Teatro Historico di Velletri/Libro III/Capitolo III

Libro III - Fedeltà de' Velletrani

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Fedeltà de' Velletrani.
Cap. III.


Q
UANTO La Città di Velletri sia stata Fedele, Divota, et Obediente à Santa Chiesa, et al Sommo Pontefice Romano, si può raccogliere da molti Casi, ne' quali li nostri Cittadini si sono mostrati intrepidi, et à promesse, et à minaccie constanti; poco curando il soggiacere alle gravi molestie di cruda Guerra, che li potevano soprastare. Si fecero conoscere particolarmente per Fedeli, e constanti contro lo sdegno di Honorato Caetano Conte di Fondi, il quale con Essercito copioso di Guasconi, e Bertoni tentò di travagliare la Città, perchè li nostri Cittadini non volsero prestare obbedienza ad un Papa illegitimo, e Scismatico, come era Clemente Settimo, prima detto Roberto Gebennense Francese, per il quale il detto Conte scrisse alla Città la seguente Lettera.

Nobili Cittadini. Con molta allegrezza vi notifichiamo, che il Padre di Misericordia, e consolatione ha proveduto al sui Popolo tribolato per l'Elettione di Bartolomeo Vescovo di Bari, nulla, et invalida raggione, non essendo entrato [p. 225 modifica]per la Porta; vacando dunque la Sede di Pietro, occupata tirannicamente da questo Antichristo, hoggi 20. di Settembre, nella nostra Città di Fondi, come loco sicuro da tutti Sedeci Cardinali, cioè Tredici Francesi, e Tre Italiani, è stato eletto per Pontefice, e vero Vicario di Christo il Cardinal Gebennense, chiamato Clemente Settimo. Sia dunque laudato il Santissimo Signor Nostro, c'hà provisto d'un tanto Pastore alle sue creature. Allegratevi, esultate, et in segno d'allegrezza accendete lumi per tutto e mandate Ambasciatori, come solete, à rendergli la solita obedienza. Data in Fondi à 20. di Settembre 1378.
Risposero li Fedeli Velletrani à questa lettera, che loro non tenevano altro per Pontefice vero, che Urbano Sesto, e che in conto veruno non volevano riconoscere Clemente Settimo Antipapa, e Scismatico; per la qual risposta inaspritosi il Conte, mandò due Araldi ad intimar la Guerra à Velletrani, che poco stimando le di lui minaccie, s'apparecchiarono coraggiosamente alla difesa, col mantenersi sempre intrepidi, e fedeli à Chiesa Santa, e suoi legitimi Sposi, e Vicarij di Christo, per li quali prontamente mettevano la propria vita contro un tal nemico potente sì, ma lontano dal grembo della Madre universale Chiesa Santa; e contro li soldati di Clemente si fecero conoscere per valorosi, e coraggiosi in Battaglia, perchè se bene predarono alcune Ville vicino à Roma; à Velletri trovando resistenza de' fedeli Cittadini, non fecero progresso alcuno, ma più presto ne riceverono danno, è vero che si fece la pace, ma perchè li Bertoni tenevano alcuni nostri priggioni, e scorrevano la Campagna, li nostri Cittadini, quantunque il Pontefice fosse d'altro senso, crearono per Capitano Generale Annibale Strozzi, dandoli plenaria autorità à Guerra, e Pace, per due Anni, come si legge nella Cancellaria per li Consegli celebrati in S.Francesco. et in S.Clemente nel M.CCC.LXXXII.
Per l'addietro ancora era passata poco buona correspondenza trà Velletrani, et il Conte di Fondi; perchè nell'Anno M.CCC.XLIII. Nicolò Caetano Padre del suddetto Honorato, predò gran numero di Bestiami d'ogni sorte a' nostri Cittadini, che stavano à pascolare vicino à Ninfa, quali [p. 226 modifica]da lui furono prima condotti à Sermoneta, e poi à Fondi; onde li nostri Velletrani, fattane avvisata Roma, ne fecero presto le vendette, che non finirono subito, ma si continovarono ne' posteri ancora, particolarmente contro il Conte Cristofaro Caetano; intanto che nel M.CD.XXV. per il gran risentimento fatto contro di lui, se ne pagò buona somma di denari. Tutto ciò apparisce nella Cancellaria Priorale.
