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dialogo i. 37
l’orto vicino le mura, ed a riportar poi cauli, lattuche, cipolle, cocomeri, pastinache, ravanelli ed altre cose simili da l’orto a la cittade; a presso ad un carbonaio, che mi comprò da quello, ed il qual pochissimi giorni mi ritenne vivo.
Seb.
Come è possibile, ch’abbi memoria di questo?
Onor.
Ti dirò poi. Pascendo io sopra certa precipitosa e sassosa ripa, tratto da l’avidità d’addentar un cardo, ch’era cresciuto alquanto più giù verso il precipizio, che io senza periglio potessi stendere il collo, volsi al dispetto d’ogni rimorso di coscienza ed instinto di ragion naturale più del dovere rampicarvi, e caddi da l’alta rupe; onde il mio signore s’accorse d’avermi comprato per li corvi. Io privo de l’ergastulo corporeo dovenni vagante spirto senza membra, e venni a considerare, come io secondo la spiritual sustanza non ero differente in geno, nè in specie da tutti gli altri spiriti, che da la dissoluzione d’altri animali e composti corpi transmigravano; e viddi, come la Parca non solamente nel geno de la materia corporale fa indifferente il corpo de l’uomo da quel de l’asino, ed il corpo de gli animali dal corpo di cose stimate senz’anima, ma ancora nel geno de la materia spirituale fa rimaner indifferente l’anima asinina da l’umana, e l’anima, che constituisce li detti animali, da quella, che si trova in tutte le cose: come tutti gli umori sono un umore in sustanza, tutte le parti aeree son un aere in sustanza, tutti li spiriti sono da l’Amfitrite d’un spirito, ed a quello ritornan tutti. Or dopo che qualche tempo fui trattenuto in cotal stato, ecco che

Letheum ad fluvium Deus evocat agmine magno,
Scilicet immemores supera ut convexa revisant,
Rursus et incipiant in corpora nolle reverti.