Vite dei filosofi/Libro Quinto/Vita di Aristotele

Libro Quinto - Vita di Aristotele

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Diogene Laerzio - Vite dei filosofi (III secolo)
Traduzione dal greco di Luigi Lechi (1842)
Libro Quinto - Vita di Aristotele
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LIBRO QUINTO




CAPO PRIMO.


Aristotele.


I. Aristotele stagirita era figlio di Nicomaco e della Festiade; e Nicomaco, al dire di Ermippo nel libro sopra Aristotele, era disceso da Nicomaco di Macaone figlio di Esculapio, ed era visso con Aminiare de’ Macedoni in qualità di medico e d’amico.

II. Aristotele, il più genuino tra’ discepoli di Platone, fu scilinguato, come afferma l’ateniese Timoteo nel libro Delle vite; e aveva anche, raccontano, le gambe sottili e gli occhi piccoli; e usava abiti sfoggiati e anelli e si radeva la barba.

III. Ebbe, secondo Timoteo, il figlio Nicomaco dalla concubina Erpillide.

IV. E si partì da Platone, che tuttora vivea; il perche è voce questo aver detto: Aristotele ci ha dato dei calci, come i nati puledrini alla madre. — Narra Ermippo nelle vite, che quando fu mandato ambasciatore per gli Ateniesi a Filippo diventò caposcuola [p. 362 modifica]nell’Academia Senocrate; che tornando poi, e vedendo sotto un altro la scuola, elesse il passeggio (περίπατος) ch’è nel liceo, e sino all’unzione innanzi e indietro cogli scolari filosofò; donde ebbe il nome di passeggiatore (περιπατητικός). Altri afferma che in presenza di Alessandro, il quale dopo una malattia passeggiava, alcuna cosa disputò; ma che finalmente, divenuti già molti, si pose anche a sedere, dicendo:

     Turpè, se parla Isocrate, ch’io tacia.


E i discepoli esercitò insieme nelle tesi, educandoli in pari tempo anche alla maniera dei retori.

V. Che in seguito si recò da Ermia l’eunuco, tiranno degli Atarnei, il quale altri dicono che fosse suo mignone, altri seco imparentato, per avergli data in moglie una figlia od una nipote, siccome afferma Demetrio magnesio ne’ suoi libri Dei poeti e degli scrittori di uno stesso nome, il quale soggiugne anche ch’Ermia fu uno schiavo di Eubulo, di razza bitinio, e che uccise il suo padrone. Aristippo per altro, nel libro Delle delizie antiche, dice che Aristotele amò una concubina di Ermia; che e la sposò col suo assenso e, per eccesso di gioia, sagrificò a quella donnicciuola, come gli Ateniesi a Cerere eleusina; e che scrisse ad Ermia un peana che qui entro si scrive.

VI. Che poscia fu in Macedonia presso Filippo, e da lui ricevette a discepolo il figlio Alessandro; che a questo chiese di rialzargli la patria rovinata da Filippo, e l’ottenne, e perciò anche vi costituì leggi; che [p. 363 modifica]parimente in iscuola, imitando Senocrate, pose leggi per fare ogni quindici giorni un arconte; e che quando gli parve di essere stato a bastanza con Alessandro navigò ad Atene, raccomandatogli prima il suo congiunto Callistene da Olinto. Il quale troppo liberamente parlando col re e non obbedendogli, fu da esso, narrano, rimproverato col dire:

     Sarai di corta vita, figliuol mio.
     Se cotai parli.


Lo che presto accadde. Poichè sospettandosi ch’e’ fosse partecipe con Ermolao della congiura contro Alessandro, pidocchioso e lordo fu attorno condotto in una gabbia di ferro, e da ultimo gettato a’ leoni, finì per tal modo.

