Canti (Sole)/Pel filo elettrico dei due mondi
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PEL FILO ELETTRICO
DEI DUE MONDI
cantico
Cantiamo a Dio! Ne la maggior fattura
De le sue mani Ei gloriando estese
La maestà de l’immortal natura!
Le brulle rupi de l’Irlanda ascese
L’esul Giapeto, e le pupille meste5
Per l’Oceàn, quanto è profondo, intese.
E sui venti gridò: «Di là da queste
Solitudini azzurre il sangue mio
M’oda presente ne le sue foreste!
Sonata è la promessa ora di Dio,10
Che la parola i più lontani liti
Folgori, precorrendo anche al disio.
Indarno correran cieli infiniti
Fra l’ampie zone de la terra: invano
V’interporrà l’abisso i suoi ruggiti!15
Per un sentier divinamente arcano
Varcherà balenando il mio pensiero
Le sepolte vallee de l’Oceàno.
Sui termini e sui tempi ebbi l’impero;
E si fervida omai, com’ella nacque,20
Girerà la parola il mondo intero!
Accogli, abisso, la parola!» E tacque;
E gittò con potente atto regale
La portentosa gomena fra l’acque:
La portentosa gomena fatale25
Che l’isole rimote e i continenti
Recingerà d’un tramite vocale.
Pallide intorno al mar stetter le genti
A mirar come lento in giù versava
L’elettrico Piton l’orbite ingenti:30
Sterminato Piton che inabissava
Fra l’acque, ospite eterno, e le remote
Profondità del mar bruno solcava:
Piton che dorme su le sciolte ròte,
Ma se la luce del pensier lo desta35
Per quanto è vasto l’Oceàn si scote;
E con la radial gemina testa
Parla a due Mondi, e lucida e possente
Scorre la voce sua per la tempesta.
L’Americana Amazzone fiorente,40
Cinta d’inclita quercia i capei biondi
Gli azzurri occhi figgea ne l’Oriente:
Bella e secura Antïope dai fondi
Suoi boschi uscia, lieta invocando il grido
Che in un amplesso annoderia due Mondi.45
E pari a lei, che de l’avversa Abido
L’innamorato nuotator solea
Da l’eccelsa invocar torre del lido,
La potente Virago alto sedea
In riva a l’acque ad aspettar l’amore,50
Che da la proda orïental movea.
E i voti incontro gli spingea del core
Per la tentata Atlantica pianura,
Le notti e i giorni misurando e l’ore!
Cantiamo a Dio! Ne la maggior fattura55
De le sue mani Ei gloriando estese
La maestà de l’immortal natura!
La parola de l’uom viva discese
In fondo al mare! Il vïolato abisso
Tremò, che il nome de l’Eterno intese!60
Gloria a Dio! balenato è nel discisso
Velo de l’acque! Di due Mondi il fato
Del mar ne l’ime fondamenta è fisso!
Perchè secondo a Dio non è passato
Un altro nome per quel mondo occulto,65
Italo nome a l’Oceàn legato?
Quando, o Colombo, al cenere sepulto
Imposte le catene empie pregavi,
Onde ti venne il memorando insulto;
E quando in cima a le raminghe navi,70
Audace amante d’una terra ignota,
Gli astri, i venti e le nubi interrogavi;
Ed ogni terra intorno iva remota
Da l’infinito flutto, e la tremante
Bussola tacque nel suo cerchio immota;75
E volevi, e la Fede al tuo costante
Sguardo arridea dai vergini pianeti,
Che salian su la nova acqua raggiante;
E la vigile Speme anni più lieti
T’impromettea da la maggior tua prora80
Tendendo i lini de’ malcerti abeti;
Oh con che gioia preveduta allora
Quest’ora avresti! Nè sognar potevi,
O Galileo de l’Oceàn, quest’ora!
Sovra il flutto deserto, ove perdevi85
Talor la luce del ritorno, e tanto
Anno di stenti valicato avevi,
Altre vele apparir, spiegate al canto
De la conquista, e balestrò la Guerra
Su quell’intatto mar fulmini e pianto!90
Poscia navi di foco, onde disserra
Luce e tesori la secura Pace
Strinser l’antica e la novella terra;
Sin che l’ardita umanità seguace
Lanciò traverso a quell’immenso flutto95
Immenso ponte a la parola audace!
Ecco il tuo voto a che venia condutto,
O miracol di ardire e di sventura,
Ecco il pensiero trïonfar per tutto!
Cantiamo a Dio! Ne la maggior fattura100
De le sue mani Ei gloriando innova
La signoria de l’immortal natura!
Sovra l’esule tuo guarda, o Jeòva!
Ve’ come glorïoso egli procede
Per questo Egitto di prefissa prova!105
Ve’come baldo di secura fede
Di Te più degno ti risorge innanti,
Quanto più spinge pel deserto il piede!
Più l’immite ei non è da le sonanti
Braccia di ferro; chè la lunga via110
Gli ebbe alleggiati i feri arti pesanti.
Però come più scema a lui venìa
Nube de l’alma la mortal persona,
Più largo il raggio del pensier ne uscia!
De la Forza la clava e la corona115
Gittate ha indietro; e con la Forza bruta
Sanson tremendo e spirital tenzona.
