Amor fa l'uomo cieco/Il finto pazzo. Appendice
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APPENDICE.
IL FINTO PAZZO
INTERMEZZO
PER MUSICA
DA RAPPRESENTARSI
IN VENEZIA
Nel Teatro di S. SAMUELE
La Primavera 1741.
VENEZIA
Per Marino Rossetti.
ATTORI.
LIVIETTA. | ||
La Sig. Ginevra Magagnoli di Bologna. | ||
CARDONE. | ||
Il Sig. Domenico Cricchi di Bologna. | ||
FULVIA, Serva di Livietta | che non parlano 1. | |
FACENDA, Servo di Cardone |
Note
- ↑ Anche nella Contadina astuta (o sia Livietta e Tracollo) i servi sono Fulvia e Facendo, e non parlano.
INTERMEZZO
PRIMO.
Bosco.
Livietta in abito da Contadina, Fulvia sua Serva in abito da Uomo; poi Cardone in abito da Vecchio e Facenda da Contadina.
Vi comparisco? (a Fulvia
Eh? che ti par?
Benchè nata
Cittadina,
Non sto ben
Da contadina?
Non è ver?
Oh lo credo, non giurar.
Ma lasciamo gli scherzi, Fulvia mia.
Oggi di qua deve passar quel furbo
Che in abito da vecchio, sconosciuto,
Dalla città sen fugge con bell’arte,
Perchè scoperto fu baro 1 di carte:
Quello che a te fu noto,
Che mi fece quasi innamorar2
Spacciandosi per Conte e per Marchese,
E che giocando poi coi mio german,
Tentò torgli la vita.
Or io, perchè non ci ravvisi,
Da contadin vestiti
Col finger a te sesso 3
Ed io cangiar favella,
Gli farò creder d’esserti sorella.
Per prenderlo all’aguato.
Già gli amici son pronti al cenno mio.
Ma... se non erro, veggo,
Veggo il furbo venir verso di noi.
Fingiamo di dormire.
Cardone. Per pietà, chi mai m’insegna
Qualche casa o qualche albergo?
Buona gente...
(Questo dorme, e non ci sente).
Fate un po’ la carità.
Dormono a sonno pieno,
Meglio è per noi... Mira costei di quante
Catene d’oro adorno ha il collo e il seno.
Oh che bella ragazza!
lo giurerei che Diana fosse questa,
Benchè non ha la mezzaluna in testa.
Se costui non vi fosse,
O pur non si svegliasse,
Certamente la porterei5 ben via;
Facenda, osserva un po’. (Livia stranuta
Salute a Vossignoria.
Perchè ridi, mustaccio da sgrugnoni?
Adesso, se si sveglia, oh che tempesta!
Livietta. Moú frère, voilà.
Cardone. Fate un po’ la carità.
Livietta. Ah voleur, assassin, fripon.
Cardone. Tripone?
Questo è ver, sì signora,
La pancia è un poco grossa6.
Livietta. Vous m’avez derobé une chaine, il est vrai?
Cardone. Tu sbagli, son digiuno,
Livietta. Ah diable!
Cardone. Io non intendo: il tuo paese?
Livietta. Nous sommes Parisien fransois 8.
Cardone. Come? tu sei francese?
Alla larga.
Livietta. On allez vous?
Cardone. Non ti accostar.
Il nome tuo qual è?
Livietta. Plusieurs noms.
Cardone. Presciuto è il nome tuo?
Quest’è un nome salato9.
Livietta. Et le votre?
Cardone. Il nome mio è sopressato 10.
Livietta. Se ne entends pas.
Cardone. S’io tengo pane?
Livietta. Ah furbace, astor astor. (Livietta chiama alcuni Villani
Cardone. Andiamo via, Facenda.
Presto col tuo malanno.
Livietta. Allons, mes chers compagnons.
Cardone. Oimè! fuggir non posso,
Non vedo verun scampo.
Livietta. Spogliate queste vecchio, e cette paisan là.
Cardone. (Oh diavolo!)
Madama, farò spogliarmi
Per ubidirvi, ma...
Livietta. Allons, allons.
