Amor fa l'uomo cieco/Nota storica
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NOTA STORICA
La sera del 25 ottobre 1734 a Napoli, per festeggiare il compleanno della regina di Spagna, si recitò nel teatro di S. Bartolomeo l’Adriano in Siria del Metastasio, musicato dal Pergolesi e cantato dal Caffarelli. Più dell’opera piacquero gli Intermezzi della Contadina astuta o sia di Livietta e Tracollo, che dieci anni dopo, nel ’44, si cantarono con vivo successo a Venezia (teatro S. Moisè), e nel ’46 ancora a Venezia (v. Wiel, I Teatri musicali Veneziani del Settecento, Venezia, 1897, p. 161) e a Bologna (v. Ricci, I teatri di Bologna ecc., 1888, p. 460; e libretto, Il Tracollo, presso il Liceo Musicale), e nel ’47 a Dresda, e nel ’48 a Roma (col titolo: la Finta Polacca) e a Madrid, e nel ’50 di nuovo a Venezia (col titolo: il Ladro convertito per amore), e nel ’53 a Parigi (col titolo: le Medecin ignorant), e nel ’54 a Schwetzingen, e nel ’57 a Copenhagen (v. G. Radiciotti, G. B. Pergolesi ecc., Roma, 1910 e Sonneck, Catalogue of Opera librettos ecc., Washington, 1914). Il Radiciotti (1. c., pp. 105-11/) e il Della Corte (L’Opera Comica Italiana nel ’700, Bari, 1923, vol. I, pp. 66-73) analizzarono già il goffo e strano libretto, attribuito a Tommaso Mariani (v. Scherillo, L’Opera buffa Napoletana, in Collezione Settecentesca Sandron, 1916, pp. 194 sgg.) e la musica del grande e infelice maestro di Jesi, che ancora fortunatamente si conserva.
Ma tre anni prima della recita Livietta e Tracollo sulle lagune veneziane, e propriamente durante la fiera dell’Ascensione del 1741, insieme con la Statira del Goldoni, musicata dal maestro Chiarini, si cantarono nel teatro di S. Samuele gli Intermezzi: il Finto pazzo e la Serva padrona (v. Wiel, p. 137). Ora il Finto pazzo non è che il libretto della Contadina astuta alquanto corretto e riformato, probabilmente dal Goldoni stesso, che in una sola giornata, o anche in poche ore, sapeva assolvere simili compiti (v. ciò che racconta della Griselda nel voi. I della presente edizione, pp. 107-109). Ma la musica del Finto pazzo apparteneva al Pergolesi o al Chiarini? Oppure, come accadeva, era quella del Pergolesi, raffazzonata dal Chiarini?
Dopo la Bottega da caffè e l’Amante cabala, il Goldoni abbandonò per molto tempo gli Intermezzi. Sui primi anni che seguirono al matrimonio il buon Dottore scivola un po’ alla lesta nelle sue Memorie, sia italiane, sia francesi, come osservò pure il Loehner, e confonde gli avvenimenti. La sua attività quale direttore del teatro di S. Gio. Crisostomo comincia solo nell’ottobre del ’37 (poichè per un anno e mezzo gli spettacoli restarono interrotti) e culmina forse con la famosa replica dell’Olimpiade del Metastasio, musicata dal Pergolesi e cantata da Faustina Bordoni e dal Barbieri nell’autunno del ’38. Cessò nel ’41. È probabile che in questi anni egli dovesse ritoccare e rimaneggiare molti libretti, come allora usava. “Non ho lasciato di scrivere degli Intermezzi” (dice nelle sue memorie in questo periodo) “i quali però cominciavano a decadere" (vol. I, p. 125). Noi li ignoriamo, ma forse il Goldoni qui non ricorda bene. Nel carnevale del ’37 diede al teatro di S. Samuele quell’infelicissimo dramma buffonesco, Lucrezia Romana in Costantinopoli, che si vergognò poi di avere scritto. Fra il ’36 e il ’37, come sappiamo, fece recitare il Rinaldo e il Giustino (vol.i XXIII e XXIV; e iniziò il teatro comico probabilmente nel carnevale del 1739 col Momolo cortesan, a cui fecero seguito nei due anni successivi il Momolo sulla Brenta e il Mercante fallito. Nel ’40 tentò il dramma serio per musica e scrisse per la Sensa il Gustavo primo (vol. I, 126) e per la sera di S. Stefano l’Oronte re degli Sciti (vol. I, 130), musicati l’uno e l’altro dal Galuppi. Compose pure m quell’anno tre cantate e una serenata. Tale la sua attività varia, ma alquanto disordinata ed incerta, in sì fatto periodo di prova. Nel gennaio 1741 assunse il carico di console della Repubblica di Genova, ma tuttavia due mesi dopo stava preparando la Statira per il maestro Pietro Chiarini “molto suo amico” (lettera allo Zambeccari: Masi, Lettere di C. G., Bologna, 1880, p. 106). Certo per il Chiarini, allora giovanissimo, rifece poco di poi l’Intermezzo del Finto pazzo e lo riformò e trasformò nell’Amor fa l’uomo cieco, che venne recitato e cantato a Verona, nel teatro Filarmonico, nel carnevale del 1741-42 e a Genova (pure nel carnevale ’42) nel teatro Sant’Agostino, insieme con l’Artaserse del Metastasio musicato da Andrea Andolfati e dal Chiarini stesso: v. Cesare Musatti, I drammi musicali di C. G., Venezia, 1902, pp. 19-20 (da cui attinse Guido Bustico, Drammi, cantate, intermezzi di C. G., estr. dalla Rivista delle Biblioteche e degli Archivi, pp. 10-11). Il Musatti ebbe notizia dei due libretti di Amor fa l’uomo cieco dall’inedito Dizionario universale di tutte le Opere in musica del maestro Giuseppe Pavan; ma il primo, stampato a Verona, “non risulta a catalogo” in quella Biblioteca Comunale, come mi comunica il Bibliotecario Direttore: nè si trova nelle ricche collezioni di libretti musicali a Venezia (Marciana e Museo), a Bologna (Liceo Musicale), a Milano (Braidense), a Firenze (Marucelliana), a Roma (Biblioteca Musicale S. Cecilia): perciò non potei finora prenderne visione direttamente.
