Alessiade/Libro Quarto

Libro Quarto

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Anna Comnena - Alessiade (1148)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1846)
Libro Quarto
Libro Terzo Libro Quinto
[p. 214 modifica]

DI

ANNA COMNENA PORFIROGENITA

CESAREA ALESSIADE



LIBRO QUARTO


ARGOMENTO.

ROBERTO combatte Dirrachio, e vince nella pugna Alessio Augusto.


SOMMARIO.

ROBERTO assale Dirrachio da terra e da mare con immense truppe. - Timore del presidio ivi entro. - Intrepido coraggio, esperienza e perizia nell’arte militare di Giorgio Paleologo, il quale, disposto l’occorrente per la difesa, fa noto all’imperatore il pericolo della città. - Roberto bramoso anzi d’imperio che di bottino; macchine e torri di legno da lui apprestate. - Sua risposta, interrogato del motivo [p. 215 modifica]che lo incitasse a combattere Dirrachio. - Mostra agli assediati Michele, che viene da essi beffato. - Gloriosa sortita de’ Greci contro a’ Latini. - Opinioni diverse intorno al monaco Rettore. - Angustie di Alessio udendo l’alto numero de’ nemici; chiama in suo aiuto i Turchi, e con doni e promesse anima i Veneti ad accorrere in suo aiuto. - Questi con forte armata di mare gettano le ancore presso Dirrachio nel luogo nomato Pallia; nè a prima giunta osano misurarsi col navilio di Roberto, il quale spedisce loro Baimundo coll’ordine che venga salutato imperatore Michele. - Indugio da essi posto nell’eseguire il comando, e pertinace rifiuto dopo un migliore apparecchio. - Baimundo mal comportando lo scherno prende con suo danno a combatterli, messa in quella fazione a repentaglio la vita, essendo la nave di lui pertugiata e malconcia dai flutti. - I Veneti similmente contendono a Roberto il dar battaglia terrestre, facendo in pari tempo Giorgio una sortita, e quindi retrocedono guiderdonati e ringraziati da Alessio. - Roberto prosegue durante il verno l’assedio. - Ritorno de’ Veneti ad un’ora e della flotta romana. - Fuga del nemico. - Roberto cacciato dal mare abbandona eziandio l’occupato suolo, negatogli il tributo dagli Epiroti sapendolo rimosso da quelle acque. - Nuova flotta da lui apprestata. - La diffalta d’annona sconforta l’esercito di Roberto e più [p. 216 modifica]ancora la peste, mietendogli nello spazio di tre mesi dieci mila combattenti. - I cavalieri di Roberto afflitti da morbo gravissimo; questo e la fame danno morte a cinquecento conti e duchi del valoroso condottiero. - Artifizio trovato da Roberto per mettere di nuovo in mare le navi rimorchiate nel fiume addivenuto quindi privo d’acqua. - Alessio scrive a Paleologo di radunare truppe ed accorrere prontamente in suo aiuto. - Marcia egli stesso contro Roberto, fidando la città di Costantinopoli al fratello Isaacio, onde impedire le sedizioni. - Sua partenza. - Truppe e duci da lui comandati. - Violento assalto di Roberto contro Dirrachio. - Valore di Paleologo e sue ferite. - Alessio fa alto in Tessalonica. - Munitissimo e ben provveduto campo di Roberto a un tiro d’arco dalle mura di Dirrachio. - Stratagemma di Paleologo per rendere inutile ed incendiare la nemica torre di legno. - L’imperatore di contro a Roberto. - Paleologo, suo malgrado e renitente, riceve ordine di trasferirsi al campo romano. - Giuntovi dissuade co’ più vecchi condottieri dell’esercito il venire alle armi, appalesandosi i giovani di contrario sentimento. - Roberto indarno offre pace ad Alessio; permette ai duchi e conti seco di eleggere altro condottiero dichiarandosi pronto a farne i comandi. - Vuole che s’incendino le bagaglie, e sommergansi nel mare le navi onde togliere ogni [p. 217 modifica]speranza di fuga. - Passata quindi in preghiere la notte precedente la battaglia e partecipati i sagri misteri attela l’esercito. - Poste a simile dal Comneno le truppe in ordinanza si dà principio alla pugna. - Gaita consorte di Roberto distoglie i militi dalla fuga. - Tutti i barbari ausiliarj dell’imperatore cadon vittime delle armi nemiche. - Strage degli Alessiani. - L’Augusto, date nel combattimento luminose pruove di valore, è costretto a fuggir solo, ed il cavallo con incredibile salto lo sottrae mirabilmente dalli persecutori. - Dolore e risentimento di Roberto contro de’ suoi per non avergli condotto prigioniero Alessio. - Questi non attristatosi, avvegnachè piagato e fuggiasco, ripara in Acride, ove tutto si dedica a cercar mezzo di salvare Dirrachio. [p. 218 modifica]