Atratanta, e maggior fedeltà mostrarono li Velletrani verso Chiesa Santa e Sommi Pontefici Romani, Gregorio Duodecimo, e Giovanni Vigesimoterzo, contro Ladislà Rè di Napoli; perchè, se bene questo Rè faceva molte promesse di Favori, e Privileggi alla Città, come si puol vedere in detta Cancellaria, con tutto ciò sempre constanti furono nell'ossequio, e riverenza di Chiesa Santa, sicome apertamente dimostrano le lettere scritte a' Velletrani da Pietro Stefanesco de gl'Anibali Romano Cardinal Vicario, e Legato in Roma per l'assenza di Papa Gregorio Duodecimo, quale vedde la ripugnanza de' fedeli Cittadini al suddetto Rè. Hò voluto perciò registrare la copia d'alcune di quelle lettere, dal Latino tradotte dal nostro Landi, che si conservavano tra l'altre Scritture della Compagnia del Confalone; e da queste potrà il Lettore conoscere la verità di quello, che si scrive.
Nobili dilettissimi nostri Salute. All'Ultimo s'è pure verificato quel che per innanzi vi scrissi delle Genti del Rè, le quali cercavano di sottomettere cotesta divotissima Città à miserabil servitù, e sappiamo, che dette Genti s'erano accostate, credendo sotto la speranza datali da alcuni di poca fede, et empio animo, metter voi, e la vostra Città sotto la dura Tirannide, e rimuovervi dalla solita ubedienza della Santa Chiesa Romana; il che per gratia di Dio, il quale non manca mai alli suoi Fedeli, e per la constanza vostra, che sempre con maraviglia, per servitio della Santa Sede, havete mostrata, non è soccesso al voto loro; anzi la Gente del Rè Tiranno invasore, sono fuggite, havendo voi prima spaventati quelli cervicosi, e mal consigliati Cittadini, e così è rimasta la divotione vostra constante, sincera, e più salda, che prima verso questa Santa Sede; per il che non sapemo come possiamo lodarvi [p. 227 modifica]tanto, ch'uguagli il merito vostro; nulladimeno, quanto per Noi si può, vi lodiamo, e inalziamo questo vostro invitto Animo nell'obedienza della Santa Chiesa, e prontamente dimostrato contro il furore di questo empio, e malvaggio Tiranno. Non si deve far paragone dal Dominio della Chiesa alla tirannica Signoria, perchè quella è una vera Protettione de' Popoli, e questa nõ attende ad altro, ch'à sottometterli, acciò si possano divorare e loro, e li beni di essi, come si vede ogni giorno. Levatevi dunque sù figliuoli, et inanimatevi con ardore contro quelli, che cercano impadronirsi di voi, e vostra Città, e levarvi dall'obedienza di questa Santa Sede; perchè così, oltre alla gloria, et honore, ch'acquistarete, vi aprirete la via al Cielo, e nel Mondo procurarete quiete. Se Noi possemo cosa alcuna per cotesta Città, ci offeremo; così se havete bisogno de Soldati à Piedi, et à Cavallo, avvisarete, che subito si mandaranno per vostro aiuto. Io raccomando molto la custodia di quella fedel Città alla Prudenza, e Fede vostra, e ci pare, che quelli seditiosi, e traditori non debbano rimanere in Velletri, ma scacciateli, perchè quello che hora non han potuto fare, lo potriano fare un'altra volta. Data in S. Pietro li 23. di Decembre 1407.
E' vero, che da questa lettera si scorge, ch'alcuni Velletrani, senza timor di Dio, piegavano alla parte di Ladislao (erano quelli della parte de' Lupi, quali non potendo vendicarsi della Fattione avversa, chiamata delle Pecore, procuravano di dar la Città in mano al Rè) ma è ancor vero, che la Città tutta, il Magistrato, e Conseglio, oppugnavano à Ladislao, e si mostravano divotissimi al Somme Pontefice, e fedeli à Chiesa Santa; e perciò fecero rigoroso risentimento contro di quelli tali, che adherivano all'Invasore, scacciandoli dalla Città come Contumaci, e Rebelli; onde l'istesso Legato Apostolico, poco doppo scrisse la Terza lettera seguente.