Cardone. Qui bisogna farci animo. (li Villani spogliano Cardone
Livietta. Ora vedremo un poco
Cosa sa fare donzella accorta.
Gli levano la barba. (guardando dentro
Al briccone.
Cardone. Non sia chi s’avvicini. (in atto di difesa con spada alla mano
Morto per morto.
Livietta. Date qua un bastone. (alli medemi
Cardone. La vita in cortesia.
Cedo, cedo, e m’arrendo.
Livietta. Fermatelo, miei fidi.
Cardone. Oh caso orrendo!
Ma tu chi sei, che tanto
Mi perseguiti?
Livietta. Son... sono Livietta.
Cardone. Mia cara, ah per pietà...
Livietta. Voglio vendetta.
Cardone. Bell’alma mia, perchè così sdegnosa
Con chi t’ama fedel? Se ti risolvi
Meco venir, io ti farò mia sposa11.
Livietta. Io sposa ad un infame?
A un furbo, a un giocator?
Io voglio un Cavaliere
Che passeggiar mi faccia col bracciere:
Vò cuffie, voglio stoffe e pettanlere12
Con scarpe riccamate alla gran moda,
E il paggio che mi regga ancor la coda.
Cardone. È assai che non brami ancor la gondola!
Livietta. E chi dice di no? Sì, questa appunto,
Questa avere vogl’io,
Per potermi dar aria in ogni luogo,
E non far, come fanno certe tali
Che in gondola sen vanno a tutte l’ore,
Mentre però lor viene mantenuta
Sì la gondola ci sarà,
E la voglio anche a due remi,
Ed ancor la signoria:
Senza questa a voglia mia,
Non mi voglio maritar.
Hai capito? Così va.
E se ben non hai capito,
Or la torno a replicar:
Sì, la gondola ecc.13
Cardone. Hai ragion, sì, signora. Sei placata?
Livietta. Placata? anzi piuttosto inviperita.
Non serve, vò mandarti alla città.
Cardone. Ah no per carità.
Livietta. L’oglio vi perdi, e l’opra.
Son risoluta.
Cardone. Oh Dio!
Livietta. Ti voglio morto, e questo è il piacer mio.
Cardone. Crudelaccia, vuoi ch’io moia?
Sì, morrò: già vado. Ah quando,
Quando poi tu sentirai
Del povero Cardone
La voce ed il lamento,
E dal carnefice vedrai
Vibrar colpo fatal verso il suo collo,
Sarai contenta allora
Veder morir chi t’ama, e chi t’adora?
Crudelaccia, vuoi ch’io mora?
Sì, morrò: già vado. Ahimè,
Livietta bella bella, (s’inginocchia
Dammi un sguardo, via su... 14
Cardone. Gioia mia, devo partire
Così afflitto e sconsolato?
Me sgraziato! che t’ho fatto?
Niente affatto.
Dillo tu... (al Servo
Come fu...
Parla per me.
Sei tu sola il mio tesoro;
Per te languo, per te muoro;
Senza te non posso stare.
Dillo tu, (il Servo accenna non saper nulla
Non è così?
Signor sì che così è.
Livietta. Invano ti lusinghi
Rimover me dal mio pensier costante.
Al tuo pregar più s’inasprisce e indura
Questo mio cor.
Cardone. Che barbara natura!
Non v’è dunque speranza?
Livietta. È tratto il dado.
Cardone. Vuoi così, cor di tigre? A morte io vado.
Parto dunque, o mia diletta,
Ma il mio cor resta con te.
Livietta. Non chiamarmi tua diletta,
Che il mio cor non è per te.
Cardone. Tu sei come tartanella
Che nel mare a vento in poppa
Veleggiando se ne va.
Livietta. Rider mi fa.
Cardone. Uh! chi mai vien contro a me!
Livietta. Ben, chi viene?
Cardone. Vedo gente tutta armata:
Questa certo è la giornata
Di dovermi moschettar.
(a due | Gioia bella, questo core... |
Cardone. Perchè tu gli dai tormento...
Livietta. Perchè tu mi dai tormento.
Cardone. Io mi sento consumar.
Livietta. Non mi sento consumar15.
Fine del Primo Intermezzo.
