Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Quintino Sella
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SELLA CAV. QUINTINO
Consigliere Municipale
Nel comune di Mosso Vallesuperiore presso Biella, provincia di Novara, sortiva egli i natali nel 7 Luglio 1827 da civile ed onorata famiglia, la quale se salì in splendida fortuna lo fu per la distinta perizia nelle economiche ed amministrative discipline, e per quella onestà, che osservò sempre nelle negoziazioni commerciali e nella industria, onestà tanto intemerata, che forma il suo vanto più bello. — E di vero della famiglia Sella parlando noi crediamo opportuno qui riferire quanto nota il Lessona nel suo libro — Volere ò potere. «Quegli che produsse una vera rivoluzione nella industria biellese e trasformò in pochi anni le condizioni economiche di quel circondario fu Pietro Sella, prozio di Quintino fratello di Gio. Battista Sella, oggi Senatore del Regno. Pietro Sella era uomo di molto ingegno, tanto operoso che in quel paese operosissimo lo tacciavano d’irrequieto; egli volle viaggiare e vedere co’ propri occhi a qual punto fosse l’industria dei pannilani all’estero. Non ebbe pace finchè non riuscì ad introdurre nel Biellese le macchine da lui osservate e studiate fuori d’Italia, e finchè non si mise in relazione diretta coi principali mercati dell’estero. Le macchine furono accolte dapprima colla incredulità, quindi coi tumulti. Secondo il solito si temeva che gli operai rimanessero senza lavoro. Ma Pietro Sella seppe vincere le ostilità come aveva vinto l’inerzia e l’indipendenza. Le macchine furono messe su ed incominciarono ad operare. Tutto ciò ben inteso, senza che il Governo c’entrasse per nulla, senza nemmeno pur una parola d’incoraggiamento». —
«Poco a poco, ma ci vollero parecchi anni, l’esempio del Sella fu seguito anco dagli altri industriali». —
«E se perciò si erigesse una statua a Pietro Sella si farebbe poco». —
Quintino Sella insino da fanciullo rivelò bellezza d’ingegno, eletta intelligenza, intuizione vivissima e pronta, e della mente acume rarissimo, e di leggieri quindi progredì negli studi, cui si diè con amore grandissimo, per modo che anco nella italiana e latina letteratura chiaramente si distinse e fu dai professori e dai propri condiscepoli riguardato come un vero prodigio d’ingegno. E qui cade acconcio notare come all’età di 14 anni non solo recitasse a memoria quaranta e più canti della Divina Commedia, ma sapesse commentarli e interpretarli per guisa che destava maraviglia altissima in quanti lo udivano, il che scriveva quel chiarissimo di lui maestro Gioacchino De-Agostini poco dopo il 1840 nel Messaggiere Torinese uno dei pochissimi giornali allora pubblicati in Piemonte ed il solo liberale. — Ed egli, che fu cultore amantissimo della materna lingua latina, combatteva perciò più tardi il decreto del Farini, con cui avrebbe voluto portare l’abolizione di quella lingua in tutte le scuole del regno. — E poichè il Sella avea bevuto al fonte dei buoni studî letterari, noi lo vediamo, allorchè appresso entrò nella vita politica, vestire i suoi pensieri e i suoi ragionari, con veste forbita, e avere pronta, facile, robusta la favella. —
