1. Fondamento dell'economia politica ed in generale di ogni scienza sociale è evidentemente la psicologia. Verrà forse un giorno in cui potremo dedurre dai principii della psicologia le leggi della scienza sociale, come forse verrà giorno in cui i principii della costituzione della materia ci daranno, per via di deduzione, tutte le leggi della fisica e della chimica; ma per ora siamo lontani assai tanto da questa come da quella cosa, e conviene tenere altra via. Dobbiamo cioè prendere le mosse da alcuni principii empirici, per spiegare i fenomeni della sociologia, come quelli della fisica e della chimica. In avvenire, la psicologia, allungando ognora più a catena delle sue deduzioni, la sociologia, risalendo a principii ognora più generali, potranno congiungersi e costituire una scienza deduttiva. Ma di tali speranze non è tempo di fare caso.

2. Per mettere un poco d'ordine nell'infinita varietà delle azioni umane che dobbiamo studiare, gioverà classificarle secondo certi tipi.

Due di questi si parano subito a noi dinnanzi. Ecco un uomo bene educato che entra in un salotto; egli si toglie il cappello, pronunzia certe parole, compie certi atti. Se a lui chiediamo perchè, non saprà dirci altro se non che così è l'uso. Similmente egli opera in cose di ben maggiore momento. Se egli è cattolico e sta a sentire la messa, compie certi atti «perchè così si deve fare». Di molte altre sue azioni darà per motivo che così vuole la morale.

Ma lo stesso uomo sta nel suo studio e compra una gran quantità di grano. Egli non dirà più che opera in tal modo perchè così si usa, ma la compra del grano sarà l'ultimo termine di un seguito di ragionamenti logici, che muovono da certi dati sperimentali; mutando quei dati, muterebbe anche la conclusione, e quell'uomo potrebbe astenersi dal comperare, oppure anche potrebbe vendere grano.

3. Possiamo dunque, per astrazione, distinguere: 1.° Le azioni non-logiche; 2.° Le azioni logiche.

Diciamo: per astrazione, poichè nelle azioni reali i tipi sono quasi sempre mescolati, e un'azione può essere in massima parte non-logica ed in piccola parte logica, o viceversa.

Per esempio, le azioni di uno speculatore alla borsa sono certamente logiche; ma dipendono anche, sia pure in piccola parte, dal carattere di quell'individuo, e per tal modo sono pure in parte non-logiche. È ben noto che vi sono individui che più facilmente operano al rialzo; altri al ribasso.

Bisogna badare bene che non-logico non vuol già dire illogico; cioè un'azione non-logica può essere quanto di meglio sarebbe dato di trovare, coll'osservazione dei fatti e colla logica, per adattare i mezzi al fine; ma quell'adattamento è stato ottenuto per altra via che quella di un ragionamento logico.

Per esempio è noto che le cellule degli alveari delle api sono terminate da una piramide, la quale, col minimo di superficie, quindi colla minore spesa di cera, racchiude il massimo volume, cioè la maggiore quantità di miele. Ma nessuno suppone che ciò accada perchè le api abbiano risoluto col sillogismo e la matematica un problema di massimo; evidentemente è un'azione non-logica, sebbene i mezzi sono perfettamente adattati al fine, e che quindi l'azione è lungi dall'essere illogica. Eguale osservazione si può fare per molte e molte altre azioni che usualmente si dicono istintive, sia nell'uomo sia negli animali.

4. Occorre osservare che l'uomo ha una tendenza spiccatissima a figurarsi come logiche le azioni non-logiche. Tale tendenza è dello stesso genere di quella per cui l'uomo anima, personifica, oggetti e fenomeni materiali. E così questa come quella hanno appoggio nel linguaggio volgare, il quale, serbando le traccie dei sentimenti che esistevano quando si è formato, personifica cose e fatti, e li presenta come risultamenti di logiche volontà.