Note
- ↑ Nel testo: barro.
- ↑ Così il testo.
- ↑ Nel testo: stesso.
- ↑ Forse deve correggersi: farò.
- ↑ Nel testo: portarei.
- ↑ Ricordiamoci che il cantante è Giuseppe Imer. Nella Contadina astuta, attribuita al Mariani, il ladro Tracollo fingesi mendicante polacco e dice: "Trippone! — Non star vera, Signora".
- ↑ Tracollo dice: "Sbagliata, star digiuna. — E cena non rubbata mi nissuna".
- ↑ Così il testo molto scorretto. Nella Contadina astuta dice Livietta: "Se suis une Francoise de Paris".
- ↑ Tracollo: “Presciutta noma tua? — Stara noma salata”.
- ↑ Tracollo: “Noma mia? Star... star soppressata”.
- ↑ Fino a questo punto il Finto pazzo segue abbastanza fedelmente la Contadina astuta, benchè quasi a ogni riga ci siano piccoli ritocchi o veri mutamenti. Ora si saltano parecchi versi e l’aria di Livietta, incerta se sposare o no Tracollo: "Senti... non sarà mai. — Vorrei... non vuò parlar".
- ↑ Saltamindosso, spiega Patriarchi: poco decentemente da pet en l’air, dice Boerio: veste leggera e corta di seta.
- ↑ Anche la Contadina astuta vuole la cameriera, i servitori, la carrozza, il cavalier servente, le conversazioni; e Tracollo a tutto acconsente: *’Credi a me, non son geloso: — Vuoi Zerbini? io fingerò. — Vuoi Corteggi? io dormirò? — Vuoi ballare? io ballerò". Ma recitativi e arie sono del tutto differenti.
- ↑ Manca qui il ricordo macabro dell’anima che si stacca dal corpo: vedi la Contadina astuta.
- ↑ Tutta quest’ultima parte dell’Intermezzo è, si può dire, interamente nuova nel libretto veneziano.
INTERMEZZO
SECONDO.
Cardone vestito da Pazzo1, poi Livietta in abito bizzarro da Cittadina.
Quando vi penso su.
Par che ci pigli gusto:
Non vorrei che, fingendo,
Da vero poi, siccome dir si suole,
Avessi a dar di volta alle carriole.
Ci vuol pacienza,
Son fuggito alla fine
Dalle man di coloro.
Mi finsi pazzo, e finsi con tal arte
Che ancor fuggir li vedo
Da una e l’altra parte.
Io vò con queste spoglie ancora,
Per la città girando e rigirando,
Veder di rintracciar Livietta.
Ma sento gente. A noi
A tempo a tempo: chi la fa l’aspetta.
Livietta. Cattera, s’io non ero donna scaltra,
Colui mi conducea al pricipizio.
Ma chi è costui? Parmi Cardone: è desso.
Ma come in queste spoglie,
Sciolto da’ lacci suoi?
Cardone. Ah Marte, Marte, intendo i pensier tuoi;
Ma la sbagli.
Vò rintracciarne il vero). Galantuomo.
Cardone. Oh via, non disturbate
Le nostre conferenze
Che abbiamo colle stelle; che bramate?
Livietta. Niente, signor. (Io voglio secondarlo).
Cardone. Venite qua: vogliamo consolarvi.
Che vi occorre? Parlate.
Ma pria d’ogn’altra cosa,
Baciate questa mano.
Livietta. Ben volentieri.
Cardone. Sapete chi son io?
Livietta. Se non mel dite?
Cardone. Sono il gran Chiaravalle di Milano 2.
Livietta. E che andate facendo
Per questi luoghi ameni e solitari?
Cardone. Componendo lunari, calendari,
Diari, notari, titolari... E il vostro
Nome, ninfa vezzosa?
Livietta. Come? Non siete astrologo?
Cardone. Sì bene.
Livietta. E voi non lo sapete?
Cardone. Non già. De minimis non curat praetor.
Livietta. Dunque sarò io più astrologo di voi!
Cardone. Perchè?
Livietta. So il nome vostro.
Cardone. S’io tel dissi, cor mio: Chiaravalie.