ALESSIADE QUARTA.


I. ROBERTO cominciò ad occupare l’Epiro, accampatovisi nel decimo quarto giorno del mese di giugno e correndo la quarta indizione, con sovrabbondante numero di fanti e cavalieri, tutti maestrevolmente esercitati nella disciplina dell’arte bellica, e di terribilissimo aspetto; essendo che dopo il naufragio i militi da ogni banda raccolti raggiunto aveano lo stesso campo. Dal mare inoltre sopra navi senza numero di qual tu vuoi genere e forma, e fidate all’opera diligentissima d’innumerevoli nocchieri veniva condotto altro esercito di elettissimi giovani esperti della milizia navale. Di modo che il presidio esistente in Dirrachio alla spaventevole apparenza di tante navi e macchine e della infinita quantità de’ guerrieri, vedendosi in procinto di essere da per tutto all’intorno assalito da cotanto grandi e potenti forze non poco s’attristava. Ma non così Giorgio Paleologo valorosissimo capitano, ed assuefatto ne’ tempi andati ai guerreschi travagli e pericoli, avendo nella sua lunga militare carriera in Oriente spessissime volte impugnato le armi, e riportato l’onore di molte palme. Questi pertanto certo del suo valore tutto davasi ad afforzare la città, e memore di quanto eragli stato commesso in proposito dall’imperatore, lungo tutto il muro inalzava ripari non da chiovi fermati, ma tali che sospinti [p. 219 modifica]andassero a cadere sopra gli ascensori; disponea parimente intorno alle mura ed a qualche intervallo tra loro baliste ed altre macchine da lanciar sassi. Di più al mirare taluno de’ suoi o preso da timore e poltroneggiante animavalo con generose parole, infondendo parte della sua più che abbondante fortezza ne’ petti de’ codardi, senza trascurare intanto cautela e diligenza comunque portate dalla circostanza. Imperciocchè avendo circondato il muro di sentinelle visitavale frequentemente notte e giorno egli stesso, e raccomandava loro di tenersi vigilanti e pronti alla difesa. Inviò eziandio lettera ad Alessio annunziandogli la ostile comparsa di Roberto, i costui divisamenti e la deliberata espugnazione ad ogni costo di quella città. Ed, in mia fe, e soldati e comandante loro tutti ad un modo comprendevano quanto sarebbe per avvenire da quelle sì terribili ed efficaci moli di macchine, principalmente dalla immensa torre di legno più alta delle stesse Dirrachiane mura, ed avente al di sopra baliste ed artifizj da lanciare sassi. Lo congetturavano pure dal vedere accuratamente da per tutto chiusa la città con vallo, e l’affluenza continua da ogni parte di truppe ausiliarie per istringerla ed appressarvisi di giorno in giorno vie maggiormente; in fine dall’avere il nemico guasto, passando, le città ed i borghi siti all’intorno, e dall’accurato trasporto di quanto uop’era e potea cadere in acconcio per la costruzione degli alloggiamenti castrensi e delle militari baracche, come suol praticarsi negli assedj, e dall’essersi già con questo materiale inalzate molte casipole, ed altre andarsene cotidianamente erigendo. Da tali argomenti, [p. 220 modifica]ripeto, avean tutti compreso che la cupidigia di Roberto non mirasse, giusta il divulgatosi, in conto alcuno alla sola preda, e quindi posta a saccomanno e rovinata la regione, caricato di spoglie l’esercito, soddisfatto il capriccio e traricco di bottino e’ ricalcherebbe la via dell’Italia; ma scopo di quella impresa doversi ritenere la conquista dell’impero, ed in conseguenza aver egli stabilito di occuparne, non badando a spese e conati, la chiave, quasi direi, e l’antemurale, Dirrachio, ed a compimento de’ suoi disegni procedere di là, piede innanzi piede, all’usurpazione del resto. Se non che Paleologo, volendo piena confermagione dalle stesse parole di Roberto delle fatte conghietture, comandò a’ suoi militi di chiedere dall’alto delle mura ai nemici ed al duce loro medesimo la cagione ond’e’ venissero a combatterli? ed ecco la risposta avutane per ordine di Roberto: essersi da lui impugnate le armi all’oggetto di tornare nella primiera dignità il suo affine Michele, balzato giù dal trono imperiale, e di prendere vendetta delle ingiurie e de’ mali trattamenti cui egli soggiacque. Di rimbecco i Dirrachiani risposero: aver eglino veduto Michele Duca, il perchè loro mostratolo di tratto riconosciuto e venerato lo avrebbero, e senza punto indugiare cederebbongli la città. Roberto, uditone, ordina di chiamare il falso Michele, ed abbigliatolo con vesti regali di mostrarlo in magnifica pompa ed al suono di musichi strumenti ai Dirrachiani. Tanto fu eseguito, e la guernigione vedendolo proruppe in ischiamazzi, fischj e diedesi a beffarlo con mille improperj, aggiugnendo presentarsi loro uno seioperone plagiario, non Michele per [p. 221 modifica]lo addietro imperatore, ch’e’ benissimo conoscevano. Ma Roberto nulla curante l’avvenuto era tutto nel proseguire l’impresa, affrettando con ogni sua possa il termine di quella espugnazione. A breve intervallo poi dal prefato colloquio alcuni militi usciti armata mano della città azzuffaronsi co’ Latini, e danneggiatili retrocedettero entro le mura.