Nobili dilectissimi, etc. A somiglianza di quello, che [p. 228 modifica]per la bellezza datali dal Creatore, levatosi in superbia, e da quella in tutto cecato, non conoscendo se stesso, mentre volse metter la sua Sede in Aquilone à paro di quella di Dio, fù miserabilmente con tutti i suoi seguaci scacciato, e messo nel profondo dell'Abisso; è intervenuto à quelli empij Cittadini traditori della Patria propria, come dalle vostre gratissime lettere havemo inteso, percioche, mentre non conoscendo l'esser loro, cercavano di dar in mano di Potestà empia, e scelerata voi, e la Città vostra, fedeli di Santa Chiesa; sono stati con molto trionfo vostro scacciati dalle proprie case, donde dovemo rendere gratie al Signore, il quale resiste alli superbi, e li disperde; e inalza l'humili, e esso è stato che hà provisto che la sua Santa Chiesa non sia ita in mano de' Tiranni. Rendiate ancor voi gratie à Dio, insieme con Noi, e rallegratevi della fuga, e persecutione di questi empij traditori percioche, dilettissimi, havete fatto un opera segnalata, per servitio de Dio, e della sua Chiesa, e meritate, che per l'avvenire se ne tenghi memoria, havendo liberata la Patria vostra dalla Seditione Civile, oltre, che vi havete apparecchiati honorati Luoghi in Cielo, e Noi con ogni maniera di Laude vi commendiamo, e v'essaltiamo; essortandovi, che, come fin'hora fidelmente vi sete portati per liberar. e custodire cotesta vostra Cattolica Città, per honore, et obedienza della Santa Chiesa, così vogliate perseverare; offerendovi con tutto il Cuore, e con ogni prontezza d'Animo tutto quello, che torna in beneficio, et honor vostro, e della vostra Città; e perchè ci domandiate al presente Cento Fanti per diffesa vostra, ve li mandiamo; se d'altre genti havete di bisogno, scriveteci, che ò Fanti, ò Cavalli, che domandarete, in quel numero, che bisogna, ve se manderanno. Appresso ci par conveniente, che, ad perpetuam rei memoriam, li detti empij Cittadini, hora essuli, si diffidassero, e le lor Case si rovinassero sin da' fondamenti, acciò fosse essempio à tutti quelli, che per l'avvenire tentassero un simil atto contro la Patria, e la Sede Apostolica. Non vi scriviamo altro, se non che delle occorrenze vostre, e di quel che vi farà bisogno, per salute di quella Città, e della Chiesa, ci scriviate spesso. Data in S.Pietro li 6. di Gennaro 1408.
Che oltre all'esilio, e diffidatione, fossero demolite le Case di [p. 229 modifica]quei Cittadini rebelli, non hò potuto trovarlo, come trovo la Fedeltà, e Costanza della Città, la quale mai volse cedere alle minaccie, ne alle promesse di Ladislao, ma facendo fronte in ossequio di Santa Chiesa, resistè all'orgoglio di lui, insinche con participatione del medesimo Cardinal Legato, essendo da' Primati Cittadini Romani introdotto in Roma, per tema della rovina della nostra Città, cedè all'impeto del Rè, malvolentieri, conservando sempre la fedeltà à Santa Chiesa, et al Sommo Pontefice, perchè, se bene esso Ladislao procurò di far acquisto dell'affetto del Popolo, con il concedere molti Indulti, e Privileggi; con tutto questo la nostra Città poca stima ne fece; è ben vero, che li Lupi fattiosi riceverono molto calore da lui. Finalmete morì Ladislao nel fiore della sua gioventù, nel M.CD.XIV. avvelenato registra il Zappullo1, e si fece la pace tra le Pecore, e li Lupi per fatiga, e prudenza d'un Padre dell'Ordine Nostro di S.Francesco, il cui Ritratto stava nel nostro Claustro, così registra il Landi.
Il cedere alla potenza di Ladislao non isminuì punto la Fedeltà di questa Città mentre si vedde piegata Roma Capo del Mondo; e perciò Giovanni Vigesimoterzo Sommo Pontefice volendo redimere Sezze dalle mani di lui, mandò Renzio Stallia Romano, e ne scrisse alla nostra Città, che se bene si trovava allhora molto essausta per le passate Guere, e per la Carestia, nulladimeno considerando che Sezze era di frutto alla Chiesa, pagarono li pronti, e fedeli Cittadini 650. Docati d'oro (ma di questo ne parlaremo altrove) il Pontefice mosso dalla fedeltà, e divotione de' Velletrani, instituì per Podestà di Sezze Nicolò Nicoleschi, come si vede per la citata Bolla, e fù alli 4. di Maggio dell'Anno M.CD.XII. l'Anno terzo del suo Pontificato.
