Trattato completo di agricoltura/Volume II/Degli Agrumi/5
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coltivazione degli agrumi nei vasi.
§ 956. L’educazione degli agrumi nei vasi esige una moltiplicità di cure, senza delle quali è meglio il non tenere di simili piante. Quando però se ne abbia la dovuta cura, oltre al bell’aspetto, queste piante ci compensano abbondantemente del tempo e dell’attenzione loro prestata.
Gli agrumi possono essere coltivati in vasi di legno rotondi o quadrati, i quali ultimi diconsi casse; oppure in vasi di terra cotta verniciata o no. La giudiziosa scelta della qualità del vaso non è indifferente per la buona riuscita della pianta. I vasi di legno sono buoni, ma durano poco e sono assai più costosi di quelli di terra. Se poi vuolsi conservare il legno, ricoprendo l’interno con pece o goudron, e l’esterno con vernice, allora il vaso non risponde più tanto bene alla conservazione della pianta, poichè l’umidità non evapora lateralmente e le radici ne soffrono. Il vaso di legno quadrato o cassa, non soddisfa l’esigenza delle radici, le quali tendono ad allungarsi egualmente per ogni verso; e se più facile riesce la costruzione del vaso, più difficile risulta l’estrazione della pianta che, come dirò, è necessaria per rinnovare parte della terra ogni certo spazio di tempo.
Migliore per ogni riguardo è il vaso di terra cotta, se si ha in vista la miglior conservazione della pianta. Le radici traspirano per ogni dove, e l’umidità evapora per tutti i lati del vaso.
Ciononpertanto ha il difetto di riscaldarsi di troppo quando venga a lungo colpito dai raggi solari, e perciò d’inaridire facilmente le radicette laterali; oltre che è di una pericolosa fragilità nei trasporti all’aranciera. Al primo inconveniente vi si può rimediare coll’opportuna esposizione e con un ben regolato innaffiamento, come dirò in appresso. Al secondo si può in parte rimediare col cingere, almeno quelli di grande dimensione, con due cerchi di ferro, l’uno in basso e l’altro in alto, stringendoli intorno per mezzo di una vite: la cura principale sarà quella di maneggiarli con attenzione, e senza forti scosse, e di trasportarli sopra apposito carrello. Uso detestabile e nocivo alla pianta è l’inverniciare esternamente i vasi in terra cotta.
Si avverte poi che ogni vaso che sul fondo oltrepassi il diametro di 0m,50 dovrà avere almeno tre fori per smaltire facilmente la soverchia umidità. Un vaso, il cui fondo permetta lo scolo alla troppa umidità, è l’immagine d’un terreno cui siasi applicato il drenaggio per eccellenza, è la teorica di questa importante bonificazione del suolo, conosciuta sin dai tempi più antichi, ma che nessuno pensava d’applicarla anche alle grandi estensioni di terreno, sebbene non paludoso.
§ 957. La terra per la coltivazione dei vasi dev’essere quasi un concime. Se in una pianta in piena terra, le radici allungandosi possono andar in cerca di nuova terra non ancor spogliata de’ principj che le sono necessarj, quelle all’incontro d’una pianta costretta entro il piccolo spazio d’un vaso deve trovare molta copia dei detti principj entro quella poca terra che vi si contiene. Che anzi, come in seguito vedremo, abbisogna rimetterne di nuova ogni tre anni, perchè oltre all’esaurimento dei detti principj, nella terra vi ha eziandio una vera consumazione, essendosi parte de’ suoi componenti convertita nella tessitura solida della pianta.
La terra pei vasi deve, per così dire, essere fabbricata espressamente colle sostanze le più opportune, formandone un miscuglio omogeneo. Si prendano due terzi di argillosa non troppo compatta o terra vegetale, ma non puro humus, e per l’altro terzo si aggiunga cenere, sterco di cavallo o di pecora senza paglia, o colombina, e vi si versi sopra urina, od escremento umano reso liquido, finchè tutta la terra ne sia imbevuta; si mescoli il tutto assieme e si lasci al riparo delle piogge ed anche dei venti. Questo miscuglio si rivolti, sminuzzandolo ben bene una volta ogni due mesi, per modo che in capo ad un anno e mezzo si riduca in una materia omogenea, carica di sali azotati, di potassa e di calce, sostanze tutte assai opportune alla buona riuscita degli agrumi. Di questa composizione di terra importa averne costantemente, rifacendo il miscuglio almeno diciotto mesi prima che sia consumato il primo.
