Alessiade/Libro Quarto
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DI
ANNA COMNENA PORFIROGENITA
CESAREA ALESSIADE
LIBRO QUARTO
ARGOMENTO.
ROBERTO combatte Dirrachio, e vince nella pugna Alessio Augusto.
SOMMARIO.
ALESSIADE QUARTA.
I. ROBERTO cominciò ad occupare l’Epiro, accampatovisi nel decimo quarto giorno del mese di giugno e correndo la quarta indizione, con sovrabbondante numero di fanti e cavalieri, tutti maestrevolmente esercitati nella disciplina dell’arte bellica, e di terribilissimo aspetto; essendo che dopo il naufragio i militi da ogni banda raccolti raggiunto aveano lo stesso campo. Dal mare inoltre sopra navi senza numero di qual tu vuoi genere e forma, e fidate all’opera diligentissima d’innumerevoli nocchieri veniva condotto altro esercito di elettissimi giovani esperti della milizia navale. Di modo che il presidio esistente in Dirrachio alla spaventevole apparenza di tante navi e macchine e della infinita quantità de’ guerrieri, vedendosi in procinto di essere da per tutto all’intorno assalito da cotanto grandi e potenti forze non poco s’attristava. Ma non così Giorgio Paleologo valorosissimo capitano, ed assuefatto ne’ tempi andati ai guerreschi travagli e pericoli, avendo nella sua lunga militare carriera in Oriente spessissime volte impugnato le armi, e riportato l’onore di molte palme. Questi pertanto certo del suo valore tutto davasi ad afforzare la città, e memore di quanto eragli stato commesso in proposito dall’imperatore, lungo tutto il muro inalzava ripari non da chiovi fermati, ma tali che sospinti andassero a cadere sopra gli ascensori; disponea parimente intorno alle mura ed a qualche intervallo tra loro baliste ed altre macchine da lanciar sassi. Di più al mirare taluno de’ suoi o preso da timore e poltroneggiante animavalo con generose parole, infondendo parte della sua più che abbondante fortezza ne’ petti de’ codardi, senza trascurare intanto cautela e diligenza comunque portate dalla circostanza. Imperciocchè avendo circondato il muro di sentinelle visitavale frequentemente notte e giorno egli stesso, e raccomandava loro di tenersi vigilanti e pronti alla difesa. Inviò eziandio lettera ad Alessio annunziandogli la ostile comparsa di Roberto, i costui divisamenti e la deliberata espugnazione ad ogni costo di quella città. Ed, in mia fe, e soldati e comandante loro tutti ad un modo comprendevano quanto sarebbe per avvenire da quelle sì terribili ed efficaci moli di macchine, principalmente dalla immensa torre di legno più alta delle stesse Dirrachiane mura, ed avente al di sopra baliste ed artifizj da lanciare sassi. Lo congetturavano pure dal vedere accuratamente da per tutto chiusa la città con vallo, e l’affluenza continua da ogni parte di truppe ausiliarie per istringerla ed appressarvisi di giorno in giorno vie maggiormente; in fine dall’avere il nemico guasto, passando, le città ed i borghi siti all’intorno, e dall’accurato trasporto di quanto uop’era e potea cadere in acconcio per la costruzione degli alloggiamenti castrensi e delle militari baracche, come suol praticarsi negli assedj, e dall’essersi già con questo materiale inalzate molte casipole, ed altre andarsene cotidianamente erigendo. Da tali argomenti, ripeto, avean tutti compreso che la cupidigia di Roberto non mirasse, giusta il divulgatosi, in conto alcuno alla sola preda, e quindi posta a saccomanno e rovinata la regione, caricato di spoglie l’esercito, soddisfatto il capriccio e traricco di bottino e’ ricalcherebbe la via dell’Italia; ma scopo di quella impresa doversi ritenere la conquista dell’impero, ed in conseguenza aver egli stabilito di occuparne, non badando a spese e conati, la chiave, quasi direi, e l’antemurale, Dirrachio, ed a compimento de’ suoi disegni procedere di là, piede innanzi piede, all’usurpazione del resto. Se non che Paleologo, volendo piena confermagione dalle stesse parole di Roberto delle fatte conghietture, comandò a’ suoi militi di chiedere dall’alto delle mura ai nemici ed al duce loro medesimo la cagione ond’e’ venissero a combatterli? ed ecco la risposta avutane per ordine di Roberto: essersi da lui impugnate le armi all’oggetto di tornare nella primiera dignità il suo affine Michele, balzato giù dal trono imperiale, e di prendere vendetta delle ingiurie e de’ mali trattamenti cui egli soggiacque. Di rimbecco i Dirrachiani risposero: aver eglino veduto Michele Duca, il perchè loro mostratolo di tratto riconosciuto e venerato lo avrebbero, e senza punto indugiare cederebbongli la città. Roberto, uditone, ordina di chiamare il falso Michele, ed abbigliatolo con vesti regali di mostrarlo in magnifica pompa ed al suono di musichi strumenti ai Dirrachiani. Tanto fu eseguito, e la guernigione vedendolo proruppe in ischiamazzi, fischj e diedesi a beffarlo con mille improperj, aggiugnendo presentarsi loro uno seioperone plagiario, non Michele per lo addietro imperatore, ch’e’ benissimo conoscevano. Ma Roberto nulla curante l’avvenuto era tutto nel proseguire l’impresa, affrettando con ogni sua possa il termine di quella espugnazione. A breve intervallo poi dal prefato colloquio alcuni militi usciti armata mano della città azzuffaronsi co’ Latini, e danneggiatili retrocedettero entro le mura.
