Aes rude, signatum e grave rinvenuto alla Bruna/Capitolo I
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La scoperta di questo ripostiglio si fece casualmente nella primavera del 1890 presso la Bruna2, nel comune di Castel Ritaldi, a pochi passi dal fosso Tatarena, quasi a centro fra Spoleto, Trevi e Todi, nel cuore dunque dell’Umbria.
Un contadino, zappando la terra, s’imbattè dapprima nel quadrilatero tav. IV-V, il quale infatti presenta sul bacile del tripode la traccia della zappata, indi trovò quattro assi del tipo tav. XIV. Li portò subito al suo padrone, certo Sig. Francesco Venturi e questi, recatosi il giorno dipoi sul luogo di trovamento, frugando la terra e guardando meglio, raccolse tutti gli altri pezzi che compongono il tesoretto cioè, quattro altri quadrilateri di aes signatum interi due quadrilateri spezzati, tav. XII-XIII, il pezzo di aes rude, tav. I, e quattro altri assi librali, unitamente a pochi frammenti di vasi fittili ed alcuni avanzi animali.
Il detto Sig. Francesco Venturi portò il prezioso deposito a Roma, e lo fece vedere alla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti. Quivi tutti quei pezzi furono creduti falsi, ed una mistificazione; ed il medesimo erroneo giudizio essendo stato confermato al Venturi anche da un notissimo antiquario romano, questi se ne tornò avvilito e scornato al proprio paese.
Il Venturi ritenne presso di sé gli screditati oggetti fino al Novembre decorso, quando, venuto in rapporto con l’esperto negoziante di antichità sig. Giuseppe Pacini di Firenze, potè ben presto, e con sua non piccola soddisfazione, concludere la vendita dell’intero tesoretto. 11 negoziante Pacini pagò per esso una cospicua somma (circa L. 9000), e non si sbagliò a giudicarlo fuori d’ogni sospetto. Quando egli venne a mostrarmelo, io rimasi come intontito, e non credeva ai miei occhi, vedendo dei pezzi di così straordinaria rarità, in tale conservazione, e con patina e caratteri tali, da non lasciare il benché menomo dubbio sulla loro autenticità.
Io potei studiare questo insigne deposito nel breve tempo che rimase nelle mani del negoziante Pacini; ne trassi le fotografie, leggermente ridotte, che servirono alle annesse fotoincisioni, e feci eseguire i calchi d’ogni singolo pezzo nell’officina del R. Museo Etrusco Centrale, a prò del Museo stesso, nella previsione della ulteriore dispersione degli originali. Il Museo nostro, per mancanza di fondi e per le naturali pretese del Pacini, non poteva ormai più aspirare a siffatto acquisto. Non più tardi dei primi di gennaio il signor Pacini aveva trovato il compratore dell’ intero ripostiglio nella persona del sig. Dottor Tommaso Capo, noto amatore di Roma, il quale pur troppo ne ha già iniziata la dispersione, mettendone in vendita una parte in una pubblica asta3.
Questa la storia veritiera del ritrovamento, e le peripezie finora subite dal ripostiglio.
I frammenti di vaso e gli avanzi animali raccolti insieme coi pezzi di aes grave, furono ricuperati in seguito alle mie premure dal sig. Giuseppe Pacini e da lui ceduti a me. Fra breve io gli esporrò nel Museo Etrusco Centrale, insieme coi calchi sopraddetti; intanto qui ne porgo la particolareggiata descrizione:
a) Due frammenti di ventre di grosso e robusto dolio di stoviglia primitiva. Lo spessore varia da 0,027 a 0,036; il pezzo più grande misura 0,09 × 0,21. L’argilla è quasi nera nell’interno (anima) e rossastra esternamente.
b) Ansa di anfora a nastro (larga 0,05), attaccata alla relativa bocca. Si può presumere che la bocca del vaso avesse un diametro da cent. 15 a 20. L’argilla è d’impasto fine cinereo con spalmatura esterna di color rosso mattone.
c) Frammento di ciotola di bucchero nero ordinario, esternamente brunastra, forse coperchio del vaso b; diametro presumibile 0,15.
d) Frammento di bocca di olla mezzana di terra rossa ordinaria (spessore 0.07).
e) Fondo di vaso di terra giallognola finissima, pertinente, secondo ogni probabilità, ad una piccola olla o ad una tazza italo-pelasgica.
f) Femore frammentario di cavallo.
g) Altri avanzi di scheletro animale, e dente di cavallo.
