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I III
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II.

Una domenica ai Santi Apostoli, mentre la messa era già cominciata, il Santasillia vide entrare nella chiesa, già tutta piena di gente, una giovinetta bionda, aggraziata assai, in una vesticciuola di percallina bianca, a fiori azzurri, e seguita da una donna di età, linda, composta, che pareva essere qualche cosa meno di una istitutrice, qualche cosa più di una cameriera.

La fanciulla s’era fatta in viso di fuoco, vedendo che i devoti, raccolti nel silenzio della preghiera, volgevano il capo verso di lei, disturbati dalla sua venuta in ritardo. Essa, in fretta, voleva trovare un posto ove mettersi, ma i [p. 16 modifica] banchi erano tutti occupati. Lo scaccino la vide, fe' cenno alla vecchia e portò due seggiole nel recinto, dinanzi all'altare della Madonna, dove anche Andrea stava ritto, ascoltando la messa. Egli dovette tirarsi un po' indietro per lasciar passare la giovinetta, e nel far ciò, quasi commosso da quell'apparizione, fece un inchino. Essa non rispose al saluto, arrossì di nuovo, si inginocchiò confusa, aprì subito il libricciuolo e vi nascose sopra il viso, come se volesse pregare più raccolta. La vecchia seria seria, e con un'espressione sincera di devozione che le spirava dalla faccia buona, s'inginocchiò pure, accanto alla signorina.

Allora il Santasillia potè osservare la fanciulla a suo bell'agio, e subito ne ammirò la figuretta gentile, flessuosa, e l'elegante semplicità con cui era abbigliata. Egli sentiva diffondersi all'intorno da quella vaga personcina alcunchè di fresco, di primaverile, come una fragranza di giovinezza e di grazia.

E intanto ella continuava a pregare tenendo [p. 17 modifica] sempre il capo chino e gli occhi fissi sul libro. Ma, ad un tratto, uno scoppio, uno schianto di tosse diè un urto violento a quel corpicciuolo delicato. Molte persone si voltarono allora verso di lei, che si premeva il fazzoletto sulla bocca per trattenersi di tossire, e il Santasillia notò anche lo sguardo attento e pieno di tenera sollecitudine che la vecchia rivolse in quel punto alla padroncina.

Quando finì la messa, tutti uscirono di chiesa, e Andrea adagio adagio e senza quasi pensarci, seguì da lontano l'abitino bianco dai fiorellini azzurri; ma non ebbe molto cammino da fare, e ciò gli rincrebbe. La fanciulla si fermò dinanzi a una piccola porta, dipinta di verde scuro, d'una casetta tutta nuova, di via Sant'Eufemia; la vecchia tirò la maniglia d'ottone lustro del campanello, la porta si aprì, e la testina bionda e l'abitino bianco dai fiorellini azzurri sparirono a un tratto. Il Santasillia, lì per lì, sentì che gli veniva a mancare qualche cosa, la contrada gli [p. 18 modifica]sembrò vuota, ma già per lui non era più una contrada indifferente, come tutte le altre.

D’allora in poi i due giovani s’incontrarono e si videro «tutte le feste al tempio». E si videro appunto perchè, la domenica dopo, anche la fanciulla, che indossava un abitino di percallina bianca a fiori rosa, lo scorse subito, ritto in piedi vicino all’altare della Madonna, e lo guardò. Lo guardò nel sedersi dopo l'Elevazione, e lo guardò un’altra volta prima di sparire dietro la piccola porta.

