Sulle ferrovie proposte per la congiunzione delle linee Palermo-Girgenti e Catania-Licata/IV
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | III | V | ► |
OSSERVAZIONI SU PUBBLICAZIONI POSTERIORI
Il lettore troverà probabilmente un nesso tra questo scritto e tra gli opuscoli pubblicati in Palermo colle firme N, T e P.
Se tuttavia esiste un nesso tra la mia relazione e le pubblicazioni suddette debbo dichiarare che personalmente io fui estraneo a questi opuscoli.
Lo scrittore dell’opuscolo P (ripetendo l’errore dell’opuscolo T che la linea delle Due Imere fosse stata prima proposta dagl’ingegneri locali) incolpa (pag. 8) l’Ispettore Marsani di non essersi occupato di tale concetto.
Il lettore che possiede l’opuscolo P confrontandolo colla precedente relazione scorgerà facilmente dalle cifre esposte e dai nomi citati riflettenti località spesso in se stesse insignificanti, ed utili solamente per fare comprendere la traccia che, secondo la relazione la ferrovia dovrebbe seguire, che l’autore non conosceva questo concetto che dalla citata relazione alla Commissione Siben-Imperatori.
A pagina 6, paragrafo IV, Fautore scrive: A chi si faccia a salire l’altra vetta del Monte Catuso sull’estremo lembo delle Madonie, ed a pag. 7: L’insieme delle due valli (Due Imere) costituisce, avuto riguardo alle condizioni topografiche, la strada più breve e più naturale tra Palermo e Caltanissetta, e fu questo da antichissimo tempo il tracciato della via postale.
Lo scrittore comprende evidentemente il Monte Catuso, fra i monti delle Madonie, mentre le Due Imere separano appunto le Madonie dalla catena di cui fa parte il Monte Catuso e che partendo ad un dipresso da Cerda presenta come punti culminanti (Vedi carta dello Stato Maggiore foglio di Ciminna) il Pizzo della Guardia, il Becco del Tamburello, il Monte Raceddito, Iucalena, Serra Tignino, Valle d’Olmo ed infine (foglio di S. Caterina Villarmosa) il Monte Puccia, il Catuso sopracitato, il Cozzo Mususino, Cozzo Terravecchia, filo di Chiebbo; Monte Castellaccio, i fili di Mucini di Mimiani, ecc. e va a sparire a Fanzarotta ove confluiscono il Bilici ed il torrente Salito.
Egli è precisamente questa catena che è attraversata dalla linea di Vallelunga colla grande galleria detta di Castellaccio, Secondo l’autore dell’opuscolo P essa attraverserebbe ancora la catena delle Madonie.
Secondo questo scrittore, la linea delle Due Imere seguirebbe l’antica linea postale per Caltanissetta. Ora l’antica linea postale da Caltanissetta a Palermo attraversa la catena sopracitata a Castellaccio, passa per Barlarigo, Vallelunga, dirigendosi a Palermo.
Tutto ciò prova quale valore abbia la critica da lui mossa all’Ispettore Marsano.
Chi vide prima di tutti l’utilità di esaminare le Imere per il tracciato della ferrovia Palermo-Catania, fu il distinto e compianto Ingegnere Emmanuele Carosio, ed allorchè ebbi la fortuna di conoscerlo, fui contento di trovarmi d’accordo su questa questione con un ingegnere così autorevole. Aveva egli fatti gli studi di massima della ferrovia nella valle del Torto, ecc. per Vallelunga (linea additata da principio a Marsano dagli ingegneri locali e da questi in parte studiata, come progetto di massima nel 1860). Essendo giunto coi suoi lavori di campagna tra Vallelunga e Caltanissetta salì sul monte Catuso e scrisse a Marzano che aveva di là visto lo sviluppo di due valli che meritavano di essere percorse ed esaminate per il tracciato della ferrovia, ed allorchè, essendo egli ammalato, gli lessi la relazione soprariferita mi mostrò la lettera ed i documenti che a questo riguardo ancora conservava.
Gl’Ingegneri locali consultati da Marsano lo distolsero da questo concetto, come risulta da un’altra lettera scritta a Marsano da Carosio.
Nè si possono incolpare gli ingegneri locali di avere allora disapprovato l’idea dell’Ingegnere Carosio.
L’unica carta dell’Isola allora esistente era la Carta Generale della Sicilia incisa nell’ufficio topografico di Napoli, e ricavata dai lavori di Guglielmo Smith capitano della Marina Britannica.
Tale carta buonissima per le coste è molto inesatta per l’interno dell’Isola e disgraziatamente la regione, che dovrebbe essere attraversata dalla linea delle Due Imere, vi è rappresentata in modo da escludere qualunque idea sulla possibilità di una ferrovia.
Le valli ed i versanti vi sono completamente spostati. La valle che dovrebbe seguire l’Imera meridionale, invece di dirigersi ad un punto intermedio tra Caltanissetta e Castrogiovanni, si dirige al fiume Platani. Secondo la carta la ferrovia avrebbe dovuto attraversare la catena delle Madonie sotto una regione elevatissima e con una galleria enorme in lunghezza.
