Vita e morte del Re Riccardo III/Atto quinto
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Traduzione dall'inglese di Carlo Rusconi (1859)
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ATTO QUINTO
SCENA I.
Vasta pianura di Salisbury.
Entrano lo Sceriffo e le Guardie con Buckingham condotto a morte.
Buck. Non vuole il re Riccardo udirmi parlare?
Scer. No, mio buon lord; siate perciò paziente.
Buck. Hastings, e voi figli d’Eduardo, Rivers, Grey, santo re Enrico, amabile di lui figlio, Vaughan, e voi tutte sfortunate vittime, sgozzate fra le tenebre dal pugnale nascosto dell’odiosa tirannia, se le vostre ombre crucciate e gementi contemplano di fra le nubi lo spettacolo di quest’ora fatale, godete della vostra vendetta insultando alla mia morte! Amici, non è oggi il giorno delle anime trapassate?
Scer. Sì, milord.
Buck. Ebbene, questo giorno dei trapassati è il giorno della morte mia; è il giorno che, sotto il regno d’Eduardo, io pregai il Cielo di rendermi fatale, se mai fossi divenuto traditore ai suoi figli ai parenti della sua sposa. È il giorno in cui formai il desiderio di morir vittima della perfidia dell’uomo nel quale avevo riposta maggior fiducia. Questo giorno, terribile per la mia anima sconfortata, segna il termine de’ miei misfatti. Quel Dio onnipossente e onniveggente, di cui credevo farmi giuoco, ha rovesciato sulla mia testa l’effetto della mia bugiarda preghiera; ei mi fa provare col suo castigo quella sorte ch’io irridendo imploravo. Così egli obbliga il pugnale del malvagio a rivolgere la sua punta contro il seno del suo signore. Così su di me si compie la maledizione di Margherita, che diceva: allorchè Riccardo farà che il tuo cuore si spezzi a forza di dolori, sovvienti di me che tal sorte ti avevo predetta. — Su, via, conducetemi al ceppo ignominioso: l’ingiustizia raccoglie l’ingiustizia, e l’infamia è pagata d’infamia.(escono)
SCENA II.
Pianure di Tamworth.
Entrano con tamburi e bandiere Richemond, Oxford, sir Giacomo Blunt, sir Gualtiero Herbert e l’esercito.
Rich. Mìei compagni d’arme, eletti e prodi amici oppressi fin qui dalla tirannia; eccoci giunti senza ostacoli in seno all’Inghilterra, dove ricevo dal mio padre Stanley notizie consolatrici ben atte a darci coraggio. Il feroce e sanguinoso usurpatore, l’impuro mostro che ha depredate le vostre messi e le vostre fertili vigne, cerca di squarciarvi il seno, per bere il vostro sangue e tuffarsi nelle stragi. Da quel che ci vien detto, egli se ne sta ora nell’isola vicino a Leicester; in un giorno di marcia lo avrem raggiunto. In nome di Dio! coraggiosi amici, voliam con cuore allegro a combattere per la pace, che non ci costerà che uno scontro terribile ma decisivo.
Ox. La coscienza che ognuno di noi ha della giustizia della nostra causa val mille spade, per combattere quell’empio omicida.
Her. Non dubito che i suoi amici non lo abbandonino per unirsi a noi.
Blunt. Non ha altri amici che quelli che ritiene il timore; e al momento del suo perìcolo essi lo lascieranno.
Rich. Tutto sta in favor nostro: onde marciamo in nome di Dio! La speranza, quand’è virtuosa e legittima, vola con ala infaticabile: di un re essa fa un Dio, e di un uomo un re. (escono)
SCENA III.
Il campo di Bousworth.
Entrano il re Riccardo coll’esercito; il duca di Norfolk, il conte di Surrey ed altri.
Ricc. Piantiamo le nostre tende in questo campo di Bousworth. — Milord di Surrey, perchè siete sì mesto?
Surr. Il mio cuore è dieci volte più leggiero che nol mostri il mio aspetto.
Ricc. Milord di Norfolk...
Nor. Mio grazioso sovrano.
Ricc. Norfolk, noi saremo battuti: ah! che ne pensate?
Nor. Saremo battuti e batteremo, mio amato sovrano.