E il ricambio di quegli sguardi si faceva più frequente ogni domenica. La fanciulla cercava il giovane cogli occhi appena entrava in chiesa, ed era sicura di vederlo sempre là, al solito posto. Lo guardava una volta prima di mettersi a sedere; lo guardava dopo, nell’inginocchiarsi, lo guardava nel volgere le pagine del libriccino; e a mano a mano tutte quelle occhiate si facevano più lunghe e appassionate. Sapeva ella chi fosse il bel giovanotto dei Santi Apostoli? Forse no. Certo, Andrea ignorava il nome della [p. 19 modifica]fanciulla, nè si era curato di domandarlo. Il nome l’avrebbe forse mutata? No; dunque non gli premeva di conoscerlo. Egli godeva l’incanto di quella figuretta gentile, di quel volto soave, di quegli occhioni azzurri e profondi, che guardandoli, gli accarezzavano l’anima; e però aveva finito, durante quelle messe troppo brevi, a pregare Iddio colla mente, e ad adorare col cuore la bella fanciulla. Ormai, fra loro due, s’intendevano, e le formalità mondane, che ancora, in apparenza, li tenevano divisi, erano state superate dal loro spirito. Si guardavano, ed era assai più che non si parlassero; si guardavano ed erano felici, perchè dicevano l’uno all’altro che si volevano bene. E insieme amavano tutti e due anche quella chiesa dove si erano incontrati, quella pace solenne, quel tepore molle e insinuante, quella luce tranquilla, quel pio raccoglimento e infine quella bella Madonna dell’altare, ch’era la loro Madonna.

Il giovane innamorato subiva seduzioni dolcissime, tanto più forti quanto più erano intime. [p. 20 modifica]La sua poesia un po’ romantica, un po’ mistica, trovava la sua incarnazione in quel bel viso pallido di fanciulla bionda e delicata, ed egli già si sentiva sicuro ed aveva in lei tutta la fede, come se le avesse parlato, come se ne avesse ricevuto le più solenni promesse.

Fu per caso ch’egli venne a conoscere il nome e la famiglia della giovinetta, e in quell’occasione comprese pure ch’era necessario di risolversi presto, e di palesarle apertamente le proprie aspirazioni.

Una domenica (era già inoltrato l’autunno e la fanciulla non andava più vestita di percallina chiara, ma indossava un abito succinto di panno color monachino), una domenica, verso la fine della messa, ebbe uno scoppio di tosse più forte e insistente del solito.

Pôra putela, — mormorò una donnicciuola inginocchiata sul banco dove anche Andrea si teneva appoggiato, — pôra putela, fa proprio mal al cor, a sentirla tossir in quel modo! [p. 21 modifica] Andrea, che si era fatto pallido, non si mosse, non rispose verbo.

— Anche la sò pôra mama, — riprese l’altra dopo un poco, — l’è morta tisica.

Andrea continuò a tacere, ma guardò la donna attentamente.

L’era cussì bela anca ela! L’era tutta el ritrato della signorina Adele!

Il giovanotto trasalì: si chiamava Adele!

— L’è morta troppo presto; come tuti i boni. Mi l’ho cognossuda e ghe andava spesso in casa. Allora no gaveva la vista debole e andava a zornada a laorar in bianco. — Pôra anima!... L’era vedova d’un colonel dei bresaglieri, un bel toco d’omo morto in guera soto Vitorio.

— E come si chiamava? — domandò Andrea, con un leggero tremito nella voce.

El colonelo Parabian! E po’, salo, sior Contin, seguitò la donnicciuola che non finiva più di chiacchierare, felice di farsi vedere in colloquio con un nobile di quella fata, — e po’, mi go avudo l’alto onor de cognossar [p. 22 modifica]anche la siora Contessa. Che santa dona, che santa dona! E go portà in brasso tante volte anca el sior Contin! Me lo ricordo come fusse adesso! Ma allora gaveva i oci boni e andava a zornada e...

Il Santasillia già da un pezzo non l’ascoltava più. Egli guardava la sua fanciulla e gli era diventata anche più cara. «Orfana, orfana anche lei, poveretta! Ed era ammalata!... Oh ma bisognava ch’egli ne prendesse cura, e subito!.... L’avrebbe portata a San Remo, a Bordighera... Là, fra quel tepore fragrante di aranci e di oliveti, si sarebbe tosto rinfrancata...» Così pensando si fece coraggio, e la guardò più fisso, e la seguì più da vicino quando essa, sempre accompagnata dalla sua vecchia compagna, s’incamminava lentamente verso casa.

Il Santasillia fu tutto quel giorno sopra pensiero, formando vari disegni per poter conoscere ufficialmente l’Adele e per poterle parlare. Egli si trovava un pochino impacciato. Per quanto le anime loro fossero unite dal vincolo segreto della [p. 23 modifica]simpatia, pure le formalità, l’uso, i rispetti umani, tentavano di ficcarcisi in mezzo.

