Cenni biografici e ritratti d'insigni donne bolognesi/Maria dalle Donne
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MARIA DALLE - DONNE
Nel 1776, sulla giogaia degli Appennini,e precisamente nel punto in cui la riunione di circa 70 famiglie
costituiscono il Comune di Roncastaldo, lungi da Bologna
18 miglia, nasceva dai modesti coniugi Dalle - Donne una
fanciulla, che al sacro fonte chiamarono Maria Carolina.
Come non di rado avvenne di vago olezzante fiore, spontaneamente germogliato in glebe ricoperta da bronchi,
che fosse destinato ad ornare l’aiuola di un giardino,
onde esperto cultore maggiormente ingentilisse i suoi
germi; del pari la rara svegliatezza d’ingegno che Maria
mostró sino dai primi anni, fece risolvere lo zio suo pa
terno, Don Giacomo Dalle - Donne, di seco addurla ove a
soda disciplina potesse informarsi lo spirito di lei.
Il buon sacerdote avevasi stanza in Medicina, ed era amicissimo del Bolognese Luigi Rodati, uomo il cui elogio non formavasi dal solo titolo di Dottore ch’ egli portava senza scapito della nobil arte d’Ippocrate. Questi, osservando la fanciulla, si fece con acconcie domande ad investigarne e spirito e cuore; e ponendo pur mente allo sguardo tenero ed ingenuo, ma vivace e penetrante che sfolgorava nel di lei volto, conobbe aver ella sortita ottima indole, perspicacissimo intelletto, ardente desiderio d’apprendere, per cui senza difficoltà alcuna aderì alle brame del di lui amico Don Giacomo, d’instruirla nella latinità. Compiuto in breve da Maria studio così imponente con grande soddisfazione e compiacenza del Rodati, che ne l’aveva ammaestrata, seguì lo zio a Bologna, chiamato, per quanto sembra, ad officiare il tempio al Ponte dell’Idice; il cui annesso spedale per alloggio dei Pellegrini che da Firenze portavansi, negli scorsi secoli, da questa via a Roma, ci ricorda l’ospitalità che i bolognesi praticavano col forestiero. Nella città, madre degli studi, era dessa attesa da quel Sebastiano Canterzani, non che di Bologna sua terra natale, non della Italia sola, ma della intera Europa ammirazione; il quale, prevenuto dal Rodati qual fosse la gemma che nella giovinetta gl’indirizzava, egli, con la bontà di cuore per cui l’amore di ognuno si ebbe mai sempre, coi modi anzichè affabili, umili, onde la fiducia traeva pur anco dal l’animo più timido, assunse l’impegno di ammaestrarla in ogni parte della più recondita filosofia, desideroso di scorgerla, se fosse stato possibile, a sorpassare lui stesso.
Diretta Maria nello studio del vero da chi era di questo caldo e schietto investigatore, non andò guari che prevenne l’aspettazione di ognuno, e sciogliendo ardui quesiti con franchi giudizi, chiare risposte ed eloquente facondia ( sebbene modestissima fosse ) fece mostra di una mente assai vasta, già ricca di erudizione, già profonda nello argomentare. Laonde il Canterzani deliberò di applicarla alla medicina e alla chirurgia; e posela pertanto sotto gl’insegnamenti di Tarsizio Riviera, la cui mirabile eccellenza nello ammaestrare era inconcussa prova di quanto fosse in tali scienze profondo, e come giustamente Bologna avesse conferita a tal suo concittadino la cattedra che da otto secoli sfida in estimazione quelle di ogni altro Medico Collegio.
