Sulla determinazione delle costanti arbitrarie delle orbite lunari

Francesco Carlini

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Inserito nel Tomo 11.°
del Giornale dell’I.R. Istituto Lombardo
di Scienze, Lettere ed Arti
e Biblioteca Italiana.




MILANO, 1845,
dalla tipografia bernardoni.

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SULLA DETERMINAZIONE DELLE COSTANTI ARBITRARIE
DELL’ORBITA LUNARE.

Memoria letta il dì 21 settembre nella sessione della classe di fisica e matematica del sesto Congresso scientifico italiano, riunitosi a Milano nell’anno 1844,


DA FRANCESCO CARLINI.



[p. 3 modifica]Le osservazioni astronomiche dirette a rendere manifeste le lente mutazioni del sistema del mondo possono con profitto istituirsi anche nei climi meno favoriti dalla natura, purchè in essi ai lunghi tempi nebbiosi succedano alcune notti di bel sereno. Ma per rispetto ai moti lunari, che sono tanto rapidi e svariati, importa moltissimo che le osservazioni col mezzo delle quali si vogliono riconoscere, siano quant’è possibile continue e fra esse ravvicinate. Perciò a siffatte ricerche sarebbe più che ogni altro propizio il cielo della nostra ltalia1; eppure sembra che i nostri [p. 4 modifica]osservatori avendo ad altre dotte indagini rivolte le loro cure, le considerino siccome argomento di poca o niuna importanza. Lo stesso Piazzi, quell’instancabile astronomo che su migliaja di osservazioni ha fondato il suo famoso Catalogo di stelle fisse, nei tre volumi in foglio dell’opera intitolata Del R. Osservatorio di Palermo, e nei due volumi autografi di osservazioni astronomiche che vennero depositati come tesoro prezioso nella Biblioteca della Specola di Milano, non ci ha lasciata alcuna osservazione di luna fatta nel meridiano, e si è ristretto a riferire alcuni ecclissi di sole e di stelle, dei quali si valse a determinare la longitudine del luogo.

Al solo scopo di risvegliare ne’ miei colleghi il desiderio di cooperare al perfezionamento delle tavole de’ moti lunari, il quale tanto contribuirebbe al progresso della geografia e della navigazione, è diretto il breve scritto che qui presento.

Nel corrente secolo, e dopo il programma pubblicato nell’anno 1818 dall’Accademia R. di Parigi, la teorica dei moti lunari è stata portata a gran perfezione, cosicchè oramai i coefficienti delle ineguaglianze, pochissimi eccettuati, si hanno dall’analisi con una precisione assai maggiore di quella che si era prima ottenuta coi metodi empirici. Ma il calcolo, che può ben dare le forme analitiche delle coordinate dei corpi celesti, non può dare le costanti arbitrarie del problema, le quali conviene desumere dalle immediate osservazioni.

Queste costanti, tanto in un’orbita ellittica quanto in una orbita perturbata, sono sei, cioè la longitudine media, l’anomalia media e la posizione del nodo per un’epoca data, il moto medio, l’eccentricità e l’inclinazione. Nel caso speciale poi del nostro satellite si possono con molto vantaggio determinare colle immediate osservazioni altre costanti, che nell’analisi si suppongono già conosciute per diversa via, quali sono il rapporto fra la distanza media della luna ed il raggio della [p. 5 modifica]terra, lo schiacciamento della terra stessa, la massa della luna, e la parallasse del sole.

Giudicherà forse alcuno che per determinare le sei costanti arbitrarie dovessero bastare tre longitudini e tre latitudini osservate, applicando ad esse i metodi che comunemente si usano per ritrovare gli elementi dell’orbita ellittica d’una nuova cometa, e ciò è verissimo in teoria; ma in pratica si giungerebbe, operando in tal modo, a dei valori delle costanti non molto esatti. In fatti ogni osservazione è già da se stessa affetta dagli errori inevitabili degli stromenti e dei sensi dell’osservatore; oltre di che dovendosi nel caso della luna spogliare le ottenute posizioni dalla somma delle ineguaglianze, si viene a commettere un altro errore dipendente dalla totalità dei termini che per la loro piccolezza si sono ammessi nel calcolo analitico. L’effetto poi degli uni e degli altri nel valor finale delle costanti arbitrarie verrebbe notabilmente accresciuto per causa dei coefficienti numerici che le quantità date acquistano nell’eliminazione.