Ricc. Si eriga qui la mia tenda; qui io vo’ giacermi questa notte. (alcuni soldati cominciano ad innalzare la tenda del re) Ma dove dormirò dimani?... Non vale. — Chi di voi sa qual sia il numero dei traditori?
Nor. A sei o settemila ascendono.
Ricc. Il nostro esercito è tre volte più numeroso. Inoltre il nome e la presenza del re sono un baloardo invincibile, e tal vantaggio non hanno i ribelli. S’innalzino le tende. — Andiamo, nobili lòrdi, andiamo alla conoscenza dei posti. — Si chiami qualche ufficiale di senno e d’esperienza: attendiamo con ogni cura alla disciplina, e non perdiamo un minuto, perocchè dimani sarà un giorno di grandi opere. (escono; entrano da un’altra parte del campo Richemond, sir Guglielmo Brondon, Oxford ed altri lòrdi. Alcuni soldati s’adoprano a erigere la tenda di Richemond) Rich. Il sole, stanco del suo corso, l’ha terminato con un fulgido tramonto, e le vestigie dorate che il suo carro di fuoco lascia nel cielo ci annunziano un bel dimani. — Voi, sir Brondon, porterete il mio stendardo — Vi sia carta e inchiostro nella mia tenda. — Io vo’ fare il disegno della nostra battaglia, distribuire ad ogni capitano il suo posto o i suoi uffici, e ripartire equamente il nostro piccolo esercito. — Oxford, Brondon, Herbert, restate meco. Il conte di Pembroke comanderà il suo reggimento. Caro capitano Blunt, salutate Pembroke per me e ditegli di venirmi a trovare nella mia tenda alle due del mattino. — Udite anche una cosa: dov’è acquartierato milord Stanley?
Blunt. Se non errai sui colori dei suoi vessilli, il suo reggimento è a più che a un mezzo miglio di distanza dal re da lato di mezzogiorno.
Rich. Se fosse possibile senza troppo arrischiare, caro Blunt, vorrei v’abboccaste con lui, e gli deste questo foglio che racchiude importanti istruzioni.
Blunt. A rischio della mia vita, milord, lo farò; e assumo l’ufficio con gioia. Dio vi conceda un sonno tranquillo in questa notte!
Rich. E a te pure, ottimo capitano. — Venite, signori, entriamo nella mia tenda per conferire sulle cose di dimani; chè l’aria è già fatta troppo rigida. (entrano nella tenda; si mostrano nell’altra tenda di Riccardo il re Riccardo, Norfolk, Ratcliff e Catesby)
Ricc. Che ora è?
Cat. Ora di cenare, milord: son nove ore.
Ricc. Non vo’ cenare questa sera. — Datemi un po’ d’inchiostro e di carta. — La visiera del mio elmo è stata riparata? Tutta la mia armatura sta essa nella mia tenda?
Cat. Sì, milord; ogni cosa è pronta.
Ricc. Buon Norfolk, va alle tue incombenze; sii diligente e scegli sentinelle fedeli.
Nar. Vado, milord.
Ricc Alzati colla lodola dimani, gentil Norfolk.
Nor. Questo vi prometto, milord. (esce)
Ricc. Ratcliff...
Rat. Milord?
Ricc. Manda un sergente al quartiere di Stanley che gli comandi di condurre il suo esercito prima dell’alzata del sole, se non vuole che suo figlio cada nell’eterna notte. — Empimi una tazza di vino. — Accendi un lume. — Tu sellerai il (a Catesby) mio bianco Surrey1 per la battaglia di dimani — Guarda che il legno delle mie lancie sia solido, e non troppo grave. — Ratcliff...
Rat. Milord?
Ricc. Vedesti il malinconico sire di Northumberland?
Rat. Lo vidi col conte di Surrey nell’ora del crepuscolo, che andavano di quartiere in quartiere, animando i soldati.
Ricc. Son contento. Dammi una tazza di vino; non mi sento quell’alacrità di spirito e quella gaiezza di mente ch’io soglio avere. — Poni là quella tazza. — Mi hai apparecchiato l’inchiostro e la carta?
Rat. Sì, milord.