Dall’una in altra scienza progredendo meravigliosa mente si applicò la Dalle - Donne e alla notomia comparata, e alla fisica sperimentale, riescendo molto valente nella prima, e ottenendo sorprendenti successi nella seconda. Ma ella era tuttora poverissima; per cui i di lei maestri che al già nominato Canterzani, Rodati, e Riviera erasi unito e l’insigne fisico Aldini, e il patologo Uttini, nei quali mecenati fortuna le aveva presentati i dotti più insigni, non meno che gli uomini maggiormente stimabili per aureo cuore ed accostumatezza, allettati questi eziandio dalla dolcissima mansuetudine di Maria, che per mala disposizione dei suoi omeri, vedevano da natura oltraggiata assai, la persuasero a chiedere la lau rea di Medicina e Chirurgia, ben stimandola degna di esercitare quelle scienze, e cosi con le onorate sue fati che provvedere a se stessa. Ciò però che paventava l’alunna, si era il riflettere che quanto l’indulgenza di alcuni è facile a prodigar lodi a qualsiasi lieve merito di donna, altrettanto un maggior numero si ostina nel niegarle, ovvero sdegna di concederle, perfino il tributo di prestar fede alle asserzioni di chi per solo amore del vero addottrinate le chiama; e i timori palesati da Maria furono trovati se non giusti, almeno veritieri. Certi però quei magnanimi del di lei valore, deliberarono che si producesse tre giorni di seguito a pubblico cimento nella chiesa di s. Domenico, affinchè il trionfo che senza fallo nella lizza riporterebbe, facesse ricreder chi assolutamente non concede scintilla di genio nella compagna dell’uomo.— Raramente è vero crescono donne di mirabil senno... che forse, non ogni. età, una ne segna; ma se sia colpa di natura o della edu cazione; più che alle donne, che le storiche pagine, le antiche cronache, e le generali tradizioni, ci mostrano saggie, dotte, illustri, grandi, somme, perchè ne colti varono e cuore e senno, si gitti uno sguardo nello scia me dei giovani neghittosi, abbandonati a se stessi... forse, la differenza fra quelle e questi non chiarisce abbastanza che ripetendosi una stessa causa, produce effetti non dis simili, sebbene in vario sesso?...
Il primo di agosto del 1799, il vasto tempio al Gu smano consacrato, sin dal mattino rigurgitava di perso ne: ogni scienziato, ogni dotto era colà accorso con ansia: ognuno bramava sfidare la valentia di questa giovane donna non ancora entrata in arena. Ella, modestamente vestita di nero, coperto il capo da un velo che scendevale fino ai piedi, stavasi su ampia predella a tal uopo disposta. Il suo aspetto era tranquillo, come di persona a cui non è molesto il pensiero di ciò che imprende; il suo sguardo e il suo contegno erano composti al rispetto che quell’adunanza meritava, che, chi seppe guadagnarsi delle doti sa apprezzare le altrui: vedevasi in lei la sicurezza ben lontana da presunzione; in lei scorgevasi quell’umiltà che non invilisce chi la professa. La disputa cominciò: schiariti da Maria molti quesiti, che quei dottori a lor piacere le venivano facendo; all’improvviso le presentarono tesi di sì profonda difficoltà, che gli stessi suoi maestri impallidirono per temenza avess’ella a smarrirsi. La discepola, senza menomamente scomporsi, servendosi sempre dello idioma del Lazio fino allora adoperato, con profonde analisi e limpido argomentare ne svolse ogni parte a sì decisa incontrastabile definizione che mosse l’entusiasmo in tutta quella scelta adunanza. Il giorno susseguente, quegli scienziati, il cui nome aveva più volte eccheggiato glorioso per la Italia, si portarono al tempio novellamente ad ascoltare la quadrilustre addottrinata; e nel terzo giorno accorrevano per consultarla intorno a ciò ch’eziandio per essi era ancora problema.
Rassicurata Maria, ed esultanti i di lei maestri pel trionfo riportato, ella si fece a chiedere la laurea di Me dicina e Chirurgia; e ad esserne insignita il giorno 19 dicembre 1799, dovė sostenere altro pubblico esperimento nel grande Archiginnasio. Ivi si conserva documento comprovante che la grande aula di detto stabilimento, in cui da elevatissimo posto la valorosa giovane disputò, risuonava altamente delle lodi somme e dei sincerissimi plausi, che, meravigliati di tanto portento le tributavano i primari professori sia di filosofia, sia di eloquenza, sia di medicina, non meno che tutto il collegio, gli assistenti e lo eletto stuolo degl’invitati. Nella eloquenza e nel bel dire latino fu giudicata a nessuno seconda; in filosofia mostro di sapere; in medicina profondissima. Ad unanime consenso acclamata Dottoressa, Tarsizio Riviera, oratore stupendo di quella sontuosissima festa, la ornò delle insegne dottorali.