§ 958. Quando voglionsi educare gli agrumi nei vasi importa disporre le pianticelle sin dal secondo anno dopo l’innesto, e si farà uso di quelle che sin dapprincipio furono allevate nelle cassette o vasi. Epperò le migliori, perchè già più adattate e raccolte nelle loro radici, saranno le margotte. La miglior forma in tal caso essendo poi quella a cono rovesciato, ossia colla base in alto, e vuoto nel centro, sarà d’uopo tagliare il piccolo fusto a 0m,20 sopra terra, onde avere a quell’altezza le prime tre diramazioni principali coi germogli che sorgeranno sotto il taglio che riescano meglio ripartiti. Queste prime diramazioni ogni anno verranno troncate a 0m,15 d’altezza onde formare le successive suddivisioni, conservando i ramicelli laterali, i quali sono i primi a portar fiori, ajutando lo sviluppo di questi ultimi colla opportuna cimatura dei germogli verticali.
Ogni tre anni queste pianticelle si muteranno di vaso, mantenendole piuttosto ristrette, in modo che se a tre anni, dopo d’aver levata la margotta o dopo l’innesto, il vaso aveva 0m,15 di diametro per 0m,10 circa di profondità, ad ogni cambiamento lo si abbia ad aumentare di 0m,05 di larghezza e di 0m,03 circa di profondità. Epperò a dieci anni il vaso avrà 0m,30 di larghezza, a venti 0m,50 circa, a trenta da 0m,65 a 0m,70; ed in seguito un vaso di un metro di diametro può contenere una pianta di agrume anche vecchissima, usando le pratiche che indicherò più avanti. D’altronde una maggior grandezza di vaso riuscirebbe di grandissimo peso, e per conseguenza di difficilissimo trasporto.
Ma perchè, direte voi, tener tanto alle strette le radici delle piante che si educano ne’ vasi? Non sarebbe meglio lasciarle spaziare maggiormente, chè la pianta vegeterebbe meglio? — Egli è appunto, perchè la pianta non deve lussureggiare in vegetazione fogliacea che noi dobbiamo lasciare alle radici appena quel tanto di spazio che basti a ricevere nutrimento sufficiente a mantenerla robusta ed a renderla fruttifera. E a tale scopo servono mirabilmente tre cose, cioè l’innesto degli agrumi fatto sugli adami, i quali naturalmente si stendono poco in radici e rami; il taglio applicato con accuratezza, e soprattutto la cimatura; e finalmente la ristrettezza del vaso, combinata al mutamento della terra.
Infatti voi sapete di già come reciprocamente fra di loro influiscano il soggetto e l’innesto: se voglionsi piante vigorose si scelgono soggetti vigorosi, o vi s’innestano le cime de’ rami succhioni; voglionsi all’incontro tener basse, e si adoperano arbusti come soggetti, e marze non delle cime de’ rami verticali, ma piuttosto quelle degli orizzontali. Così pure, voi vedrete in generale che le piante che vegetano rigogliosamente portano pochi fiori, ed ancor più pochi frutti. Voi sapete dalle regole generali sul taglio delle piante fruttifere, che se vuolsi ridonar vegetazione dobbiamo lasciare tutti i germogli o rami da legno, e singolarmente i succhioni, e che se all’incontro vogliamo che la pianta si metta a frutto con scapito della vegetazione fogliacea, dobbiamo sopprimere più che si può dei detti germogli e rami. E in quanto all’effetto della quantità di terreno nel quale una pianta possa stendere le proprie radici, ne avete una prova, osservando che se il terreno è soffice, profondo e fertile, la pianta si sperde in vegetazione fogliacea, e porta frutti assai più tardi di quella che fosse coltivata in condizioni più anguste. Ma quest’ultima circostanza del vegetare in uno spazio assai limitato di terra esige il di lei rinnovamento, poichè, come già dissi, in pochissimi anni questa sarebbe spogliata dai principii utili.