Ricc. Comanda alle sentinelle una vigile custodia, e lasciami. A mezza notte vieni alla mia tenda, per aiutarmi ad armare. — Lasciami, dico, (si ritira nell’interno della tenda: escono Ratcliff e Catesby; l’altra tenda si apre, lascia vedere Richemond coi suoi ufficiali; entra Stanley)
Stan. Fortuna e vittoria riposino sul tuo elmo.
Rich. Tutte le gioie che sa dare la fosca notte ti accompagnino, mio nobile padrino! Dimmi, come sta la nostra amata madre?
Stan. Ebbi incarico di recarvi i suoi voti; ella non cessa di pregare il Cielo pel vostro buon successo. Ma basta su di ciò; le ore silenziose della notte trascorrono, e alcune striscie di luce rompono già la spessezza delle tenebre. In poche parole, perocchè il tempo nè comanda d’esser brevi, schierate il vostro esercito in battaglia alla punta del giorno, e confidate la vostra fortuna alla decisione del braccio omicida della guerra, e dei suoi colpi sanguinosi. Io, per quanto il potrò (perocchè non posso fare tutto quello che desidererei), starò inoperoso finchè l’istante venga di soccorrervi apertamente; ora non so dichiararmi del vostro partito, per tema che, se i miei movimenti fossero scoperti, il vostro tenero fratello Giorgio non venisse ucciso dinanzi a suo padre. Addio. Il tempo e il pericolo mi vietano le espressioni della mia tenerezza, e la dolcezza d’un lungo colloquio, che piacerebbe tanto a due amici divisi da sì lungo tempo. Dio voglia darci in breve l’agio di esprimerci tutto quello che sentono i nostri cuori! Una volta ancora, addio. Siate prode e felice!
Ricc. Cari lòrdi, riconducetelo al suo reggimento. Io cercherò in mezzo alla commozione de’ miei pensieri di trovare un po’ di riposo, per tema che un sonno di piombo non m’opprima dimani, allorchè mi converrà salire sulle ali della vittoria. Buona notte, onesti signori e amabili gentiluomini. (escono i lòrdi con Stanley). Oh! tu, Dio degli eserciti, di cui mi reputo ora capitano, degnati rivolgere uno sguardo favorevole sui miei soldati! poni nelle loro mani i folgori tremendi della tua vendetta, ond’essi possano frangere e arrovesciare per sempre gli elmetti usurpatori dei nostri nemici; fanne ministri della tua giustizia; fa che possiamo cantar le tue lodi nella vittoria! È a te ch’io confido la custodia della mia anima, prima che lasci chiudere al sonno le mie palpebre. dormente o svegliato, sii tu sempre il mio difensore! (si addorme; lo spettro del principe Eduardo, figlio di Enrico VI, sorge da terra fra le due tende)
Spett. (verso Ricc.) Dimani l’ombra mia peserà terribile sulla tua anima! Pensa in qual modo mi uccidesti nel fiore della mia giovinezza a Tewksbury. Dispera quindi, e muori! — Rallegrati tu, Richemond; perocchè le oltraggiate anime di principi assassinati combattono in tuo favore: la prole del re Enrico, Richemond, è quella che ti conforta.
(l’ombra del re Enrico VI sorge)
Om. (verso Ricc.) Quand’io era mortale, il mio corpo consacrato dall’olio santo fu da te in mille parti traforato: pensa a me e alla Torre; dispera, e muori! Enrico VI ti dà la sua maledizione! — Tu virtuoso e pio, (verso Rich.) sii vincitore! Enrico, che ti predisse che saresti divenuto re, viene ora a confertarti nel tuo sonno; vivi e sii felice! (lo spettro di Clarensa sorge)
Spett. (verso Ricc.) Dimani io mi aggraverò fatale colla tua anima! Io che fui annegato entro un’onda di vino, povero Clarenza, pei tuoi delitti dannato a morte! Dimani fra la battaglia pensa me, e questa memoria faccia cadere dalle tue mani la tua inutile spada: dispera, e muori! — Tu, prode di Lancastro (verso Ricc.), per te pregano gli oltraggiati figli di York: i buoni angeli ti proteggano nella battaglia; vivi e prospera! (gli spiriti di Rivers, Grey e Vaughan sorgono) Riv. (verso Ricc.) Dimani opprimerò orribilmente la tua anima: son Rivers che morì a Pomfret! dispera, e muori!
