Brani di vita/Libro primo/La Guida della Unione Velocipedistica Italiana
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LA GUIDA
DELLA UNIONE VELOCIPEDISTICA ITALIANA
(Ceneri di una fiammata
che non lasciò dietro sè nè odio, nè rancori).
Finalmente rivediamo la faccia del sole! Le vie sono buone, i prati verdi, le siepi fiorite. In sella!
Oramai i viaggi e le passeggiate le faremo sul serio, non colla fantasia come si faceva l’inverno sonnecchiando coi piedi nelle pantofole, vicino al fuoco. Per conto mio feci a quel modo il viaggio Roma-Napoli secondo l’itinerario unito al 61.° Bollettino dell’Unione Velocipedistica Italiana, e, dico la verità, provai molte sorprese, come succede viaggiando.
Le carte hanno segni convenzionali pei fiumi, pei ponti, pei Consolati della U. V. I., per gli alberghi distinti in quattro classi, per le trattorie e caffè, pei meccanici, per la posta e il telegrafo, pei punti notevoli e importanti ecc. Sono anzi queste minute nozioni che rendono praticamente utile una carta. Direi anzi che ne sono la sola parte veramente importante, perchè il tracciato della via e le sue altezze sono date dalle carte dell’Istituto Geografico di uso comune, mentre le notizie sul comfort, sui soccorsi ecc., non si trovano che su queste carte speciali, fatte apposta pei ciclisti.
Partiamo dunque da Roma, vedova da qualunque sia segno convenzionale; ma non è colpa l’averli omessi perchè, sapendo tutti l’importanza della città, sarebbero stati un pleonasmo. La strada segue press’a poco la linea ferroviaria, meno la diversione dei colli Albani ed è l’antica via Labicana che si mette nella valle del Sacco, sul quale troviamo notato il ponte dopo Valmontone. Secondo la Guida del T. C. I. a Valmontone c’è per albergo Casa Ballarati e si trova un riparatore: secondo la carta della U. V. I. non è vero. Così a Ferentino il Baedeker nota una locanda modesta, e il Touring, che ha meno pretese, ne nota due, Stella e S. Antonio, con un riparatore e il V. C. Frusinate. Ma questo Club, ed il resto, forse perchè non inscritti all’Unione, sono passati sotto silenzio.
Insomma, per farla corta, nei 231 km. tra Roma e Napoli non c’è nè un albergo, nè un caffè, nè un meccanico, nè un ufficio postale, nè un ufficio telegrafico, nè un console, nè un punto che valga la pena di essere notato. E si passa per Frosinone, Ceprano, Cassino, Capua ed Aversa. L’abbazia di Montecassino, monumento nazionale celebre per tutto il mondo civile, non è importante. Il ricordo dei famosi ozi di Capua non ha suggerito all’U. V. I. la possibilità che anche dopo Annibale ci si potesse trovare una trattoria, o almeno l’albergo del Centro in piazza dei Giudici. In Aversa c’è un manicomio famoso per tutti, ma non per l’Unione. Niente, assolutamente niente da vedere, da mangiare, da bere, per tutta la via. Non posta, non telegrafo, non riparatori. Tale quale come da Massaua ad Adigrat! È possibile?
Per tutta la lunga via non si trovano che due ponti; quello sul Sacco e quello sul Volturno. Ma se apriamo una carta qualunque sia, vediamo una discreta quantità di fiumi e di torrenti che tagliano la strada. Non ci sono ponti? E il Liri, a Ceprano, che è pure un fiume rispettabile, lo si passa a guado?
Si potrebbe continuare per un pezzetto, ma a che gioverebbe? Evidentemente i compilatori della carta si sono preoccupati soltanto del rilievo della strada, del suo percorso, delle altezze, ecc., che sono la parte a cui con altre carte si può supplire; ed hanno tralasciato di deliberato proposito la parte più importante pel tourista. Si potrebbe anche dedurre da ciò che, o l’U. V. I. ha una idea molto imperfetta del tourismo, de’ suoi bisogni e del suo scopo, o che, conoscendo tutto questo, le mancano la voglia e le attitudini per rendersi veramente utile a questa non minima e certo più interessante e piacevole parte del ciclismo. Comunque sia, carte come queste sono perfettamente inutili a chi viaggia, e l’Unione butta i quattrini.