5. La tendenza a figurarsi come logiche le azioni non-logiche si attenua e diventa la tendenza, egualmente errata, a considerare le relazioni tra i fenomeni come aventi la sola forma di relazione di causa ad effetto, mentre ben più spesso tra i fenomeni sociali le relazioni esistenti1 sono quelle di mutua dipendenza. Bisogna notare che le relazioni di causa ad effetto sono ben più facili da studiarsi che quelle di mutua dipendenza. La logica ordinaria basta in molti casi per le prime: mentre le seconde richiedono spesso una qualità speciale di ragionamenti logici, cioè i ragionamenti matematici2.

6. Sia A un fatto reale e B un altro fatto reale, i quali stanno tra di loro in relazione di causa ad effetto, oppure anche di mutua dipendenza. Diremo oggettiva tale relazione.

Ad essa corrisponde, nella mente dell'uomo, una altra relazione A' B', che è propriamente relazione tra due concetti della mente umana, mentre A B era relazione tra due cose. A quella relazione A' B' daremo il nome di soggettiva.

Se troviamo esistere nella mente degli uomini di una data società una certa relazione A' B', possiamo ricercare: α) Quale sia l'indole di tale relazione soggettiva, se i termini A' B' hanno un significato preciso, se tra essi esiste, o non esiste, un nesso logico. β) Quale relazione oggettiva A B corrisponde a quella relazione soggettiva A' B'. γ) Come ha avuto origine e come vien determinata quella relazione soggettiva A' B' δ) In qual modo la relazione A B si è trasformata nella relazione A' B'. ε) Quale effetto abbia sulla società l'esistenza di quelle relazioni soggettive A' B', sia che corrispondano a qualche cosa di oggettivo A B, sia anche quando sono interamente imaginarie.

Quando ad A B corrisponde A' B', i due fenomeni si svolgono parallelamente; l'ultimo nel caso in cui diventa un poco complesso, riceve il nome di TEORIA. Si ritiene per vera (I, 36) quando in ogni suo svolgimento A' B' corrisponde ad A B, ossia quando teoria ed esperienza procedono d'accordo. Non vi è, non vi può essere, altro criterio di verità di una teoria.

7. Già accennammo (I, 10) che di nessun fenomeno naturale possiamo conoscere tutti i particolari, quindi la relazione A' B' sarà sempre incompleta in paragone della relazione A B, e non fosse altro che per tale cagione, mai quelle relazioni potranno interamente coincidere, mai il fenomeno soggettivo potrà essere una copia rigorosamente fedele del fenomeno oggettivo.

8. Ma ben altre cagioni possono allontanare l'uno dall'altro quei fenomeni. Se per lo scienziato che studia sperimentalmente i fatti naturali nel suo laboratorio, il fenomeno soggettivo si avvicina quanto è possibile al fenomeno oggettivo, per l'uomo invece a cui fa velo il sentimento e la passione, il fenomeno soggettivo può divergere tanto dal fenomeno oggettivo da non avere più nulla di comune con esso.

9. Bisogna notare che il fenomeno oggettivo non si presenta alla nostra mente se non sotto forma di fenomeno soggettivo, onde propriamente questo, non quello, è cagione delle azioni umane; e il fenomeno oggettivo per operare su di esse deve trasformarsi prima in fenomeno soggettivo3. Da ciò la somma importanza per la sociologia di studiare i fenomeni soggettivi e le relazioni in cui stanno coi fenomeni oggettivi.

Le relazioni tra i fenomeni soggettivi sono ben di rado copia fedele delle relazioni tra i fenomeni oggettivi corrispondenti. Spessissimo si osserva la differenza seguente. Certi uomini, sospinti dalle condizioni della vita, compiono certe azioni P...Q; poscia quando si fanno a ragionarvi sopra scoprono, o credono di scoprire, un principio comune a P...Q, ed allora si figurano che hanno compiuto P...Q, come conseguenza logica di quel principio. In realtà P...Q non sono conseguenza del principio, ma sì bene il principio è conseguenza di P...Q. È ben vero che, quando poi il principiò è stabilito, ne seguono azioni R...T, che da esse si deducono, onde, la proposizione riprovata è solo in parte falsa.