— A chi doveva rivolgersi?... Al suo tutore?... E da chi, e come doveva farsi presentare?... — E così, mille dubbi sorgevano, mille difficoltà, tutte in effetto di lieve o nessuna importanza, ma pure, al primo apparire, inquietanti.

Quel giorno doveva appunto andare a pranzo dalla contessa Giustiniani, sua parente; una buona signora, piena di tatto, che conosceva, che vedeva tutta Verona e che gli era affezionatissima: ebbene, si sarebbe consigliato con lei.

Ah, fiol mio! — gli rispose la vecchia signora sprofondata nella sua poltroncina, accanto al caminetto, mentre accarezzava le orecchie a un piccolo levriere, che si teneva accucciato sulle ginocchia. — Ah fiol!... Bellezza molta, ma bezzetti pochi in quella casa!... Del resto, riguardo alla puta, non posso dir niente; non la conosco. Ma, gli altri... teste mate; teste mate!... Il padre... un esaltà: ha sempre fatto il rivoluzionario È scappato di casa nel quarantotto; è stato in [p. 24 modifica]prigione, poi gli hanno fatto la grazia, ma invece di mettere giudizio, è andato prima a Londra, poi s’è arrolato in Piemonte, e dev’essere morto a San Martino. La madre era di buona famiglia; ma romantica in sommo grado. Ha voluto sposare il Parabiano per forza, e ha girato il mondo con lui. Il figlio poi, l’erede al trono....

— La signorina Parabiano ha dunque un fratello? — interruppe Andrea, colla voce rauca. Egli si sentiva soffocare dalla flemma della vecchia contessa.

— Sicuro: e anca lu, pezo che pezo! — Adesso dev’essere per l’appunto a fare del chiasso nelle Romagne, con Garibaldi... buffoni!

In quei giorni il generale Menabrea aveva rovesciato Rattazzi, e Garibaldi, coi volontari, metteva in fuga i papalini.

— Insomma, — continuava la Giustiniani, pronunciando sempre le parole con una cadenza lenta e spiccata, — anche quel toso l’è un desperadon!... Alla larga, fiol! alla larga!

— Ma... e il tutore della signorina? [p. 25 modifica]— Non so proprio chi sia; ma dovrebbe essere appunto quella buona lana di suo fratello!

Queste informazioni, poco favorevoli ai Parabiano, non ebbero alcuna efficacia sull’animo di Andrea. Sebbene le sue idee politico-religiose fossero agli antipodi con quelle professate dal giovane Parabiano, pure egli non metteva tutti in un mazzo, come faceva la contessa Giustiniani, i liberali e i birbanti. In ogni modo poi l’Adele avrebbe dovuto essere innocente delle colpe di suo fratello, anche ammesso che questi ne avesse avute. Egli la vedeva pregare con troppo fervore, con troppo raccoglimento, perchè il cuore di lei non fosse pio e buono. Anzi, dopo quel colloquio, il Santasillia cominciò un poco a credere che la vecchia signora non avesse poi tutto quel tatto e quel gran talento che aveva sentito vantare e un po’ alla volta diradò le sue visite; già tanto era sempre uggiosa e maldicente.

Però egli ancora non aveva indovinata la [p. 26 modifica]strada per mettersi in relazione colla signorina Parabiano. Amici, conoscenti comuni a cui rivolgersi per poter esserle presentato, non ce n’erano punti... E poi, farsi presentare a una ragazza così sola?... Sarebbe stato un agire ammodo?... No, di certo... Il tutore era proprio suo fratello; ma per combinazione, non era a Verona!...

Che cosa fare?... Scriverle dunque?... Sì, non c’era altra via, bisognava scriverle!... — E le ripugnanze sorte nell’animo del Santasillia, appena gli era balenata, la prima volta, una simile idea, si dissiparono a poco a poco, vedendo ch’era questo l’unico espediente che gli poteva rimanere.

Ma che cosa scriverle?... Come contenersi?... E in qual modo gli sarebbe riuscito di farle capitare la lettera?...

Com’era gretta e cretina quella vecchia Giustiniani!... Andar a pensare alla dote, al danaro, ai bezzetti!... Ma appunto perchè l’Adele non era ricca ed era ammalata, non bisognava indugiare. [p. 27 modifica]

— Sì, sì, me la condurrò in riviera — pensava Andrea, — e passeremo là tutto l’inverno.