Di bene in meglio volgendo la sorte di Maria, mentre si tendeva ad assegnarle cattedra di ostetricia, il Conte Prospero Ranuzzi Cospi, ammirato di scorgerla a si alta meta nelle scienze da lui cotanto amate, e coltivate con esito felice, la provvide di annua pensione; la quale accrebbe fino a 100 zecchini, quando ad essa faceva dono della ricca e preziosa raccolta di macchine e libri alla fisica pertinenti. Ma eccola finalmente sul seggio da dove do veva recare utile alla umanità. Li 11 febbraio del 1804. fu eletta direttrice delle ostetricanti con permesso di ammaestrarle in propria casa; e qui in vero si appalesarono i morali di lei meriti. Ella era delle sue allieve in un tempo madre tenera, mecenate previdentissima, rigorosa maestra. Al presentarsele di una novella alunna era estremamente circospetta nel giudicarne; non si fidava al primo aspetto di chi le ripromettesse ingegno; e del pari se talvolta scarso in alcuna parevale, osservava se le restasse in quella a sperare un compenso nella buona volontà, nello studio, nella prudenza, e in tante altre doti, che pur sarebbero indispensabili in chi si destina al letto del sofferente. Maria giustamente raccappricciava pel barbaro abuso di spesso affidare due vite in un tempo alle mani di femmine rozze, inette, e non di rado o si vili che per amore dell’oro, o si ignoranti che per presunzione, e fors’anco si stolte che per malintesi pregiudizi, azzardano, o accondiscendono’a tentare cose a loro inconcepibili affatto: imprudenze che anco coronate da esito fortunatissimo meriterebbero severe punizioni. Pertanto la Dottoressa nelle lezioni che apprestava non risparmiava studio, tempo, cure, fatiche; adattava i mezzi alle circostanze; e sebbene, come fu notato, profondissima nel latino e non affatto digiuna di greco, servivasi del famigliare linguaggio, e spesse fiate del dialetto bolognese, giacchè ella voleva essere intesa dalle sue allieve, non ammirata. I suoi modi erano cordiali, affabili, amichevoli con esse; quando però le passava ad esame era inesorabile: il suo cuore non debole, ma buono, sensatamente ripugnava macchiarsi della falsa pietà che poteva spandere il lutto in tante, povere famiglie: per cui sopra tutte invigilava quelle destinate alla campagna, ove difficilmente si ricorre ad altri soccorsi: nè sentivasi al caso di fare distinzione che da Dio non fu mai fatta. Agli occhi di Maria, fosse la dama, o la villana, che dovessero abbandonarsi alle cure delle sue allieve 9, erano due donne. Al contrario quando alcuna delle giovani levatrici, piene delle doti che dall’arte loro si chieggono, trovavasi priva di mezzi, ella ad ogni spesa suppliva senza esigere ringraziamento e gratitudine.
Bologna giudicò non bastante compenso a tanto merito, il tributo ch’erale reso da ogni dotto in rima e in prosa, e che la famosa Clotilde Tambroni la encomiasse in una sua dotta orazione; ma a pubblico attestato di stima il 4 maggio 1829, la volle ascritta fra gli accademici soprannumerari Benedettini. Onore, invero, tanto grande quanto degnamente compartito.
Non fu la Dottoressa aliena dal coltivare le amene lettere; che stupenda era in poesia latina e italiana; ma troppo umilmente sentendo di sé, nulla riteneva, per cui nulla di lei ci è rimasto. Nella musica abbastanza esperta per esporsi nelle solennità a suonare l’organo in varie chiese, e più di frequente in S. Caterina di Saragozza, alla quale apparteneva come parrocchiana.
Questa insigne la sera dei... Gennajo 1842, concambiando con auguri di una notte felice le benedizioni che invocavano su donna si modesta e si pia, le due persone tenute a suo servizio, placidamente si adagiava al letto: un istante dopo, udito dalla fantesca un lieve lamento del l’amata padrona, accorsa al letto, la trovò oppressa da sincope. Non si ommise chiamare il professore fisico, ma si vold dal parroco, il quale in men che si dice, fu presso la Dottoressa, non però più morente, ma già spenta. Nel mattino allo spargersi della trista novella, molti indigenti piangevano in lei la benefattrice, tutte le sue allieve la buona e brava maestra, il Collegio Medico, la tanto valorosa quanto modesta loro collega, ogni scienziato la famosa Dottoressa Maria Dalle -Donne. Pagina:Bonafede - Cenni biografici e ritratti d'insigni donne bolognesi.pdf/166