Trattato completo di agricoltura/Volume II/Degli Agrumi/6

Delle Aranciere

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Degli Agrumi - 5

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delle aranciere.

§ 963. Prima di tutto importa che sappiate che altro è una Aranciera ed altro una Serra calda. Per conservare gli agrumi nella stagione jemale, basta che il locale non scenda ad una temperatura inferiore a 0,° nè abbisogna di una temperatura superiore a +5° o +6°; laddove questa sarebbe la minima per una serra qualunque, e molto più per una di quelle che diconsi serre calde.

Qualunque poi sia il locale che servir deve a riparare gli agrumi, saranno necessarie alcune norme onde non vada fallito l’intento che ci siamo prefissi.

Prima di queste sarà l’esposizione, la quale deve piuttosto approfittare del sole durante le ore pomeridiane, che non di quello delle prime ore del mattino. Siccome le aranciere possono anche casualmente avere al mattino una temperatura di poco superiore a 0,° così il subito vibrare dei raggi solari, prima che l’interno ambiente siasi un poco riscaldato, potrebbe portare un effetto analogo a quello che produce il sole all’aperto quando la temperatura atmosferica scende a 0,° verificherebbonsi cioè gli effetti della brina. All’incontro i raggi solari che percuotono le invetriate dell’aranciera nelle ore del meriggio e consecutive sino al tramonto, trovano l’interno ambiente già alquanto riscaldato, e servono a conservare una maggiore temperatura durante la notte. Una esposizione adunque leggiermente inclinata da mezzogiorno a ponente sarà la migliore per questo riguardo.

Le aperture o finestre dovranno avere una dimensione tale che i raggi solari nel solstizio d’inverno possano arrivare ad illuminare tutta l’aranciera, come vedesi per es. dalla direzione della linea l nella fig. 316; o per lo meno non si dispongano i vasi se non dove possano godere liberamente la luce.

Una insufficienza di luce indebolisce le parti verdi delle piante, le quali per conseguenza imbianchiscono, e soffrono e cadono facilmente per la minima condizione loro sfavorevole.

Ma il più delle volte gli agrumi soffrono per l’eccessiva umidità delle aranciere, singolarmente quando per la rigidezza della stagione non si possano aprire le imposte e lasciare libero ingresso all’aria, ed ottenere quindi una buona ventilazione.

Voi sapete che l’aria conserva naturalmente un dato grado di umidità in proporzione della temperatura, e già vi esposi al § 168 del Volume I.° la tavola indicante questo rapporto fra l’umidità e la temperatura, la quale prova la necessità dei [p. 309 modifica]l’uso combinato del termometro coll’igrometro per chi voglia agire accuratamente. Generalmente le aranciere conservano un’umidità maggiore di quanto porti la loro temperatura ambiente, per il che questo eccesso d’umidità stagnante agisce soprattutto sugli organi respiratorj della pianta, epperò veggonsi spesso cader le foglie agli agrumi, quantunque si possa essere certi ch’essi non hanno sofferto pel freddo. Nelle serre calde, propriamente dette, questa umidità è in relazione colla loro temperatura, e per di più in esse buona parte vien consumata nella vegetazione che continua artilicialmente in alcune piante; ma nelle aranciere semplici la vegetazione è affatto cessata, e soltanto leggiermente traspirano le foglie, per la quale funzione basterebbe l’umidità normale dell’aria ambiente; ma a questa di solito s’aggiunge quella che evapora dalla terra dei vasi, e per tal modo riscontrasi l’eccesso già notato.

Ecco adunque un altro motivo che rende utile il ritirare gli agrumi colla terra piuttosto asciutta, e perchè non debbasi mai innaffiare i vasi, sebben sempre assai leggiermente ed al mattino, se non quando la giornata permetta di poter aprire liberamente le imposte, e lasciarle aperte per molte ore.