Nel M.CD.LXXXII. si fecero conoscere li nostri Velletrani altretanto valorosi, quanto fedeli, perche Ferrando Rè di Napoli, havendo voltato le sue Armi à favore d'Hercole Duca di Ferrara, che guerreggiava contro Venetiani, spinse il Duca di Calabria Alfonso suo figliolo, ma essendogli impedito il passo da Papa Sisto Quarto, che stava in Lega con Venetiani, Alfonso voltò le Armi contro lo Stato Ecclesiastico, e fece mostra di mover l'Essercito, chera [p. 230 modifica]composto più di Turchi, che di Christiani, & ascendeva al numero di Tremila Fanti, e Seimila Cavalli, per assediar Roma, ma venendo Gerolamo Conte d'Imola, e di Forlì Generale di Santa Chiesa assieme con Roberto Malatesta Signore di Rimini, Capitano de' Venetiani, li fece con li nostri Capitani, e Soldati, non solamente resistenza, ma lo ruppe, & uccise gran numero de' nemici, e parte ne fece priggioni. La Battaglia si fece vicino à Velletri nel luogo detto Campo morto2, appresso Ponte decimo, onde de' priggioni (oltre alli morti) furono condotti in Velletri Trenta tre frà Capitani, & altre persone di comando, e Trecento sessanta sei Soldati, quasi tutti furono racchiusi nella Chiesa di S. Clemente, e poi mandati in Roma. Quanto il suddetto Duca Alfonso stimasse il valore de' Velletrani, si puol'argomentare da quell'Impresa, che, come registra il Giovio, alzò nella sua Bandiera, quale era di tre Diademe de Santi di color d'Oro, col Motto, che diceva, VALIERS. Con la quale voleva dar ad intendere a' suoi Soldati, che combattendo con Velletrani, Gente Volsca, assuefatta alle fatighe della Guerra, e fedeli à Chiesa Santa, non vi bastava valor ordinario; e sperimentò con il suo peggio la verità del suo giudicio. Ne vi è dubbio, che tutto ciò non s'intendesse per Velletri, perche l'intento del Duca era di far preda di questa Città; così spiegò Innocentio Ottavo Sommo Pontefice nel Breve citato di sopra con queste parole, Quando Dux Calabriæ Regiones vestras, et Civitatem opprimere volebat, etc. Questa Guerra è registrata da molti, ma particolarmente dal Zappullo, dal Sansovino, e da altri gravi Autori, che non mi curo di registrare, quali se bene sono differenti in qualche cosa, sono concordanti nel luogo, e nella vittoria de' nostri. Voglio registrare la Lettera, che scrisse il Malatesta à Velletrani, chiedendoli aiuto per ordine del Papa.
Magnifici miei Carissimi. Per ordine di S.S. commandatomi dal Sig. Gerolamo Riario Generale di Santa Chiesa3 facciamo intendere, ch'ella ricevuta di queste mettiate all'ordine cinquecento de' vostri Soldati, questa notte ce li mandiate, frà li quali desideriamo, che siano almeno duecento cinquanta Balestrieri, che saranno da Noi ben trattati per [p. 231 modifica]l'affettione portiamo à questa Città, e sodisfarete al bisogno presente, si che non mancate. Data in Torrecchia 1482.
Conobbe Adriano Baglione4 la fedeltà de' Velletrani, perchè al tempo di Paolo Quarto Sommo Pontefice, guerreggiando contro lo Stato Ecclesiastico il Duca d'Alva per haver seco uniti non solo Italiani, e Spagnoli, ma ancora li Soldati dell'Imperatore; il Duca di Paliano Nipote del Papa mandò alla fortificatione di Velletri Ascanio della Corgnia, huomo di gran stima, con titolo di suo Luogotenente, ma mentre faceva attendere alla fortificatione della Città, fù stimato sospetto al Sommo Pontefice, per alcune lettere ritrovate, ò pure per esser stato nominato nella Cifra dell'Adversario, tra Confidenti del Rè di Spagna, e dell'Imperatore. E perciò il Papa di notte mandò a Velletri Papirio Capizucchi Sergente Maggiore in Roma5, con quattrocento Pedoni à farlo prendere, et Egli accorto, se ne fuggì in Nettuno, dove diede falsa voce, che li Soldati, e Gente di Velletri s'erano ammutinati contro di lui, et alzati li Stendardi Imperiali; al che prestandosi credenza, per l'autorità, ch'aveva, fù raccolto, e contro Nostri, che lo seguitavano, difeso. E poi con altretanta astutia se ne fuggì à Napoli. Il Papa mandò à Velletri il Conte di Somma, e pocco doppo Adrian Baglione per Capo delli Soldati, ch'erano tre mila, oltre alla militia de gl'huomini della Terra, che promettevan fedeltà, e forze nella defension della Patria loro, e era munità così d'Artigliaria, e monitione di Polvere, come anco di vettovaglie. Quindi essendosi minacciato dal Duca d'Alva di voler assediar Velletri, il Baglione non ne faceva contro alcuno, perchè conosceva la gran fedeltà delli Velletrani verso Chiesa Santa, registrarò le parole dell'Autore6. Adrian Baglione Capo del Presidio di Velletri s'era dentro così ben fortificato, che poco stimava i nemici, che minacciavano d'andar à porgli l'assedio, havendovi vintidue Insegne di bella Gente Italiana, et havendo il Popolo fidato, del quale poteva ben star sicuro, che oltre l'esser buono Ecclesiastico, e fedele à Santa Chiesa, non era molto amico de' Signori i Colonnesi scacciati dal Papa.