Grey. (verso Ricc.) Pensa a Grey, e sia la tua anima invasa dalla disperazione!
Vaugh. (verso Ricc.) Pensa a Vaughan, e la rea coscienza faccia cadere dalle tue mani la lancia! dispera, e muori!
Tutti e tre (verso Ricc.) Svegliati! e pensa che le nostre offese rodono il cuor di Riccardo, e lo vinceranno: svegliati e vinci!
(l’ombra di Hastings sorge)
Om. (verso Ricc.) Tiranno pieno di sangue e di misfatti! Destati qual disperato, e va a finire i tuoi giorni in una sanguinosa battaglia! Ricordati di lord Hastings: dispera, e muori! Anima senza rimorsi (verso Rich.) svegliati, svegliati! Armati, combatti e vinci per amore della bella Inghilterra! (le ombre dei due giovani principi sorgono)
Om. Pensa ai tuoi cugini trucidati nella Torre, e le nostre imagini pesino come piombo sul tuo cuore, Riccardo, e ti trascinino alla tua ruina, all’infamia ed alla morte! Son le anime dei tuoi nipoti che ti dicono: dispera e muori! — Dormi tu, Richemond, dormi in pace, e destati fra la gioia! I buoni angeli ti difendano dal furore dell’orso feroce! Vivi e ingenera una fortunata schiatta di re! Gl’infelici figli d’Eduardo fan voti per la tua prosperità. (l’ombra della regina Anna sorge)
Om. Riccardo, la tua sposa, la sfortunata Anna tua sposa, che non gustò mai un’ora di quiete accanto a te, empie ora i tuoi sonni di perturbazione: dimani fra la battaglia pensa a me, e la spada ti cada dalle mani: dispera, e muori! — Tu, placida anima (verso Rich.). gusta un beato sonno: pasciti nei successi d’una lieta vittoria; la moglie del tuo nemico prega per te. (lo spettro di Buckingham sorge)
Spett. (verso Ricc.) Io fui il primo che ti aiutai a salire al trono e fui l’ultima vittima della tua tirannia. Oh! durante la battaglia pensa a Buckingham, e muori fra il terrore de’ tuoi misfatti! Sogna, sogna solo di atroci opere e di morti; abbandonati alla disperazione e muori disperando! — Io perii senza averti potato prestare alcun soccorso (verso Rich.); ma rallegrati, e non temere: Dio e i buoni angeli combattono per Richemond; e Riccardo cadrà da tutta l’altezza del suo orgoglio.
(gli spiriti svaniscono; Riccardo s’alza spaventato)
Ricc. Datemi un altro cavallo fasciate le mie ferite... abbi pietà, Gesù!.... Silenzio... fu solo sogno... — Oh codarda coscienza, come mi martori! — Le stelle splendono gloriose... è appena mezzanotte. Gelide goccie di sudore stanno sulle mie membra tremanti. Di che temo io? di me? qui sono solo: Riccardo ama Riccardo, e questi sono io. V’ha forse qualche carnefice qui? No... Sì; io vi sono: dunque fuggi... Fuggir da me? A che? per tema ddla vendetta? Vendetta vorrò io sn di me? Io mi amo. Perchè mi amo? pei beni che feci a me stesso? Oh no! oimè, io piuttosto mi esecro per le atroci opere che ho commesse! Io sono uno scellerato: no, mento, noi sono. Insensato! parla onorevolmente di te... insensato! non adularti. La mia coscienza ha mille diverse voci, ed ogni voce narra una diversa novella, ed ogni novella fa di me un disumano! Lo spergiuro, lo spergiuro orrendo, l’omicidio, il feroce omicidio in tutta la sua empietà, ogni altro delitto, compiuto sotto tutte le forme, si affollano al tribunale della mia coscienza, e mi gridano: empio! empio! Cadrò in disperazione. — Non vi è alcuno che mi porti amore; e se muoio niuno mi compatirà. Oh! perchè lo farebbero? dappoichè io non sento pietà di me stesso! Mi parve che le anime di tutti coloro che ho uccisi venissero nella mia tenda, ed ognuna minacciasse di trar dimani vendetta sul capo di Riccardo. (entra Ratcliff)
Rat. Milord...