Ecco dopo ciò, la descrizione dei diciassette pezzi monetari che compongono il tesoretto vero e proprio:
AES RUDE.
1 — Tav. I. — Spezzato mediano di quadrilatero primitivo cuneiforme a facce liscie.
Larghezza, comprese le bave irregolari, 0,082-0,096; lunghezza media 0,060; spessore 0.049. Peso gr. 1367,54.
È coperto da un denso strato di ossido ferruginoso, tanto da sembrare piuttosto ferro che bronzo, siccome i simili spezzati di aes rude e signatum del deposito di Cere (V. Garrucci, Le monete dell’Italia antica, p. 2 e 7).
Vicino alla spezzatura inferiore, da una parte, come si nota anche nella vignetta, c’è un piccolo e leggero segno biforcato in rilievo, il quale, non continuando nella parte superiore, credo accidentale, proprio della fusione, e non confrontabile quindi col noto ramo secco degli spezzati di forma analoga editi dal Garrucci, tavv. VII, IX, X, LXVII.
Secondo la distinzione fatta dal Garrucci, pagina 5 a, questo nostro pezzo dovrebbe già nominarsi aes signatum, perchè fuso, com’egli definisce, «dentro staffe chiuse»5. Le staffe, anziché chiuse, sono però semiaperte, come è dimostrato dalla grossa bava; e poi manca nel nostro esemplare quel deciso segno monetario con cui sono improntati i citati analoghi esemplari di aes signatum vero e proprio.
La duplice spezzatura a martello (cfr. Garrucci, p. 26) lascia supporre che il pezzo intero originale fosse cuneiforme e di peso circa triplo.
Nel Museo di Firenze esiste uno spezzato mediano di aes rude, quadrangolare, cuneiforme, affatto simile (a), il quale pesa gr. 3350, con queste misure: lungh. 0,128, largh. 0,105, spessore 0,060. Due altri spezzati estremi, di simile tipo, lisci, con bave come sopra, pure esistenti nel Museo di Firenze e d’ incerta provenienza, pesano: b) gr. 640; lungh. 0,065, largh. 0,050, spess. 0,050; c) gr. 325; lungh. 0,054, largh. 0,044, spess. 0,020.
AES SIGNATUM.
2. — Tav. II-III. — Quadrilatero regolare leggermente convesso da ambe le facce.
- D/ — Tripode tozzo, un po’ sghembo, di tipo arcaico.
- R/ — Àncora tozza, con branche irregolari, di tipo arcaico, alta 0,154.
Buona conservazione, ma non fresco.
Lung. 0,178; larg. 0,085. Peso gr. 1830,5. Patina con lustri brunastri, quasi plumbei, coperta da tartaro verde chiaro (carbonato idrato di rame) e macchie azzurre (solfato di rame). Il codolo della fusione alla base del tripode è tronco e cavernoso. Presso la crux dell’ancora (ceppo) si nota una grossa subbollitura del bronzo, la quale compensa il metallo deficiente alla radice del codolo.
Nel centro del lebete si osserva il chiodo tondo con cui la zampa leonina mediana era attaccata al lebete stesso. Altre differenze di questo esemplare con quello del Museo Britannico (Garrucci, tav. XV) e con quelli successivamente descritti nn. 3-4, saranno notate nel cap. III.
3. — Quadrilatero simile al precedente, leggermente convesso da ambe le facce.
- D/ — Tripode di tipo regolare slanciato.
- R/ — Àncora di tipo regolare svelto (alt. 0,160).
Bella conservazione, esemplare quasi fresco.
Lung. 0,185 ; largh. 0,082. Peso gr. 1677,2.
Patina con lustri plumbei-brunastri, tartaro omogeneo verde chiaro, in qualche punto azzurro.
Alla base del tripode è visibile la radice tonda del codolo, tagliato di netto.
