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XXIX XXXI

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XXX.

«Gualfardo fu buono quella sera come sempre. Mi baciò in fronte come soleva fare ogni sera, e mi parve che mi stringesse al suo cuore con un’espansione insolita.

«Ne risentii più acuta la fitta del rimorso. Mi sentivo così vile, d’ingannarlo come facevo, così vile...

«Avrei voluto scrivere a Max di troncare ogni corrispondenza con me; di dimenticarmi, di lasciarmi tutta ai miei doveri. Ma non ne avevo il coraggio. Ed aspettavo la sua lettera con tutta l’ansietà. — Sempre la miserabile attrattiva del frutto proibito!

«Il posdomani la lettera venne.

«Max era malato. Soffriva, era triste. Non poteva scrivermi altro perchè stava a letto. Appena guarito mi scriverebbe a lungo, aveva tante cose a dirmi.

«Era malato; ed io non poteva correre a lui, sedermi accanto al suo letto, curarlo, vegliarlo. Ed era malato per me, per la mia partenza; ne ero sicura. Stava così bene prima! Era dunque il dispiacere che lo faceva star male. No. Decisamente la nostra posizione non poteva durare così. Non si comanda ai proprii sentimenti. Poichè ci amavamo — [p. 155 modifica]non solo per noi, ma per lo stesso Gualfardo — era necessaria una confessione, una risoluzione.

«Quella sera aspettai Gualfardo in uno stato di eccitazione straordinaria. Volevo esser sola con lui. Ed invece il babbo s’era incastonato nel suo seggiolone come una perla in un anello. Aveva l’aria di doverci rimanere il resto de’ suoi giorni; dacchè ero tornata, da tre giorni, non era più uscito.

«— Non esci a passeggiare, babbo? gli domandai.

«— No, mi rispose; fa un caldo orribile.

«Che fare? Pure era necessario ch’io parlassi con Gualfardo da sola.

«— Babbo, ripresi. Io invece sento il bisogno di passeggiare questa sera. Vuoi ch’io vada al Valentino a far un giro con Gualfardo? vuoi?

«— Eh! va. Omai sei artista; se gli ho permesso di andare ad incontrarti a Milano, non vedo alcun male a lasciarti fare una passeggiata con lui. Del resto è il tuo fidanzato.

«Io mi avviai alla mia camera per prepararmi col cappellino, tanto ero impaziente di uscir subito appena Gualfardo fosse giunto. Ma prima che fossi uscita il babbo riprese:

«— Ed è un bravo giovane, sai; un bravo, bravo giovane.

«— Sei ben fortunata, Fulvia, d’esserti imbattuta in lui; ed anch’io ne son fortunato. Muoio tran[p. 156 modifica]quillo, vedi, sapendoti nelle sue mani, perchè è un nobile cuore.

«Io fuggii senza rispondergli. Povero babbo! Io stavo per distruggere la mia fortuna, e la sua tranquillità. E perchè? O Dio!

«— Gualfardo, volete condurmi al Valentino a far una passeggiata? — gli dissi appena giunse. — Il babbo lo permette.

«Egli accettò colla solita cortesia.

«Era la prima volta che uscivamo soli. Eravamo un po’ imbarazzati. Ed io pensavo quante volte ero uscita a Milano con Max, e che non eravamo imbarazzati; ed ammiravo quel carattere impetuoso, espansivo; e deploravo il riserbo di Gualfardo, e dicevo tra me:

«— Ecco com’è. È impossibile amarlo com’io l’intendo. È la sua freddezza che è causa di tutto.

«Quando fummo in Borgo Nuovo, c’era grande andirivieni di popolino e di omnibus; e si faceva buio; e gli accendi-fanali correvano colle loro pertiche illuminate come piccoli fari; e più d’una volta fui urtata.

«Allora Gualfardo mi disse:

«— Vorreste prendere il mio braccio, Fulvia? Camminereste meno a disagio. Se non ci avete difficoltà...

«Io presi il suo braccio, pensando quanto aveva [p. 157 modifica]tardato ad offrirmelo, e quante cerimonie ci metteva; e che invece Max prendeva addirittura il mio braccio e lo passava sotto il suo in barba a tutti, e s’arrabbiava se un altro c’era arrivato prima. Ah! quello era amore!

«C’era molta gente al Valentino. Io proposi di andare fino alla Barriera di Nizza costeggiando il Po.

«Quella strada era quasi solitaria. Parlavamo poco. Io ero preoccupata di quanto stavo per dire. Gualfardo pareva si studiasse di portare il discorso su argomenti estranei a noi. Trovava belle o brutte le case dei canottieri; più o meno svelte le forme dei canotti. E fresca la strada, e pittoresca, ecc.