§ 964. Il riscaldamento nei locali destinati ad aranciera, quando la stagione si faccia soverchiamente rigida, dovrebbe farsi con stufa da accendersi all’esterno, e non con bracieri ripieni di tizzoni e posti nell’interno. Il calore che rapidamente per legge fisica si porta in alto, induce uno squilibrio nella temperatura dei diversi strati d’aria del medesimo locale, per il che le foglie dei rami più alti sono le prime a soffrire od a cadere allorchè le giornate permettono d’aprire le imposte. Il fumo inoltre depone uno strato nericcio sulle dette foglie dei rami più alti, e ciò pure contribuisce non poco a produrre il danno soprannotato. S’aggiunga poi il consumo dell’ossigeno dell’aria per effetto della combustione fatta nell’interno, il quale non può essere rinnovato coll’aria esterna e che riesce certamente pregiudicevole alla pianta, sebbene sia cessata la vegetazione. La stufa adunque è preferibile perchè riscalda più lentamente ed uniformemente, e perchè si alimenta coll’aria esterna.

Deplorabile è poi l’uso quasi comune a tutti i giardinieri di esplorare la temperatura mediante alcuni recipienti ripieni di acqua, onde conoscere quando la temperatura scenda sotto lo 0°, riscontrandola gelata. Con questo mezzo non si conosce il bisogno del riscaldamento se non quando il male è già fatto; nè si conosce il preciso grado di temperatura, poi[p. 310 modifica]chè l’acqua tranquilla entro un recipiente può scendere anche a molti gradi sotto lo 0° senza che si congeli. E di questo fatto potete averne una prova coll’acqua che trovasi nelle rigide mattine del verno entro le stanze, essa non presenta il ghiaccio, ma se appena movete il recipiente o che vi tuffiate le mani la vedete in un subito riempiersi di laminette ed aghi d’acqua gelata. Di questo fenomeno già ve ne feci cenno al § 179 del Vol. I, parlando della formazione della grandine. Si usi adunque il termometro, e quando vedete che verso sera ei scende a +4°, che il cielo sia sereno e l’aria molto fredda, state sicuri che all’albeggiare lo troverete ben presso lo 0°, ed anche al dissotto; per il che sarà opportuno accender fuoco alla sera, oppure qualche ora avanti l’alba, poichè già vi dissi che il massimo raffreddamento avviene nelle prime ore del mattino. Il termometro non è poi un istrumento difficile a conoscersi ed ha il vantaggio di prevenirvi, laddove l’acqua che congeli non può far altro che assicurarvi essere la temperatura discesa d’un numero incerto di gradi sotto lo 0°.

§ 965. Ora che ho detto quanto si debba fare nelle aranciere destinate a ricoverare i vasi d’agrume, vi dirò come si coprano sulla riviera di Salò le piante coltivate in piena terra, e che non potrebbero resistere alla temperatura jemale del nostro clima. Ma per meglio intendere come si coprano in quella località i giardini, importa conoscerne la disposizione. Epperò, avanti tutto vi spiegherò la figura 315 colla quale si è disegnata la pianta d’un giardino a tre ordini, ossia a tre scaglioni.

Ogni ordine di giardino è largo 5m, e sul davanti ha un vialetto d’accesso w della larghezza di 1m: posteriormente ha un muro di schienale t, della grossezza di 0m,50 ed alto fuori terra 7m,50, in modo che, supposta la differenza di livello in 5m,80 da un ordine all’altro, il muro di schienale dei due ordini inferiori sorpasserà di 1m,50 circa il livello del suolo dei due superiori, formando una specie di parapetto p sul quale, come vedremo, sono poggiati i pilastri. Epperò, dietro il muro di schienale dell’ordine superiore, non vi sarà che il condotto principale g (fig. 316) dell’acqua, il quale serve poi a suddividerla nei secondarii h; e sul davanti dell’ordine inferiore si costruirà un parapetto p alto fuori terra 1m,50. Sui parapetti di ciascun ordine alla distanza di 4m, da centro a centro s’ergono i pilastri q; per il che lo spazio compreso fra questi ed una eguale [p. 311 modifica]larghezza presa sul muro di schienale riesce di 22,50, e questa superficie dicesi campo o campata. Ogni campo non contiene che una pianta a (fig. 315) d’agrume, posta nel mezzo [p. 312 modifica]della larghezza ed a soli 2m, del muro di schienale; all’intorno ha 4 paloni b infissi sopra un basamento di pietra, i quali servono a sostenere i rami della pianta. Sul davanti e dietro ciascun pilastro, ma alla distanza di 1m,50 da questi, vi ha la pianticella f che si alleva pel commercio o per rimettere le morte o deperenti. Colla lettera z si è indicato il muro di fianco, avente nel punto y l’uscio d’ingresso all’ordine inferiore, dal quale si ascende ai superiori mediante la scaletta u divisa in due andate di 2m,95 d’altezza ciascuna.