Egli fu messo dal padre a studiare matematiche, onde potesse meglio dirigere e far prosperare l’opificio paterno; ma egli si segnalò in modo così straordinario in quegli studî, che i di lui grandi maestri Giulio e Plana ne fecero altissimo encomio, e non ancora laureato, il Ministro Des-Ambrois gli offerse di mandarlo all’estero per gli studi delle miniere. — Egli aveva avuto poco prima la sventura di perdere suo padre, onde si consultò co’ suoi zii. — Questi furono unanimi nel rispondergli, che l’uomo il quale ha una occupazione indipendente in casa è ben pazzo se va a farsi dipendente in un impiego. — Erano dell’istesso parere i fratelli e la madre, ma egli desideroso di proseguire negli studî, in cui doveva tanto emergere, e di vedere nuove genti e nuovi luoghi, tanto fece che la madre e i fratelli si piegarono, non però gli zii. Ma un tal giorno, narra il Lessona, uno di questi zii incontrò il nipote ministro, mentre d’ogni parte gli si porgeva reverenza ed onore. — Il nipote gli corse incontro ad abbracciarlo, ed egli guardatolo un poco, scrollò il capo, e sorridendo disse — Peccato! Saresti diventato un così buon fabbricante di panni! —
Applicassi egli più facilmente all’ingegneria, e in siffatta scienza desiderando perfezionarsi, andò a compierne gli studî a Parigi, ed emerse tra i giovani più distinti. La famiglia Sella fu sempre desiderosa mantenersi indipendente e sciolta da ogni vincolo, che potesse costringere la individuale libertà, e quindi fu vaga sempre di spiegare sue libere forze nel campo fertilissimo delle industrie e dei commerci. — Ma Quintino Sella nell’essersi sottratto a questa legge di famiglia è rimasto però un punto luminoso di gloria italiana, che onora il suo stipite e sparge luce serena sulla propria famiglia. —
Dedicossi quindi alla mineralogia, e in questa materia scrisse pregiate memorie, che meritarono esser tradotte in più lingue straniere, onde giovanissimo degli anni raccolse già bellissima fama in Germania, in Francia, in Inghilterra, ed onorava per tal modo la patria sin dai primordî dell’età sua. E qui stimiamo acconcio far menzione come nel maggio 1871, in una splendida relazione alla commissione d’inchiesta, Quintino Sella ragionasse sulle condizioni dell’industrie minerarie nell’isola di Sardegna, e ne redigesse un atlante bellissimo, onde s’ebbe il plauso e la lode di tutti. — Lo vollero pertanto iscritto membro in più accademie scientifiche, e s’acquistò di subito estimazione universale. — Di mente robusta e di forte ingegno, com’è, coltivò anche la scienza economica e politica, verso cui pur sentî grande disposizione, e di fatti in breve rivelò possedere egli le doti atte a formare un uomo di stato. —
Fu quindi avuto in onore e tenuto in pregio distinto da uomini insigni, tra i quali giovi notare quel grande, che fu il Conte di Cavour, l’uomo che preparò i destini della patria nostra, che desiderò di compierli, ma che la morte sventuratamente trasse innanzi sera nei riposi del sepolcro. Però qualche anno prima di morire trasse il Sella nella vita politica, e pochi mesi prima del giorno del suo decesso offriva un portafoglio al Sella, che, reputandosi troppo inesperto ancora di cose parlamentari, ricusava. —
Italia gemeva in braccio a più tiranni nelle distrette di una schiavitù crudelissima, e nel Piemonte ardeva il fuoco sacro della libertà, quel fuoco che più tardi doveva scoppiare in incendio, e apprendersi a tutta la nazione, e farla risorgere alla vita nuova, alla vita sospirata da secoli e fecondata dal sangue di tanti martiri, alla vita difesa dalla più leale, dalla più grande dinastia di Re, che è quella della Casa Savoia. — Ed era in quel tempo che nel Parlamento Subalpino rappresentavasi Italia, ed illustri cittadini facean suonare la libera parola. — E tra questi era Quintino Sella, che i propri concittadini avevano eletto deputato. — E poichè emergeva per le più peregrine qualità della mente e dell’animo, e per l’ampio possesso di cognizioni scientifiche, economiche, amministrative e politiche, così entrò semprepiù nella stima e nell’affetto anche del Conte di Cavour, del