«Dopo aver risposto una quantità di , e di sicuro, e di già, io dissi ad un tratto:

«— Gualfardo, ho deciso di accettare la scrittura che mi hanno offerta per Nuova-York.

«— Sì? diss’egli senza il menomo cenno di sorpresa o di approvazione o di disapprovazione.

«Quella risposta succinta mi sconcertò. Avevo contato su qualche obbiezione, su qualche interrogazione per aprirmi la via a spiegare i miei motivi. Che fare davanti a quel freddo monosillabo? Pensai di ripetere per eccitare altre risposte.

«— Già, ripresi. Vado a Nuova-York.

«Questa volta egli non rispose affatto. Solo dopo un momento, tanto per dir qualche cosa, mi domandò: [p. 158 modifica]

«— Avete già firmato la scrittura?

«— No, dissi; firmerò domattina.

«Vi fu ancora una pausa. Poi io soggiunsi.

«— Desideravo di parlarvene prima di concludere.

«— Grazie, Fulvia. Ma dovete far sempre il vostro interesse. Questo è quanto preme.

«— Ebbene, no, esclamai con tutto il mio coraggio. Non si tratta del mio interesse. Non è quella la ragione che ho consultato per decidermi...

«Egli taceva, e si vedeva che lo faceva di proposito. Io ripresi:

«— È necessario ch’io vada ben lontana da voi, Gualfardo; ecco perchè ho accettato.

«A queste parole Gualfardo mi prese la mano che appoggiavo al suo braccio, e me la strinse in silenzio come per dirmi: coraggio!

«Codesto doveva sembrarmi strano, perchè mi avvertiva che le mie parole non gli davano la menoma sorpresa. Ma io ero eccitata dalla parte drammatica che m’ero imposta; e poi avevo realmente bisogno d’essere incoraggiata, ed accettai quell’atto amichevole senza esaminarlo punto.

«— Debbo andar lontano, Gualfardo, continuai cogli occhi a terra, perchè non posso più essere vostra fidanzata. Non lo sono più...

«Un’altra stretta di mano, più energica della prima. Ed io continuai: [p. 159 modifica]

«— Ho un grave torto verso di voi. Ho molte cose da farmi perdonare. Vi debbo una confessione. Gualfardo, quando mi sono fermata quei due giorni a Milano...

«— Basta, Fulvia, interruppe Gualfardo con una terza stretta di mano.

So tutto. Ero a Milano prima di voi, vi ho veduta arrivare e partire. So tutto.

«— E non mi diceste nulla?...

«— So che siete leale. Sapevo che parlereste voi. Era difficile; ci voleva del coraggio. Ma voi l’avete trovato. Siete una brava giovane...

«M’ero aspettata dei rimproveri o dei lamenti; un amante sdegnato o afflitto. E non trovavo che un giudice giusto e clemente.

«Forse era un senso d’amor proprio ferito; allora non studiai le mie impressioni; ma mi dolse all’anima di non sentirmi rimpianta neppure con una parola. Pensai quanto era freddo per aver sopportato così filosoficamente la scoperta ch’io amavo un altro: e dissi nel mio cuore che non aveva nessun amore per me, dacchè si rassegnava così. Non potei a meno di dirglielo:

«— Voi non mi amate, Gualfardo.

«— Perchè me lo domandate, dacchè amate un altro?

«È vero. Non avevo diritto di lagnarmi. Ma provavo, più forte della mia ragione, una specie di civetteria sentimentale, che ambiva di eccitare un [p. 160 modifica]rimpianto in quel cuore che era stato mio per tanto tempo.

«— Ve lo domando pel passato, risposi. Ah! per rassegnarvi così freddamente bisogna che non mi abbiate amata mai.

«— Fulvia, volete dire che ho mentito con voi? Avete ragione di dirmelo?

«Mio Dio! Ero io che avevo mentito. Rimasi umiliata. La lealtà della sua condotta era un rimprovero alla mia.

«Avrei dovuto consolarmi di veder passare così liscia quella scena che m’avea preoccupata e spaventata tanto. Ed invece soffrivo.

«— Mi sarete amico egualmente? gli domandai.

«— No, Fulvia, mi rispose. Dovete vincere quelle irresolutezze del vostro carattere, che vi fa sempre appigliare ai mezzi termini. Abbiate il coraggio dei vostri sentimenti. Non si può aver un amico ed un amante. Sono due affetti che si somigliano troppo. Non mi amate più? Amate un altro? Lasciatemi. Siate di quell’altro. Non ci rivedremo più. Almeno non cercheremo più di vederci. Coraggio.

«Mi strinse ancora la mano, poi voltò strada per condurmi verso casa.