— Scendi! — ha gridato a la saetta, e muta
Da la discarca nuvola materna
Ai piedi suoi la folgore è caduta.120
Ha le pupille immerse oltre la interna
Regïon de le nubi, e visitati
Ha gli archi, o Iddio, de la tua casa eterna!
Ed i tuoi mondi d’oro ha numerati
Sparsi a migliaia per l’azzurro smalto,125
E i corrucci degli astri ha profetati.
— Vi aprite! — ha detto a le montagne; ed alto
Il suo carro tonò per le profonde
Viscere del granito e del basalto!
Ha detto al foco: — Per lontane sponde130
Portami! — e il foco obbediente al freno
Rigò fumando le campagne e l’onde!
Ei de l’Istmo Eritreo tenta il terreno,
E di due mari esulteran confuse
L’onde fra poco in un fraterno seno!135
Ei nel cor de la Terra il guardo intruse,
Fino a l’intimo foco, e le diverse
Metamorfiche età n’ebbe recluse!
Ei ne l’occhio de l’uom l’occhio converse,
E indisse il sonno; e, suddito modesto,140
Visioni e responsi il sonno aperse.
Ed ei disse al Pensier: — «Come per questo
Frale che alberghi, circola pel mondo
Ne’ metallici nervi, ond’io lo investo!» —
E il mio pensiero, o Dio, pel mar profondo145
Va, se le vie ragguaglio, in tempo eguale
Che per l’atomo infermo, in cui lo ascondo!
Gloria a te! Gloria a te, padre immortale
De la natura, che tanto alto assumi
Questo tuo generoso esul reale!150
Questo errante Israel sente i profumi
Del suo paese! Più vicine egli ode
Sonar le rive de’ paterni fiumi!
Da la sua rupe desolata il prode
Caduto Prometèo sorse più forte155
Nè più il vindice rostro il cor gli rode.
Frante il tuo perdonato ha le ritorte,
Nè l’occulta favilla al ciel rapita
Gli è più rimorso disperato e morte!
Omai la Fede e la Scïenza avita,160
Strette in divino amplesso, ardono insieme
Nel gran disio d’una seconda vita!
E se talor guarda le nubi e geme
Questo Giobbe di affanni e di costanza,
È santo anch’ei questo Dolor che il preme!165
Questo eterno Dolore è consonanza,
È lunga nota che per via seconda
Le soavi armonie de la speranza:
È l’ombra antelucana, è la feconda
Necessità che gli esuli affatica170
Ai dolci soli de la patria sponda:
È il gran sospiro, è la mestizia antica
Del finito anelante a l’infinito,
È l’elegia de’ generosi amica:
È l’ansia de l’Amor che va smarrito175
E al mare de l’amor volge il cammino
Come fiumana per dirotto lito!
Oh venga il regno de l’amor, divino
Padre d’amore! Oh le disperse tende
Ne’ suoi campi riponga il pellegrino!180
De la tua Fede ondeggino le bende
Di polo a polo, e il tramite novello
Serva alla Pace che da te discende!
Oh! Filiste redenta ed Israello
Preghino innante ad un medesmo altare,185
Dormano i sonni in un medesmo ostello!
E d’ogni gente nel riposto lare
Al tuo santo patibolo si adori
Or che non parte, ma congiunge, il mare!
Già da’ tappeti suoi densi di fiori190
La Cina assente che risplendan pure
Appo i rosei pagodi i tuoi colori:
E per le immense Tartare pianure
La celeste muraglia indarno accusa
Tanto secol di orgoglio e di paure!195
Non è contrada ove non fia diffusa
Questa fraterna elettrica parola,
Nè fia più gènte da le genti esclusa!
Perchè, perchè, quando sì caldo vola
Oltre l’Atlante l’augurai concento,200
Mesta una umana creatura è sola?
Fra gli ambrosii canneti, ove di stento
Muor l’infelice, e di sua vita a prezzo
Ai liberi insapora il nutrimento,
Sfanga lo schiavo, e profondando a mezzo205
Ne le melme letali, invan sospira
L’aure serene, e de le palme il rezzo!
Ed ai cieli infiammati invan rigira
La fosca arida guancia, ove balena
De l’invidia la lagrima e de l’ira!210
Pietade, o Dio, de la sua lunga pena;
Abbi al Negro pietà! Volgi uno sguardo
Misericorde su la sua catena!
Piega a miti consigli il cor gagliardo
De’ Cincinnati Americani, e il premi,215
Ch’ei ne l’immagin tua t’abbian riguardo!
Nell’Atlantica Roma oggi i supremi
Gaudii e le feste, onde va balda e lieta,
De’ Negri il pianto non conturbi e scemi!
Già da nova agitato ansia segreta220
Muto il povero schiavo al mar saetta
La rovente pupilla e irrequïeta:
E lunge oreglia, e sovra l’acque aspetta
Una parola che di lui ragioni,
Una parola! ed anelando aspetta!225
Questa parola, o Dio, rapida suoni
Per la infinita Atlantica marina,
E l’infelice a Canäan ridoni,
Gridando in nome tuo: — «Sorgi e cammina!»