essa andava lineando , se ne compiacque e sorrise , ma era ben alieno dal lasciarsi sedurre dal pensiero di appli care una fanciulla alla pittura , quantunque avrebbe dovuto lusingarlo l'esempio di tante altre pittrici, e sopra tutti quello, allora recentissimo della concittadina Lavinia Fontana, alla quale i pennelli procurarono distintissimi onori in patria, che in Roma ſu dichiarata Pittrice di Gregorio XIII, che ricchi doni, e ricerche di nobili sponsali, e ( 5) perfino principesche onorificenze si ebbe. Di diverso avviso del Si rani si fu per altro il saggio Conte Canonico Malvasia, che con la sua Felsina Pittrice diede prove bastanti dell’amore e del gusto che aveva per le belle arti; questi appena ebbe osservato ciò che a caso tracciava la bambina, da estima tore ed amico vero del probo pittore lo indusse a dedicarla al disegno, persuadendolo ch’egli come padre non do veva soffocare il genio che si possente mostravasi nella figlia; e che poi come artista gli correva obbligo di prestarle mano, acciò si elevasse, e non venisse defraudata la pittura di novelli vanti, in causa del pregiudizio che condanna il gentil sesso a non trattare che la rocca e il fuso. Nè il degno Signore si appose al vero; perchè la sua pro tetta ammaestrata al dipingere dal proprio genitore, di do dici anni fu in istato di ritrar questo con molta proprietà, e buona condotta. Quindi animosa proseguendo, non vi ſu studio atto a premunirla di cognizioni utili all’arte, nè esercizio che valesse a perfezionare la già mirabile destrezza di sua mano alla matita, che da lei non fosse con ansia coltivato. Ella mirando ad animare grandi tele attese ad erudirsi nella sacra e nella profana storia, non meno che nella mitologia, perchè la vivace sua immaginativa si educasse al giusto ed al vero, onde un giorno non fosse tratta da inconsiderato slancio in quei vasti campi, i quali ubertosi di soggetti e d’idee mancano di quella realtà che è dono esclusivo della conoscenza degli usi, delle leggi, dei tempi. Ammiratrice del merito che il padre suo aveva nello incidere ad acqua forte, vi si applicò con si felice successo che ne stupirono i più eccellenti (6). Del lavoro in Plastica non volle essere digiuna. Niuna maestra fu mai più di lei premurosa ed attenta nel ben dirigere le minori sue sorelle, ed altre giovanette alla pittura: ed intanto veniva ritratta sua madre, e l’allieva Ginevra Pantofoli; Parma si aveva una tavola con S. Gregorio Papa, S. Ignazio, e S. Francesco Xaverio, il Comune di Trafrasso riceveva un dipinto con la Beata Vergine, S. Martino, S. Rocco, e S. Antonio da Padova; Mantova esponeva nel Duomo il quadro dei diecimila Martiri; in Bologna si ammirava un’Immagine di Maria con S. Gioseffo ed altri Santi; lo scultore Agnesino mostrava un Rame su cui eravi dipinto il tradimento della bella Dalida allo innamorato Sansone; varie tavole incise all’acqua forte si dicevan di pregio raro..... e tutto ciò era lavoro, e squisito lavoro di una fanciulla non per anco diciottenne! La quale non pittrice soltanto; ma che, accesa di nobile ardore per ogni gentil disciplina, occupavasi a formare mille varietà di bei caratteri scrivendo leggiadramente,, (7); coltivava la musica, modulando la sua voce con molta grazia su l’Arpa. Essa quanto piena di senno, e mirabile pel suo ingegno, adorabile si era pei modi umani, gentili, cordiali. Conforto di un genitore infermiccio, e a lui di sollievo depositando in sua mano ogni ricavato del proprio lavoro: compiacenza di una povera madre colpita da paralisi, alla quale faceva dono del frutto di qualche dipinto che a tal uopo nascostamente faceva; tenera per le due sorelle e pel fratello suo; amica degli amici; vera guida delle sue allieve; padrona indulgente e amorevole ( 8) ed umana: e ( quasichè ella sola avesse voluto smentire l’opinione che la donna data alle lettere e alle arti è inatta alle domestiche cose ) sollecita sin dal primo mattino (9) attenta ella era e prestavasi a tutto. Pareva dicesse: mirate come le alte occupazioni hanno elevati i miei sentimenti; osservate quanto sia gelosa di mia onestà; e come sono presa del ministero di donna; che sebbene non madre, ma figlia di famiglia, io prevengo le bisogna della mia casa, ed assisto con indefessa cura chiunque di essa ne ha duopo; nė temo che i bassi uffici faccian scorno a queste mani che danno vita alle tele.