II. Ora sebbene l’esposto da noi intorno al mostrato e schernito monaco sotto la mentita persona di Michele sia in realtà così avvenuto, non di meno per tutto Dirrachio e pe’ luoghi all’intorno del romano impero circolavano discrepanti opinioni sul conto di esso, le quali dividevano in isvariati pareri il mobile volgo. Eranvi parecchi fermi nell’asserire, come di fatto loro noto, essere colui il mescitore di Michele; altri dichiaravanlo con ostinata persuasione il vero Michele augusto, dalle cui sciagure commosso Roberto a difesa del diritto e dei legami di parentela, impugnato avea le armi. I più tuttavia sostenevano volersi, a non dubitarne, ascrivere tutto quel maneggio a finzione ed astuzia del malizioso Roberto per ammantare di onesto titolo una ingiusta guerra; nè avervi punto verisimiglianza che Michele Duca siasi colla fuga riparato presso costui; doversi quindi ritenere unico motivo di quella impresa l’avarizia dello stesso Roberto, la quale aescata dai primi felici successi animavalo al rapimento d’una finora intatta preda. Nè è da maravigliare ch’egli, dall’estremo disagio di bassissima fortuna, spinto da naturale inquietudine e soccorso da non meno ardita che prospera industria, diretta con singolare prudenza, [p. 222 modifica]saputo abbia innalzarsi all’apice d’un regno, occupando in prima tutte le città e tutto il suolo longobardico e poscia l’apuliese, come scrivevamo. Ora poi, di conformità a quanto cotidianamente avviene, gustato il solletico del rapinare più non valga a mettere freno alla cupidigia, e posti gli occhi sulle piagge dell’Illirico e le circostanti città imprenda altro cimento contr’esse, onde appagare la sua rapace passione; deliberato, ove pur di presente abbia seco propizia fortuna, d’inoltrare sempre più colle distruggitrici armi in luogo comunque gli si parerà innanzi, giusta la consuetudine e natura dell’avarizia, paragonabile meritamente alla gangrena. Imperciocchè siccome tal morbo impossessatosi una volta di qualche membro passa di volo ad assalire altri tutti, nè si ristà che giunto a corrompere l’intero corpo; così quel contagio dell’animo se vengagli fatto di corrodere un che ovunque tu vuoi, prosegue con incessante impeto ad afferrare ed ingojare il resto, quando non oppongaglisi forza maggiore, nè si ritrae dal suo rosecchiare che vedutane la fine.