Tutto ciò si vede bene nelle leggi del linguaggio. La grammatica non ha preceduto, ma ha seguito la formazione delle parole. Ma le regole grammaticali, dopo che furono stabilite, hanno dato origine a qualche forma, che si è aggiunta a quelle esistenti.

In conclusione facciamo due parti delle azioni P...Q; R...T; la prima, P...Q, che è più numerosa ed importante, preesiste al principio che pare regolarla, la seconda R...T, che è accessoria e spesso di pochissimo momento, è conseguenza del principio; o, in altro modo, è conseguenza indiretta delle stesse cause che direttamente hanno dato P...Q.

10. I fenomeni A' e B' del § 6 non corrispondono sempre a fenomeni reali A, B; spessissimo accade che A' o B', o anche tutti due, non corrispondono a nulla di reale, sono entità esclusivamente imaginarie. Inoltre la relazione tra A' e B' può essere logica solo in apparenza e non in realtà4, Da ciò nascono vari casi che è opportuno distinguere.

11. Sia A un fenomeno reale di cui un altro fenomeno pure reale B è conseguenza. Vi è una relazione oggettiva di causa ad effetto tra A e B. Se un uomo ha concetti più o meno grossolanamente approssimati di A e di B, e pone quei concetti in relazione di causa ad effetto, ottiene una relazione A' B', che è imagine più o meno fedele del fenomeno oggettivo. Di tale genere sono le relazioni che scopre lo scienziato nel suo laboratorio.

Fig. 1

12. Si può ignorare che B è conseguenza di A o credere che sia invece conseguenza di altro fatto reale C; o si può, pure sapendo che B è conseguenza di A, deliberatamente volerlo considerare come conseguenza di C.

I1 primo caso è quello di errori scientifici: e sempre se ne avranno esempii, perchè fallibile è l'uomo. Il secondo caso si osserva nelle finzioni legali; nei ragionamenti che usano fare i partiti politici, per opprimersi vicendevolmente, o in altre simili circostanze; è così che ragiona, nella favola, i1 lupo che vuole mangiare l'agnello. La maggior parte dei ragionamenti che si fanno per imporre balzelli è di tale fatto: si dice che si vogliono porre quei balzelli B in relazione con un certo principio di giustizia, o d'interesse generale C; ma in realtà B è legato, come effetto o causa, al tornaconto A della classe dominante. Infine al caso presente si può pure riferire, almeno in parte, l'origine della casuistica5.

13. Sinora discorremmo di tre fatti reali A, B, C; ma nelle speculazioni umane intervengono spessissimo fatti interamente imaginari.

Fig. 2

Può uno di questi casi imaginari M essere posto in relazione logica col fatto reale B; il quale errore, che è frequente ancora nelle scienze sociali, era pure, in altri tempi, solito nelle scienze fisiche. Per esempio, si toglie l'aria da un tubo comunicante con un vaso pieno d'acqua; la pressione dell'aria sulla superficie dell'acqua è il fatto A, il salire dell'acqua nel tubo è il fatto B. Tale fatto si è voluto spiegare con altro fatto interamente imaginario M, cioè coll'«orrore della natura pel vuoto», il quale ha effettivamente B per conseguenza logica. Al principio del secolo XIX la «forza vitale» spiegava infiniti fatti biologici. I sociologi contemporanei spiegano e dimostrano molte cose col «progresso». I «diritti naturali» hanno avuto e seguitano ad avere molta parte nella spiegazione dei fatti sociali. Per molti, che hanno imparato un poco come i pappagalli lo teorie socialiste, il «capitalismo» spiega tutto ed è cagione di ogni male che si osserva nell'umano consorzio. Altri discorre della «terra libera», che veramente nessuno ha mai veduto; e ci si narra che tutti i mali della società nacquero il dì in cui «l'uomo fu separato dai mezzi di produzione». Quando sia stato quel dì non si sa; forse fu quello in cui Pandora aprì il vaso, oppure quello in cui il lupo e l'agnello discorrevano.