E Sua Eminenza?.... Che cosa avrebbe detto Sua Eminenza, vedendolo imparentarsi con una famiglia di reprobi, di scomunicati?... — E a questo punto il conte Andrea ebbe un sorriso fine fine, che sarebbe parso assai volteriano allo zio Cardinale... — Ma l’Adele, per altro, non è una reproba lei, la cara creatura. Lo scomunicato, in tutti i casi, doveva essere suo fratello, era lui il garibaldino, il seguace dell’Anticristo!... — Anzi lo zio mi dovrà lodare per questo appunto che levo un’anima dall’inferno.

Sì, bisognava risolversi e scriverle presto: non c’era tempo da perdere... Ma invece, quantunque Andrea avesse fretta di molta, trovò necessario aspettare alcun po’, prima di mettere ad esecuzione il disegno.

Garibaldi, in quei giorni, sopraffatto dal numero e dai chassepots, era rimasto vinto a Mentana, e un grido di dolore e di indignazione, che le ipocrisie utilitarie della politica [p. 28 modifica]tentarono invano di soffocare, s’era levato per tutta Italia.

Comizi, meetings, dimostrazioni popolari, sorsero protestando, e anche a Verona, più di una volta, scoppiò minacciante la collera generosa. Andrea comprese bene che non era quello il momento più opportuno di scrivere all’Adele, la fanciulla dovendo essere inquieta per il fratel suo; ma appena l’Adige e l’Arena, le due gazzette di Verona, annunciarono che Francesco Parabiano, dopo essersi battuto valorosamente, era riuscito a mettersi in salvo, troncò immediatamente gli indugi.

Scrisse alla signorina Parabiano una lettera breve; ma gli costò quasi più fatica di un grosso volume; e il difficile non era per trovare quello che le voleva dire, ma invece per tutto ciò che le doveva tacere. Una volta pensata e scritta la lettera, sorgeva poi un’altra difficoltà; trovare il modo di fargliela avere... Mandarla per la posta?... gli pareva troppo sconveniente... Fargliela consegnare da quella vecchietta tanto ammodo, [p. 29 modifica]e che l’accompagnava sempre per istrada e alla messa?... Ma come, dove trovarla?... Non la vedeva altro che la domenica e sempre in compagnia dell’Adele!... E poi, anche se si fosse messo a farle la posta e gli fosse capitato d’incontrarla sola, avrebbe poi avuto il coraggio di fermarla e di darle lì per lì un’incombenza di quella fatta?... No, no, sentiva che non l’avrebbe mai osato.

Pensò, ripensò; e alla fine credette di aver trovato un buon espediente.

La loro Madonna, quella dell’altare dove si mettevano ai Santi Apostoli per ascoltare la messa era la riproduzione d’un quadro notissimo di Raffaello: Lo sposalizio della Vergine. Allora egli cercò un libriccino di preghiere, che avesse appunto quell’immagine sulla prima pagina: lo trovò, vi nascose dentro la lettera, e la mandò col libro all’Adele. Pareva al giovane innamorato che la bella Madonna, la quale aveva veduto nascere e diffondersi l’amore dell’uno all’altro, dovesse esserne la sacra e casta [p. 30 modifica]intermediaria, dovesse attestare l’onestà de’ suoi propositi, dovesse togliere infine all’ardimento di quell’atto tutto ciò che in sulle prime avrebbe potuto turbare la vereconda ritenutezza della fanciulla.

Ma pure, appena egli ebbe mandato l’uffiziolo avvolto in un foglietto candidissimo, e legato con un nastrino azzurro, volendo così che ci fossero i colori dell’abito col quale avea veduto l’Adele la prima volta, cominciarono ad agitarsi nell’animo suo le inquietudini e i pentimenti.

Aveva osato troppo?... E se l’Adele fosse rimasta offesa da quel brusco modo di procedere?... Se le fosse parso sconveniente?... Perchè non aveva riflettuto meglio prima di commettere una tale pazzia?!... Dio, Dio, che cosa aveva mai fatto? — E adesso avrebbe dato un po’ del suo sangue per ritornare indietro; ma ormai era troppo tardi.