Ricc. Chi è là? (atterrito)
Rat. Ratcliff, milord, son io. Il gallo del villaggio ha già due volte salutata l’aurora col suo canto mattutino: i vostri amici sono alzati, e si stanno armando.
Ricc. Oh! Ratcliff, io ebbi un orribile sogno! Che ne credi tu? Ci saranno fedeli i nostri amici?
Rat. Qual dubbio, milord?
Ricc. Ratcliff, io temo, temo.....
Rat. No, mio buon lord, non vi lasciate atterrire da vane larve.
Ricc. Per l’apostolo Paolo! le ombre questa notte hanno infuso maggior terrore nell’anima di Riccardo, che nol potrebbe la sostanza di dieci mila soldati, armati dalla testa ai piedi, e guidati dall’imbelle Richemond. — Il giorno non e per anche vicino. Vieni meco a percorrer le tende: vo’ compiere le parti di spia, e udire se v’è alcuno de’ miei soldati che abbia intensione di abbandonarmi.
(escono; Richemond si sveglia; entrano Oxford ed altri)
I lòrdi. Buon giorno, Richemond!
Rich. Vi chieggo perdono, signori, e vigili ufficiali, se sorprendete un neghittoso nella sua tenda.
I lòrdi. Come avete dormito, milord?
Rich. Del più dolce sonno, e fra i sogni più felici, che entrassero mai in un cervello; ciò durò dall’istante in cui mi lasciaste infino ad ora, miei lórdi. Ho creduto vedere le ombre di tutti gli sfortunati che Riccardo ha fatto uccidere, entrare nella mia tenda, e gridarmi: vittoria! Vi giuro che il mio cuore è ben gaio per sogno così fortunato. Che ora è, signori?
I lòrdi. Le quattro stan per suonare.
Rich. Allora è tempo di armarsi, e di dar gli ordini pel combattimento. (s’avanza verso i soldati) Non aggiungerò nulla a quello che vi ho detto, miei cari concittadini: il tempo e le circostanze mi vietano più lunghi discorsi. — Ricordatevi soltanto di ciò. — Dio e la giustizia delia nostra causa combattono per noi. I santi del Cielo e le ombre sdegnose delle vittime oppresse da Riccardo uniscono i loro voti ai nostri, e stanno schierati dinanzi al nostro esercito come un baloardo invincibile. Tranne il solo Riccardo, quelli che noi andiamo a combattere augurano a noi la vittoria, prima che a quegli di cui seguono lo stendardo: perocchè qual è il loro capo? Voi lo sapete, prodi guerrieri. Un tiranno sanguinoso, un barbaro omicida. Un re salito sul trono versando sangue, e che vi si mantenne continuando a versarne; un uomo che non è giunto alla corona che con perfidia, e che trucidato ha quei medesimi che aiutato lo avevano ad usurparla. Una pietra impura e vile che non è divenuta splendida che per l’aureola che l’attornia, e che procede dal trono, in cui il delitto l’ha posta. Un uomo che fu sempre il nemico di Dio: e poichè voi combattete un nemico di Dio, Dio non mancherà nella sua giustizia di proteggervi. Se incorrete gravi pericoli per abbattere il tiranno, il tiranno una volta abbattuto diverrete lieti di una bella pace. Se combattete i nemici della vostra patria, la felicità della vostra patria, l’abbondanza dei beni vi compenseranno con usura dei vostri travagli. Se lottate per difender le vostre spose, sarete ricevuti da esse con gioia nei vostri lari, e salutati vincitori. Se ricomprate i vostri figli dalla spada della tirannide, i figli dei vostrì figli ve ne rimeriteranno nella vostra vecchiaia. Onde, in nome di Dio, e di tutti questi giusti motivi, spiegate i vostri vessilli, sguainate con fiducia e valore le vostre spade. Per me, il riscatto che espierà l’audacia della mia opera se ella a mal riesce, sarà questo corpo giacente inanimato sulla fredda terra del campo di battaglia; ma se trionfo, l’ultimo di voi tutti raccoglierà la sua parte di frutto della mia vittoria. Squillate, trombe; battete, tamburi: coraggio e fiducia: Dio, e san Giorgio! Richemond, e vittoria! (escono)
(rientra il re Riccardo, Ratcliff, sèguito e soldati)
Ricc. Che disse Northumberland intorno a Richemond?