«Non vederlo più! Non avevo mai pensato ad una separazione così assoluta. L’idea di spezzare la nostra intimità che mi era stata fin allora una dolce [p. 161 modifica]abitudine, faceva un vuoto ne’ miei sogni d’avvenire. Non potevo pensarci senza raccapriccio.

«Provai un senso di freddo al cuore, e vidi tremolare tutti gli oggetti traverso le lagrime che mi velarono gli occhi.

«Camminammo un lungo tratto in silenzio; ed in quei momenti rividi col pensiero tutto il passato ch’io conosceva di quel giovane. Ritrovai la sua generosità, la lealtà del suo cuore, ed il suo agire sempre nobile e dignitoso. Ed allora la sua freddezza mi parve un torto ben lieve in confronto al mio torto; e mi sentii sempre più avvilita. Ed il rimorso nel mio cuore era più forte che il sentimento della libertà ricuperata.

«Quelli che ci scontravano ci credevano marito e moglie, o, se ci conoscevano, sapevano delle nostre promesse, e pensavano che fossimo felici di quella passeggiata sentimentale a lume di gaz. E noi invece eravamo divisi moralmente, e stavamo per diventare estranei.

«Volli pensare a Max. Ma mi faceva l’impressione di uscire da una casa tepida, agiata, elegante, per correre lungo campi e boschi nel furore d’un uragano, ad inebriarmi delle tremende bellezze della natura in burrasca. Era la tempesta con le sue grandi emozioni, le sue fiere bellezze, ma con tutti i suoi danni ed i terrori e le repulsioni che inspira. [p. 162 modifica]

«Ed intanto provavo un’interna curiosità di sapere cosa accadesse nel cuore chiuso di Welfard in quell’ora di separazione. Soffrivo di non vederlo afflitto, e mendicavo un rimpianto.

«— Gualfardo..., cominciai.

«— Non parlate, Fulvia, mi rispose, io potrei accorgermi che siete commossa, e rimproverarvi un’altra volta le irresolutezze del vostro carattere.

«— O Gualfardo, i vostri rimproveri sono crudeli.

«— Lo so, Fulvia, e ve ne domando perdono. Ma è necessario parlarci francamente per evitare degli equivoci, le cui conseguenze sarebbero dolorose per entrambi. Voi avete troppa immaginazione. Vi siete figurata una felicità che non esiste. Vi siete fatto uno di quegli ideali inebrianti, che hanno d’uopo per realizzarsi di tutta la somma di pregi che la natura ha ripartito in scarse dosi fra gli uomini, senza la larga parte di difetti che ciascuno di essi possiede. Voi volete la bellezza elegante, e la maschia espressione della forza; volete gli impeti inconsiderati della passione, e la pace dignitosa del sentimento legittimo; volete l’imprudenza giovanile, ed il decoro; volete un insieme di cose che non si possono associare. Un giorno trovaste in me alcune delle qualità del vostro ideale, e mi amaste per esse; poi ne scontraste in un altro qualcuna più saliente, ed amaste lui; in realtà non amate nè me, nè lui, nè un altro; è [p. 163 modifica]sempre la vostra visione che amate, dispersa qua e là, ed associata a difetti non contemplati nel vostro programma, che si rivelano poi, e raffreddano il vostro entusiasmo. È per questo che, legata a me aspiraste a Guiscardi, e sul punto di legarvi a lui, rimpiangete me.

Se fosse possibile a me di darvi la mia figura elegante e quella che voi chiamate la nobiltà del mio carattere; se fosse possibile a lui di cedervi la sua impetuosità giovanile e la sua bella voce ed il suo fiero disprezzo delle convenienze, ed il suo ingegno; e, finalmente, se fosse possibile a voi di animare quelle qualità astratte, non rimpiangereste più nè lui, nè me, e sareste contenta con quel fantasma di vostro gusto. Ma ciò non è possibile. Ed a qualunque di noi vi appigliaste, siatene certa, Fulvia, voi fluttuereste sempre fra l’uno e l’altro, in una alternativa incessante d’aspirazioni e di rimpianti.

«Io tenevo il capo abbassato; sentivo la verità di quel giudizio, e piangevo amaramente in silenzio.

«Eravamo giunti alla porta della mia casa; egli mi stese la mano dopo avere staccato il mio braccio dal suo, e mi disse:

«— Addio, Fulvia.

«Io avevo pieno il cuore, piena la mente di un mondo di cose da rispondergli. Era una riconoscenza infinita, ed un profondo pentimento. [p. 164 modifica]

«Alzai gli occhi, ma il suo sguardo limpido e leale mi paralizzò. Mi sentii avvilita dinanzi a lui, non potei che rispondergli piangendo:

«— Addio, Gualfardo.

«E lo vidi allontanarsi per sempre.