Che fretta, che furia avea avuto di mandar la lettera proprio quella sera!... E ad ogni [p. 31 modifica]minuto che passava, quelle paure, quegli sgomenti si facevano sempre più vivi e angosciosi.

— Ecco, — diceva fra sè, — adesso Pietro... — era questo il nome del vecchio servitore al quale il Santasillia aveva affidata la delicata commissione — adesso Pietro avrà già passato i Portoni dei Borsari!.... Adesso sarà a Santa Eufemia!... Dio, Dio, ora è il momento! — E Andrea arrossì, sebbene fosse chiuso solo solo nella sua camera. Egli vedeva il vecchio dinanzi alla casetta modesta, con in mano l’involto dal nastro azzurro. Lo vedeva là fermo, presso la porta verde; lo vedeva toccare, premere, la borchia lustra d’ottone del campanello, sulla quale tante volte aveva pur veduto posarsi la manina inguantata dell’Adele che, in quel punto, si voltava sempre per guardarlo l’ultima volta, prima di entrare e sparire!...

Dio!... Se l’Adele fosse rimasta offesa, non l’avrebbe più guardato con quegli occhioni buoni; non gli avrebbe più detto con quello sguardo lungo e profondo, che gli volea bene!... Ma non [p. 32 modifica]era tutta la sua felicità quella bella promessa, quella bella speranza?!... E perchè dunque avventurarla così alla cieca, senza prima essere ben sicuro del passo che stava per fare?...

E sentì un altro sussulto al cuore, e il più forte, quando si figurò Pietro che stava consegnando l’involtino alla donna di casa... ma poi, appena pensò che l’uffiziolo e la lettera potevano trovarsi tra le mani dell’Adele, tutta la sua agitazione si quetò come per incanto.

— Ormai quel ch’è fatto è fatto, — pensò e sentì come un sollievo per non essere più in tempo di ritornare indietro: almeno avrebbe avuto fine quell’incertezza angosciosa!

Guardò l’orologio, poi suonò per chiamare il cameriere e gli diede ordine di far salire Pietro da lui, appena questi fosse di ritorno. Ma non ebbe pazienza di aspettare; suonò di nuovo, si fece portare il cappello, il soprabito e scese, lentamente, sperando di incontrarlo per le scale, ma Pietro tardava a farsi vedere. Il Santasillia aspettò qualche momento ancora sul portone del [p. 33 modifica]palazzo, accendendo il sigaro, ma tendendo sempre l’occhio lungo il Corso...

Infine vide il vecchio servitore che si avvicinava lentamente, guardando nelle botteghe.

— Vecchia tartaruga! — mormorò Andrea. — È quello il modo di camminare?

Il vecchio, appena ebbe raffigurato il padroncino in lontananza, si rizzò dritto dritto, e affrettò il passo.

— E così? — gli chiese Andrea movendogli incontro.

— È stato consegnato, signor conte.

— A chi?

— Ad una donna... ad una signora vecchia, ch’è venuta ad aprire.

— E... nessun... Non hai avuto nessuna risposta?

— No, signor conte.

— Va bene...

Andrea si avviò lungo il Corso verso il Portone dei Borsari; il vecchio si rimise in capo il berretto gallonato e continuò la sua strada. [p. 34 modifica]

— Quel ch’è fatto è fatto — mormorò di nuovo il Santasillia, per rassicurarsi; ma il desiderio, l’ansia di conoscere la risposta dell’Adele non gli lasciavano pace... Intanto era presto notte; le sette dovevano essere sonate... Passeggiò ancora un’oretta buona passando e ripassando dal principio di via Sant’Eufemia, ma non aveva mai il coraggio di guardare in fondo alla contrada dov’era quella casetta sempre tutta chiusa, che egli aveva così ben disegnata nella mente, da poterla dipingere a memoria.

E se l’Adele, appena trovata la lettera nel libricciuolo, gliela avesse rimandata a casa, magari senza leggerla?... Andrea si sentì salire il fuoco alla testa, ritornò subito a casa, tremando, nel passar dinanzi al finestrino del portiere, che questi uscisse e gli tenesse dietro per consegnargli l’involto: il portiere non si mosse; Andrea respirò.

— Hanno portato nulla per me? — gli chiese poco dopo, mentre stava di nuovo per uscire, chè quella sera avea l’argento vivo addosso.