4. — Tav. IV- V. — Quadrilatero simile al precedente, leggermente convesso dalla parte del tripode e piano dall’altra parte.
- D/ — Tripode di tipo regolare.
R/ — Àncora di tipo regolare, poco più alta che nell’esemplare precedente, e con asta poco più grossa.
- Bella conservazione, esemplare fresco.
- Lung. 0,183 ; larg. 0,086. Peso gr. 1544,5.
Patina e tartaro come sopra. Il codolo della fusione, alla base del tripode, è tronco e ritagliato dentro la linea normale del quadrilatero.
Si badi che, in tutti e tre i nostri esemplari, l’àncora ha l’estremità inferiore piana e non tonda come apparisce nell’unico esemplare intero di questo tipo conosciuto e pubblicato: Mus. Brit., pr. Genzano, di gr. 1494,53 (Garrucci, tav. XV; Mommsen-Blacas, IV, tav. I-II).
- D/ — Aquila di fronte e testa a destra, con ali spiegate e la folgore negli artigli.
- R/ — Pegaso veloce a sinistra e sotto: ROMANOM.
Conservazione mediocre; però il pegaso bello e abbastanza fresco. Esemplare corroso e deficiente al bordo inferiore; rotto e mancante all’estremità dell’ala sinistra dell’aquila; guasto, dall’acqua o dall’uso, dalla parte dell’aquila, dove sono quasi svanite le ali e la folgore. Perciò il peso originale doveva essere sensibilmente maggiore dell’attuale.
Lung. 0,165; larg. 0,099. Peso gr. 1396.
Patina velata dalla crosta verde del tartaro il quale, in qualche punto, specialmente dalla parte dell’aquila, è d’un bell’azzurro cupo.
Del codolo appena si scorge la traccia presso la coda del pegaso.
L’esemplare nostro sta per peso e tipo in istretto rapporto coi seguenti esemplari:
- a) Museo Britannico, già Guadagni (Garrucci, tav. XXIV), peso gr. 1391.
- b) Esemplare ignoto ed inedito, da me veduto presso Lady Hudson in Firenze, il quale ha patina brunastra, è molto corroso dall’acqua, e pesa gr. 1420.
Il più pesante esemplare di questo tipo, è quello del Museo Kircheriano (c), proveniente da Velletri, di gr. 1696,35 (Garrucci, tav. XXIII).
6. — Tav. VIII-IX. — Quadrilatero a facce piane leggermente traente al rombo, con bave nitidissime.
- D/ — Toro soffermo a destra, con testa di fronte.
- R/ — Toro soffermo a sinistra, con testa di fronte.
- Esemplare intatto, freschissimo.
- Lung. 0,165; larg. 0,092. Peso gr. 1347,8.
Il tartaro oscura un poco la perfetta conservazione e la stupenda freschezza del pezzo, il quale è notevolmente superiore agli altri due esemplari autentici conosciuti:
a) Coll. Bumbury a Londra, di gr. 1790,15. (Mus. Pembroke, III, 116; Carelli, XXXVII, 1-2).
b) Gabinetto di Parigi, di gr. 1385,90. (Garrucci, tav. XX ; Cohen-Babelon, I, pag. 3-4).
- D/ — Caduceo con lemnisco svolazzante e cappio a destra.
- R/ — Tridente con lemnisco svolazzante e cappio a destra.
- Esemplare intatto, molto fresco.
Lung. 0,183 ; larg. 0,089. Peso gr. 1143,2.
Patina brunastra, velata dal tartaro verde e, in un punto, macchiata d’azzurro (solfato di rame). Il codolo tagliato netto in linea normale.
I quattro esemplari conosciuti di questo tipo pesano ciascuno circa mezzo chilogr. più del nostro :
- a) Museo Kirch., (Bomarzo), gr. 1686,36.
- b) Parigi: Garrucci, tav. XVI ; Cohen, Monn. Republ., tav. LXXIII, di gr. 1680,15.
- c) Firenze: Carelli, tav. XXXIX, 1, gr. 1628.
- d) Vaticano: Visconti, Periodico di Storia e Diritto, etc, 1880, pag. 63, gr. 1678.