Sarebbe impossibile l’annoverare con ordine tutte le opere che in ogni anno la instancabile pittrice produceva avanzando nell’arte con straordinaria eccellenza ed oprando con somma syeltezza. L’ammiravano i saggi e l’applaudi vano, mentre l’esecrabile sciame degl’invidiosi spandevano voce venir essa ajutata dal padre suo; nè mai falso so spetto poteva fondarsi con maggior apparenza di verità; giacchè essendo stato il Sirani prediletto discepolo di Guido Reni e il più felice de’ suoi imitatori, del pari Elisabetta, come allieva del genitore ed ammiratrice entusiasta del grand’Uomo, seguiva la stessa maniera ch’era la seconda di quel sommo; per cui le molte squisitezze che risaltavano nei suoi dipinti fino a quei giorni presi per lavori di Guido erano altrettanti punti che i maligni adducevano a scapito del di lei merito. Ciò nullostante la sua fama ingigantiva, ed ognuno ambiva possedere una produzione del suo pennello. Ecco un giorno presentarsele i com tenti di un gran quadro ove si doveva figurare il battesimo di Gesù Cristo da porsi nella Chiesa dei Certosini, in riscontro ad altra grandiosa tela che rappresenta la cena del Redentore, opera del padre suo, riputata bellissima per l’espressione, per la nettezza del disegno e del colorito. La giovanetta allora appena ventenne, raggiante di gioia prese un foglio di carta con pennellino in acquarello d’in chiostro, e a vista degli astanti stupefatti per tanta pron tezza d’ingegno, abbozzo, ombreggiata e lumeggiata ad un tempo quella composizione ricca di figure, spiritosa per le movenze, grandiosa per lo assieme. Quel quadro era in breve appeso ove trovasi tutt’ora, e se la immensità dei curiosi che accorrevano a vederlo ne notavano la grandezza, la vivacità dei colori, e l’un l’altro si mostravano a dito il ritratto della pittrice nella giovine donna che guarda il cielo, e tante altre circostanze di minor rilievo; gli artisti levavano a cielo la facile condotta in quelle grandi proporzioni trattate senz’ombra di timidità, la bellezza delle teste piene di espressione non disgiunta da soavità Guidesca; la cognizione di parti, l’armonia, l’accordo, l’impasto dei colori insomma, la dichiararono opera degna di formare la più grande riputazione di qualsifosse già grande artista.
Ciò avvenne diffatti: le lodi della Sirani suonavano su le labbra di ognuno; ognuno tributava riverenza al suo valore, che conoscevasi acquistato con molto studio su i più grandi pittori. Rilevasi da una sua particolare memo ria che tutti gl’insigni personaggi che soffermavansi a Bologna volevano vedere la celebre pittrice, e le sue opere, e molti bramavano di assisterla qualche ora al trepiede o cavalletto: fra questi ultimi non si tacerà Cosimo De-Medici, il Duca e la Duchessa di Mirandola, Alfonso Gonzaga, il Duca di Brisack, il figliuolo del Vicerè di Boemia e quello del Duca di Lorena: ma un paragrafo che trovasi nell’elenco o catalogo delle numerosissime opere di Elisabetta, di suo pugno registrato, fa chiaro un aneddoto che merita di essere riportato letteralmente.–Anno 1665 «Alli» 3 Gennajo fu in casa nostra la Signora Duchessa di» Brunsvik a vedermi dipingere, dove io in sua presenza» feci un amorino d’età d’un anno, significando l’amor» proprio, mostrando volersi ferire da sè con una saetta,» rimirandosi nello specchio. Intendami chi può, che m’intend’io». Ma perchè si veda che quanto era spiritosa. nel satirizzare il vizio, altrettanto era sagace e pronta a lodare col suo pennello le virtù1; trascriveremo un altro paragrafo di detto elenco di data anteriore. «Anno 1654. A dì 13 Maggio fu in casa nostra il Serenissimo Cosimo» gran Principe di Toscana a vedere le mie pitture, ed io in sua presenza lavorai in un quadro, del Sig. Principe Leopoldo suo Zio, la Giustizia assistita dalla Carità e dalla Prudenza, abbozzandovi sollecitamente un puttino allattato dalla Carità. Mi ordinò ancora una Beata Vergine, che subito io feci col Bambino che le siede in» grembo.»
