Varenna e Monte di Varenna/Secolo XV/Peste - Calamità
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PESTE E CALAMITÀ
Nel 1438 e nel 1463 si ebbero sul lago di Varenna due epidemie di peste. Della seconda ci dà notizie il podestà di Menaggio in una sua lettera al Duca di Milano:
«Illustrissime et excellentissime princeps et domine domine mi colendissime, reccomendatione premissa. Perchè in queste parte del lacho de Como staxemo a grande perichulo de peste per li navareli quali per dinari conducene a la improvixa de nocte quelle giente che vengano da Ferara et hogi uno notero che à conduto a Lecho tre persone quale vanne a Vicentia ha trovado persone XXXVI ne li quali ce ne sono duy da malatti tra Lecho et Mandello e stanne dite persone ad aspectare qualche notero che li conducha a la imprevixa de qua del lagho ad Menaxo vel sotto la iurisdictione perchè pyù facilmente poterano andare a le so mansione, videlizet suxo lo lacho da Como vel ne la Valle da Lughano vel in la Valsolda vel in le vale da Intelegho per li quali screvemo cagione de mettere la peste in questo pajxe, etiam per fino a Como et a Varexio. Ne avixo la Ill. Signoria Vostra per fare me debito aziò gli possa provvedere de una persona che guarda questo passo che vene da Lecho a Menaxio et a Lecho per tuto lo lacho da Como deinde per le altre valade ut supra. Et aparendo a la Ill. Signoria Vostra che podesse valere per questo, dicho così che fazendone la commissione et fazeendo che posa havere lo salario per uno fameglio non dubito che non gli preveda, n’ò avixado la Ill. Signoria Vostra aziò gli proveda a la quale flexis genibus me raccomando. Ex Menaxio die quinto mensis septembris 1463.
Eiusdem dominationis vester servitor et cum recomendatione Iohannes de Galantiis Menaxij potestas»1.
Un ritorno di peste si ha nel 1485, ed ancora nel 1487, come si apprende da una lettera 16 luglio del commissario di Lecco e della Riviera per la peste, Filippo Ruova: essa appare in Lecco e sul lago di Como. Riguardo a Varenna la lettera dice: «Ceterum a Varena la peste ha fatto grande processo e di presente è cessata assai, pure gli uomini di quella terra molti sono ancora spauriti et non li permetto di entrare nelle case loro senza grande misterio circa lo netare delli loci sospetti»2.
Nel 1483 vi fu una grande carestia nei paesi del lago. Il Castellano della Rocca di Bellano, Bartolomeo de Negrisoli da Pontremoli, il 17 marzo 1483 scrive al Duca: «In queste parte he carestia grande de pan vale la mina de Zenua dui ducati de oro»3.
Nel 1431 una grave inondazione colpì Mandello, Bellano e tutta la riviera. Nel 1439 si ripete con violenza maggiore, danneggiando molto le sponde del lago tanto che furono invitati i comuni a spedire un delegato a Como per trattare coll’Ufficio di Provvisione e risolvere il da farsi. Il 22 dicembre dai delegati delle comunità del lago e per la riviera milanese dal delegato di Lecco, Mandello, Bellano e Varenna fu presa la risoluzione di chiamar sul posto il rinomato ingegnere Gregorio da Pizzoleone. Ma, nonostante le misure prese l’inondazione si ripetè nel 1476 e nel 1489, e la prima fu seguita da grave carestia negli anni 1478 e 1479.
Fra i personaggi più noti del secolo dobbiamo annoverare Baldassare Balbiano, figlio di Galeotto, che nel 1403 ebbe dalla Duchessa Caterina Visconti il contado di Chiavenna per il prezzo di 6000 fiorini. Nel contratto notarile scritto da Martino de Torresella il Balbiano è qualificato «viro nobili Balzaro de Balbiano filio quondam domini Galeoti»4.
Della famiglia Balbiano notiamo anche il conte Antonio eletto nel 1486 dal Duca di Milano consigliere del Senato di Giustizia. ll 12 febbraio 1478 venne concesso alla famiglia Balbiano il titolo di Conte da Bona e Galeazzo Maria Sforza.
Ricordiamo ancora Giorgio Panizzi di Varenna che fu assunto alla carica di Cancelliere ducale. Non sappiamo a qual ramo dell’antica famiglia Panizzi egli appartenesse, nè per quali vicende sia giunto all’importante carica: abbiamo riportato un po’ più sopra brani di lettere che ci dà qualche notizia della sua vita privata.
Della famiglia Mazza ricordiamo Agostino e Gasparino, padre e figlio, di Varenna, che vengono nominati, dal Duca Giovanni Galeazzo Maria Sforza, suoi familiari, il 3 marzo 14535.
Della famiglia Festorazzi citeremo Bartolomeo, pubblico notaro in Perledo. Dei Calvasina, Antonio notaio nel 14806. Un altro notaio lo abbiamo nella famiglia de Matti: Bernardino de Matti roga nel 1495. Nella stessa famiglia Antonio di Giacomo, rogava nel 1479.