— No, signor conte, nulla. È venuta anche la [p. 35 modifica]posta, ma non c’era altro che una lettera per l’amministrazione.

L’uffiziolo non era stato respinto!... Andrea era tanto di buon umore, che si fermò un momento a scherzare col bamberottolo del portinaio.

Dio, Dio, che cosa avrebbe mai fatto per trovarsi in un cantuccio della camera dell’Adele e sapere un po’... qualche cosa della sua lettera!

In fine poi le sue profferte, le sue intenzioni erano tanto chiare ed oneste!... Pure... pure ci sarebbe stato il modo per capire s’ella gli voleva bene, ma bene sul serio, e se le accettava quelle profferte!...

Tutte le sere, quand’erano vicine le nove, una finestra di quella certa casetta si rischiarava per alcuni minuti, e un’ombra, ben nota, si disegnava dietro dei vetri... Anche quella sera vi sarebbe apparsa l’ombra della fanciulla?

Andrea, giunto il momento, si fe’ coraggio. La pigliò larga per altro; fe’ il giro di Santa Anastasia, attraversò Via Rosa, poi venne giù diritto per via Santa Eufemia, mezzo intontito, [p. 36 modifica]mentre il cuore gli ritornava a battere fortemente e sentiva che non avrebbe più avuto nulla nè da chiedere nè da desiderare, nè da sperare al mondo, se... se quella piccola finestra fosse stata rischiarata!...

Guardò... guardò... ma era ancora troppo lontano per poterla scorgere; e poi c’era di contro un lampione a gaz, maledetto!, e gli impediva di distinguer bene!

Dio, era tutto buio!... Fa ancora qualche passo... — Sì, sì... c’è il lume!... Ma no; quello è il riverbero del gaz!... Sì, sì, era proprio la finestra illuminata!..! — e vide l’ombra, l’ombra cara, dietro dei vetri!

— Oh, Adele, Adele, Adele, come ti voglio bene!... Come ti voglio bene!... — mormorò Andrea coll’amore e la felicità che gli prorompeano dall’anima. Egli, a un tratto, si sentiva rinascere; si sentiva allegro, allegro: gli sarebbe parso di volare lassù, presso quella finestra!

Il lume e l’ombra rimasero dietro ai vetri alcuni minuti, finchè Andrea, passando strisciò [p. 37 modifica]colla mazzettina di ebano sul selciato. Era questo un saluto tacitamente convenuto fra loro, nella misteriosa intelligenza delle anime.

Allora il giovane innamorato si sentì commovere da una beatitudine infinita, da un bisogno prepotente di espandere i propri affetti, la propria gioia; da una tenerezza così viva che gli riempiva gli occhi di lagrime.

— Adele, Adele, Adele, come ti voglio bene!

Continuò a girare attorno ancora per un pezzo, sempre fantasticando colla mente e col cuore, sempre formando tutti i più bei disegni per il loro avvenire...

— Ma... e Sua Eminenza?... Non avrebbe fatta opposizione?... Ebbè, con Sua Eminenza, nella peggiore ipotesi, ne avrebbe fatto un caso di coscienza!... E... e il garibaldino?... Oh, anche il garibaldino si sarebbe accomodato... A buon conto egli rappresentava quello che si dice un buon partito, e... l’Adele gli voleva bene... Poi egli avrebbe rispettato le opinioni del Parabiano, il Parabiano avrebbe rispettate le sue, e [p. 38 modifica]avrebbero finito coll’intendersi... Quella vecchia arpìa della Giustiniani lo aveva dipinto come un mangiapreti; ma per altro non aveva proibito all’Adele di andare a messa!

Continuando così a passeggiare a caso, senza nemmeno badare dove lo portavano le gambe, finì a trovarsi, quando proprio cominciava a sentirsi stanco, in Piazza dei Signori; e allora pensò di entrare un momento nel Caffè Dante, prima di tornarsene a casa. Ma in quel punto, nell’attraversare la piazza, aveva notato qua e là piccoli gruppi di persone ferme a discorrere, e questurini che giravano su e giù colle grinte dure dure.

— Che cos’è successo di nuovo? — chiese il Santasillia al cameriere ch’era venuto a servirlo.

