Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/162


— 156 —

quillo, vedi, sapendoti nelle sue mani, perchè è un nobile cuore.

«Io fuggii senza rispondergli. Povero babbo! Io stavo per distruggere la mia fortuna, e la sua tranquillità. E perchè? O Dio!

«— Gualfardo, volete condurmi al Valentino a far una passeggiata? — gli dissi appena giunse. — Il babbo lo permette.

«Egli accettò colla solita cortesia.

«Era la prima volta che uscivamo soli. Eravamo un po’ imbarazzati. Ed io pensavo quante volte ero uscita a Milano con Max, e che non eravamo imbarazzati; ed ammiravo quel carattere impetuoso, espansivo; e deploravo il riserbo di Gualfardo, e dicevo tra me:

«— Ecco com’è. È impossibile amarlo com’io l’intendo. È la sua freddezza che è causa di tutto.

«Quando fummo in Borgo Nuovo, c’era grande andirivieni di popolino e di omnibus; e si faceva buio; e gli accendi-fanali correvano colle loro pertiche illuminate come piccoli fari; e più d’una volta fui urtata.

«Allora Gualfardo mi disse:

«— Vorreste prendere il mio braccio, Fulvia? Camminereste meno a disagio. Se non ci avete difficoltà...

«Io presi il suo braccio, pensando quanto aveva