Alla squisita cortesia del maestro Francesco Mantica, illustre direttore della R. Biblioteca di S. Cecilia a Roma, devo il favore di aver potuto esaminare a mio agio il seguente libretto, ricordato dal Pavan e dal Musatti: ARTASERSE | Dramma per Musica | Da rappresentarsi in Genova nel Teatro | da S. Agostino nel Carnovale | dell’Anno 1742. | Dedicato | Alla Nobilissima Dama la Signora | Lilla Gentile | Centuriona. | in genova. | Per il Franchelli Stampator dell’Eccell. Camera (in-8 piccolo, pp. 79 numerate). - L’imprimatur è in data 5 gennaio 1742.
È questa una ristampa dell’Artaserse (1730) del Metastasio, per una nuova recita a Genova: La Musica” così si legge nel libretto "è del Sig. Pietro Chiarini detto il Bresciano di Venezia". Dopo la stampa del primo atto, da p. 23 a p. 29, segue: amor fa l’uomo cieco. ; e dopo la stampa dell’atto secondo, segue da p. 53 a p. 61: intermezzo secondo. A metà della pagina 61 è stampato: Il fine dell’intermezzo. Viene poi l’atto terzo dell’Artasense'.
Non sembra forse inutile ricordare che nel carnevale del 1735, a Venezia, replicandosi nel teatro di S. Gio. Crisostomo questa stessa opera del Metastasio, con la musica di Adolfo Hasse, si recitarono gli Intermezzi del Marito all’ultima moda dell’avv. Antonio Gori, infelice emulo di Goldoni.
Il Pavan poi ci addita due altri Intermezzi musicali col titolo di Amor fa l’uomo cieco: l’uno recitato in Amburgo, ai 6 dicembre 1743 (musica di F. Finazzi), l’altro a Firenze, teatro di via del Cocomero, carnevale 1745 (musica di D. Perez?).
Perchè mai il Goldoni diede a questo suo rifacimento il titolo stesso d’un Intermezzo attribuito a certo D. Carcajus e musicato a Napoli nel ’31 dal Pergolesi (v. Radiciotti e Della Corte), il quale nulla ha da che fare col suo libretto? Egli ebbe cura di rendere meno volgare e odioso il personaggio di Tracollo, scelto dal Mariani ne’ bassifondi sociali, e diventato Cardone. Nel Finto pazzo Cardone non è più un ladro, nè un baro, ma soltanto un giocatore, a torto accusato e ricercato dalla giustizia. In Amor fa l’uomo cieco Cardone ha dissipato il proprio denaro e "intaccato" l’altrui per vanità e generosità, ma la morte dello zio lo rende un’altra volta ricco e libero. Livietta poi non è una cittadina di costumi sospetti "in abito di contadina", ma al contrario viene dalla campagna "in abito di cittadina", in cerca di fortuna. A Fulvia, serva di Livietta "in abito da uomo", vediamo sostituito il servo Mingone: ma i servi non parlano. Anche cotesto rifacimento costò poca fatica al Goldoni, che non riuscì a infondersi un soffio di vita. Siamo ricaduti nel semplice dialogo a due personaggi; non più l’arguto dialetto veneziano, non la pittura dei costumi, non caratteri, non lingua. Soltanto ferma la nostra attenzione un accenno ai capricci femminili nella prima parte; e nella seconda ci fanno pensare ad altre donne goldoniane le astute arti di Livietta per riconquistare Cardone. Questa non è più la Livietta del Mariani. Forse i contemporanei del Goldoni vedevano anche in questo Intermezzo una specie di lezione per gli uomini deboli a guardarsi dalle femmine scaltrite.