Livietta. Ma non dicesti il ver: voi vi chiamate,
Vi chiamate Cardone.
Cardone. Mi chiamai, tu vuoi dir, ch’or più non vivo.
Sì, son l’ombra di lui, che invendicata
Passar non posso l’onda
Del pigro Lete, e andare all’altra sponda.
Cardone. Ah vieni,
Mia crudele omicida;
Al regno d’Archeronte omai mi guida.
Livietta. Olà: le mani a voi.
Cardone. Taci, e vieni, spietata.
Senza di te da me mai non si varca
Di Stigie il fiume. Andiamo:
Alla barca, alla barca.
Livietta. Deh per amor del Cielo!
Cardone. Tocca, tocca.
Livietta. Lasciami...
Cardone. Maramao.
Livietta. Almen per un momento...
Cardone. Ti raccomandi invano.
Livietta. Prender un po’ di fiato.
Cardone. Non ci sento.
Livietta. Non posso più: ahimè!
Cardone. Creppa.
Livietta. Son morta.
Cardone. Schiatta.
Livietta. Quando arriviamo?
Cardone. Uh... ci vuol tempo ancora.
(Se non la vinco, almen vò farla patta).
Livietta. Chi mi porge ristoro...
Aiuto... in cortesia, ch’io manco e moro3.
(finge svenire
Cardone. Gli credo o non gli credo?
M’accosto o non m’accosto?
Divento molle, o mi mantengo tosto?
Temo non me la ficchi:
È troppo troppo scaltra.
È vero da una parte,
Il timor, lo strapazzo
Potea farla morir? che tentazione!
Ora non occorre altro: l’ho pensata.
Vò accostarmi pian piano,
E se la vedo fare un piccol moto,
Ritorno a fare il pazzo, e non li4 credo.
Non si move,
Non rifiata;
Chiusi ha gl’occhi,
Freddo il naso;
Saria pur il brutto caso!
Vò chiamarla: Livietta...
(Livietta fa de' moti con la bocca
Cardone. (Ritorna a fare il pazzo.
Su l’erbetta
Alla François.
Ah, ah, ah, ah. (ride
S’è quietata.
Quei tremori
Forse son gl’ultimi tratti.
Sfortunata!
È già spirata.
Uh mia bella
Morticella,
Livietta
Bella bella,
Livie... (come sopra
Sol, fa, mi, do, re,
Ah, ah, ah,
Ah... Livietta mia, or sei soverchia,
E quanto! 5
O sbrigati a morir, o sorgi e vivi.
(Livietta fa de’ moti con la bocca
Di moti convulsivi.
Ah... questo è stato certo
L’ultimo suo sospiro: se n’è andata:
Non v’è più dubbio: ho fatta la frittata.
Deh aspetta, anima bella, ascolta prima
Le mie discolpe: se mi finsi pazzo,
Fu per salvar la pelle, e non credevo
Che quel po’ di strapazzo che ti diedi,
Per meglio colorir la finzione,
Avesse da ridurti...
Livietta. Ah ribaldone! (alzandosi con furia
Cardone. Uh...
Livietta. Questo ancor sai fare?
Cardone. Il cor mel disse:
Colle mie mani ti dovrei strozzare.
Livietta. Adesso adesso t’aggiusto io.
Cardone. No, ferma: voglio io stesso
Render paghi i desir tuoi.
Giacchè morto mi vuoi,
Non ricuso morir. Co’ piedi miei
Vado a ripormi in man della Giustizia6.
Or lo vedrai, ma prima
Sappi, che qui ascosa io serbo
Gran copia di denar; a te lo lascio.
Livietta. (E pur costui non mi dispiace).
Cardone. (Già vedo che questa signora frasca
Adesso adesso casca).
Item. Ti lascio questo core,
Pegno dell’amor mio.
Non strapazzarlo più, tiranna, addio.
Senti.
Cardone. Che cosa vuoi?
Livietta. M’ami tu veramente?
Cardone. Che ti pare?
Fa conto che tu l’abbi a giudicare.
Livietta. Il conto lo farei, ma...
Cardone. Ma che? risoluzion vi vuole.
E ben? Sarai mia sposa.
Livietta. Adagio.