14. Quando si fa uso di fatti imagiuari M, potendosi scegliere quello che si vuole, parrebbe che almeno si dovrebbe avere cura che logico fosse il legame MB; eppure ciò sempre non accade, sia perchè la logica ripugna a certi uomini, sia perchè si mira ad operare sul sentimento. E segue altresì spesso che il fatto imaginario M è posto in relazione con altro fatto imaginario N, con nesso logico, e anche con nesso illogico. Di quest'ultimo caso si trovano non pochi esempi nella metafisica e nella teologia, nonchè in certi scritti filosofici come nella Filosofia della natura dello Hegel6.

Cicerone (De nat. deor., II, 3) cita un ragionamento mercè il quale, dall'esistenza della divinazione M, si deduceva l'esistenza N degli Dei. In altro scritto, egli cita un ragionamento inverso, pel quale dalla esistenza degli Dei si deduce quella della divinazione7; e tosto ne mostra la vanità.

Tertulliano sa come accade che i demoni possono predire la pioggia; ciò segue perchè, portati per l'aria, la sentono prima che giunga in terra8.

Nel medio-evo, quando gli uomini volevano comporre alcuna teoria, erano quasi invincibilmente tratti a ragionare, o meglio a sragionare, in quel modo; e se mai per un caso singolarissimo alcuno ardiva manifestare qualche dubbio, era perseguitato, come nemico di Dio e degli uomini, da coloro che, per fermo, erano in assoluto contrasto col buon senso e colla logica. Più tardi, le incomprensibili dispute sulla predestinazione, sulla grazia efficace, ed altre simili, ed ora le divagazioni sulla solidarietà, dimostrano come gli uomini non si distacchino da quei sogni, che solo dalle scienze fisiche poterono essere banditi, mentre in quelle sociali non cessano di aver luogo.

Fig. 3

15. Se una relazione oggettiva AB combacia approssimativamente con una relazione soggettiva A'B' nella mente di un uomo, costui, ragionando logicamente, potrà trarre da A', altre conseguenze C'D', ecc., che non si discosteranno troppo dai fatti reali C, D, ecc. Invece, se M essendo una cagione imaginaria, o anche un fatto reale diverso da A, la relazione oggettiva AB corrisponde alla relazione soggettiva MB', nella mente di un uomo, costui, sempre ragionando logicamente, trarrà certe conseguenze N, P, Q, ecc., che nulla hanno di reale. Se esso dunque paragona le sue deduzioni alla realtà, con animo di ricercare solo il vero e senza che qualche forte emozione a lui faccia velo, s'accorgerà che la cagione di B non è M; e così poco alla volta, ognora sperimentando, e paragonando le deduzioni teoriche alla realtà, modificherà la relazione soggettiva MB' e la sostituirà con altra A'B', che maggiormente si avvicina alla realtà.

16. Di tale genere sono gli studii sperimentali dello scienziato, e di tale genere sono pure molte altre azioni pratiche dell'uomo, tra le quali porremo quelle che studia l'economia politica. Tali azioni vengono ripetute molto e molte volte, in condizioni diverse, per modo che si abbiano da esaminare molte conseguenze di A, oppure di M, e che perciò si possa, ove concorrano altre condizioni soggettive, aver un fedele concetto delle relazioni oggettive.

17. Chi invoce è tratto rare volte ad operare secondo la relazione AB, o la compie sempre in identiche condizioni, oppure soggiace a forti impressioni del sentimento, può benissimo avere della relazione AB un concetto in parte imaginario MB' e talune volte un concetto interamente imaginario MN.

