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LIBRO QUARTO. 209

to, avean tutti compreso che la cupidigia di Roberto non mirasse, giusta il divulgatosi, in conto alcuno alla sola preda, e quindi posta a saccomanno e rovinata la regione, caricato di spoglie l’esercito, soddisfatto il capriccio e traricco di bottino e’ ricalcherebbe la via dell’Italia; ma scopo di quella impresa doversi ritenere la conquista dell’impero, ed in conseguenza aver egli stabilito di occuparne, non badando a spese e conati, la chiave, quasi direi, e l’antemurale, Dirrachio, ed a compimento de’ suoi disegni procedere di là, piede innanzi piede, all’usurpazione del resto. Se non che Paleologo, volendo piena confermagione dalle stesse parole di Roberto delle fatte conghietture, comandò a’ suoi militi di chiedere dall’alto delle mura ai nemici ed al duce loro medesimo la cagione ond’e’ venissero a combatterli? ed ecco la risposta avutane per ordine di Roberto: essersi da lui impugnate le armi all’oggetto di tornare nella primiera dignità il suo affine Michele, balzato giù dal trono imperiale, e di prendere vendetta delle ingiurie e de’ mali trattamenti cui egli soggiacque. Di rimbecco i Dirrachiani risposero: aver eglino veduto Michele Duca, il perchè loro mostratolo di tratto riconosciuto e venerato lo avrebbero, e senza punto indugiare cederebbongli la città. Roberto, uditone, ordina di chiamare il falso Michele, ed abbigliatolo con vesti regali di mostrarlo in magnifica pompa ed al suono di musichi strumenti ai Dirrachiani. Tanto fu eseguito, e la guernigione vedendolo proruppe in ischiamazzi, fischj e diedesi a beffarlo con mille improperj, aggiugnendo presentarsi loro uno seioperone plagiario, non Michele per

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