VII. Aristotele adunque venuto in Atene e per tredici anni condottavi la scuola, fuggì in Calcide, sendogli data un’accusa d’empietà dall’ierofante Eurimedonte, o Demofilo, perchè, come dice Favorino nella Varia istoria, compose il sovra menzionato inno ad Ermia, cd anche quest’epigramma sulla statua ch’è in Delfo:

     De’ Persi il rege arderò, empio, violando
       Già de’ beati la giustizia, uccise
       Costui; nè colla lancia sanguinosa,
       Apertamente, combattendo in campo,
       Ma la fede dell’uom, scaltro, abusando.


Quivi, come afferma Eumelo nel quinto delle istorie, beendo aconito morì, vissuti settant’anni. E lo stesso ci narra, che di trenta si era posto con Platone; ma [p. 364 modifica]s’inganna; poichè ne visse tre sopra sessanta, e si pose con Platone di diciassett’anni. — L’inno è di tal maniera:

     Virtù all’umana schiatta faticosa.
        Alla vita bellissimo conquisto,
        O Vergine, pel tuo volto e la sorte
        S’ambisce in Grecia del morire e lunghi
        Patir duri travagli: tal nell’alma
        Metti frutto immortal, miglior dell’oro,
        De’ genitori e del soave sonno.
        Per te di Giove il figlio Ercole e i nati
        Da Leda molto travagliarsi in opre
        A procacciar tua possa. Per desio
        Di te scendeano alla magion di Pluto
        E Achille e Ajace; e pel tuo caro volto
        Della luce del dì fu d’Atarnea
        Pur vedovato un cittadino. Ond’esso'
        la opre celebrato ed immortale.
        Le Muse innalzeran, figlie a Memoria,
        Che crescon reverenza all’ospitale
        Giove, ed all’amistà costante il pregio.

E v’ha anche su di lui un nostro epigramma ch’è così:

     Il mistico di Cerere ministro
        Eurimedonte già per accusare
        Stava Aristotel d’empietade: aconito
        Beendo e’ si sottrae. Vincer fu questo
        Sema fatica una calunnia ingiusta.


Aristotele, come racconta Favorino nella Varia istoria fu il primo a scrivere un discorso forense sovra sè stesso e per questa medesima accusa, e a dire come in Atene:

        Dopo di un pero invecchia un pero, e dopo
        Di un fico un fico.

[p. 365 modifica]Narra Apollodoro nelle cronache, che, nato il prim’anno della nonagesima nona Olimpiade, di diciassette anni si era accostato a Platone, e vent’anni avea dimorato con lui; ch’era andato a Mitilene, sotto l’arconte Eubulo, il quart’anno della cent’ottesima Olimpiade, e, morto Platone, nel primo anno di Teofilo si era recato da Ermia ed ivi era rimasto tre anni; che poi sotto Pitodoto era ito a Filippo, il secondo anno della cennovesima Olimpiade, quando Alessandro avea già quindici anni; che era ritornato in Atene l’anno secondo della cent’undecima Olimpiade, ed avea fatto scuola tredici anni nel Liceo; che quindi, il terz’anno della cenquattordicesima Olimpiade, era partito per Calcide, e che era morto per malattia di sessantatrè anni circa, nel qual tempo anche Demostene finiva in Calavria sotto Filocle.

VIII. Raccontasi che per la congiura di Callistene contro Alessandro divenisse odioso al re, e che questi per attristarlo innalzasse Anassimene e mandasse doni a Senocrate. Scherzò sopra di lui in un epigramma anche Teocrito chio, così poetando, al dire di Ambrione, nel libro sopra Teocrito:

     Ad Ermia eunuco e in un d’Eubulo schiavo
        Fece innalzare un vuoto monumento,
        Aristotele vuoto di giudizio.
        Che, pel suo ventre indomito, abitare
        Preferì all’Academia i fonti Borbori.


In oltre anche Timone tocca di lui dicendo:

        E neppur d’Aristotele la trista
        Frivolezza.