Perciò prima il Mayer, indi i calcolatori che vennero dopo di lui, giudicarono conveniente di valersi non di tre, ma di molte centinaja ed anche migliaja di posizioni osservate, formando con esse altrettante equazioni, e risolvendole coi metodi con cui nelle matematiche miste si risolvono le equazioni più che determinate.

In vista di tali considerazioni nel tempo stesso ch’io procurava di aggiungere qualche pietra al vasto edificio della teoria analitica de’ moti lunari, incominciai nell’anno 1820 una serie di osservazioni, valendomi dell’istromento de’ passaggi del Reichenbach, che in quel tempo era stato collocato nel nostro Osservatorio, e le continuai per lo spazio di anni otto, ossia d’un intero periodo del perigeo lunare. Ma desiderando poi di veder estese le osservazioni ad un intero Saros (periodo dopo il quale, giusta la riflessione dell'Halleio, le ineguaglianze ritornano prossimamente [p. 6 modifica]le stesse), le affidai al primo aggiunto del nostro osservatorio, il signore Stambucchi, il quale soddisfece con rara assiduità e perseveranza al mio desiderio. Trovandomi così in grado di disporre d’oltre 2000 osservazioni tutte fatte nel medesimo luogo, coi medesimi metodi e tutte già paragonate colle mie tavole manoscritte che da molti anni servono al calcolo delle effemeridi, mi sono accinto a dedurne con opportuni confronti il valore delle costanti arbitrarie, di cui ho sopra parlato. E cominciando dall’epoca e dai moti medii, ho già fatto vedere in una Memoria pubblicata nell’Appendice alle Effemeridi astronomiche di Milano pel 1825, essere impossibile rappresentare le longitudini medie della luna osservate (e già spogliate dalla nota equazion secolare procedente dalla diminuzione dell’eccentricità dell’orbita terrestre) per mezzo d’un termine costante e d’un temine crescente proporzionalmente al tempo. Rimane perciò a spiegarsi in qual modo, nel mentre che i calcoli analitici spinti a un alto grado di approssimazione hanno dimostrato che le ineguaglianze a lungo periodo già imaginate dal Dalembert e dal Laplace non possono avere un valore percettibile, le più recenti osservazioni facciano riconoscere l’esistente d’alcun’altra ineguaglianza di simil genere, di cui non si saprebbe assegnare l’origine.

Dalla ricerca delle epoche della longitudine passai a quella dell’eccentricità e dell’epoca dell’anomalia media, e siccome una tale indagine applicata a tutte le nostre 2000 osservazioni richiederebbe molti mesi di lavoro, mi sono fino ad ora ristretto a cavare i relativi risultamenti dai primi tre anni e dai due ultimi del periodo.

Fin dall’anno 1811, e prima che il nostro Osservatorio fosse munito degli stromenti atti a dare quell’esattezza che si richiede nelle recenti osservazioni, aveva tentato di determinare l’eccentricità dell’orbita lunare pel principio del corrente secolo valendomi d’un centinajo di occultazioni di [p. 7 modifica]stelle sotto la luna osservate in varj luoghi dall’anno 1790 all’anno 1810, ed aveva trovato un coefficiente minore di 2" di quello determinato da Bürg verso l’anno 1779, il quale era già di tre secondi più piccolo di quello trovato pel 1756 dal Mason2. Questi tre valori sembravano [p. 8 modifica] indicare una diminuzione successiva dell’eccentricità dell’orbita della luna, la quale per altra parte non sarebbe ammissibile secondo i dati della teoria. Io era allora riuscito a render ragione delle discordanze ed a ridurre i tre risultamenti a perfetto accordo mettendo in computo una inegualgianza della longitudine della luna ch’era stata in quel tempo annunziata come nuovamente scoperta dall’astronomo Burckhardt, ed il cui argomento era eguale all’anomalia stessa della luna aumentata da un angolo che cresce col tempo assai lentamente. Ma risultando dai calcoli istituiti dal celebre Laplace che la nuova ineguaglianza non poteva sorgere dall’integrazione delle equazioni differenziali del moto della luna, il signor Burckhardt abbandonò la sua scoperta, omettendo perfino di farne cenno nella prefazione alle tavole che pubblicò poco dopo.

Rimanendo dunque ancora da spiegarsi questo apparente decremento secolare dell’eccentricità, diveniva cosa molto [p. 9 modifica]interessante il riconoscere se col volger degli anni continuava colla progressione medesima, oppure dava indizio di andamento oscillatorio o periodico. A tale indagine soddisfano le osservazioni degli anni 1820, 21, 22, 37 e 38, che, siccome già dissi, sono state ora sottomesse al calcolo.

