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210 ANNA COMNENA

lo addietro imperatore, ch’e’ benissimo conoscevano. Ma Roberto nulla curante l’avvenuto era tutto nel proseguire l’impresa, affrettando con ogni sua possa il termine di quella espugnazione. A breve intervallo poi dal prefato colloquio alcuni militi usciti armata mano della città azzuffaronsi co’ Latini, e danneggiatili retrocedettero entro le mura.

II. Ora sebbene l’esposto da noi intorno al mostrato e schernito monaco sotto la mentita persona di Michele sia in realtà così avvenuto, non di meno per tutto Dirrachio e pe’ luoghi all’intorno del romano impero circolavano discrepanti opinioni sul conto di esso, le quali dividevano in isvariati pareri il mobile volgo. Eranvi parecchi fermi nell’asserire, come di fatto loro noto, essere colui il mescitore di Michele; altri dichiaravanlo con ostinata persuasione il vero Michele augusto, dalle cui sciagure commosso Roberto a difesa del diritto e dei legami di parentela, impugnato avea le armi. I più tuttavia sostenevano volersi, a non dubitarne, ascrivere tutto quel maneggio a finzione ed astuzia del malizioso Roberto per ammantare di onesto titolo una ingiusta guerra; nè avervi punto verisimiglianza che Michele Duca siasi colla fuga riparato presso costui; doversi quindi ritenere unico motivo di quella impresa l’avarizia dello stesso Roberto, la quale aescata dai primi felici successi animavalo al rapimento d’una finora intatta preda. Nè è da maravigliare ch’egli, dall’estremo disagio di bassissima fortuna, spinto da naturale inquietudine e soccorso da non meno ardita che prospera industria, diretta con singolare prudenza, sa-