quale avvenuta la morte e devenutosi di poi alla composizione del nuovo Ministero, fu il Sella eletto Ministro delle Finanze. — Volgeva l’anno 1862. — I tempi erano difficilissimi, chè Italia, sebbene avesse proceduto con piè trionfale alla liberazione di molte sue terre, pure trovavasi ancora nelle convulsioni di guerra, e nelle ansie di giungere alla suprema conquista della sua perfetta unità, del nazionale suo compimento. — Quintino Sella sostenne l’arduo officio con quella onestà, con quella abilità, con quella potenza di mente, con quell’energia più unica che rara, che anche in mezzo a lotte parlamentari, si dovè riconoscere, e noi con franca parola affermiamo essersi sempre rivelato nel Sella l’uomo amante sincero del proprio paese, il cittadino che tutte le forze dell’ingegno e dell’anima dispone per la fortuna del popolo, il sapiente che attitudine, e zelo, ed operosità e dottrina dimostra nella trattazione degli affari di Stato, che comprende non potersi provvedere alla difesa della patria, agl’innumerevoli bisogni, che derivano dall’odierna civiltà, se non chiamando a largo contributo tutti i cittadini in ragione dei loro molti o pochi averi. E se i bisogni erano grandi in tutte le nazioni, in Italia erano grandissimi, perocchè i precedenti governi poco o nulla avean fatto per il progresso, e la sicurezza affidavano al bastone straniero. — Ed il Sella per più anni durando nell’ufficio difficilissimo di sostenere il Ministero delle finanze, ben si parve la di lui eccellenza nella scienza economica, e nelle amministrative discipline, chè a curare la vita della nazione, inferma dai travagli sofferti sotto signorie straniere, dagli strazi di spendiosissime guerre, ei non risparmiò di trarre sangue per ridonare salute, imponendo cioè quei tributi che ravvisava necessarî a ristorare il credito dello Stato. — E attraverso ad ogni ostacolo, noi lo vediamo forte della sua coscienza e delle sue virtù proseguire quella diritta via, che egli crede debba condurre un giorno alla felicità della nazione, e avvenga che può, respinge da se le insane contese, e gl’inutili sarcasmi, e le ire partigiane, e sta saldo nelle sue opinioni di liberale moderato, ne’ suoi principî d’italiano amante sincero del proprio paese, ed opera da sapiente cittadino, intendendo all’unica meta sospirata dalla nazione — il generale benessere. — E di vero quando vollero i fati d’Italia che Roma fosse redenta, e il diadema cingesse di capitale della nazione, Quintino Sella fu tra coloro che quell’avvenimento più desiderasse, e concorse per quanto potè ad affrettarlo. E per verità dopo gli avvenimenti di Mentana fu desso che volle riconfermato dinanzi al Parlamento il voto, che dichiarava Roma Capitale d’Italia, e quando scoppiata la guerra tra la Francia e la Germania pendeva incerta Italia se dovesse portare ad alcuna di quelle nazioni ajuto, il Sella, riflettendo che entrambi avevano favoreggiata la causa italiana, ricorrendogli alla memoria quanto già con altri giovani patrioti aveva pensato nell’età dello studente, che cioè Italia e Germania erano due nazioni sorelle, le quali potevano essere libere ed integre, non solo senza danno o pericolo, ma con grande utile reciproco, male apponendosi chi pensava che il Reno si difendesse sul Po e che l’integrità della Germania si mantenesse calpestando l’Italia, non seppe, posciachè era ministro, combattere le aspirazioni dello studente, e diede il suo voto in favore della neutralità. —
