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LIBRO QUARTO. 211

puto abbia innalzarsi all’apice d’un regno, occupando in prima tutte le città e tutto il suolo longobardico e poscia l’apuliese, come scrivevamo. Ora poi, di conformità a quanto cotidianamente avviene, gustato il solletico del rapinare più non valga a mettere freno alla cupidigia, e posti gli occhi sulle piagge dell’Illirico e le circostanti città imprenda altro cimento contr’esse, onde appagare la sua rapace passione; deliberato, ove pur di presente abbia seco propizia fortuna, d’inoltrare sempre più colle distruggitrici armi in luogo comunque gli si parerà innanzi, giusta la consuetudine e natura dell’avarizia, paragonabile meritamente alla gangrena. Imperciocchè siccome tal morbo impossessatosi una volta di qualche membro passa di volo ad assalire altri tutti, nè si ristà che giunto a corrompere l’intero corpo; così quel contagio dell’animo se vengagli fatto di corrodere un che ovunque tu vuoi, prosegue con incessante impeto ad afferrare ed ingojare il resto, quando non oppongaglisi forza maggiore, nè si ritrae dal suo rosecchiare che vedutane la fine.

III. Pervenuto all’imperatore il foglio di Paleologo anunziantegli il tragetto di Roberto, nel mese di giugno, il naufragio, delusa manifestazione del celeste sdegno, l’aver egli occupato in passando Aulone, il concorso delle truppe, che da ogni parte a foggia di vernili nevi fioccavano ad accrescere il nemico esercito, ed in fine il rinvenirsi taluni perseveranti nel credere che il Michele un tempo augusto in realtà dimori presso Roberto ed abbia saputo indurlo a prendere le sue parti; Alessio, ripeto, informato delle antedette vicende cadde in oltre-