Già nel libretto della Contadina astuta Tracollo si finge astrologo e pazzo. Molte volte nel teatro gli innamorati simulano la pazzia: finti pazzi e finte pazze abbondano negli scenari dello Scala e del Locatelli. Una commedia, il Pazzo finto, uscì a Roma in principio del Seicento (di Cristoforo Sicinio, 1603). In Francia poi chi non ricorda la finta pazza delle Folies amoureuses (1704) di Regnard? Famosissima nei teatri musicali del secolo XVII la Finta pazza (Deidamia, sposa d’Achille) dello Strozzi (prima recita a Venezia, 1641); men nota la Finta pazzia d’Ulisse del Noris (Venezia, 1796). Tra le opere buffe di Francesco Antonio Tullio a Napoli incontriamo nel 1718 la Fenta pazza e la fenta malata (Scherillo, l. c., pp. 111-114). A Venezia fin dal 1714 il Vivaldi musicò un Orlando finto pazzo. Lo stesso Mariani, creduto autore dell’Intermezzo di Livietta e Tracollo, pochi mesi dopo, nell’inverno del 1735, faceva rappresentare a Napoli "una commedia per musica" intitolata il Finto pazzo per amore (del maestro Giuseppe Sellitti: v. Scherillo, p. 197). Non parlo poi di tutte le Pazzie d’amore: solo non devo tacere che proprio al Goldoni viene attribuito un dramma giocoso musicato a Venezia dal Cocchi nel 1754, li Matti per amore (v. Spinelli (Bibliografia Goldoniana, Milano, 1882, p. 187 e Musatti, l. c., p. 28): i quali hanno qualche parentela con Li finti pazzi per amore, Intermezzo musicato da Rinaldo da Capua, 1769-70; e che un’altra "opera buffa" d’autore ignoto, con musica di Michele Mortellari, si udì l’anno 1779 nel teatro di S. Gio. Crisostomo, col titolo il Finto pazzo per amore: ma nulla ha di goldoniano. Il Wiel ricorda ancora a Venezia una Finta pazza nel 1747 e nel ’48 la Finta pazzia di Diana "pastorale giocosa", d’ignoti autori. E un Intermezzo, l’Incostante finta matta, quello stesso, pare, musicato dal Piccinini nel 1766, fu attribuito da Napoli-Signorelli ad Antonio Palomba di Torre del Greco (Schedilo, l. c., 283 e Florimo ed altri).
Come nella Contadina astuta e nel Finto pazzo, così nell’Amor fa l’uomo cieco Livietta, nella seconda parte, finge uno svenimento. Il Sonneck primo o fra i primi, si accorse che l’aria cantata da Cardone: "Non si move Non rifiata" e quella che Livietta canta in principio dell’Intermezzo: "Vi sto ben? Vi comparisco?” appartengono all’antico libretto della Contadina e non al Goldoni (Catalogue cit., vol. I, pp. 88-89 e 690). Ciò non ostante il Goldoni riconobbe come suo il presente Intermezzo musicato dal Chiarini (v. Autres pièces de théâtre de M. Goldoni ecc., alla fine del t. III dei Mémoires, Paris, 1787), che fu stampato dallo Zatta nel tomo XXXV della sua grande edizione, il quale comprende appunto gli Intermezzi (cl. 4, t. I, 1794). Non si trova nella raccolta più antica delle Opere Drammatiche Giocose del Goldoni, fatta nel 1753 dal Tevernin, e in nessun’altra. Di ben altri furti e saccheggi era stato vittima il vecchio commediografo, che delle due ariette e dell’Intermezzo del Pergolesi forse non si ricordava più, sia per la libertà che ai poeti teatrali si concedeva di mietere nei poderi altrui, sia per la pochissima importanza che il riformatore della commedia italiana attribuiva ai suoi facili scherzi per musica.
Del maestro Pietro Chiarini, nato a Brescia circa il 1717, quasi nulla ci dicono i biografi, costretti a copiarsi l’un l’altro. Lasciata Venezia, andò a Cremona, maestro di cappella. Nelle Memorie il Goldoni non lo nomina mai. Di lui si ricordano le seguenti opere serie: Argenide, 1738; Achille in Sciro, Venezia, 1739; Artaserse, Verona, 1741; Statira, Venezia, 1742; Meride e Selinunte, Venezia, 1744 (v. Fétis, Biographie universelle des musiciens etc. vol. II. 276; Eitner, Biographisch - Bibliographisches Quellen - Lexikon der Musiker etc., vol. II; Wiel, l. c.). Dice l’Eitner che sotto il suo nome si trova nel Conservatorio di Parigi lo spartito d’un’opera, intitolata Il Geloso schernito. È opportuno ricordare che con questo titolo fu recitato a Venezia un Intermezzo, insieme con la Zenobia del Metastasio, musicata da Girolamo Michieli (Wiel, p. 159).
G. O.