È lecito sperare di meglio?⁂
Rividi con piacere la calligrafia dell’amico Turaccioletti.
Sapevo che, fatta l’eredità Puntolini, si era dato interamente al giornalismo, dove coltivava con passione i per finire. Lo sapevo insignito di una delle maggiori cariche nell’Unione Velocipedistica Italiana, ma lo avevo perduto di vista, quando la sua lettera mi giunse inaspettata e gradita.
Mi diceva tra le altre cose “.... hai visto la nostra Guida, vero mausoleo, anzi ciclodromo di maraviglie, per quanto abbia trovato qualche maligno detrattore nei lividi nemici della nostra istituzione. Avrai notato che non insegna solo le strade e le cose notevoli, ma è prodiga di scoperte nuovissime che sono il suo pregio migliore. Guarda, per esempio, dove parla di Bologna. È vero che non ricorda la chiesa di S. Petronio, che già tanto la conoscono tutti; ma nella serie delle chiese mette per prima S. Secondo, indicandolo così per il più considerevole. Io però non la ricordo bene. Rinfrescamene la memoria e credimi, etc....”.
Io non solo non la ricordava, ma non l’aveva mai vista. Sono assai devoto a S. Secondo per gratitudine delle famose e deliziose spalle che onorano la pizzicheria italiana; ma benchè io abiti in Bologna da trent’anni, ignoravo che ci avesse tempio, culto e fedeli. La Guida di Bologna del Ricci non dice niente; però se lo mette la Guida dell’Unione, deve esserci. E, infatti, dopo molte ricerche, riuscii a trovare il tempio desiderato tra la Via del Fico e la Via delle Oche, in una plaga, dirò così, pornografica, dove per solito non si vanno a cercare i Santi e le chiese.
La facciata di S Secondo non è nè basilicale, nè tricuspidale. Chi non è pratico potrebbe confonderne la porta con quelle degli stabilimenti vicini e questa modestia esteriore è forse la cagione della poca fama del tempio. Accanto ad un cippo sacro ad Urea è un usciolo sul quale si veggono tracce evidenti dei sacrifizi che spettavano invece al monumento vicino. Un cartellino sul quale si legge — Dimostratore — sta sopra al non purissimo paletto del campanello e suonai.
Mi aprì un vecchietto sbarbato e curvo come se fosse in volata, con due occhi cisposetti ma sospettosi. Mi squadrò da capo a piedi e mi chiese:
— È dell’Unione, lei?
Ma sissignore! Lo potevo affermare e lo affermai perchè, facendo parte del Veloce Club di Bologna che è nella Unione, per carambola sono unionista anch’io. Ma si vede che il mio sì mancava di entusiasmo, perchè il vecchio corrugò la fronte e mi chiese con voce irritata:
— Ma non sarà mica del Touring?
Vidi subito che se dicevo la verità il Cerbero non mi avrebbe lasciato passare.
Mentii quindi senza alcun pudore, rinnegai sfacciatamente la mia fede e risposi:
— Nemmeno per sogno!
Cerbero si rasserenò. Alzò il dito segnando l’architrave e disse:
— Guardi!
Sulla porta era la stella dell’Unione. Mi levai il cappello ed il vecchio rassicurato da quell’atto, proseguì:
— Ah, vede il santo segno? Lo scellerato Touring pensa agli alberghi, ai caffè, ai riparatori, alle cose del corpo insomma, ma noi pensiamo anche a quelle dell’anima. Questa è chiesa unionista, caro signore, esclusivamente unionista. Io e tutti quanti qui, siamo soci individuali. Unum ovile et unus pastor!
Chi avrebbe ricordato questo magnifico tempio se l’Unione non avesse fatto la Guida? Ma se mi capita sotto le ugne un socio del Touring!