Raggionevolmente dunque Velletri vien chiamata Fedele, Divota, et Obediente à Chiesa Santa, et à Sommi Pontefici. Papa Urbano Secondo ( [p. 232 modifica]altre Scritture più antiche non furono trovate) in un Breve, Dat. Romæ Id. 8. Iulii .... per Manus Ioanniis dictæ Romanæ Eccl. Diaconi Cardinalis, et Vicecancell. M.LXXXIX. Indict. xy. chiama li Velletrani fedeli à San Pietro, dicendo, Urbanus Episcopus Servuum Servorum Dei, Omnibus Velletrensibus Clericis, et Laiciis Beato Petro Fidelibus, etc. e dispiega la fedeltà de' Velletrani in quella guisa, che si registra nel seguente Breve di Papa Gregorio Nono.
Papa Pascale Secondo in un Breve, Dat. Laterani per Manus Ioannis S.R.E. Pontificatus Anno Secundo, dice, Velletranæ urbis Civibus Apostoicæ Sediis fidelibus, salutem, etc. Papa Gregorio Nono in un Breve Dat. Perusii per Manus Magistri Bartholomæi S.R.E. Vicecancellarii Non. Ianuarii Indictione vii Incarnationis Dominicæ, Anno M.CC.XXXV. Pontificatus Anno Ottavo, dice, Dilectis Filiis Civibus Velitrensem Apostolicæ Sedis Fidelibus. Antiqua Progenitorum vestrorum, et vestra Fidelitas dudum ab Apostolica Sede promeruit Civitatem vestram specialis munificentiæ gratia, et singularis Libertatis Privilegio honorari, ut munerum donativa illos gaudentes efficeret, ad ad obsequendum fideliter, ut vos, et posteros animaret. Ut autem Patrum vestrorum, et vestra Fidelitas recensita constanti inflammaret ardentius ad Matris obsequia corda vestra. Fœlicis Memoriæ Urbanus Papa Secundus in suo Privilegio Civitati vestra concesso ad futurorum memoriam diligentium exanavit, qualiter pro Ecclesia invictæ Fidelitatis vestrorum Prosapia veterum ludibria experta, et verbera, vincula, et carceres, ac tandem morti cedere nescia, cunctis Ecclesiæ adversantibus fortior mente fuit. Et quia in fornace tribulationis probatur frequenter in præclara Fidei puritate, velut obrizum rutilans micuit; Vos tamquam veri Palmites ex nobili, et memoranda illa Progenie pullulantes illius nitimini è vestigio sectari vestigia, dum pro Sede Apostoica damna rerum, et exterminia bonorum, contemptas personas audacter periculis exponentes in faucibus hostium constituti. Unde quoniam in tentationibus nostris permanetis nobiscum fideliter, disponimus vos velut domesticam Familiam, etc.