E questa fu la vita del filosofo. [p. 366 modifica]

IX. E noi leggemmo anche il suo testamento che a un dì presso è in questo modo:

„Certo andrà tutto bene; pur se avvenisse alcun che, così ha testato Aristotele: Che Antipatro sia curatore di tutto e per sempre. — Che sino all’arrivo di Nicanore, Aristomene, Timarco, Ipparco, Diotele e Teofrasto, quando voglia e possa, abbiano cura dei figli, dell’Erpillide e di quanto lascio. — Che la fanciulla, fatta nubile, si sposi a Nicanore. — Che, se accadesse qualche cosa alla fanciulla (il che non avvenga, nè sarà) prima di maritarsi, o dopo maritata, non avendo ancor figli, sia padrone Nicanore, e circa i figli e circa il resto amministri in modo degno di lui e di noi. — Che Nicanore anche abbia cura e della figlia e del figlio Nicomaco, essendo per essi come padre e fratello. — Che accadendo qualche cosa a Nicanore (il che non avvenga) o prima di sposare la fanciulla, o dopo di averla sposata, non essendovi figli, si faccia quello ch’egli avrà ordinato; e se Teofrasto vorrà essere colla fanciulla come con Nicanore, sia, se no, i curatori, consigliandosi con Antipatro, per ciò che spetta alla fanciulla ed al fanciullo, amministrino come ad essi paja esser meglio. — Che i tutori e Nicomaco, memori di me, abbiano cura anche dell’Erpillide che fu a mio riguardo sì premurosa, non solo nel resto, ma acciocchè, s’ella volesse sposarsi, il faccia in modo non indegno di noi; e diasi alla stessa oltre ciò che le fu dato prima, anche un talento d’argento tra que’ che abbiamo lasciati, e, se volesse, tre schiave, e la piccola schiava che ha, [p. 367 modifica]e il ragazzo Pirreo; e, se le piacesse abitar Calcide, la foresteria ch’è presso l’orto; se Stagira, la casa paterna; e qual ella sia per volere di queste, i curatori la forniranno del mobile che ad essi parrà conveniente e bastevole all’Erpillide. — Che Nicanore abbia cura anche del fanciullo Mirmece; affinchè in maniera degna di noi sia rimandato a’ suoi con quanto da esso abbiamo ricevuto. — Che l’Ambracide sia libera, e le si dia, quando maritisi la fanciulla, cinquecento dramme e la piccola schiava ch’ella ha. — Che si diano anche alla Talete, oltre la fanticella comperata, ch’ella ha, mille dramme ed una piccola schiava. — Che, oltre il danaro datogli prima per un altro schiavo, o si comperi a Simone un giovine schiavo, o gli si dia il danaro. — Che qualora si mariti la fanciulla, sia libero Ticone, e Filone, e Olimpione, e la sua figliuoletta. — Che non si venda nessuno dei fanciulli che sono al mio servigio, ma si usino, e fatti adulti, si lascino liberi secondo il merito. — Che si abbia cura di dedicare, quando saranno finite, le immagini allogate a Grillione: e quella di Nicanore, e quella di Prosseno, ch’io pensava allogargli, e quella della madre di Nicanore; e di innalzare quella finita di Arimnesto, perchè gli serva di monumento, essendo morto senza figliuoli; e di consacrare quella di nostra madre a Cerere in Nemea, o dove paja. — Che dove facciasi il sepolcro, quivi pure, dissotterrate, si pongano le ossa della Piziade, com’ella ordinò. — Che finalmente Nicanore, se sarà salvo, il qual voto abbiamo fatto per lui, dedichi statue di pietra di [p. 368 modifica]quattro cubiti a Giove ospitale, a Minerva salvatrice in Stagira.“ — Tali sono le sue disposizioni.