L’altezza di 1m,50 che abbiamo visto darsi al parapetto posto sul davanti degli ordini è tale da permettere che la linea del solstizio d’estate i arriva in f dov’è la pianticella, e quella del solstizio d’inverno l giunga sino al muro di schienale.

Le dimensioni accennate colle figure 315 e 316 e specialmente quelle fra pilastro e pilastro, variano per viste d’economia nella qualità dei legnami necessarii per la copertura. Le piante spesso sono distanti l’una dall’altra 5m,50 circa, invece di quattro come abbiamo detto; ed i pilastri invece d’una distanza parimenti di 4m, ne hanno una minore, persino di 2m,80. Questa diminuzione nella larghezza dei pilastri è singolarmente dovuta all’economia nel legname, potendosene adoperare di meno grosso perchè più corto, e quindi doppiamente meno costoso.

I pilastri q ripartiti sul basamento o parapetto p (fig. 316), possono essere stabili se di pietra o in muratura, e possono anche essere mobili se formati da colonnette di legno da fissarsi in basso sopra un perno di ferro fisso nel basamento e tenuti al posto in alto dal travetto di fronte c (fig. 317) od architrave, che percorre da un pilastro all’altro, il quale parimenti è tenuto in posto da una terzera o (fig. 316), che dall’estremità superiore ognuno di essi va a poggiarsi e fermarsi sul muro di schienale, ossia sull’estremità superiore del parapetto dell’ordine superiore, nella direzione m n. Trasversalmente a questi travetti o si poggiano, fissandoveli, cinque travetti minori e detti filaruoli, i quali poi servono a sostenere le assi della copertura.

Le assi di copertura distinguonsi in assi dissotto b, dette in luogo sottane, ed in assi dissopra a, dette di coperto (figura 317). Le assi sottane formano il piano inferiore e sono le migliori e più larghe, e quelle di coperto sono le più strette e meno buone. Queste hanno una lunghezza tale di arrivare dal travetto di fronte c sino al muro di schienale. I travetti o fiiaruoli e sono fissati all’altro travetto trasversale [p. 313 modifica] [p. 314 modifica]o mediante lunghi chiodi, e le assi di copertura sono fermate ai filaruoli per mezzo di chiodi minori. Spesso le assi di copertura non arrivano a coprire tutto lo spazio compreso fra i pilastri ed il muro di schienale, ma giungono a poco più che metà di detto spazio; ed allora s’incominci a coprire la parte inferiore da m a x (fig. 318) con una parte, e sopra questa porzione se ne sovrappongono delle altre da x a n. Quest’ultimo modo di copertura dicesi a doppia mano d’assi, ed il primo ad una sol mano.

Le grossezze e le dimensioni dell’architrave c di fronte, non che degli altri o ed e sono in relazione al peso che devono sostenere, e variano da 0m,10 a 0m,20 di lato.

Fatto il tetto all’aranciera si procede a coprirne il davanti. Questa copertura (fig. 319), è costituita da serramenti a vetri v, oppure in parte a vetri ed in parte ciechi r. Ottima cosa però sarebbe che fossero tutti a vetri. I serramenti una volta si aprivano internamente. I pilastri, e le altre intelaiature d’imposta che scompartiscono gl’interpilastri quando sono molto ampi, dette anche mesili, avevano la battuta internamente come alla figura 320; oggidì però quasi tutti sono d’aprirsi esternamente cioè la battuta dei mesili è esterna come alla figura 321.