[p. 233 modifica]L'istesso Pontefice in un'altro Breve Dat. Perusii iv. Nonas Ianuarii, Pontificatus Anno Octavo, dice, Dilectis Filiis Rectori, et Populo Veliterno Salutem, etc. Fidei vestræ, ac progenitorum vestrorum experta Constantia clarius enitescens, ut aurum, quod igne probatur, eo vos efficit Deo, et Hominibus gratiores, quo fulgentes conspecturis, per exemplum Corda multorum vacillantium confortastis, pusillanimes ad Fidelitatem Apostolicæ Sedis ardentius animando. In quo licet factum sit, quod Civitatis vestræ decebat gloriam, et honorem; quia tamen ex debito laudabiliter prestito non indigne meritum comparatur, constituistis Nos vobis exinde debitores, ut super gravaminibus vestris innumeris debeamus salubriter providere. Et quidem longum esset, etc. Verum virtutis perseverantia adversis cedere nescia, tunc magis enituit, cum amplius turbationis procella desævit. Vos enim non veriti damna rerum, non expavescentes pericula personarum, sed habentes oculos mentis vestræ ad Romanam Ecclesiam, cuius estis Filii, et Fideles, cum ea semper in tentationibus suis imperterriti persitistis, non deficientes, sed in eius devotione crescentes et Fide, inter præssuras varias, et diversas, ita ut, quod auro Fornax, hoc invicta fortitudinis vestræ fecisse tentatio videatur, quapropter, etc..
L'istesso Pontefice in un'altro Breve, Dat. Perusii Anno M.CC.XXXVI. Pontificatus Anno Octavo, replica l'istessa Fedeltà de' Velletrani, dicendo Invictæ Virtutis, et Insuperabilis Fidelitatis vestrorum Veterum, etc.
Papa Martino Quarto in un Breve diretto al Cardinale Vicario, Dat. Apud Urbem veterem, Idib. Februarii, Pontificatus Anno Primo, dice, Dilectos Filios Homines de Velletro Fideles ipsia Ecclesiæ, atq. nostros, etc.
Papa Bonifacio Octavo in un Breve Dat. Laterani xvi. Kalend. Februar. Pontificatus Anno Quarto, dice, Excitat Nos Devotionis affectus, et Fidei puritas, quam ad Nos, et Romanam Ecclesiam vestra Charitas gerit, etc.
L'istesso Pontefice in un'altro Breve Dat. Laterani xvii. Kalend. Februar. Pontificatus Anno Quarto, dice, Devotionis vestræ Sinceritas, quamd ad Nos, et Romanam Ecclesiam vos habere novimus, promeretur, ut petitionibus, etc.. [p. 234 modifica]Pagina:Teoli - Teatro Historico di Velletri.djvu/254 [p. 235 modifica]Pagina:Teoli - Teatro Historico di Velletri.djvu/255 [p. 236 modifica]Pagina:Teoli - Teatro Historico di Velletri.djvu/256 [p. 237 modifica]Pagina:Teoli - Teatro Historico di Velletri.djvu/257 [p. 238 modifica]

Note

  1. Michele Zappulli (1548-?) fu autore di un volume dal titolo Historie di quattro principali Città del Mondo. Gerusalemme, Roma, Napoli e Venetia, pubblicata nel 1603
  2. L'attuale Campoverde
  3. Girolamo Riario (1443 - 1488), fu Signore di Imola e di Forlì, e nipote di Papa Sisto IV dal quale venne nominato "Capitano Generale della Chiesa".
  4. Adriano Baglioni (1527 - 1574), discendente della casata Baglioni, Signori di Perugia, dalla quale fu costretto a fuggire con suo fratello, Astrorre, dopo l'omicidio del padre da parte di Orazio Baglioni che divenne signore della città. Divenne anch'egli un abile condottiero e prestò servizio per Enrico II, re di Francia. Dietro la promessa di riavere la signoria di Perugia da parte di papa Paolo IV, se avesse combattuto contro le truppe spagnole di Carlo V che, alla guida di Fernando Alvarez da Toledo, duca d'Alba, avevano invaso la campagna romana, combattè a Velletri contro il condottiero filo-imperiale Ascanio della Cornia, dopo che quest'ultimo, accusato di tradimento mentre era al servizio del Papa, si era rifugiato a Napoli ed era passato al nemico.
  5. Papirio Capizucchi (c. 1510 - 1566), appartenente alla nobile famiglia romana, il 9 marzo 1553 fu nominato da Paolo IV Sergente Maggiore dell'esercito pontificio. Dopo il fallito inseguimento del Cornia, dovette fare rapidamente ritorno a Roma, minacciata dagli Spagnoli giunti fino a San Paolo.
  6. In questo caso il Teoli cita testualmente dall'opera di Roseo Mambrino (morto intorno al 1580), autore di un Commentario al compendio dell'Historia del regno di Napoli di Pandolfo Collenuccio, pubblicato nel 1558.