E intanto giungeva il 20 Settembre 1870, il quale fu scolpito sul volume della storia, con i caratteri di un dio, dal genio della gloria italiana, — S’aprirono le aule del Parlamento, e la voce dei Rappresentanti della Nazione dai sette colli annunziavano al mondo che l’eterna Roma tornava maestra di sapienza civile, morale e politica, e risorgeva nella sua antica grandezza, bella di nuova gloria, e un’èra nuova incominciava. — Quintino Sella i supremi ufficî sostenendo quale Ministro delle Finanze, noi lo vediamo in Roma nel volgere ormai di un lustro, avvegnachè di tutta lena intendesse all’assetto delle finanze, al buon ordinamento della amministrazione, essere spesso combattuto, talvolta avversato, dalla maggioranza però del Parlamento sempre sorretto, e nell’ultima crisi, che colla passata estate attraversò il ministero, fu forza al Sella rassegnare il grave incarico, e se in appresso s’avranno migliori provvedimenti, e la fortuna dello Stato raggiungerà quella perfetta prosperità tanto desiderata, certo sarà conforto supremo alla patria, la quale non pertanto disconoscerà i meriti di un cittadino, quale è Quintino Sella, che sempre operò per il conseguimento del pubblico e privato bene, di un uomo distintissimo, quale egli è, nella sapienza economica, amministrativa, civile e politica, e che nella trattazione della cosa pubblica si acquistò benemerenza ed onore, di un uomo, cui certo il paese riguarderà con particolare estimazione, essendochè di lui potrà sempre giovarsi e trarne utilità. —
A provar poi in quanto pregio sia pur riguardato da Roma, giovi notare, come nelle ultime elezioni amministrative dalla romana cittadinanza fosse mandato in Campidoglio ad assidersi nel seggio consiliare degli antichi padri della patria, perocchè gl’interessi del Comune reclamino uomini nelle economiche ed amministrative discipline eccellenti, cittadini, che sappiano col consiglio e coll’opera concorrere all’assetto delle finanze municipali, al buono ordinamento della amministrazione, al prosperamento della pubblica cosa. — Ed il Sella può certo menar vanto di sì bella attestazione di stima e di affetto, presentatagli dai cittadini romani, i quali con ciò han mostrato di sapore rendere onore agli uomini, che posseggono le più elette virtù civili, morali e politiche, e che hanno benemeritato della patria. Sì, Roma, riconosce nel Sella l’uomo eminentemente dotto, l’italiano, che ama sinceramente il proprio paese, il cittadino, che volle Roma capitale d’Italia, ed appena lo fu vi trasportò i suoi lari, e vi stabilì sua famiglia siccome in terra nativa, in terra caramente diletta. —
Quintino Sella è stato quegli che ha istituito il Club Alpino, alla scopo bellissimo e nobilissimo di muovere il popolo e ogni gente colta a peregrinazioni dilettevoli ed istruttive, e là sul dorso dei petrosi monti, sulla vetta delle nevose alpi intrattenere ognuno a contemplare i miracoli della natura, e studiarne l’arcana onnipotenza. — Basti leggere — Una salita al Monviso — lettera del Sella indirizzata al chiarissimo Gastaldi Segretario della scuola per gl’ingegneri, per invogliare chiunque all’ascensione delle Alpi, onde ammirarne le stupende bellezze, ed accrescere l’amore allo studio delle scienze naturali. — Bellissimo è anche il suo discorso pronunziato, come Presidente del Club Alpino all’apertura del VII congresso, e il Brindisi detto al banchetto del Club medesimo, in cui molto a proposito nel parlare dei sentimenti, che si svolgono in sulle vette delle alpi si esprime «Fra le tribolazioni della vita vi sono talvolta momenti di sconforto e di sfiducia. Fate una buona salita alpina e giunti su quelle vette esclamerete col poeta:
Quali i fioretti dal notturno gelo |
Correte dunque alle Alpi animosi giovani, chè esse hanno grande valore educativo sotto ogni punto di vista.»