I giardini si coprono verso il finir dell’autunno, e non si chiudono se non quando abbia incominciato il gelo. Durante l’inverno, quando il tempo sia mite e sereno, si aprono le imposte. Se poi la stagione si fa molto rigida si accendono delle fascine, fra le quali si dà la preferenza a quelle d’ulivo, perchè ardono prestamente senza far molto fumo, e lasciano molte brace. Qui è da notare l’erroneità del metodo che hanno anche quasi tutti i giardinieri della Riviera, cioè di tener per segnale del freddo l’acqua, e d’accender fuoco quando la si vede gelata. Ma a tale proposito non voglio ripetervi il già detto. Talvolta si può conservare un ambiente [p. 315 modifica]temperato col mantenere nel giardino degli ammassi di letame fresco di cavallo, che fermentando sviluppino calore. Il riscaldamento si eseguisce per ogni gruppo di campi.

Dall’esposto per la coltivazione degli agrumi nella riviera di Salò risulterà che la spesa d’impianto per ogni campo deve essere vistosa, come pure lo riesce quella d’annua manutenzione; ma in seguito ne vedremo anche il vistoso prodotto.

La spesa d’impianto comprende la disposizione del piano e la preparazione del terreno, la formazione dello schienale e la costruzione dei pilastri, l’adattamento dei tubi o condotti d’irrigazione, la posizione al posto della pianta fruttifera, la copertura completa, cioè tetto, e serramenti a vetri e ciechi, e la parte che spetta alla costruzione delle scale, usci, fitto di magazzini, di deposito pei legnami, chiodi, ecc. In tutto si fa ammontare dai fr. 330 ai 400, secondo la maggiore o minore difficoltà di ridurre il terreno, e secondo la maggiore o minore esattezza e solidità di costruzione.

L’annua manutenzione consta dei seguenti elementi per ogni campata di giardino. [p. 316 modifica]


Analisi del costo dell’annua manutenzione di una campata di giardino a limoni, lungo la spiaggia del lago di Garda a Gargnano.

 
1. Salario del giardiniere L. 2.00
2. Per concime. Ogni 3 anni occorrono 2/3 di carro comune, a L. 6.00 per carro; L. 4.00
Condotta e spargimento » 0.90
Ogni anni tre L. 4.90
E per un anno » 1.63
3. 5 Filaruole larice per l’ossatura del coperto, che durano ragguagl. anni 10: cadauna L. 1,90, detratto il prezzo dell’inservibile all’atto della rinnovazione, cioè L. 0,40, residuano L. 1,50 cadauna: e per 5 » 7.50
4. Posizione in opera con due muratori e manuale, compreso il trave principale come avanti » 2.62
5. Ferramenta per assicurare le filaruole al trave principale: N.° 10 cavicchi, chilogrammi 0,80 a L. 0,84 0.67
e si detrae il ricavo delle inservibili 0.36
» 0.31
Totale per l’ossatura ogni dieci anni L. 10.43
E per 1 anno » 1.04
6. Assi pel coperto: N.° 1 ogni campata, e detratto il prezzo dell’inservibile di L. 0,40, costerà annualmente » 0.85
7. Manutenzione delle portiere » 0.75
8. Erba per otturare le fessure nell’inverno » 0.60
9. Manutenzione muri, vasi d’irrigazione ed altro » 0.42
10. Manutenzione del trave principale di legno castano, per sostegno della copertura avente la lunghezza di M. 5.30, grossezza media M. 0.20: costa L. 8.50
Ricavo del medesimo all’atto dell’inservibilità » 2.50
Residuano L. 6.00
Totale L. 7.65

Questa spesa può arrivare anche alle aL. 10.00, cioè dai fr. 6.40 ai fr. 8.70 per ogni anno e per ogni campo, secondo la più o meno buona tenuta. Ogni ettaro quindi esigerebbe una spesa di fr. 140.000 circa d’impianto ed una di fr. 3120 circa d’annua manutenzione.