A questo si aggiunga che a principio nello studio delle ferrovie in Sicilia prevaleva (e prevalse disgraziatamente fino agli studii di Nicolari sulla linea di Montedoro) il concetto di tracciarle per ragione di economia sui fianchi dei versanti, invece di fissarle al fondo delle valli stesse, difendendole con opere di arte dalla corrosione delle acque.
Seguendo questo concetto la linea delle Imere sarebbe pressochè impossibile. In tutta la zona (e questa comprende fortunatamente la massima parte della lunghezza di questa linea) in cui per l’ampiezza della valle la ferrovia può essere costrutta su terreno alluviale solidissimo, le coste sono costituite da terreni eminentemente franosi, e quindi l’ingegnere Cavallari nella sua critica alla linea delle Due Imere, pubblicata addì 10 gennaio 1876 nel Giornale di Sicilia, considera le condizioni della suddetta linea come pessime alle Lavanche di ferro, dalle Balate alla Spinasanta lungo il Fichera, ed infine dal Molino Giarrosa sino a Fortolese, e come buono il tratto sulle coste di Scillato e Furiane.
Se si seguisse nel tracciato della ferrovia delle Due Imere il concetto delle ferrovie in costa seguito finora l’Ingegnere Cavallari avrebbe piena ragione.
La parte della ferrovia delle Due Imere che, secondo l’egregio Ingegnere Cavallari è pessima (ed in costa lo sarebbe realmente), è invece la parte più soda e meno costosa della linea, seguendo il concetto adottato in circostanze analoghe dai più valenti ingegneri, e la parte di questa ferrovia lungo la costa di Scillato, Furiane che, secondo lo stesso ingegnere, è la parte migliore (senza potersi chiamare cattiva) è in condizioni meno felici della prima appunto perchè è in costa, mentre l’altra parte percorre in rilevato terreno alluviale sodissimo, sebbene debba essere difesa in varie località dalle corrosioni del fiume.
Le ferrovie italiane che avrebbero dovuto servire di guida nel tracciate delle strade ferrate interne della Sicilia sono la linea Bologna-Pistoia (non sul versante Toscano, ma nella valle del Reno) e la linea Foggia-Benevento nelle valli del Cervaro, del Cipone, del Gesso e del Miscano.
I terreni nella valle del Reno e nelle valli del Cervaro, Cipone ecc., sulle due linee suddette, sono geologicamente e geognosticamente analoghi a quelli delle zone attraversate dalle ferrovie interne della Sicilia e trovandosi in condizioni identiche dovrebbero esser tracciate e studiate coi criteri seguiti dai valenti ingegneri Protche, Lanino, ecc.
Nella valle del Reno l’ingegnere Protche collocò la linea sul terreno alluviale, occupando una parte dell’alveo del Reno e difendendo con scogliere ed altre opere d’arte la strada dalla corrosione delle acque. I contrafforti che s’inoltrano nella valle del Reno e che non era possibile per le curve girare, conservando la linea al fondo della valle, furono attraversati in galleria. Egli ottenne così una ferrovia relativamente soda in una regione franosa e molto meno costosa che se l’avesse stabilita sui fianchi della valle.
L’ingegnere Lanino nel suo prezioso lavoro intitolato: gallerie della traversata dell’appennino sulla linea Foggia-Napoli, discutendo il tracciato della ferrovia Napoli-Foggia, così si esprime a pagina 7:
«Il terreno percorso della ferrovia è quasi piano per 33 chilometri cioè da Foggia sino alla stazione di Bovino; da questa stazione comincia la parte montuosa della valle nella quale occorsero molte opere d’arte. Ai piedi dei monti che la fiancheggiano il terreno in molti punti e larghi tratti è, o per propria natura, o per causa delle corrosioni del torrente, instabile e franoso.
«Si cercò pertanto di dare stabile assetto alla strada collocandola sul fondo della valle accosto alle acque. Così si incorse inevitabilmente nella necessità di molte opere d’arte colla certezza però che tali opere sono per costo e per sicurezza di solidità preferibili a quelle che si sarebbero dovuto intraprendere, volendo appoggiare la ferrovia ai fianchi della valle.»
Le opere dei celebri ingegneri Protche e Lanino sulle traversate degli Appennini sono opere che devono servire di norma agli ingegneri in Sicilia, nel tracciato delle ferrovie in terreni argillosi e marnosi.
Disgraziatamente in Sicilia ove le formazioni terziarie argillose assumono potenze colossali, ove le difficoltà sono in conseguenza grandissime prevalse, fino agli studii dell'Ingegnere Nicolari sulla linea di Montedoro, il concetto di diminuire il più che possibile la lunghezza delle gallerie, tracciando per tratti notevoli le ferrovie in costa o sui fianchi delle valli, a preferenza di collocarle addirittura accosto alle acque, difendendole con opere d’arte dalla loro corrosione.
Da questo errore proviene la poca o nessuna stabilità delle ferrovie interne per tratti importanti ed il loro costo enorme.
L’ispezione degli Ingegneri Siben ed Imperatori rimediò a molti mali, diede origine ad istruzioni e provvedimenti che servirono e servono a consolidare per quanto le circostanze lo permettono le costruzioni ferroviarie. Tutte le loro istruzioni non sono proficue se non sono applicate con giusto criterio.