Viaggio in Dalmazia/Delle Osservazioni fatte nel Contado di Zara/17. D'Ostrovizza

17. D'Ostrovizza

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§. 17. D’Ostrovizza.

Ostrovizza, che alcuni vogliono corrisponda ad Arauzona, altri allo Stlupi degli Antichi, e che probabilmente non à punto che fare coll’una, nè coll’altro, è stato altre volte luogo di qualche riguardo, e dalla Serenissima Repubblica comperato del 1410. con qualche altro pezzo di terreno, per cinque mila Ducati. La sua Rocca, che sorgeva su d’un sasso tagliato a piombo d’intorno, dovea essere creduta a ragione inespugnabile, prima che l’uso dell’artiglieria si fosse propagato. [p. Tav. III modifica]Tav. III. [p. 37 modifica]Fu presa da Solimano del 1524. ma poi ripassò sotto il felice Dominio Veneto. Adesso non à più verun vestigio di fortificazione, ed è un masso ignudo, e isolato.

Io ò fatto disegnare una picciola prospettiva de’ colli d’Ostrovizza (Tav. III.), perchè le loro sommità mostrano assai manifestamente la duplicità delle divisioni degli strati, e ponno disingannare coloro, che fossero troppo corrivi a credere nate con essi per legge di stratificazione le apparenze di separazioni perpendicolari. Le linee divisorie (AAAA) che tagliano quasi sempre ad angoli retti le orizzontali (BBBB), sono altrettante prove visibili del lavoro dell’acque distruggitrici. Elleno si fanno strada giù per le spalle del colle scavandovi rivoletti (CC), i quali nascondono in qualche sito le divisioni orizzontali (DDDD).

Gli strati, che formano la sommità (E) del masso, su di cui siedeva l’antico Castello, sono di ghiaja fluitata di varie paste, e colori; ve n’à di quarzosa, chi sa mai da quali montagne minerali venuta, e ve n’à, che porta corpi marini lapidefatti. Lo strato (F) è di pietra analoga a quella di Nanto nel Vicentino, ch’è il Moilon de’ Francesi. Vagando pell’aspra collina (GG) e pe’ suoi contorni ò raccolto varie Nummali erranti, sì della spezie volgare, che à le spire nascoste, come di quella men ovvia, che le à di fuori, un bellissimo esemplare di Camite, ed ò veduto fra gli altri petrefatti molte Coralloidi fistulose, e degli Echiniti Africani maltrattati. Vi si ritrovano anche varj Univalvi turbinati, Coclee particolarmente, e Buccini liscj, con qualche raro esemplare di una spezie esotica di Fungite, orbicolare, complanata, anzi talvolta depressa nel centro, che agli orli non à un terzo di linea di grossezza, nè suol eccedere un pollice nel diametro. Sul colle, dov’era anticamente il Castello, trovansi degl’indizj di strato d’un bellissimo marmo ti[p. 38 modifica]grato, composto di piccioli frantumi marini, e di sabbia Vulcanica prodotta dai fluitamento di lave triturate.

Lo strato coperto (H) è d’argilla azzurognola, semipetrosa, simile a quella, che forma il piè del colle contiguo, e d’un ramo di monticelli, che prolungandosi incontrano Brebir, e passan oltre sino a Scardona. Non m’accomoderei agevolmente col celebre Sig. Raspe ad attribuire a’ Tremuoti queste fenditure verticali degli strati calcarei, e molti altri fenomeni somiglianti. Eglino sono troppo minutamente suddivisi, e troppo regolarmente, perchè si possa ripeterne le separazioni da un agente improvviso, e gagliardo. S’aggiunge per togliermi affatto da questa opinione l’aver io in più luoghi della Dalmazia osservato, che anche i solidi massi di marmo calcareo volgare ànno delle crepature, e fenditure in ogni senso, a un di presso come quelle de’ marmi sopraccennati, spiegate assai ingegnosamente dal dottissimo Monsig. Passeri nella sua Storia Naturale de’ Fossili del Pesarese, Opera degnissima di ricomparire alla luce, e d’essere, più di quello ch’è, conosciuta oltremonti. Non è già ch’io non sia disposto a concedere moltissimo coi Sig. Raspe (e col soprallodato amico mio Monsig. Passeri, che sembra parziale del sistema Hoockiano) alla forza de’ Tremuoti, e de’ fuochi Vulcanici, che li cagionano, allorquando si tratta di spiegare le gran fenditure, sfaldamenti, rovesciamenti delle montagne: ma gli esempj dei disequilibramenti, e rovine nate dai lunghi lavori sotterranei delle acque, sono tanto frequenti nelle provincie, ch’io nelle picciole mie peregrinazioni ò visitato, sì in Italia, come oltremare, che non ardirei di preferir loro cagioni più infrequenti, e rimote.

Sotto la Villa d’Ostrovizza è una palude, il di cui fondo di Torba colpito da un fulmine alcuni anni sono arse lungamente, non dando verun segno d’incen[p. 39 modifica]dio se non in tempo di notte. Spento che fu il fuoco sotterraneo, restò tutto nero, e sterile il terreno sovrappostovi, e appunto la di lui negrezza, destando la mia curiosità, mi fece rilevare questa cosa. Mi accorderà l’Eccellenza Vostra, che fra le origini de’ monti Vulcanici abbiamo un diritto di mettere anche i fulmini? Se desse un fulmine in qualche Monte di zolfo, non farebb’egli probabilmente più romore, non avrebbe più riflessibili conseguenze di quello ch’ebbe nelle umide torbiere d’Ostrovizza? Mi risovviene a questo proposito d’aver letto in qualche luogo, che il Signor Linneo viaggiando pell’Isola d’Oeland vide ardere a Moe Kelby alcuni monticelli di minerai, dal quale era già stato cavato l’Allume; l’incendio accidentale avea incominciato due anni prima, ch’egli passasse di quel luogo: il Vulcanetto avea molti caratteri della Solfatara di Pozzuoli. Kempfero à notato ne’ suoi Viaggi del Giappone un Vulcano nato dall’accensione casuale d’una minera di Carbon fossile.

Un boschetto, non molto lontano da questo sito, produce nelle stagioni d’Autunno, e di Primavera una enorme spezie di Fungo, che rassomiglia perfettamente al Carrarese, sopra di cui l’ottimo Amico nostro Sig. Marsili, PP. di Botanica nell’Università di Padova, ci à dato un aureo Opuscolo1. Le vipere amano quel sito, detto da’ soldati il Picchetto, e vi moltiplicano più che in qualunque altro luogo vicino. I Frassini danno anche in que’ contorni abbondante Manna, e di ottima qualità: ma i Morlacchi nemmeno colà ànno imparato la semplice operazione, che si richiede per farla stillare dai rami.

  1. Fungi Carrariensis Historia. Pat. 1766. in 4.