8. — Tav. XII. — Spezzato di quadrilatero, circa metà dell’intero; tecnica corrispondente ai quadrilateri nn. 2-4; ma con facce quasi piane (cfr. il n. 4).
- D/ — Metà inferiore di lama di gladio o parazonio romano.
- R/ — Metà inferiore del relativo fodero, desinente in doppia voluta.
Buona conservazione, rotto sopra uno dei bordi longitudinali. — Lung. 0,087 a 0,088; larg. 0,090. Peso gr 765.
Patina con tartaro, come sopra, fortemente macchiata d’azzurro.
Sta particolarmente in rapporto con l’esemplare (a) intero del Museo di Napoli, già Borgiano, proveniente da Velletri (Garrucci, tav. LXIX, 2), del peso di gr. 1898,14, rinvenuto insieme al quadrilatero col pegaso (Garrucci, tav. XXIII).
L’altro esemplare (b) intero di questo tipo, meno conservato, esistente nel Museo Britannico, già Guadagni, pesa gr. 1698,14. Si confronti anche lo spezzato del ripostiglio di Ariccia nel Museo Kircheriano, esibente le parti superiori della spada e del fodero (Garrucci, tav. XIII, 2 a, b; gr. 573).
9. — Tav. XIII. — Spezzato di quadrilatero a facce piane; poco più di un terzo dell’intero.
- D/ — Pollo senza cresta in atto di beccare, e tracce dell’astro che sormontava la sua testa.
- R/ — Rostro di nave (vedi cap. III).
Buona conservazione, un po’ consunto dalla parte del pollo. — Lung. 0,068; larg. 0,087. Peso gr. 540.
Patina come sopra, coperta da tartaro verde ed azzurro.
Il nostro spezzato corrisponde al tipo ben conosciuto dell’esemplare di Parigi (Garrucci, tav. XIX, gr. 1525,25). L’esemplare intero del Museo Britannico (Garrucci, tav. XVIII; gr. 1491,70); è di tipo alcunché diverso (cfr. specialmente il tridente). Analoghi al nostro, sono i seguenti spezzati:
a) Museo Kirch. (Vulci), spezzato opposto al nostro, quindi coi delfini visibili, gr. 572,33 (Garrucci, tav. XVII, 2).
b) Museo di Napoli (Borgia), gr. 654,15.
c) Collezione Blacas, gr. 395.
AES GRAVE.
10. — Asse librale di forma lenticolare, con bordo ripreso.
D/ — Testa d’Apollo diademata a d., con capelli fluenti.
R/ — Testa d’Apollo diademata a d., con capelli fluenti, simile a quella del diritto.
- Bella conservazione, fresco. — Diam. 0,069. Peso gr. 352.
11. — Asse simile al precedente, fresco.
- Diam. 0,070. Peso gr. 345,5.
12. — Tav. XIV, 1. — Asse simile al precedente.
[Nella tavola è riprodotto il diritto con testa d'Apollo corrispondente all'esemplare precedente].
Esemplare fresco, il più perfetto della serie. — Diametro 0,072. Peso gr. 339.
13. — Asse simile al precedente.
Esemplare poco usato. — Diam. 0,067. Peso gr. 332,8.
14. Tav. XIV, 2. — Asse simile al precedente.
[Nella tavola è riprodotto il rovescio con testa d'Apollo di tipo notevolmente diverso. Il tipo del diritto è ancora diverso; cfr. le osservazioni fatte più sotto].
Esemplare fresco. — Diam. 0,067. Peso gr. 331,5.
15. — Asse simile al precedente. Esemplare poco usato.
- Diam. 0,067. Peso gr. 327,5.
I diametri sono presi tutti nel punto dove gli assi sono più larghi, cioè sulla linea che unisce il naso all’occipite. Sotto il collo, tutti gli esemplari mostrano il taglio del codolo della fusione. Gli assi nn. 10, 11, 12, di maggior diametro, sono sensibilmente elittici, mentre gli assi nn. 13, 15 sono quasi tondi.