§ 959. Per rinnovare o mutare la terra si procede in questo modo. Se il vaso è piccolo si prende con una mano il tronco della pianticella, e poggiando l’altra sull’orlo del vaso, lo si tiene fermo contro terra; indi si leva in alto la pianta, e la si estrae. Quando poi questo maneggio riesce difficile, anche eseguito da due persone, perchè la pianta è già grossa e quindi pesante, allora conviene fissare una carrucola al soffitto dell’aranciera o di qualche porticato, oppure in cima a tre lunghi e grossi pali, i quali formino come un cavalletto a tre gambe. Si trasporta il vaso sotto la carrucola, dalla quale scende la corda che si lega al tronco della pianta, difeso previamente da qualche straccio. Ben fissata la corda attorno al tronco, si stira quella porzione che pende dall’altra parte della carrucola, tenendo in pari tempo fermo il vaso: con ciò la pianta esce con tutta la terra, ed il vaso si ritira da una parte. Poscia si tiene alzata la pianta fermando la corda ad uncino, e con una lama grande e forte da coltello si tagliano per circa 0m,05 a 0m,08 tutt’all’intorno le radici che formano una rete fitta, come parimenti si taglia la parte inferiore per 0m,06 a 0m,10 di altezza, sempre più o meno secondo il bisogno della pianta, e secondo che le radici alquanto grosse siano più o meno superficiali. Inoltre, se ciò non basta, con uno spuntone di legno si smuoverà altra terra, e specialmente quella della parte superiore onde maggior copia se ne possa rimettere di nuova.
Ciò fatto si rimette il vaso a perpendicolo sotto la pianta, avvertendo che in tale circostanza se ne dovrà usare altro più grande quando il bisogno lo richieda. Si mette un tegolo sopra il foro, o sopra i fori del fondo del vaso, indi uno strato di 0m,01 a 0m,05 di minuta ghiaia, e sopra questa del letame da stalla a metà consumato, indi terra quanto basti perchè il colletto della pianta, sempre secondo la sua grossezza, rimanga da 0m,03 a 0m,05 al dissotto dell’orlo del vaso. Vi si cala la pianta indi si aggiunge terra all’ingiro, procurando che bene investa le radici, ed altra poca si mette al dissopra onde rimpiazzare quella che fu fatta cadere collo spuntone di legno, e che serve a ricoprire le radici superficiali. Finalmente si trasporta il vaso in luogo ombreggiato, lo si innaffia, e ve lo si lascia per otto giorni almeno, e più, se la pianta fosse voluminosa. Passato questo tempo, e quando si accorge che le foglie cominciano a dar segno che la pianta si è rinfrancata nelle radici, si può disporla nella posizione che deve occupare per il resto dell’anno.
§ 960. L’esposizione pei vasi d’agrume deve scegliersi con maggior cura che se fossero in piena terra. Voi sapete che queste piante, se amano il caldo, temono anche l’aridità; epperò in piena terra le radici soffrono per effetto di questa assai meno che nei vasi, perchè il sole non colpisce il terreno che superficialmente ed un innaffiamento od una irrigazione ogni dodici o quindici giorni è sufficiente. Nei vasi all’incontro l’evaporazione è maggiore, poichè il caldo e l’aria li colpisce per ogni dove, ed il sole ne riscalda non solo la superficie ma eziandio quasi tutti i lati, e per conseguenza la terra asciuga prontamente appunto dove sono le tenere radicette che principalmente servono alla nutrizione della pianta; e quanto più il vaso sarà piccolo, altrettanto pronto sarà questo inaridimento. Da tutto ciò risulta chiaramente che quella esposizione che sarebbe la più opportuna per una piantagione in piena terra, perchè appoggiata o ben vicina a muri esposti verso mezzodì, non sarebbe certo la migliore per disporvi i vasi, e singolarmente i più piccoli, essendo che il troppo sole ed il riverbero dei muri nuocerebbero più ch’essere di vantaggio alla pianta. Perciò quanto più i vasi saranno piccoli farà d’uopo tenerli in posizioni tali che il sole non li possa percuotere troppo direttamente nelle ore più calde, tenendoli sopra tutto lontani dai riverberi; le esposizioni di levante saranno dunque le migliori per questi; e quelle di levante alquanto più inclinate verso mezzodì, saranno opportune pei vasi sempre più voluminosi, facendo anche in modo che nelle ore più prossime al mezzogiorno, o l’ombra della stessa pianta, o quella delle vicine difenda la parete dei vasi esposta al sole.