18. La teoria del primo genere di azioni è essenzialmente diversa dalla teoria del secondo genere. Di questa saranno dati ora brevissimi cenni, mentre il presente manuale ha principalmente per oggetto lo studio di quelle.

Notisi intanto che, nella vita sociale, il secondo genere di azioni ha parte notevolissima e di gran momento. Ciò che dicesi morale e costume ne dipende interamente. Sta di fatto che sinora nessun popolo ha avuto una morale scientifica e sperimentale. I tentativi fatti da filosofi moderni per ridurre la morale a tale forma riescirono vani; ma quando anche si volesse ritenerli concludenti, rimarrebbe sempre che non escono da un ristrettissimo cerchio e che i più degli uomini, quasi tutti, li ignorano interamente. Similmente sorgo ogni tanto qualcuno che nota il carattere anti-scientifico, anti-sperimentale, di certi usi o costumi; e ciò può dare luogo a discrete produzioni letterarie, ma non ha solitamente la menoma efficacia per mutare quegli usi o costumi, i quali solo si trasformano per ben altre cagioni.

Vi sono certi fenomeni ai quali nelle nostre società si dà il nome di ETICI o MORALI, che tutti credono conoscere perfettamente, e che nessuno ha mai saputo rigorosamente definire.

Non sono mai stati studiati da un punto di vista interamente oggettivo. Chi se ne occupa ha una qualche norma che vorrebbe imporre altrui, e da lui stimata superiore ad ogni altra. Egli quindi ricerca non già ciò che uomini di un dato tempo e di un dato paese chiamano morale, ma ciò che a lui pare doversi chiamare con quel nome; e quando pure degna studiare qualche altra morale, egli la vede solo attraverso ai proprii pregiudizi, e si contenta di paragonarla alla sua, che è misura e tipo di ogni altra. Quel paragone porta a varie teorie, implicite, od esplicite. La morale tipo è stata considerata come alcunchè di assoluto; rivelata od imposta da Dio, secondo il maggior numero; sorgente dall'indole dell'uomo, secondo alcuni filosofi. Se ci sono popoli i quali non la seguono ed usano, è perchè la ignorano, e i missionari hanno 1'ufficio di insegnarla ad essi e di aprire gli occhi di quei miseri alla luce del vero; oppure i filosofi si daranno briga di togliere i densi veli che impediscono ai deboli mortali di conoscere il Vero, il Bello, il Bene, assoluti; i quali vocaboli sono spesso usati sebbene nessuno abbia mai saputo cosa significassero, nè a quali cose reali corrispondessero. Chi sottilizza su tale materia vede nei diversi generi di morale, taluno ora dice anche nelle varie religioni, uno sforzo dell'Umanità (altra astrazione del genere delle precedenti, sebbene un poco meno incomprensibile) per giungere alla conoscenza del sommo Bene e del Vero.

Nell'epoca moderna quei concetti si modificarono, forse più nella forma che nella sostanza, ma in ogni modo accostandosi un poco più alla realtà, e si ebbe la teoria della morale evoluzionista; ma non perciò venne abbandonato il concetto di una morale tipo, soltanto essa fu cacciata alla fine dell'evoluzione, di cui segna il termine, sia in modo assoluto, sia temporaneamente. S'intende che quella morale tipo, scelta e fatta proprio dall'autore che la propugna, è migliore di tutte quelle che la precedettero. Ciò si può, volendo, dimostrare col sussidio di un'altra bellissima e, ai giorni nostri, potentissima entità metafisica denominata Progresso; la quale ci affida che ogni termine dell'evoluzione segna uno stato migliore di quello dato dal termine precedente; e che, per certe sue virtù occulte, ma non perciò meno efficaci, vieta che quello stato possa diventare peggiore.

In realtà, e lasciando da parte quei discorsi vani od inconcludenti, tale morale tipo altro non è se non il prodotto dei sentimenti dell'uomo che la fa propria, sentimenti per la massima parte attinti nella società in cui vive quell'uomo, e per una minima parte suoi esclusivamente; ai quali dànno forma i sentimenti, e che lievemente modifica il ragionamento; ed essa non ha altro valore se non quello di manifestazione di quei sentimenti e di quel ragionamento.