Prima però d’accingermi a tale ricerca mi premeva di poter riconoscere quale fosse il grado di precisione delle posizioni lunari determinate coi migliori stromenti meridiani. A tale oggetto non trovando in Italia alcuna serie di osservazioni che potessi paragonare alle mie, eccitai il sullodato primo aggiunto dell’Osservatorio ad assumersi l’incarico di calcolare le osservazioni tutte fatte a Greenwich nei primi tre anni sopra indicati, ed a paragonarle con metodi uniformi alle stesse tavole alle quali io aveva paragonate le mie fatte nello stesso intervallo di tempo. Egli terminò pochi mesi sono il suo lavoro, ed istituito il confronto potei ritrovare 41 osservazioni fatte negl’identici giorni, e lontane le une dalle altre sol quanto importa la differenza dei meridiani che si suppose di 36'.45".

Scritti in due colonne parallele gli errori delle tavole lunari risultanti dalle osservazioni di Milano e da quelle di Greenwich, ho preso separatamente le somme di tali errori avuto riguardo ai segni; e dividendole pel loro numero, ebbi l’errore medio delle tavole, il quale (ritenendo che si siano in gran parte compensati gli errori accidentali) contiene l’errore dell’epoca compenetrato con quello della longitudine geografica degli osservatorj. Quest’error medio risultò per le osservazioni di Milano di 2",6, per quelle di Greenwich di 6",0.

Togliendo ora dai singoli errori delle tavole questi due errori comuni rispettivamente a ciascuna serie di osservazioni, ebbi due nuove serie rappresentanti il solo aggregato degli errori accidentali. Cercai anche di questi (presi pero astrattamente, ossia senza considerare il segno algebrico + o — ) il valor medio, il quale risultò per [p. 10 modifica]Milano di 3",5 e per Greenwich di 4”,0; il che mostrerebbe che le osservazioni fatte nel primo osservatorio fossero alcun poco più precise che quelle fatte nel secondo. Io sono ben lontano dall’attribuire una tale superiorità nè a maggior perfezione degli strumenti, nè a maggior abilità dell’osservatore, e credo piuttosto che provenga dalla circostanza che a Milano tanto i passaggi della luna che quelli delle stelle di confronto sono stati determinati da un solo e medesimo individuo, mentre a Greenwich tutte queste determinazioni vengono divise fra molti che si cambiano secondo le ore.

Notai per ultimo le differenze fra gli errori delle tavole, colle riduzioni sopra indicate, quali risultano dalle osservazioni contemporanee, e preso il medio del valore astratto ebbi il numero 5",7; onde si conclude che le tavole stesse, ancorché non siano per anco perfezionate, sono affette da errori minori dell’error probabile d’una singola osservazione.

Assicuratomi così, 1.° che le osservazioni di Greenwich e di Milano presentano una sufficiente esattezza, 2.° che gli elementi sui quali sono costruite le tavole lunari da noi adoperate sono già molto vicine al vero, ho potuto procedere con qualche fiducia all’ulteriore correzione di esse.

Supponendo che il coefficiente della prima ineguaglianza (che nell’orbita perturbata della luna tien luogo dell’eccentricità delle orbite ellittiche) quale è stato adottato nelle tavole, sia=e e supponendo ch’esso debba crescere d’una quantità che chiamo , supponendo inoltre che l’anomalia media sia c e debba crescere d’una quantità , l’aumento della longitudine vera della luna proveniente da queste due variazioni, che si considerano come molto piccole e delle quali si trascurano le potenze superiori alla prima, sarà eguale a .

Ogni osservazione somministra dunque un’equazione di primo grado, di cui il primo membro c la quantità sopra indicata ed il secondo membro la correzione delle tavole [p. 11 modifica]data dalle osservazioni. Per dedurre da un gran numero di siffatte equazioni il valore delle due incognite e soleva il Mayer sommarle tutte dopo aver reso positivo il coefficiente della prima incognita, indi sommarle di nuovo dopo aver reso positivo il coefficiente della seconda, ed in modo analogo procedeva quando il numero delle incognite fosse stato maggiore. Ma così operando si viene ad attribuire una tanto maggiore influenza ai singoli errori delle longitudini osservate, quanto minore è il coefficiente dell’incognita che si vuol determinare; perciò i moderni calcolatori adoperano in simili casi il metodo detto dei minimi quadrati, col quale si rendono invero assai più lunghe e faticose le operazioni, ma si soddisfa pienamente alle leggi di probabilità rispetto agli errori accidentali dei luoghi osservati. Usando un tal metodo ogni singola equazione, per quanto sia piccolo il coefficiente dell’incognita, può entrar con vantaggio nella massa delle altre.