Una spesa così fatta a taluni sembrerà ingente e tale insomma da indurre gli stranieri nell’errore del Gasparin, ritenendo non potere una tale coltivazione essere menomamente profittevole.

Eppure anche in un clima così poco naturalmente favorevole il prodotto d’una pianta d’agrume ben coltivata varia dai 2 mila a 4 mila limoni, e per le qualità più fine e più ricercate è di soli 500 ai 1000. Ma ammettendo un adecquato di 800 limoni per ogni pianta, e supposto che ogni pianta occupi un intero campo, si avrà il seguente risultato.

Spesa.

Interesse della spesa d’impianto per un campo valutato fr. 400 fr. 20.00
Manutenzione annua 7.50
Fr. 27.50

Prodotto di N.° 800 frutti, ai prezzo medio di fr. 5 al % fr. 40.00. Per il che il beneficio netto risulterebbe per adequato di fr. 12.50 ogni campo, ossia di fr. 5212 circa per ogni ettaro; prodotto certamente vistoso, e che distrugge compiutamente l’asserzione del famoso agronomo francese.

È da avvertire che nei calcoli suesposti le spese si sono quasi mantenute al massimo, laddove pel prodotto si è forse esposta la minima. In questi ultimi anni, per esempio, in occasione del cholera, i limoni si vendettero dai 13 ai 18 franchi al %. È ben vero che non venne esposto il censo, siccome cifra assai variabile, ma quand’anche ve la si aggiungesse, questa sarebbe di fr. 5.80 ai fr. 6,88 per ogni decaro, ogni dì centes. 15 per ogni campo. [p. 318 modifica]

Non è quindi a stupirsi se nella Riviera del lago di Garda e nei distretti di Salò e Gargnano sianvi le seguenti superficie coltivate ad agrumi.

Comune di Gargnano Decari 240.
» Muslone 20.
» Limone 67.
» Maderno 61.
» Tignale 9.
» Toscolano 37.
» Tremosine 1.
Decari 435 Dec. 435.
Comune di Salò. Decari 7.
» Gardone di Salò 28.
» Portese 1.
Decari 36 Dec. 36.
In tutto Decari 471.

Ora passeremo a dire del raccolto e del prodotto degli agrumi nei climi loro più favorevoli. La pianta nei detti climi comincia a portar frutto al quinto anno circa, ed il raccolto si fa in varie epoche. L’arancio che porta fiori soltanto in primavera matura i frutti tutti ad un tratto, ma si colgono parte in ottobre, quando incominciano ad ingiallire; in questo momento non sono ancor maturi, ma resistono ai viaggi lunghi. Altri si raccolgono in dicembre per viaggi meno lunghi; e gli ultimi in primavera, allorchè sono maturi per esser consumati in luogo. I limoni all’incontro, siccome fioriscono quasi durante tutto il tempo di vegetazione, trovandosi nel medesimo tempo e fiori e frutti maturi sulla stessa pianta, si colgono dal maggio al settembre mano mano che vanno maturando, ritenendosi che per la perfetta maturanza esigonsi quasi diciotto mesi. Più numerosi sono quelli della fioritura dei maggio, ma sono migliori quelli delle fioriture successive. Colti si dividono secondo le varietà e secondo la loro grossezza, e s’incassano involti di carta pei viaggi lunghi.

Il prodotto di un ettaro nella provincia di Valenza, nella [p. 319 modifica]Spagna e nel Portogallo varia da 16 a 35 mila franchi all’anno, non dedotte le spese, che però non sono molte, non essendo necessaria la copertura jemale.

L’arancio, il cedro ed il bergamotto, oltre ai frutti danno un prodotto secondario in fiori e foglie che servono al distillatore. L’arancio dà fiori e foglie; le foglie sono quelle soltanto dei rami che vengono tagliati. I fiori, i quali danno un olio essenziale, si colgono in maggio ed in giugno, ogni due giorni scuotendo fortemente l’albero. La raccolta dei fiori non deve farsi nè subito dopo la pioggia, nè prima che sia affatto scomparsa la rugiada.