X. Narrano ed essersi rinvenute molte sue olle ed affermare Licone che e’ si bagnava in una tinozza di olio caldo, e l’olio a questo e a quello vendeva. Altri dicono che un otricello di olio caldo poneva sovra il suo stomaco; e quando si corcava, cacciavasi in mano una palla di bronzo, sopponendovi un bacile, affinchè cadendo la palla nel bacile, e’ fosse desto dal rumore.

XI. A lui si attribuiscono anche queste bellissime sentenze. Interrogato, qual guadagno derivi ai bugiardi? Rispose: Che allorquando dicono la verità non sono creduti. — Rimproverato una volta perchè avea fatto elemosina ad un malvagio, L’uom, disse, ho compassionato, non il costume. — Avea in uso continuamente di ripetere agli amici ed a coloro che frequentavano la sua scuola, e ovunque gli accadea fermarsi, che la vista dall’aria ambiente riceve la luce, ma l’animo dagli studi. — Spesso inveiva contro gli Ateniesi dicendo: Aver essi bensì trovato il frumento e le leggi, ma usare il frumento e non le leggi. — Della disciplina, affermava, essere amare le radici, dolci i frutti. — Interrogato qual cosa più presto invecchiava? Il benefizio, rispose. — Interrogato che cosa è la speranza? disse: Il sogno di uno che veglia. — Offerendogli Diogene un ficosecco, e pensando egli che, se no ’l prendea, fosse preparato un motto, presolo, disse: Diogene col motto ha perduto anche il ficosecco. — Offertogline di nuovo, prendendolo e alzandolo in aria, come co’ bimbi, e dicendo: Magno Diogene, glielo restituì. — Tre cose diceva essere mestieri [p. 369 modifica]all’educazione: Ingegno, istruzione, esercizio. — Udito che un tale lo diffamava, Assente me, disse, percuota pur anche. — Diceva la bellezza miglior commendatizia di qualunque lettera. — Altri affermano tale essere l’opinione di Diogene, ed egli chiamar dono un bel volto — e Socrate, impero di breve durata, Platone, supremità di natura; Teofrasto, tacito inganno; Teocrito, danno eburneo; Carneade, regia autorità priva di guardie. — Interrogato se i dotti si differenziano dagli ignoranti, Quanto, rispose, i vivi dai morti. — Il sapere chiamava ornamento nelle cose prospere, nelle avverse rifugio.Tra’ genitori doversi maggiormente onorare que’ che educano di que’ che soltanto generano, poichè questi il vivere, quelli il ben vivere ci preparano. — Ad uno che si vantava essere di una grande città, disse: Non a questo è d’uopo guardare, ma se uno è degno di una gran patria. — Interrogato che cosa è amico? Rispose: Un’anima che abita in due corpi. — Diceva degli uomini: Alcuni essere così assegnati come se dovessero viver sempre, altri larghi per modo, come se tosto morire. — Ad uno che gli dimandava per qual cagione molto tempo conversiamo co’ belli rispose: Domanda da cieco! — Interrogato che cosa finalmente s’era egli avanzato dalla filosofia rispose: Di fare, non comandato, ciò ch’altri fanno pel timore delle leggi. — Addimandato in qual modo i discepoli profittino disse: Seguitando que’ che sono innanzi e non aspettando gli ultimi. — Ad un cianciatore, il quale fattogli addosso un profluvio di parole gli disse: forse che io non t’offesi chiacchierando? No certo, soggiunse, [p. 370 modifica]perchè non ti diedi retta. — Ad uno che lo accusava perchè avesse dato del danaro ad un inonesto (che pure la si racconta così), Non ho dato, rispose, all’uomo, ma all’umanità. — Interrogato come ci dobbiamo comportare cogli amici, disse: Come brameremmo ch’e’ si comportassero verso di noi. — La giustizia chiamava una virtù dell’animo, che dà a norma del merito di ciascuno.Ottimo viatico alla vecchiaia diceva l’istruzione. — Racconta poi Favorino, nel secondo dei Commentarii, ch’egli sempre dicesse: Amici, nessun amico. Ed è anche nel settimo dei Morali. — Questo si riferisce di lui.