Ma il suo autore non l'intende davvero così. Egli ha accolto quella morale spinto dal sentimento, e si pone il problema: come dimostrarla coll'esperienza e la logica? Così necessariamente incorre in pure logomachie, poichè quel problema è, per indole propria, insolubile.

19. Gli uomini, e probabilmente anche gli animali viventi in società, hanno certi sentimenti che in circostanze determinate dànno norma alle loro azioni. Quei sentimenti dell'uomo sono stati divisi in varie classi, tra le quali sono da notarsi quelle denominate: religione, morale, diritto, costume. I confini tra quello varie classi neppure ora si possono segnare con precisione, e fu tempo in cui tutte quelle classi erano indistinte e costituivano un insieme pressochè omogeneo. Esso non hanno precisa corrispondenza oggettiva e sono solo un prodotto della nostra mente; perciò è vano di ricercare, ad esempio, cosa sia oggettivamente la morale, o la giustizia. Eppure gli uomini in ogni tempo hanno ragionato come se morale e giustizia avessero esistenza propria, a ciò tratti dalla tendenza, che in essi é fortissima, di dare carattere oggettivo ai fatti soggettivi, e dal bisogno prepotente di ricoprire con una vernice logica le relazioni dei loro sentimenti. Simile origine hanno la maggior parte delle dispute teologiche, nonchè il concetto veramente mostruoso di una religione scientifica.

Morale e giustizia furono prima sottoposte alla divinità, ma poi sorsero a vita indipendente, e si volle persino, invertendo i termini, sottoporre lo stesso onnipossente alle loro leggi9. Il quale fenomeno è manifestazione dell'ondeggiare che fa la fede nella mente dell'uomo. Quando essa è strapotente, a tutto sovrasta il concetto della divinità; quando s'indebolisce, cede prima a concetti metafisici, come sono quelli accennati (§ 48), e poi a concetti sperimentali. Il movimento non ha luogo sempre per un verso, ma bensì segna larghe oscillazioni. Già Platone muoveva lite agli Dei dell'Olimpo in nome di astrazioni metafisiche; ci fu poscia un ritorno della fede, seguito da altre oscillazioni; sinché nell'epoca moderna abbiamo teologi pei quali la credenza in Dio è diventata solo credenza nella «solidarietà», e la religione dileguasi in un nebuloso umanitarismo. Costoro credono di ragionare scientificamente perchè hanno quasi vuotato di ogni concetto di religione positiva il loro discorso, e non s'avvedono che essendo questo pure privo di ogni concetto sperimentale, rimangono solo parole vuote di senso, atte a null'altro che a suscitare in certi uomini, pel mero suono, sentimenti indefiniti, imprecisi, quali si hanno nel dormiveglia. Se si paragona qualche vita di santi scritta nel medio evo a quei vani discorsi, si vede che in questi come in quella egualmente mancano i concetti sperimentali, ma almeno quella s'intende, mentre questi sono incomprensibili.

20. Le ricerche che possono utilmente instituirsi su quei sentimenti sono rivolte a conoscere quale ne è l'indole, l'origine, la storia; in quali relazioni stanno fra di loro e con altri fatti sociali; le relazioni che possono avere coll'utilità dell'individuo e della specie (§ 6).

Anche occupandosi di tali ricerche, è ben difficile che gli uomini procedano in modo interamente sereno e scientifico; a ciò si oppone il profondo commovimento dell'animo che da esse ricevono. Solitamente chi ragiona dei sentimenti ora accennati ne fa due classi, e pone nella prima quelli in cui consente, che sono detti veri e buoni; nell'altra, quelli da cui dissente, che sono detti falsi e cattivi: e quell'opinione informa ogni suo giudizio, impronta ogni sua ricerca. In Europa, dal medio evo sino verso il secolo XVIII, non era lecito di discorrere delle religioni che non fossero la cristiana, se non come di funesti errori; ora è sorta una religione umanitaria-democratica, e questa sola è vera e buona; le altre, compresa la cristiana, sono false e perniciose. Chi manifesta tali concetti si figura ingenuamente essere scientificamente molto al di sopra di coloro che, per il passato, la medesima intolleranza diversamente usavano10.