§ 961. Per lo stesso motivo l’innaffiamento sarà più frequente, ma non troppo abbondante. La frequenza rimedia al pronto inaridimento del terreno; ma la troppa acqua nuocerebbe alle radici, le quali trovandosi ad un tratto circondate da eccessiva umidità, soffrirebbero nelle ore notturne per un soverchio raffreddamento; e nelle ore più calde, non potendo l’evaporazione essere in giusto rapporto col riscaldamento, avrebbesi un aumento di temperatura dell’acqua stagnante nel vaso, superiore ai bisogni delle radici e quindi nocivo. Sarà quindi obbligo di buon giardiniere l’innaffiare ogni due giorni i vasi piccoli, ed ogni tre o quattro i vasi più grandi, scegliendo le ore vespertine dopo un’ora almeno che il sole è tramontato, o dopo due ore che il sole non vibri più sul vaso, quando si possa innaffiar prima attesa l’esposizione. Alcuni aspettano ad innaffiare quando le foglie della pianta cominciano ad avvizzire, ma cogli agrumi posti in vaso è meglio evitare questo indizio di aridità.
Così pure la qualità dell’acqua non è cosa indifferente; essa non deve essere fredda, cioè non mai appena cavata da pozzi, o da corsi rapidi d’acqua quali sono fiumi, torrenti, ecc.; anzi sarà bene conservarla, come già si è detto per la coltivazione in piena terra, in vasche o tini larghi ed esposti al sole, onde, quand’è adoperata, non sia d’una temperatura di molto inferiore a quella della terra del vaso, ma piuttosto le si accosti, quantunque non debba mai sorpassarla. Anche l’acqua dei vasi, al pari della terra, sarà possibilmente ricca di sostanze fertilizzanti, allo scopo sempre di supplire alla scarsezza del mezzo nel quale è costretta a vivere la pianta. Sarà quindi ottimo a tal uopo l’aggiungere all’acqua una buona dose di vecchie colature di letamaj, od anche lo stemperarvi entro puro sterco bovino o cavallino. Taluni tengono l’usanza di coprire la terra superficiale dei vasi col detto puro sterco cavallino, il quale, siccome resta dilavato dall’innaffiamento, vien cangiato ogni due o tre settimane; ma è certo che i vasi similmente regolati non fanno troppo bell'effetto nei giardini.
L’innaffiamento si eseguirà con recipiente munito di pomo forato minutamente, onde non si guasti la terra superficiale dei vasi, e perchè meglio possa distribuirsi e penetrare uniformemente. Ciò non per tanto l’innaffiamento dei vasi esige molte diligenze se non vogliamo spendere il tempo senza profitto. Importa adunque osservare che il tronco della pianta non venga bagnato, e perciò si disporrà la terra alquanto colma verso il centro, il che servirà eziandio a meglio dar agio all’acqua di penetrare tutt’all’ingiro. Si osservi eziandio che l’acqua non sfugga troppo repentinamente, pel vano che talvolta formasi tra le pareti del vaso e la terra in occasione che l’aridità abbia diminuito o ristretto il volume di quest’ultima; importa adunque ripetere l’innaffiamento anche nello stesso giorno, perchè tutta la terra lentamente e completamente s’imbeva.
Il dottor Fenoglio di Torino, avendo casualmente posto in bacini ripieni d’acqua alcune piante d’agrume onde salvarle dalle formiche, s’accorse che la vegetazione aveva preso una rigogliosità superiore a quanto potevasi ripetere dal cessato insulto degli insetti. Dubitò quindi che la continua immersione del vaso nell’acqua ne fosse la vera cagione.