La patina è generalmente di color plumbeo con lustri verdoni e quasi neri ; tartaro verde chiaro, in qualche punto azzurro, come nei quadrilateri. I nn. 12 e 15 al diritto, ed i nn. 10, 11 al rovescio, presentano delle macchie gialle d’ossido ferruginoso, come l’aes rude n. 1. Ciò dimostra che sono stati a con- tatto con qualche oggetto di ferro.
Circa i tipi della testa d’Apollo, è rimarchevole negli esemplari 10, 12 l’analogia stilistica o tecnica e perfino simiglianza spiccata con la nota testa ideale di Alessandro il Grande.
La trattazione dei capelli nei diversi esemplari presenta qualche piccola divergenza. Nei nn. 11, 14, 15 le ciocche sono più minute. Il diadema è poco visibile nei nn. 12, 13, chiaro solamente verso il vertice del capo ; negli altri esemplari gira in forma di cordone intorno alla nuca, nascondendo interamente il cocuzzolo.
Le teste del rovescio corrispondono in tutti gli esemplari, meno nel n. 14, con le teste del diritto. La trattazione più fine dei capelli dei nn. 11, 14, 15 si osserva da ambe le parti. Nel n. 14 la testa del rovescio riprodotta nella tav. XIV, 2, assume un carattere assolutamente diverso dall’ordinario, più italico che greco. Il viso, alto 0,033 nei nn. 10, 12, 13, 15, è alto 0,040 nel n. 14, e 0,035 nell’esemplare n. 11, dove si osserva la prima trattazione fine dei capelli. La larghezza dalla punta del naso alla nuca rimane pressoché la stessa in tutti e sei gli esemplari. Nella testa n. 14 (rovescio) gli occhi sono trattati in altro modo, non più alla maniera alessandrina; la fronte e le arcate sopracigliari non sono cosi sporgenti; le cavità degli occhi, cosi profonde e caratteristiche negli altri esemplari, sono quivi assai meno sentite. Nello stesso n. 14 il mento è più tondo e le guance più piatte.
16. — Tav. XIV a. — Asse librale di forma lentioolare con bordo ripreso.
- D/ — Testa di Giano bifronte imberbe.
- R/ — Testa di Mercurio a sinistra.
- Conservazione mediocre, poco usato.
- Diam. 0,068. Peso gr. 294,5.
- (Cfr. Garrucci, tav. XXXVII).
Patina plumbea a lustri nerastri, con tartaro verde, in qualche punto azzurro.
Codolo della fusione visibile sopra la testa di Giano. Sotto il collo il bordo e la bava delle matrici nitidissime. La tecnica nella trattazione del bordo è del tutto peculiare.
17. — Tav. XIV b. — Asse librale simile al precedente.
- Esemplare poco più usato. — Diam, 0,064. Peso gr. 289.
Patina e tartaro come sopra.
Note
- ↑ Mentre si stampava il presente scritto, venne pubblicato nei Rendiconti della R. Accademia dei Lincei (Vol. VI, fasc. 12, pag. 851) una brevissima Nota intorno a questo ripostiglio, altrettanto magra quanto piena di inesattezze.
- ↑ La Bruna, distante circa 11 chilometri da Spoleto, è un piccolo posto, con una chiesa ed una osteria, il quale si trova segnato sulla carta topografica militare.
- ↑ Mentre si stampava il presente stadio, è apparso il Catalogo di vendita della collezione Capo (Roma, tipi Befani, 1891); e nel Supplemento, pag. 126 figurano: i quadrilateri del nostro ripostiglio, nn. 2 e 5, dati nelle annesse tavole eliotipiche IX e X; i due spezzati nn. 2 e 6, dati a tav. VIII; nonché gli assi nn. 16-17 e nn. 14 e 15 (?). La provenienza di codesti pezzi è taciuta; gli altri pezzi del ripostiglio non vi sono (!). — Vedi nelle Notizie Varie di questo fascicolo il risultato della vendita.
- ↑ I pesi, per maggiore esattezza, furono da me verificati nel Regio Ufficio Metrico e del Saggio dei metalli preziosi di Firenze.
- ↑ Ciò sta in contraddizione con il giudizio espresso da lui medesimo nella Civiltà Cattolica, 1880, p. 721.