al disputare, all’interrogazione, ed all’arte di combattere le dimostrazioni sofistiche, i sillogismi, e simili. Criterio della verità, per le cose che opera la fantasia, dimostrava essere il senso, per le morali che riguardano la città, la casa e le leggi, la mente. — Dichiarava uno il fine, l’uso della virtù in una vita perfetta; e diceva anche essere la felicità un’unione di tre specie di beni: quei dell’anima, che appellava pure primi in potenza; secondo, que’ del corpo, salute, robustezza, beltà e somiglievoli; terzo, gli esterni, ricchezza, nobiltà, gloria ed altri tali. — E la virtù non essere di per se stessa bastante per la felicità, poichè ha mestieri e dei beni del corpo, e degli esterni, essendo infelice anche il sapiente sia che in travagli, sia che in povertà si ritrovi e in sì fatti mali. Il vizio, per altro, bastare da se all’infelicità, quantunque gli sieno presentissimi i beni esteriori e del corpo. — Le virtù, diceva, non seguirsi fra loro, poichè è possibile ch’essendo uno e prudente e giusto in pari tempo sia intemperante e dissoluto. — Diceva: Il sapiente non essere al certo impassibile, ma con misura passibile. — E l’amicizia difiniva: Un’egualità di benivoglienza reciproca. E di questa essere una di consanguinità, una d’amore, una di ospitalità. — Essere l’amore non solo per congiugnimento, ma anche per filosofia. — E potere il sapiente innamorarsi, e governare la città, e menar danna, e vivere anco insieme coi re. — Ed essendo di tre sorta vite, speculativa, pratica, voluttuosa, la speculativa preferia. — Utile, diceva, l’istruzione generale all’acquisto della virtù. — Nel dar ragione delle cose naturali fu sopra tutti abilissimo