III. Pervenuto all’imperatore il foglio di Paleologo anunziantegli il tragetto di Roberto, nel mese di giugno, il naufragio, delusa manifestazione del celeste sdegno, l’aver egli occupato in passando Aulone, il concorso delle truppe, che da ogni parte a foggia di vernili nevi fioccavano ad accrescere il nemico esercito, ed in fine il rinvenirsi taluni perseveranti nel credere che il Michele un tempo augusto in realtà dimori presso Roberto ed abbia saputo indurlo a prendere le sue parti; Alessio, ripeto, informato delle antedette vicende cadde in [p. 223 modifica]oltremodo serj pensieri, ravvolgendo e ben bene rimestando nella sua mente il gravissimo pericolo sovrastante alla repubblica. E poichè di leggieri ebbe osservato che le sue pronte truppe e quante sperava di raccoglierne agguagliato non avrebbero neppure una parte delle numerosissime guerreggianti sotto i vessilli di Roberto, statuì chiamare in suo aiuto gli orientali Turchi, intavolandone il trattato col sultano per via di messi. Addimandò eziandio il soccorso de’ Veneti1 (derivato loro il nome dal colore delle vesti indossate per notoria costumanza ne’ giuochi circensi, onde poterli distinguere dalle altre fazioni) eccitandoli con doni e promesse a mettere in mare tutto il navilio di che erano possessori, ed avviarsi a proteggere Dirrachio contro le forze marittime di Roberto, assicurandoli che verrebbe conferito loro, qualunque fosse l’evento delle armi, il pattuito guiderdone; il perchè o vincitori, colla grazia divina, o succumbenti, giusta la sorte delle umane vicende egli atterrebbe [p. 224 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/224 [p. 225 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/225 [p. 226 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/226 [p. 227 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/227 [p. 228 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/228 [p. 229 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/229 [p. 230 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/230 [p. 231 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/231 [p. 232 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/232 [p. 233 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/233 [p. 234 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/234 [p. 235 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/235 [p. 236 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/236 [p. 237 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/237 [p. 238 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/238 [p. 239 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/239 [p. 240 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/240 [p. 241 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/241 [p. 242 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/242 [p. 243 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/243 [p. 244 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/244 [p. 245 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/245 [p. 246 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/246 [p. 247 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/247 [p. 248 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/248 [p. 249 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/249 [p. 250 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/250 [p. 251 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/251 [p. 252 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/252 [p. 253 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/253 [p. 254 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/254 [p. 255 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/255 [p. 256 modifica]Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/256 [p. 257 modifica]di salvare Dirrachio, sapendo non avervi più là entro Paleologo, dal cui valore era stata fin qui difesa contro le armi nemiche; imperciocchè uscitone d’ordine imperiale non potè quindi, colpa della malagurata battaglia, rientrarvi. L’Augusto adunque finchè n’ebbe il destro procurò esortarne il presidio a non obbliare l’osservanza de’ proprj doveri, e fidata la custodia della rocca ai Veneti, aventi quivi una colonia, prepose al governo ed alla conservazione della città Comiscorta, disceso dagli Arbani, mandandogli per lettera accurate istruzioni sopra quanto estimava doversi in que’ frangenti operare.

  1. Davasi tal nome ad una delle quattro fazioni costantinopolitane, ed erano la veneta e la prasina (dette eziandio veneta costantinopolitana, prasina costantinopolitana), la veneta peratica e la prasina peratica. Le due prime dimoravano nella imperiale città, e le altre due in Galata, ora Pera, ed in Asia di là dalla Propontide e dall’Ellesponto di rincontro a Costantinopoli, in Casedone e Crisopoli ora Scutari. Assise di variato colore le distinguevano, l’azzurro e turchino appartenendo alla veneta, il verde alla prasina, il bianco ed il rosso alle altre due. Il capo loro supremo appellavasi democrate, e demarco il secondo nel comando.