XII. Compose un gran numero di libri, i quali stimai conveniente descrivere per l’eccellenza di quest’uomo in ogni maniera di studi. — Della giustizia 1, 2, 3, 4 — Dei poeti, 1, 2, 3 — Della filosofia, 1, 2, 3 — Politico, 1, 2 — Della rettorica, ovvero Grillo, 1 — Nerinto, 1 — Il sofista, 1 — Menesseno, 1 — Amatorio, 1 — Il convito, 1 — Della ricchezza, 1 — Esortatorio, 1 — Dell’anima, 1 — Della preghiera, 1 — Della nobiltà, 1 — Della voluttà, 1 — Alessandro, o sopra i coloni, 1 — Della regia autorità, 1 — Della educazione, 1 — Del bene, 1, 2, 3 — Cose estratte dalle leggi di Platone, 1, 2, 3 — Cose estratte dalla repubblica, 1, 2 — L’economico, 1 — Dell’amicizia, 1 — Del sofferire o dell’essere sofferente, 1 — Delle scienze, 1 — Delle cose disputabili, 1, 2 — Soluzioni disputabili, 4 — Distinzioni sofistiche, 4 — Dei contrarj, 1 — Delle specie e dei generi, 1 — Dei proprii, 1 — [p. 371 modifica]Commentari epicherematici, 3 — Proposizioni circa la virtù, 1, 2, 3 — Obbiezioni, 1 — Delle cose che si dicono in diversi modi, o a norma dei presupposti, 1 — Dei mali dell’ira, 1 — Morali, 1, 2, 3, 4, 5 — Degli elementi 1, 2, 3 — Della scienza, 1 — Dei principio, 1 — Diciassette divisioni. — Divisibili, 1 — Dello interrogare e rispondere, 1, 2 — Del movimento, 1, 2 — Proposizioni, 1 — Proposizioni disputabili, 4 — Sillogismi, 1 — Dei primi analitici, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 — Degli analitici posteriori maggiori, 1, 2 — Dei problemi, 1 — Metodici, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 — Del migliore, 1 — Dell’idea, 1 — Definizioni anteriori a’ topici 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 — Sillogismi, 1, 2 — Sillogistico e definizioni, 1 — Dello elegibile e dell’accidentale, 1 — Cose precedenti i topici, 1 — Topici che precedono le definizioni, 1, 2 — Passioni, 1 — Il divisibile, 1 — Matematico, 1 — Tredici definizioni. — Epicheremati, 1, 2 — Della voluttà, 1 — Proposizioni, 1 — Del volontario, 1 — Del bello, 1 — Tesi epicherematiche, venti cinque — Tesi amatorie, quattro — Tesi amichevoli, 2 — Tesi intorno all’anima, 1 — Politiche, 2 — Letture politiche alla maniera di Teofrasto, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 — Delle cose giuste, 1, 2 — Raccolta di arti 1, 2 — Di arte rettorica, 1, 2 — L’arte, 1 — Altra arte, 1, 2 — Metodico, 1 — Introduzione all’arte di Teodetto, 1 — Studio dell’arte poetica, 1, 2 — Entimemi rettorici, 1 — Della dizione, 1, 2 — Del consiglio, 1 — Collezione, 1, 2 — Della natura, 1, 2, 3 — Fisico, 1 — Della filosofia di Archita, 1, 2, 3 — Di quella di [p. 372 modifica]Speusippo e di Senocrate, 1 — Cose tratte dagli scritti di Timeo e di Archita, 1 — Contro le opere di Melisso, 1 — Contro quelle di Alcmeone, 1 — Contro i Pitagorei, 1 — Contro Gorgia, 1 — Contro Senofane, 1 — Contro gli scritti di Zenone, — De' Pitagorei, 1 — Degli animali, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 — Di anatomiche dissezioni, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 — Scelta di anatomiche dissezioni, 1 — Sopra gli animali composti, 1 — Sopra gli animali favolosi, 1 — Sul non generare, 1 — Delle piante, 1, 2 — Fisiognomonico, 1 — Medicinali, 2 — Dell’unità, 1 — Segni delle procelle, 1 — Astronomico, 1 — Ottico, 1 — 'Del moto, 1 — Della musica, 1 — Della memoria, 1 — Quistioni omeriche, 1 2, 3, 4, 5, 6 — Cose poetiche, 1 — Di cose fisiche per ordine d’alfabeto, trent’otto — Di problemi patenti, 1, 2 — Di encicliche, 1, 2 — Meccanico, 1 — Problemi tratti dagli scritti di Democrito 1, 2 — Della pietra, 1 — Paragoni, 1 — Miscellanee, dodici. — Sposizioni per generi, quattordici. — Olimpioniche, 1 — Pitioniche per la musica, 1 — Pitico, 1 — Elenco delle Pitioniche, 1 — Vittorie e dionisiache, 1 — Delle tragedie, 1 — Insegnamenti, 1 — Proverbi, 1 — Di leggi da stabilirsi, 1 — Di leggi, 1, 2, 3, 4 — Di predicamenti, 1 — Dell’interpretazione, 1 — Governi di città, due meno di censessanta, ed in particolare democratici, oligarchici, aristocratici e tirannici — Epistole a Filippo — Epistole dei Selimbrii — Quattro epistole ad Alessandro — Ad Antipatro, nove — A Mentore, 1 — Ad Aristone, 1 — Ad Olimpiade, 1 — [p. 373 modifica]Ad Efestione, 2 — A Temistagora, una — A Filosseno, 1 — A Democrito, 1 — Poemi, il cui principio è:

        Lungi saettante, venerando, puro
        Degli dei.


Elegie, che principiano:

        Figlio di ben-industre madre.


Tutte insieme quest’opere aggiungono a quarantaquattro miriadi di versi più cinque mila dugensettanta 445 270).

XIII. Cotante furono le opere da lui composte. In esse vuole queste cose: Che doppio sia il concetto della filosofìa, uno pratico, l’altro teoretico; del pratico l’uno morale, l’altro politico, che le cose della città e le domestiche prescrivono; del teoretico l’uno fisico, l’altro logico, de’ quali il logico sia non al tutto come parte, ma come uno strumento perfettissimo. Stabilito anche di questo un duplice scopo, il verisimile ed il vero dichiarò; e per ciascuno usò due potenze: la dialettica e la rettorica pel verisimile; pel vero l’analitico e la filosofia; nulla tralasciando nè di ciò che spetta all’invenzione, nè di ciò che al giudizio ed all’uso. Per l’invenzione adunque offerse i Topici ed i Metodici, moltitudine di proposizioni, dalle quali si possono trarre in abbondanza argomenti verisimili per: problemi; pel giudizio i Primi analitici e i posteriori, col mezzo dei primi giudica i lemmi, col mezzo dei posteriori esamina le conclusioni; per l’uso poi ciò che si riferisce [p. 374 modifica]al disputare, all’interrogazione, ed all’arte di combattere le dimostrazioni sofistiche, i sillogismi, e simili. Criterio della verità, per le cose che opera la fantasia, dimostrava essere il senso, per le morali che riguardano la città, la casa e le leggi, la mente. — Dichiarava uno il fine, l’uso della virtù in una vita perfetta; e diceva anche essere la felicità un’unione di tre specie di beni: quei dell’anima, che appellava pure primi in potenza; secondo, que’ del corpo, salute, robustezza, beltà e somiglievoli; terzo, gli esterni, ricchezza, nobiltà, gloria ed altri tali. — E la virtù non essere di per se stessa bastante per la felicità, poichè ha mestieri e dei beni del corpo, e degli esterni, essendo infelice anche il sapiente sia che in travagli, sia che in povertà si ritrovi e in sì fatti mali. Il vizio, per altro, bastare da se all’infelicità, quantunque gli sieno presentissimi i beni esteriori e del corpo.Le virtù, diceva, non seguirsi fra loro, poichè è possibile ch’essendo uno e prudente e giusto in pari tempo sia intemperante e dissoluto. — Diceva: Il sapiente non essere al certo impassibile, ma con misura passibile. — E l’amicizia difiniva: Un’egualità di benivoglienza reciproca. E di questa essere una di consanguinità, una d’amore, una di ospitalità. — Essere l’amore non solo per congiugnimento, ma anche per filosofia. — E potere il sapiente innamorarsi, e governare la città, e menar danna, e vivere anco insieme coi re. — Ed essendo di tre sorta