Da tale menda non vanno esenti molti fra i moderni che hanno studiata l'evoluzione di quei sentimenti, poiché essi hanno una fede alla quale più meno sottomettono i fatti, e vogliono dimostrare che l'evoluzione si compie nel senso da loro desiderato e propugnato. Non ostante i loro lavori hanno assai giovato alla scienza, principalmente pei fatti raccolti, ordinati, illustrati, ed anche perchè quel genere di studii ha finito col far nascere l'abitudine di considerare, almeno in piccola parte, oggettivamente tali sentimenti. In ogni modo, l'evoluzione o la storia di quei sentimenti è quanto in sociologia vi è più noto — o forse meglio direbbesi : meno ignoto — onde, poiché qui disponiamo di poco spazio, sarà la parte sulla quale meno ci fermeremo, volgendoci di preferenza ad altre parti meno note; e queste neppure possiamo trattare di proposito, ma esamineremo alcuni casi particolari che ci porgeranno esempi dalle teorie generali.


Note

  1. Cours d'Economie politique, I, § 225, Lausanne, 1896, 1897.
  2. Naturalmente ciò non è inteso dai molti economisti che discorrono del «metodo matematico», senza averne il menomo concetto. Hanno imaginato ogni sorta di motivi pei quali, secondo loro, si usa quel mostro incognito a cui dànno nome di «metodo matematico», ma non hanno mai posto mente a questo; neppure dopo che fu esplicitamente indicato, come è, nel vol. I del Cours d'Economie politique, pubblicato nel 1896 a Lausanne.
  3. Les systèmes socialistes, I, pag. 15
  4. Les systèmes socialistes, I, pag. 22
  5. Les systèmes socialistes, I, pag. 178, 27.
  6. Les systèmes socialistes, II, pag. 71 e seg.
  7. De div., I, 5: «Ego enim sic existimo: si sint ea genera divinandi vera, de quibus accepimus, quaeque colimus, esse deos; vicissimque, si dii sint, esse, qui divinent».
  8. Apolog., 22: «Habent de incolatu aëris, et de vicinia sidorum, et de commercio nubium coelestes sapere paraturas, ut et pluvias quas jam seutiunt, repromitant».
  9. Ai tempi nostri tale opinione è generale. Già, il Montesquieu, Lettres persanes, LXXXIII: «S'il y a un Dieu, mon cher Rhédi, il faut nécéssairement qu'il soit juste; car s'il ne l'était pas, il serait le plus manuais et le plus imparfait de tous les étres. La justice est un rapport de convenance qui se trouve réellement entre deux choses: ce rapport est toujours le méme, quelque être qui le considère, soit que ce soit Dieu, soit que ce soit un ange, ou enfin que ce soit un homme». Notisi da prima la contraddizione. L'onnipossente ha creato, colle cose, quel «rapport de convenance» che hanno tra loro; e poi trovasi costretto a sottoporsi a quel «rapport de convenance». Poscia si osservi il solito errore che sta nel dare valore oggettivo a ciò che non ha che valore soggettivo. Quella relazione di convenienza non esiste che nella niente umana. Tale errore spiega, ed in parte toglie, la contraddizione accennata.
  10. Alfred de Musset; L'Espoir en Dieu: « Sous les rois absolus, je trouve un Dieu despote; On nous parle aujourd' hui d'un Dieu républicain ». Oggi poi ci discorrono di un Dio socialista; e ci sono dei cristiani che nel Cristo ammirano solo un precursore del Jaurès.