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120 ELISABETTA


breve appeso ove trovasi tutt’ora, e se la immensità dei curiosi che accorrevano a vederlo ne notavano la grandezza, la vivacità dei colori, e l’un l’altro si mostravano a dito il ritratto della pittrice nella giovine donna che guarda il cielo, e tante altre circostanze di minor rilievo; gli artisti levavano a cielo la facile condotta in quelle grandi proporzioni trattate senz’ombra di timidità, la bellezza delle teste piene di espressione non disgiunta da soavità Guidesca; la cognizione di parti, l’armonia, l’accordo, l’impasto dei colori insomma, la dichiararono opera degna di formare la più grande riputazione di qualsifosse già grande artista.

Ciò avvenne diffatti: le lodi della Sirani suonavano su le labbra di ognuno; ognuno tributava riverenza al suo valore, che conoscevasi acquistato con molto studio su i più grandi pittori. Rilevasi da una sua particolare memo ria che tutti gl’insigni personaggi che soffermavansi a Bologna volevano vedere la celebre pittrice, e le sue opere, e molti bramavano di assisterla qualche ora al trepiede o cavalletto: fra questi ultimi non si tacerà Cosimo De-Medici, il Duca e la Duchessa di Mirandola, Alfonso Gonzaga, il Duca di Brisack, il figliuolo del Vicerè di Boemia e quello del Duca di Lorena: ma un paragrafo che trovasi nell’elenco o catalogo delle numerosissime opere di Elisabetta, di suo pugno registrato, fa chiaro un aneddoto che merita di essere riportato letteralmente.–Anno 1665 «Alli» 3 Gennajo fu in casa nostra la Signora Duchessa di» Brunsvik a vedermi dipingere, dove io in sua presenza» feci un amorino d’età d’un anno, significando l’amor» proprio, mostrando volersi ferire da sè con una saetta,» rimirandosi nello specchio. Intendami chi può, che m’intend’io». Ma perchè si veda che quanto era spiritosa.