Quintino Sella è stato anche degnamente eletto Presidente dell’Accademia de’ Lincei in Roma, Accademia che vanta le sue origini da un Cesi, da un Porta, da un Galileo, Accademia, cui intende il Sella con tutto l’ingegno, con tutta sua sollecitudine, per inalzarla sempre più in estimazione, e farla feconda di frutti scientifici, e renderla una delle più belle glorie di Roma. —
Nelle ultime elezioni politiche per la ricomposizione della Camera dei Deputati, il Sella è stato eletto dal Collegio di Cossato, e il suo discorso, che indirizzò agli elettori, non solo rivela il prestante ingegno, ma è il più schietto suo programma politico, è l’esposizione più limpida della sua vita ministeriale, è il contenuto de’ suoi più forti principî, de’ suoi più ardenti voti, de’ suoi più sapienti consigli, e bene egli esclama: — non si fonda, non si mantiene la libertà e la grandezza de’ popoli senza molta virtù, senza molto amore di patria, senza grande sacrificio ed abnegazione dell’individuo, sacrifici ed abnegazioni, che non sono senza compenso, giacchè se io non erro, la maggior stima è dalla parte della maggiore virtù. — Se passioni, ambizioni, o peggio, interessi personali, e non il solo utile della nazione influiscono sulla condotta dei legislatori, se non vi ha tra loro spirito di disciplina e di conciliazione, si cade nell’anarchia, ed allora ricordo collo storico romano: Concordia res parvae crescunt, discordia vel maxime delabuntur. — Auree parole sono coteste, che dovriano essere scolpite al sommo della porta del Parlamento, affinchè coloro, cui la Nazione affidò l’alta missione di essere suoi rappresentanti, e di curarne gl’interessi e la fortuna, non ire di parte, o moti insani di stolta ambizione sospinga, ma si stringano in fraterna concordia, in armonia di principî e d’affetto e tutti cospirino alla felicità di questa Italia tanto bella e tanto invidiata, entro cui congiurano le male arti di una setta nera — a Dio spiacente ed a’ nemici sui — della quale setta parlando il Sella, si esprime in queste parole: — è evidente che vi ha in Italia una setta, che cerca la rovina della nostra unità e della nostra libertà, e per giungere a questo intento parricida non esita a fare quanto per lei si possa, onde da un lato affilare a danno nostro armi straniere, e dall’altro preparare nel paese quanto possa ad essa recare vittoria. — Io ho molta speranza, che questi propositi non riesciranno. — Fortunatamente la setta, che vuole la morte della unità italiana, necessariamente deve combattere altrove le conquiste della odierna civiltà, e nel nostro paese sarà difficile far credere che si stesse proprio meglio, quando si stava peggio. — Ma intanto la Nazione è bene che ascolti la voce dei sapienti cittadini, che la pone in guardia contro le scellerate mene d’uomini, a dirla con Dante — a mal più che a ben usi — Nel suo splendido discorso il Sella conchiude: — il passato e il presente ci ponno essere lieto pronostico per l’avvenire. — La nostra prudente fermezza ci conciliò ormai l’animo di tutti coloro, che in Europa credono nel progresso della umanità. — Perseveriamo fidenti, chè la ragione è dalla parte nostra. — E quando taluni malanni c’inquietano, giovi talvolta guardare indietro e riconoscere il progresso immenso che si è fatto. — E a questo appunto dovriano pensare tutti gl’italiani, e considerare che la patria nostra è giunta ormai al compimento de’ suoi destini con sacrificî sì, ma con la guida d’uomini sapienti, cui deve saper grado, e tra questi certo debbe segnalarsi Quintino Sella, il quale in tutti gli atti della sua vita non altro si vede che l’uomo dotto, onesto, politico, il cittadino, che ad altro non anela che alla felicità della patria, al benessere del popolo, sì il cittadino, che si ha guadagnato il diritto alla pubblica e privata benemerenza, il cittadino, che con la potenza del suo ingegno, delle sue cognizioni, del suo sapere, potrà essere un sostegno sempre maggiore al nazionale edificio. —
Non ispirito di parte, non ombra di adulazione trascina noi a porgere in queste nostre pubblicazione un tributo di lode a Quintino Sella, ma è imparzialità di giudizio, è la giusta ragione, che ci presenta in lui un italiano sincero, un cittadino sapiente, un uomo su cui può riposare la patria, e noi non esitiamo a consegnarlo in queste nostre biografiche memorie, siccome in cronaca dei nostri tempi, a perpetuità di ricordo e a splendore d’esempio bellissimo. —
Roma — Marzo 1875 Editore Riccardo Fait.