Fece sperimenti di confronto e vidde che costantemente le piante, il cui fondo del vaso era immerso, presentavano una vegetazione di molto migliore alle altre. Suggerì perciò di far uso di conche in terra cotta a fondo piano pei vasi piccoli, e di canaletti fatti con lastre sottili di pietra, larghi a proporzione dei vasi, ed i cui bordi sieno dell’altezza di 0m,25 allo scopo di contener l’acqua. Sul fondo i detti canaletti dovrebbero avere anche diversi fori allo scopo di smaltire l’acqua, quando si volesse cangiarla oppure smaltirla nel verno. Entro i recipienti di terra o nei canaletti s’introduce l’acqua, ed entro vi si dispongono i vasi in modo che vi restino immersi almeno da 0m,05 a 0m,15, secondo la loro grandezza; si rimette l’acqua che evapora o che viene assorbita, ed alla metà di Settembre si aprono i fori del fondo per smaltirla, acciò non conservino troppa umidità nei mesi che cominciano a diminuire di temperatura. Per tal modo ei crede che l’umidità invece di comunicarsi dall’alto al basso, come nell’innaffiamento ordinario, essendo continuamente trasmessa per imbibizione dal basso in alto, supplisca meglio e più regolarmente ai bisogni della pianta, ed eviti il continuo dilavarsi del terreno. Un tal metodo però merita d’essere sperimentato attentamente, poichè potrebbe darsi che lo squilibrio che naturalmente deve esistere tra l’umidità della parte inferiore e quella della superiore possa essere di danno alla pianta; ed anche perchè le piante potrebbersi rendere più dilicate, e più facili a soffrire nel verno. In ogni modo sarà sempre un ottimo rimedio contro gli assalti delle formiche.
§ 962. Riservandomi più avanti di parlare delle aranciere o locali ove si possono riparare gli agrumi, non che del modo di coprire quelli coltivati in piena terra, ma in climi ove il gelo li annienterebbe, per ora dirò soltanto dell’epoca di esporre e di ritirare quelli che sono coltivati nei vasi. E su questo proposito dirò non doversi mai, qualunque sia la stagione, trasportarsi d’un tratto gli agrumi dall’aranciera all’aria libera.
Queste piante al finir del verno trovansi quasi sempre deboli e tali da risentirne danno troppo facilmente, non solo pei raggi solari che già fossero sensibili, ma eziandio pel libero contatto dell’aria, quantunque la notte non giungesse ad una temperatura più bassa di +4°. Se l’aranciera era alquanto calda, gli agrumi porteranno già dei tenerissimi germogli i quali soffrirebbero; e se all’incontro era un poco fredda, troppo forte riuscirebbe il divario colla temperatura dei raggi solari. Epperò, scomparso il timore che la temperatura possa abbassarsi sotto lo 0,° e che la media possa ritenersi quasi sicuramente di +10,° o si terranno aperte tutte le imposte anche durante la notte, o si trasporteranno i vasi sotto qualche portico, finchè giunta la temperatura media a +12° si potranno esporre all’aria libera. In quel frattempo si rimonderanno dai seccumi, dalle parti che abbiano patito pel freddo o per l’umido stagnante; si eseguirà anche il taglio qualora non siasi fatto avanti il verno, o che alcuni rami siano stati lasciati perchè portanti frutti, colti o deperiti dappoi durante la stagione jemale. In questo momento si farà eziandio il cambiamento della terra o de’ vasi a quelle piante che lo richiedono.
La stessa regola di procedere per gradi deve osservarsi anche pel momento di ritirarli. Appena che si temano le brine e che la temperatura autunnale sia ridotta a +10,° si dovranno ritirare gli agrumi sotto porticati, oppure nell’aranciera, ma sul davanti, e dove l’aria ed il sole esercitino ancora una libera azione. La pianta deve disporsi lentamente a sopportare la temperatura del verno, e soprattutto non devesi rinchiudere quando la terra del vaso sia ancora troppo umida dalle piogge dell’ottobre, poichè in seguito ben difficilmente ridurrebbesi a quel punto che sta in relazione colla temperatura e colla cessazione del vegetare. Il ritirare le piante alquanto prima che la stagione si faccia rigida e che indichi la chiusura dei locali durante la notte, serve ad impedire che nuove piogge imbevano ulteriormente la terra, e che questa abbia il necessario tempo di asciugare prima che si rinchiuda nel locale dove passerà l’inverno.