§ 966. Le malattie principali degli agrumi sono la gomma, la clorosi o pallor delle foglie, ed altra conosciuta a Nizza sotto il nome di petecchia.

La gomma è causata, come nelle altre piante a nocciolo, dalle intemperie, e più ancora dai rapidi salti di temperatura.

La clorosi spesso è dovuta alla troppa umidità del terreno, trattandosi di coltivazione in piena terra, e vi si rimedia col procurarle uno sfogo, operazione facile se il suolo è pendente.

La petecchia riconosce la sua cagione nelle intemperie e soprattutto nelle nebbie, e nelle forti rugiade, si manifesta per mezzo di macchie gialle dapprincipio e brune in seguito, le quali coprono il frutto e ne alterano perfino la polpa. È un’alterazione della corteccia che dà luogo alla vegetazione d’una muffa. Questo fatto si riscontra frequente nelle aranciere soverchiamente umide.

Fra gl’insetti vi sono due specie di chermes che si fissano sulle foglie o sui rami, assorbendone gli umori. Guastano pure gli agrumi i sorci e le formiche.

Fra le piante parassite vi ha il demathium monophillum, simile ad una polvere nerastra che ricopre quasi ogni parte della pianta: ed il lichene dell’arancio, lichen aurantii, che si presenta come una incrostazione grigio-biancastra. Ambedue queste parassite si mostrano di presenza nelle località umide ed ombreggiate.

La vita degli agrumi ben coltivati sorpassa i cento anni. Quando i rami incominciassero ad intristire si potrebbe tagliarli a 0m,50 dal tronco principale e ricoprir bene le ferite praticate. Importerebbe inoltre il concimare abbondantemente, e smuovere profondamente il terreno.




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Molto ancora vi sarebbe a dire di cose spettanti all’agricoltura. Infatti l’agricoltore del giorno d’oggi dovrebbe imparare la Meccanica agraria, ossia quella scienza che fa conoscere le macchine e gli strumenti agricoli, ed il modo più utile di adoperare le forze motrici di qualunque sorta esse siano. Vi ha l’Idraulica che insegna la conduzione dell’acqua, la livellazione, la costruzione di edifici idraulici, e che comprende anche il drenaggio. L’Architettura rurale, ossia il modo di adattare i fabbricati ai bisogni campestri. Vi sarebbe l’Agrimensura, necessaria ad intendere i principii elementari di Geometria, gli strumenti geodetici, ed il rilievo delle mappe.

Inoltre sarebbe a dire dell’allevamento, educazione, miglioramento, ed acclimatazione degli animali utili in genere, e sul modo di curarne le malattie, almeno le più comuni.

Utile riuscirebbe il conoscere la contabilità e la tenuta dei registri per dedurne i profitti o le perdite, senza di che l’agricoltura sarà sempre un esercizio alla cieca.

Utili pure sarebbero alcune cognizioni atte a dirigere il coltivatore in alcune operazioni di manipolazioni dei prodotti primi del suolo, cioè quelle inservienti a conoscere il processo di distillazione per ottener l’alcool, quello per l’estrazione dello zucchero, e singolarmente quello del caseificio.

Ma tutto ciò sarebbe opera lunghissima e supporrebbe in chi scrive una vastità di cognizioni che confessa di non avere. Da qui però risulta chiaramente che un buon agricoltore noi non l’avremo mai finchè non possa trovar riunite tutte queste cognizioni senza bisogno d’andare a tentoni, con gran probabilità d’illudersi. Solo un’educazione specialmente agricola potrebbe arrivare allo scopo. Una istituzione di tal fatta non lascerebbe il dilettante d’agricoltura in balía a sè stesso, nè alle sole teorie buone o false d’un tal libro. In quella, molte specialità sarebbero riunite allo scopo di imprimere direzione ed unità al complesso delle cognizioni, e di assegnare a ciascuna cognizione il giusto suo posto e la sua importanza.

Per tali riflessi troverete forse scusabile che io mi sia limitato a darvi quelle notizie d’agricoltura che più strettamente si riferiscono al lavoro dei campi.


fine del volume secondo ed ultimo.