Rat. Ch’ei non fu mai avvezzo alle guerre.
Ricc. Disse il vero: e che aggiunse Surrey?
Rat. Sorrise, e aggiunse che sarebbe stato meglio per noi.
Ricc. Bene aggiunse; e così è infatti. (batte una campana) Suona l’ora. — Datemi un calendario. — Chi vide il sole oggi?
Rat. Non io, milord.
Ricc. Egli sdegna risplendere: perocchè dal calendario apparisce che dovrebbe già da un’ora rischiarar l’oriente: un lugubre dì sarà questo per qualcuno. — Ratcliff....
Rat. Milord?
Ricc. Il sole non vuol lasciarsi vedere oggi: il Cielo guarda corucciato il nostro esercito. Vorrei che queste goccie di rugiada venissero dalla terra. Non splendere il sole oggi! Che cale a me di ciò più che a Richemond? Lo stesso cielo che mi minaccia, minaccia lui pure. (entra Norfolk)
Nar All’armi, all’armi, milord, il nemico è nel campo.
Ricc. Andiamo, affirettiamoci: s’appresti il mio cavallo. Andate da Stanley: comandategli di guidare le sue schiere, vo’ condurre il mio esercito nella pianura, ed ecco il mio ordine di battaglia. — Il mio avanguardo si stenderà composto d’un numero eguale di cavalli e di fanti. I nostri ardori saran posti nel centro. Il duca di Norfolk, il conte di Surrey, avranno il comando della cavalleria e dell’infanteria. Io seguirò col grosso dell’esercito, le di cui ali verranno rinforzate dai nostri più egregi gentiluomini. Così san Giorgio ne secondi! — Che pensi del mio disegno, Norfolk?
Nor. Ottimo, e degno di un guerriero, mio sovrano. — Questo io trovai stamane nella mia tenda. (dandogli una pergamena)
Ricc. (leggendo) Baldanzoso Norfolk, non esser troppo audace, perocchè il tuo signore Dickon è venduto e comprato. Stratagemma del nemico. — Andate, amici; e ognuno si ponga al suo posto. — Che vi dirò io di più di quello che vi dissi? Pensate con quali uomini avete a fare. Con una torma di vagabondi, miserabili, feccia di Bretagna: di vili e ignobili villani, che la loro terra vomita dal suo seno e manda ad imprese, disperate e a sicura mina. Essi vogliono eccitare voi, che godete di pace e sicoreasa, alle rivolte e ai disordini: a voi, che possedete belle terre e belle donne, vogliono rapir le une e corromper le altre. E qual è il duce che li guida, se non se uno scorto avventuriere nutrito lungo tempo da nostro fratello? Un codardo che non intese mai in tutto il tempo di sua vita il freddo della neve sulla sua calzatura! Respingiamo con colpi di scudiscio tali banditi sui mari; purghiamo l’Inghilterra da quella ciurma sfuggita di Francia; da quei mendichi affamati e stanchi di vivere, che senza il sogno insensato che han fatto su questa pazza impresa, si sarebbero uccisi da se stessi per mancanza di cibo. Se noi dobbiamo esser vinti, siano uomini almeno che ci vincano, e non quei Bretoni degenerati che i nostri padri han battuti e puniti nei loro medesimi focolari, e a cui lasciarono la vita per perpetuare la memoria della loro ignominia. Che! consaitireste voi che quei vili schiavi s’impossessassero delle vostre terre, godessero le vostre mogli, rapissero le vostre figlie? Ascoltate!... Io odo il loro tamburo (suono di tamburo lontano). Combattete, gentiluomini d’Inghilterra! Combattete voi, audaci coloni! Ardori, piegate i vostri archi e non mirate che alle teste. Immergete gli speroni nei fianchi dei cavalli, e nuotate nel sangue. Intronate il cielo coi colpi delle vostre lande! (entra un Messaggiere) Che dice lord Stanley? Vuoi egli guidare il suo esercito?
Mess. Ei niega di venire, milord.
Ricc. Si tronchi la testa a suo figlio Giorgio.