vite, speculativa, pratica, voluttuosa, la speculativa preferia. — Utile, diceva, l’istruzione generale all’acquisto della virtù. — Nel dar ragione delle cose naturali fu sopra tutti abilissimo [p. 375 modifica]per modo, che delle più piccole assegnava le cagioni. Ond’è che non pochi volumi compose di commentarj fìsici. — Dio, non altrimenti che Platone, affermava incorporeo. Estendere la sua provvidenza sino alle cose celesti, essere immobile: ma le cose terrestri governarsi per simpatia con quelle. Oltre i quattro elementi esistere un altro quinto elemento; di questo consistere le cose eteree, ed essere il movimento di esse, perchè circolare, diverso. — Incorporea diceva anche l’anima, essendo essa la prima perfezione ([testo greco]) e avendo vita nella potenza del corpo fisico ed organico. Secondo lui ella è doppia. Chiama poi entelechia qual siasi specie incorporea. Entelechia per potenza; come il Mercurio nella cera, la quale ha la proprietà di ricevere le impronte, e la statua nel bronzo. Entelechia per costituzione chiama quella di un Mercurio, o di una statua compita. Del corpo naturale, essendochè dei corpi altri sono manufatti, come le produzioni degli artieri, per esempio una torre, una nave; altri naturali, come le piante e gli animali. Organica, la disse, cioè disposta per qualche cosa, come la vista al vedere, e l’udito all’udire. Avente vita nella forza, come in sè stesso. E questa forza doppia o per costituzione, o per azione. Per azione, come chi è desto si dice aver anima; per costituzione, come chi dorme. Affinchè adunque anche questo si potesse intendere aggiunse quel nella forza. — Molte cose ha dichiarato anche intorno a molti altri argomenti che troppo lungo sarebbe annoverare; poichè di ogni cosa fu studiosissimo ed abilissimo trovatore, come è manifesto dalle sopra descritte opere, le quali [p. 376 modifica]giungono presso che al numero di quattrocento, almeno le non controverse; poichè si spacciano per sue molte altre opere e sottili apotemmi detti a voce e non iscritti.

XIV. Furono otto Aristoteli. — Primo, quest’esso. — Secondo, colui che amministrò la città d’Atene, e del quale vanno attorno eleganti discorsi giudiziali. — Terzo, colui che scrisse sopra l’Iliade. — Quarto, un retore siciliano che scrisse contro il Panegirico d’Isocrate. — Quinto, quello che fu soprannomato Favola (Μύθος), famigliare di Eschine il socratico. — Sesto, un cireneo che scrisse dell’arte poetica. — Settimo, un maestro di scuola, di cui fa menzione Aristosseno nella vita di Platone. — Ottavo, un oscuro grammatico, del quale si ha un’arte del pleonasmo.

XV. Dello Stagirita v’ebbero molti chiari discepoli; ma celebratissimo essendo Teofrasto, di lui è mestieri parlare.

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