Riguardo ai De Matti di Tondello abbiamo ricavato le seguenti notizie nell’archivio Riva Finolo (A. S. M. cartella 43). Antonio del Matto di Tondello, celebre avventuriero, che sollevò i Lariensi a favore degli Sforzeschi, postosi a capo di alcuni Grigioni prese ad infestare le terre della riviera orientale che favorivano i Francesi, occupando Corenno, Dorio, Dervio e Bellano, e di qui spingendosi nella Valsassina tutta la corse e ne fece grasso bottino, ma essendo stato ucciso a tradimento dall’arciprete di Gravedona, Giovanni del Matto suo figlio coll’aiuto dei Grigioni continuò le sue rapine ed i massacri per le spiaggie del lago. Per tal cosa Graziano Garro governatore di Como tentò distogliere i Grigioni dal portargli soccorso. Si tennero due congressi per trattare quell’affare in Bellano circa la fine del 1518 e si convenne, per parte delle Tre Leghe Grigie, Giovanni Traverso, ed il senatore Minuzio per la parte francese, ma nulla fu conchiuso, perchè i Grigioni bramando il dominio delle Tre Pievi, incagliarono e resero vuote le trattative.
Della Famiglia Tenca notiamo: Luigi eletto nel 1403 a Sindaco di Provvisione di Milano, e Matteo, sacerdote, che costituì un giuspatronato nella famiglia, con sepolcro e cappella nella chiesa di S. Giorgio di Varenna.
Negli atti del notaio Giovannino de Mazzi firmati a Regoledo in Valtellina, nel 15 giugno 1444 e 18 maggio 1485 appare il Sac. Giacomo Tenca di Varenna, già possessore della Cappellania Ducale di S. Domenico posta nella pianura di Delebio, ove avvenne la rotta dei Veneziani nel 1431. Questa Cappellania era stata riccamente dotata dal Duca Filippo Maria Visconti7.
Altro notaio di Varenna poeo conosciuto è Donato de Ecclesia di Ser Giacomo che roga nel 14398.
Nel 1403 rogò il notaio Giacobino Tenca del q. ser Antonio9.
Sappiamo che anche i Chiaramonti illustre famiglia di origine Francese ebbero dimora, oltre che in Valtellina e a Menaggio, anche a Varenna, non sappiamo in quali anni, non avendo trovato documenti che li riguardino. Un Simone Chiaramonti si trapiantò in Cesena nel 1450 ed il Santo Pontefice Pio VII appartenne alla famiglia Chiaramonti10.
Fra i personaggi di questo secolo poi, merita menzione il Padre Bonaventura da Varenna, dell’ordine dei minori che pubblicava «la vita e i miracoli del Padre Gerolamo Spagnuolo».
L’Arrigoni nelle sue Memorie Storiche della Valsassina cita fra gli uomini d’armi ragguardevoli del secolo XV, un Giorgio Serponti di Varenna al servigio della Duchessa Bianca Maria.
CONSUETUDINI
Fra le consuetudini di quei tempi, importante è quella relativa ai contratti di lavoro fatti tra padrone e garzone. Molto spesso quando un giovane doveva andare a bottega per apprendere un mestiere, si stipulava un regolare contratto rogato dal notaio.
Così in un atto del 17 nov. 1498 del not. Giov. Pietro Calvasina, leggiamo che maestro Tomasino de Oxiis fabbricante di seta, e abitante al Broletto a Milano, si obbliga a tenere presso di sè, per un periodo di quattro anni, Giovanni Antonio Marliano, figlio di Giov. Pietro, abitante a Varenna, e ad insegnargli l’arte di fare drappi di seta, obbligandosi a somministrare il vitto all’allievo stesso: questi riceve qual compenso la somma di lire 36 imperiali all’anno.
Da un altro atto 31 luglio 1489 rileviamo che Girardo Bertarini di Esino figlio del fu Lorenzo, si obbliga di condurre ad Arezzo in Toscana, dove esercita l’arte del mugnaio, e tenere presso di sè, quali famigli, Bartolomeo Pomi di Bologna (Monte di Varenna) ed un suo figlio, per un periodo di due anni, provvedendoli di vitto e vestiario, e dando loro a titolo di mercede alla fine del detto periodo la somma di dieci ducati d’oro.
Abbiamo anche un atto relativo al modo di mantenere le proprietà terriere cedute in affitto: l’atto è del 6 ott. 1421, ed è rogato dal not. Cattaneo Stefano del fu Giacomo. Matteo Cattaneo, di Martino, da Primaluna, investe Gualdriso de Toricelli, fu Ambrogio di Vezio, d’un appezzamento di terra situato in territorio di Vezio per un periodo di 9 anni per l’annuo canone livellario di 30 quartari di biada, vale a dire 16 di frumento, 8 di miglio e 6 di panico e, inoltre, della metà del vino e dei frutti. Il conduttore si obbliga ogni anno, due volte, di cavare e lavorare le viti, di concimarle ogni due anni, di strappare ogni anno le erbe dai fossi, e di spampinare le viti.
Vi sono altre minute prescrizioni sui pali che debbono sostenere le viti ecc. Così il proprietario non solamente si assicurava i prodotti, ma evitava che per la trascuratezza del lavoratore il rendimento avesse a diminuire.
Note
- ↑ Arch. di St. di Milano, Carteggio sforzesco, alla data.
- ↑ Arch. di St. di Milano, Carteggio sforzesco, c. 660.
- ↑ Ivi, Carteggio diplomatico: alla data.
- ↑ L’originale in pergamena conservasi nella biblioteca del Principe Trivulzio di Milano.
- ↑ Arch. di St. di Milano, Indice del doc. del Carteggio sforzesco.
- ↑ Ambrosiana. Carte pagensi, n. 7094.
- ↑ Motta Periodico Soc. St. Comense, vol. 9 fasc. 33.
- ↑ Note di D. Santo Monti agli atti della visita pastorale dei Ninguarda p. 237.
- ↑ Bibl. Ambrosiana, Carte pagensi. n. 7076.
- ↑ Crollalanza, Dizionario Blasonico. D. Santo Monti, Cronaca di Anton. Maria Stampa.