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Par che patisca anch’io

Di moti convulsivi.
Ah... questo è stato certo
L’ultimo suo sospiro: se n’è andata:
Non v’è più dubbio: ho fatta la frittata.
Deh aspetta, anima bella, ascolta prima
Le mie discolpe: se mi finsi pazzo,
Fu per salvar la pelle, e non credevo
Che quel po’ di strapazzo che ti diedi,
Per meglio colorir la finzione,
Avesse da ridurti...
Livietta. Ah ribaldone! (alzandosi con furia
Cardone. Uh...
Livietta. Questo ancor sai fare?
Cardone. Il cor mel disse:
Colle mie mani ti dovrei strozzare.
Livietta. Adesso adesso t’aggiusto io.
Cardone. No, ferma: voglio io stesso
Render paghi i desir tuoi.
Giacchè morto mi vuoi,
Non ricuso morir. Co’ piedi miei
Vado a ripormi in man della Giustizia1.
Or lo vedrai, ma prima
Sappi, che qui ascosa io serbo
Gran copia di denar; a te lo lascio.
Livietta. (E pur costui non mi dispiace).
Cardone. (Già vedo che questa signora frasca
Adesso adesso casca).
Item. Ti lascio questo core,
Pegno dell’amor mio.
Non strapazzarlo più, tiranna, addio.

  1. Fino a questo punto si può dire che il testo del secondo Intermezzo coincida da quasi perfettamente con quello della Contadina astuta. Di qui in poi il libretto veneziano del Finto pazzo procede per conto suo, mentre quello della Contadina si affretta rapidamente alla fine, giurando Tracollo amore e fedeltà a Livetta che si commuove: "Tr. Ah furbetta! — Liv. Ah furbetto! — Tr. Graziosetta’— Liv. Graziosetto ecc."