Cardone. Oh già!
Voleste sempre far la schizzignosa 7.
Livietta. T’inganni, non son io di questa pasta;
E se uomo foss’io,
Le donne che di smorfie son composte,
A Belzebù le manderei
Ben presto per le poste.
Alle donne schizzignose
Non bisogna creder no;
Voglion fare le ritrose.
Guarda, amore, oibò oibò.
Ma son poi maliziosette,
E d’amore le furbette
San la scola come va.
Ve ne son poi tante e tante
Che se hanno un sol amante,
Credon esser svergognate.
A dir loro, son pregiate,
Vaghe e belle,
Solo quelle
Che hanno amanti in quantità.
Alle donne ecc.
Cardone. Tu dici il vero affé,
Livietta. Non vorrei... basta... or via,
Quello che è stato, è stato. Se prometti
Cangiar vita, e lasciar
Questo infame mestier, sarò tua sposa.
Cardone. Che vita? che mestiere?
Livietta. Quello di falso giocatore.
Cardone. Io falso giocator? Tu menti.
Giocai, è ver, ma senza frode.
Livietta. Perchè dunque fuggir dalla città?
Cardone. Perchè un infame, un impostore,
Accusato m’avea per baratore.
Ed io per uscir d’imbroglio 8,
Fuggivo con il servo ed il convoglio.
Livietta. Posso dunque di te fidarmi?
Cardone. Tel giuro.
Livietta. Avverti a te.
Cardone. Che serve?
È ita la parola.
Livietta. Or bene: ecco la mano.
Cardone. Torno da morte a vita:
Benedetta finzione.
Livietta. Sarai uomo dabbene?
Cardone. Dabbenissimo.
Livietta. Fedele alla tua moglie?
Cardone. Fedelone.
E tu, moglie amatissima,
Sarai fida al tuo sposo?
Livietta. Fedelissima.
Cardone. O che sorte, o che piacere,
Se farai un bel puttino,
Galantino, tenerino,
E da quei poi sentirai
Quel caretto oà oà.
Quando in casa tornerai,
E dal caro fantolino,
Piccino, galantino,
Cinguettando l’udirai
Chiamar mamma, e dir papà.
Cardone. Quando poi sarà avanzato,
Fra me stesso ho decretato
Impararle9 un po’ a cantare,
Acciò il Buffo possi fare,
In teatro, or qua, or là.
Livietta. E se fosse una bambina,
La faremo ballerina,
E saremo sempre in tempo
Impararle a solfeggiare.
Che ti pare?
Cardone. Canti pure,
Suoni pure,
Balli pure,
A me tutto piacerà.
(a due | Si canti, si balli, |
Là là lararà là. (qui ballano il minuetto10
Fine.
Note
- ↑ Nella Contadina astuta Tracollo si presenta vestito da astrologo, con stramenti astronomici, fingendosi pazzo" e dice: "Vedo l’aria che s’imbruna, — Una stella non compare ecc.". Ma poi il testo coincide spesso con quello del Finto pazzo.
- ↑ Alludesi al famoso Almanacco Universale del Grande Pescatore di Chiaravalle che uscì a Milano nel 1730. — Tracollo dice soltanto: "Sono il gran Matematico".
- ↑ Fin qui, e anche più avanti, il Finto pazzo segue quasi fedelmente il testo della Contadina attuta. Solo manca l’aria di Livietta: "Caro, perdonami, — Placa lo sdegno ecc.".
- ↑ Così il testo.
- ↑ Così nella Contadina. Nel Finto pazzo: "E quando?"
- ↑ Fino a questo punto si può dire che il testo del secondo Intermezzo coincida da quasi perfettamente con quello della Contadina astuta. Di qui in poi il libretto veneziano del Finto pazzo procede per conto suo, mentre quello della Contadina si affretta rapidamente alla fine, giurando Tracollo amore e fedeltà a Livetta che si commuove: "Tr. Ah furbetta! — Liv. Ah furbetto! — Tr. Graziosetta’— Liv. Graziosetto ecc."
- ↑ Così nel testo.
- ↑ Così il testo scorretto.
- ↑ Così il testo.
- ↑ Nel testo: minuet.