Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 155 — |
non solo per noi, ma per lo stesso Gualfardo — era necessaria una confessione, una risoluzione.
«Quella sera aspettai Gualfardo in uno stato di eccitazione straordinaria. Volevo esser sola con lui. Ed invece il babbo s’era incastonato nel suo seggiolone come una perla in un anello. Aveva l’aria di doverci rimanere il resto de’ suoi giorni; dacchè ero tornata, da tre giorni, non era più uscito.
«— Non esci a passeggiare, babbo? gli domandai.
«— No, mi rispose; fa un caldo orribile.
«Che fare? Pure era necessario ch’io parlassi con Gualfardo da sola.
«— Babbo, ripresi. Io invece sento il bisogno di passeggiare questa sera. Vuoi ch’io vada al Valentino a far un giro con Gualfardo? vuoi?
«— Eh! va. Omai sei artista; se gli ho permesso di andare ad incontrarti a Milano, non vedo alcun male a lasciarti fare una passeggiata con lui. Del resto è il tuo fidanzato.
«Io mi avviai alla mia camera per prepararmi col cappellino, tanto ero impaziente di uscir subito appena Gualfardo fosse giunto. Ma prima che fossi uscita il babbo riprese:
«— Ed è un bravo giovane, sai; un bravo, bravo giovane.
«— Sei ben fortunata, Fulvia, d’esserti imbattuta in lui; ed anch’io ne son fortunato. Muoio tran-