II. Ora sebbene l’esposto da noi intorno al mostrato e schernito monaco sotto la mentita persona di Michele sia in realtà così avvenuto, non di meno per tutto Dirrachio e pe’ luoghi all’intorno del romano impero circolavano discrepanti opinioni sul conto di esso, le quali dividevano in isvariati pareri il mobile volgo. Eranvi parecchi fermi nell’asserire, come di fatto loro noto, essere colui il mescitore di Michele; altri dichiaravanlo con ostinata persuasione il vero Michele augusto, dalle cui sciagure commosso Roberto a difesa del diritto e dei legami di parentela, impugnato avea le armi. I più tuttavia sostenevano volersi, a non dubitarne, ascrivere tutto quel maneggio a finzione ed astuzia del malizioso Roberto per ammantare di onesto titolo una ingiusta guerra; nè avervi punto verisimiglianza che Michele Duca siasi colla fuga riparato presso costui; doversi quindi ritenere unico motivo di quella impresa l’avarizia dello stesso Roberto, la quale aescata dai primi felici successi animavalo al rapimento d’una finora intatta preda. Nè è da maravigliare ch’egli, dall’estremo disagio di bassissima fortuna, spinto da naturale inquietudine e soccorso da non meno ardita che prospera industria, diretta con singolare prudenza, saputo abbia innalzarsi all’apice d’un regno, occupando in prima tutte le città e tutto il suolo longobardico e poscia l’apuliese, come scrivevamo. Ora poi, di conformità a quanto cotidianamente avviene, gustato il solletico del rapinare più non valga a mettere freno alla cupidigia, e posti gli occhi sulle piagge dell’Illirico e le circostanti città imprenda altro cimento contr’esse, onde appagare la sua rapace passione; deliberato, ove pur di presente abbia seco propizia fortuna, d’inoltrare sempre più colle distruggitrici armi in luogo comunque gli si parerà innanzi, giusta la consuetudine e natura dell’avarizia, paragonabile meritamente alla gangrena. Imperciocchè siccome tal morbo impossessatosi una volta di qualche membro passa di volo ad assalire altri tutti, nè si ristà che giunto a corrompere l’intero corpo; così quel contagio dell’animo se vengagli fatto di corrodere un che ovunque tu vuoi, prosegue con incessante impeto ad afferrare ed ingojare il resto, quando non oppongaglisi forza maggiore, nè si ritrae dal suo rosecchiare che vedutane la fine.
III. Pervenuto all’imperatore il foglio di Paleologo anunziantegli il tragetto di Roberto, nel mese di giugno, il naufragio, delusa manifestazione del celeste sdegno, l’aver egli occupato in passando Aulone, il concorso delle truppe, che da ogni parte a foggia di vernili nevi fioccavano ad accrescere il nemico esercito, ed in fine il rinvenirsi taluni perseveranti nel credere che il Michele un tempo augusto in realtà dimori presso Roberto ed abbia saputo indurlo a prendere le sue parti; Alessio, ripeto, informato delle antedette vicende cadde in oltremodo serj pensieri, ravvolgendo e ben bene rimestando nella sua mente il gravissimo pericolo sovrastante alla repubblica. E poichè di leggieri ebbe osservato che le sue pronte truppe e quante sperava di raccoglierne agguagliato non avrebbero neppure una parte delle numerosissime guerreggianti sotto i vessilli di Roberto, statuì chiamare in suo aiuto gli orientali Turchi, intavolandone il trattato col sultano per via di messi. Addimandò eziandio il soccorso de’ Veneti1 (derivato loro il nome dal colore delle vesti indossate per notoria costumanza ne’ giuochi circensi, onde poterli distinguere dalle altre fazioni) eccitandoli con doni e promesse a mettere in mare tutto il navilio di che erano possessori, ed avviarsi a proteggere Dirrachio contro le forze marittime di Roberto, assicurandoli che verrebbe conferito loro, qualunque fosse l’evento delle armi, il pattuito guiderdone; il perchè o vincitori, colla grazia divina, o succumbenti, giusta la sorte delle umane vicende egli atterrebbe Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/224 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/225 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/226 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/227 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/228 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/229 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/230 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/231 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/232 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/233 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/234 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/235 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/236 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/237 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/238 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/239 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/240 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/241 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/242 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/243 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/244 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/245 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/246 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/247 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/248 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/249 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/250 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/251 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/252 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/253 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/254 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/255 Pagina:Comnena - Alessiade, 1846, tomo primo (Rossi).djvu/256 di salvare Dirrachio, sapendo non avervi più là entro Paleologo, dal cui valore era stata fin qui difesa contro le armi nemiche; imperciocchè uscitone d’ordine imperiale non potè quindi, colpa della malagurata battaglia, rientrarvi. L’Augusto adunque finchè n’ebbe il destro procurò esortarne il presidio a non obbliare l’osservanza de’ proprj doveri, e fidata la custodia della rocca ai Veneti, aventi quivi una colonia, prepose al governo ed alla conservazione della città Comiscorta, disceso dagli Arbani, mandandogli per lettera accurate istruzioni sopra quanto estimava doversi in que’ frangenti operare.
- ↑ Davasi tal nome ad una delle quattro fazioni costantinopolitane, ed erano la veneta e la prasina (dette eziandio veneta costantinopolitana, prasina costantinopolitana), la veneta peratica e la prasina peratica. Le due prime dimoravano nella imperiale città, e le altre due in Galata, ora Pera, ed in Asia di là dalla Propontide e dall’Ellesponto di rincontro a Costantinopoli, in Casedone e Crisopoli ora Scutari. Assise di variato colore le distinguevano, l’azzurro e turchino appartenendo alla veneta, il verde alla prasina, il bianco ed il rosso alle altre due. Il capo loro supremo appellavasi democrate, e demarco il secondo nel comando.