S’interruppe. Strinse i pugni e indovinai che nel suo cervello si scatenava una tempesta d’odio, una bufera di vendetta; ma chinando gli occhi si vide brillare sul petto la stellina dell’Unione e si rasserenò. Ave maris stella e la burrasca si chetò subito. Che miracoli opera la fede!
La chiesa è vasta e può contenere benissimo tutti i soci dell’Unione, ma la sua oscurità ricorda un poco il Regolamento delle Corse. Ci sono molte crepe e, qua e là, qualche puntello che non rassicura sulla stabilità dell’edifizio. Tutto va infradiciando per vecchiaia e i restauri, fatti in furia dove il restauro era più urgente, sono già verdi per le muffe e scrostati. Sembrano cose fatte per forza e per dispetto senza un concetto direttivo, come empiastri messi alla meglio dove la piaga appare più pericolosa, e perchè lo stucco simuli il marmo e la rovina dell’ossatura sia mascherata dalle vernici. C’è la pompa, c’è il barbaglio dell’apparenza che nascondono male i peccati della statica, un non so che di baracca che vuol parer Colosseo. Niente di fresco, di giovane, di nuovo, e le cose più recenti sono imitazione d’imitazione.
Ma il mio cicerone era rovente di entusiasmo. Non mi risparmiò nessuna delle bellezze del suo tempio ed io le dirò in breve per non essere indiscreto.
Sull’altar maggiore si ammira la statua di S. Secondo, titolare della Basilica. Non ha la testa dove l’abbiamo tutti, ma, perchè morì decapitato, la porta con molta disinvoltura nella mano destra e la costringe a leggere in un libro che tiene aperto nella sinistra.
— Vede — mi disse il vecchio, — Vede quel volume? Sa che libro sia?
— Il Vangelo?
— Ma le pare! È la Guida dell’Unione!! — e rise con trionfale compiacenza.
Nella navata destra vidi una tomba veramente sontuosa. Vi dormono il sonno eterno le diecimila lire votate dal Congresso di Bologna per la Guida dell’Unione ed a crescerle magnificenza concorsero le multe inflitte ai corridori. Ci vidi parecchie ghirlande offerte dai Clubs addolorati e il vecchio mi disse che molti soci vengono a dire un requiem alle care defunte.
La navata sinistra, fra l’altre maraviglie, ha una pietra commemorativa che segna il luogo preciso dove il conte di Viarigi ascoltò la Santa Messa prima di recarsi ad aprire l’ultimo Congresso.
Non parlo poi delle preziosissime reliquie. Ci vidi la collottola del Grasso legnaiuolo, le tuberosità ischiatiche di Bertoldino, l’osso sacro di Cacasenno, ed il prepuzio di Calandrino, conservati alla venerazione dei soci in ricchissimi reliquiari. Socio dell’Unione li baciai anch’io devotamente, mentre il cicerone si doleva che la sacrosanta Guida non li avesse additati alla venerazione dei fedeli. — Di questa dimenticanza — mi diceva commosso — spero che non si farà carico ai compilatori, quando nel prossimo Concilio Ecumenico di Verona i convenuti decreteranno i complimenti e la medaglia d’obbligo agli ispiratori, agli esecutori della Guida del mio cuore.
Viste ed ammirate così tutte le maraviglie della chiesa, salutai col cuore riconoscente l’arcigno cicerone e gli regalai un nichelino che mi parve accettato con mistica gioia. Ma forse l’aveva creduto una mezza lira, perchè, quando l’ebbe palpata bene, si conturbò di nuovo e mi disse coi denti stretti: — Ora vada a dire a quelle canaglie del Touring che la perinsigne Basilica di S. Secondo è qui maestosa ed incrollabile a loro marcio dispetto! Vogliono sostenere che a Bologna non ci sia mai stata una chiesa di S. Secondo! Buffoni! Come se la Guida dell’Unione potesse essere uno scherzo ed una canzonatura! — E mi sbatacchiò la porta in faccia, sbuffando, ringhiando e ripetendo — buffoni!!
Povero vecchio unionista! E pensare che la sua perinsigne Basilica di S. Secondo non l’ha mai vista nessuno, fuori che l’erudito compilatore della Guida che costa diecimila lire!