Le pitture della Sirani erano già in grande stima per tutta Italia, avendone Roma, Genova, Firenze, Parma, Mantova, Modena, Reggio, e tante e tante altre città; tutte le grandi famiglie della sua patria ne mostravano con orgoglio; il suo maestro di musica, il medico di sua famiglia, e gli amici suoi guardavano con devota ricono scenza vari ’pegni d’amicizia creati da pennello sì grani de; già si lodavano i suoi lavori in varie corti oltramon tane;; il petto della giovane artista già brillava di una croce con cinquantasei grossi diamanti, donatale oltre convenuto compenso per un dipinto eseguito d’ordine del Principe Leopoldo, figlio dell’Imperator Ferdinando III. La Imperatrice Eleonora, vedova di quest’ultimo, già aveale ordinata una gran tela, quando un gagliardo dolore allo stomaco, che da qualche mese tratto tratto leggermente l’assaliva, in meno di 24 ore la ridusse agli stremi; e non appena ricevuti i soccorsi di nostra Religione spirò il giorno 28 agosto del 1665 in giorno di venerdì, come pure in tal giorno era nata.
La morte in compendio di questa donzella, che alla slanciata figura univa un’apparente robustezza, e l’improvviso turgore della sua spoglia appena esanime, fecero dubitare che fosse rimasta vittima di un veleno: non avendo però somministrato nessun segno certo nè la sezione fatta al cadavere, nè il processo che ſu aperto contro la persona caduta in sospetto, fa restare indeciso un tal punto.
Profondo, intenso fu il lutto dei cittadini, e di quanti appresero quest’infausta novella sontuose oltre ogni credere l’esequie, dopo di che la sua salma venne posata presso gli avanzi di Guido Reni in s. Domenico nel monumento del Senatore Saulo Guidotti, che aveala levata al sacro fonte.
Ella contava 27 anni; ma le sue opere non si contano: sono innumerevoli: e quel che è più sono grandi! visse poco, e doveasi cercare di lei per vederla; la sua memoria sarà perenne, e quasi in ogni angolo di Europa ti si mostra Elisabetta Sirani.
NOTE
( 1 ) Vedi Lanzi. Storia Pittorica. Vol. 5. epoca 1.· Edizione di Pisa 1815.
(2) Il Lanzi che nella succitata Storia non lascia sicuramente sospettare parzialità per Bologna, si spiega così, ... ed è vanto forse unico per Bologna di poter nominare tre nati nel secolo dodicesimo ec, ec. V. T. 1. pag. 280.
(3) Amorini. Vita dei Pittori e Artisti Bolognesi. Parte 1.
(4) ... cioè dal 1580, Lanzi Vol. 5. epoca 2. pag. 75.
(5) Baglioni. Vite dei Pittori.
(6) Toselli. Elisabetta Sirani. pag. 7.
(7) Amorini. parte 5. pag. 362.
(8) Toselli -- Le fantesche di casa Sirani dicevano di sopportare per amore di Eli sabetta le stranezze della di lei madre.
(9) Amorini.
(10) Toselli. Foro Criminale Bolognese.
(11) Malvasia. Felsina Pittrice. T. 2. pag. 386. Il pennello lacrimato.