Nor. Mio prindpe, il nemico ha varcato le paludi: aspettate dopo la battaglia a far morire Stanley.
Ricc. Io mi sento balzar nel seno mille cuori. Stendardi, avanzatevi: avventiamoci sul nemico. Il nostro antico grido di guerra San Giorgio ci ispiri la rabbia dei draghi fiammeggianti! Voliamo! la vittoria siede sui nostri pennacchi. (escono)
SCENA IV.
Un’altra parte del campo.
Allarme ed escursioni; entrano Norfolk e l’esercito: Catesby gli va incontro.
Cat. Alla riscossa, milord di Norfolk, alla riscossa! Il re fa prodigi di valore superiori alle forze di un uomo. Intrepido disprezza tutti i pericoli! Il suo cavallo è ucciso, ed ei combatte a piedi cercando Richemond nel seno della morte. Soccorso, prode duca, o la battaglia è perduta! (allarme; entra il re Riccardo)
Ricc. Un cavallo, un cavallo! il mio regno per un cavallo!
Cat. Ritiratevi, milord, e vi aiuterò a trovarne uno.
Ricc. Vile; ho giuocata la mia vita sopra un colpo di dadi, e affronterò tutte le vicissitudini della sorte. — Credo vi fossero sei Richemond nel campo; cinque ne ho già uccisi, e uno ancora ne rimane. — Un cavallo, un cavallo! il mio regno per un cavallo!(escono)
allarme; (entrano il re Riccardo e Richemond, e si allontanano combattendo. Suona la ritirata, accompagnata da squilli di trombe; quindi ritorna Richemond, Stanley portante la corona, con parecchi altri lòrdi e coll’esercito). Rich. Siano lodi a Dio e a voi, vittoriosi amici! La giornata è nostra: il sanguinoso mostro è spento.
Stan. Coraggioso Richemond, bene hai compita la tua parte! Ecco il diadema da lungo usurpato, svelto dalla fronte del barbaro tiranno, onde cinta ne sia la vostra testa. Portatelo, siatene lieto e fatene un uso virtuoso.
Rich. Gran Dio del Cielo, conferma questi voti! Ma, ditemi, il giovine Stanley è anche vivo?
Stan. Sì milord; ed è salvo nella città di Leicester, dove, se vi piace, potremo andare anche noi.
Rich. Quali uomini chiari perirono in questo scontro?
Stan. Giovanni duca di Norfolk; Gualtiero lord Feres, sir Roberto Brakenbury, e sir Guglielmo Brondon.
Rich. Ne siano sepelliti i corpi cogli onori che loro si debbono: si bandisca il perdono dei fuggitivi che vorran ritornare verso di noi; e poscia, come c’impegnammo a farlo, riuniremo la rosa bianca e la rosa rossa. Il Cielo si degni sorridere a queeto nodo di conciliazione, egli che sì a lungo fu irato perle nostre inimicizie! Dov’è qui il traditore che mi ascolti e ricusi di far eco al mio voto? Troppo a lungo l'Inghilterra ha delirato squarciandosi da sé le viscere: il fratello ha versato ciecamente il sangue del fratello; il padre ha ucciso brutalmente il figlio; il figlio è stato costretto a divenire il carnefice del padre. Orribili effetti della divisione dei nomi di York e di Lancastro, che inimicavano tutti i cittadini del regno! Oh! oggi alfine Richemond ed Elisabetta, legittimi eredi di due case reali, s'uniscano insieme sotto gli occhi e coll’assentimento dell’Eterno, e i loro successori (gran Dio! esaudisci ciò) porgano alle generadoni avvenire il ricco dono della pace dal dolce sorrìso, l’abbondanza dal volto contento, e giorni felici! Rompi, o Dio benefico, rompi la spada dei traditori che tentassero di far tornare questi dì di lutto, e di far scorrere di nuovo le lagrime della infelice Inghilterra sui flutti del suo sangue. Ah non vivano per vedere la prosperità di questo regno i malvagi che vorrebbero turbarne la quiete coi tradimenti! Le piaghe della guerra civile sono alfine rimarginate, e la pace rinasce in questa bell’isola. Possa ella essere durevole! Tu riempi, mio Dìo il voto che ho profferito.(escono)
fine del draamma
Note
- ↑ Nome di un cavallo.