— El solito bordelamento!... le bufonàde solite, signor conte!

Il cameriere, prima di rispondere così, aveva girato l’occhio attorno alla sala del Caffè, e vedendola deserta, s’era arrischiato a dire quelle parole, credendo cattivarsi l’animo del signor conte sempre generoso nel dar la mancia. [p. 39 modifica]

Ma invece il Santasillia non gli aveva manco badato. Egli cominciò a sfogliare l’Illustrazione, il Pasquino, mentre sorbiva il thè; ma co’ pensieri era quasi sempre fisso in Via Santa Eufemia e, se si moveva di là, era per correre ancora più lontano, più lontano assai, a Bordighera o a San Remo.

E, in sulle prime, non si accorse nemmeno che due o tre giovanotti, entrati da poco nel Caffè, e sedutisi a un tavolino presso la porta, vicino al suo, avevano cominciato a guardarlo bieco, ad ammiccarselo fra loro ed a ghignare: ma se ne accorse, per altro, dopo qualche momento che durava il giochetto; tuttavia continuò impassibile a sorbire il thè e a sfogliare le gazzette.

Gli altri s’indispettirono per quell’altera sicurezza, ghignarono più forte, e le parole gesuita, abatino, coa, gli giunsero bene all’orecchio, accompagnate da epiteti altrettanto espressivi, quanto poco parlamentari.

Andrea chiamò forte il cameriere; pagò, scambiando qualche parola con lui e sorridendo; si [p. 40 modifica]alzò, infilò il soprabito, lo abbottonò bellamente adagio adagio; cominciò a mettere i guanti e poi si avviò per uscire, guardando alla sua volta, fisso, dove sapeva che lo tenevano d’occhio.

Marcia, marcia! — borbottò a mezza voce taluno di quei giovinotti, quando Andrea, già mezzo aperta una delle imposte a vetri, stava per uscire. — Marcia, marcia, bruto can!

— L’hanno con me, lor signori? — domandò seccamente il Santasillia, ritornando subito indietro, ed avvicinandosi risoluto presso il tavolino.

— Sì, con lei, come l’abbiamo con tutti i caccialepre, — rispose alzandosi di botto uno della comitiva.

Andrea alzò la mano, in atto di misurargli uno schiaffo; ma l’altro fu pronto a fermargli il braccio. Tutti si levarono in piedi confusamente, e i camerieri accorsero nella sala.

— L’ho come ricevuto, signor conte!

— Sta bene: è quello che desideravo.

— Fermi voi altri, e state zitti! — intimò il [p. 41 modifica]giovanotto a’ suoi compagni, che volevano pigliare le sue parti. — Ormai la partita sarà sbrigata fra me e il signore!

— Sono a sua disposizione, sebbene non abbia l’onore di conoscerla.

L’altro, preso dal portafoglio un biglietto di visita, lo presentò al Santasillia dicendogli assai compitamente: — Domattina mi farò premura di inviarle due miei amici....

— Mi troveranno in casa senz’alcun dubbio! — rispose Andrea inchinandosi nel prendere il biglietto, che ripose in una tasca del paletò senza guardarlo.

Prima di uscire dal Caffè, egli si levò il cappello: tutti gli altri risposero al saluto.

Che mati de siori! — mormorarono i camerieri ghignando fra loro — prima de sbuelarse i se fa i complimenti!

Andrea, in quell’incontro, non aveva avuto proprio nulla del seminarista, ed anzi se Sua Eminenza lo avesse veduto, se ne sarebbe molto scandalizzata. [p. 42 modifica]— Una lezione bisognava darla, e la darò in tutte le regole! — disse Andrea fra sè come si trovò solo in istrada.

Rifece Via Rosa, ritornò in Via Santa Eufemia e passò ancora una volta sotto alla finestra dell’Adele. Al duello non ci pensò più.

Cheh! Avea ben altri pensieri in quel momento, e più dolci e più cari per potersene ricordare! Invece il duello gli tornò in mente quando fu rientrato in casa, e, appena salito in camera, cercò nelle tasche il biglietto da visita per vedere con chi mai avrebbe dovuto battersi. Avvicinò il biglietto alla lucerna, ne lesse il nome, e subito il suo volto si fece livido, contraffatto: era il nome di Francesco Parabiano.