Nel caso attuale però, trattandosi di dover sottomettere al calcolo alcune migliaja di osservazioni, mi sono deciso di sminuire il lavoro adottando la massima di adoperar alla determinazione di ciascuna incognita quelle sole equazioni nelle quali il coefficiente di essa era maggiore dell’unità divisa per la radice di 2, ed in tal modo ottenni che una metà circa di tutte le osservazioni servisse alla determinazione dell’eccentricità, ed un’altra metà a quella dell’epoca dell’anomalia media; vale a dire, che a determinare la prima concorsero tutte le osservazioni nelle quali l’anomalia media era compresa fra 45.° e 135.°, oppure fra 225.° e 315.°, e a determinar l’altra le rimanenti.

Le operazioni da istituirsi si ridussero, per maggior regolarità, in tabelle, delle quali era questa la distribuzione.

La colonna prima conteneva l’anno, il mese, il giorno e l’ora dell’osservazione; la seconda il tempo dell’osservazione ridotta in giorni dell’anno; la terza, l’anomalia media dalla luna espressa, come nelle mie tavole manoscritte, in [p. 12 modifica]parti diurne, e che si ottiene aggiungendo al tempo dato la costante propria dell’anno; la quarta presentava il multiplo della rivoluzione dell’anomalia il più prossimo inferiore al numero precedente; la quinta, l’anomalia stessa della luna ridotta ai minimi termini; la sesta, il seno od il coseno dell’anomalia, prendendo quella fra queste due linee trigonometriche che aveva un valore maggiore di la settima, la correzione delle tavole; l’ottava, questo stesso errore moltiplicato pel seno o pel coseno; e finalmente la nona, il quadrato del seno o del coseno medesimo. Sommate allora tutte le equazioni che dovevano servire alla determinazione dell’eccentricità, e chiamate r le correzioni delle longitudini, si ebbe un’equazione unica della forma

e sommate quelle che si volevano impiegare alla correzione dell’epoca dell’anomalia, si ebbe un’altra equazione della forma

dalle quali fu facile il ritrarre i valori di , . Or ecco quello che dalle osservazioni che ho sottomesso al calcolo mi è risultato per rispetto all’eccentricità.

156 osservazioni fatte a Greenwich dal gennaio 1820 a tutto dicembre 1822 hanno dato .

51 osservazioni fatte a Milano dal 20 aprile 1820 fino al 20 aprile del 1823 hanno dato .

Sommando le due equazioni, poichè appartengono appresso a poco alla stess’epoca, si ottiene

.

e quindi , quantità veramente piccolissima. Ora, poichè l’eccentricità, o per dir meglio il coefficiente della prima ineguaglianza, usato nelle mie tavole, è di 22641",65, sarà il coefficiente corretto di 22641",79.

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Passando ora alle osservazioni fatte a Milano dal signore Stambucchi negli anni 1837 e 1838, che ho pure sottomesse al calcolo, ebbi dalla somma di 116 equazioni

,

, e quindi .

Nelle tavole alle quali sono state paragonate le osservazioni era stata in origine introdotta l’ineguaglianza di Burckhardt, ed essa vi è stata conservata come unico mezzo per rappresentare empiricamente i moti della luna, fino a tanto che la teoria non abbia portata maggior luce su questo scabroso argomento. Poichè dunque le attuali determinazioni combinano colle antiche di Mason e di Bürg, purchè anche ad esse sia applicata l’analoga correzione, ne dobbiamo conchiudere, che le migliori osservazioni, le quali abbracciano già l’intervallo di quasi un secolo, ci sforzano ad ammettere una ineguaglianza d’ignota origine, il cui argomento sia l’anomalia media della luna accresciuta d’un angolo che cresca assai lentamente.

Note

  1. Le lodi ch’io diedi in questo luogo alla serenità del clima d’Italia non vennero, a vero dire, confermate dallo stato assai torbido dell’atmosfera che dominò quasi di continuo nel trascorso semestre iemale. Ecco ciò che risulta dal confronto della somma dei giorni sereni che si notarono nei mesi di ottobre, novembre, dicembre 1844, gennajo, febbrajo, marzo 1845, col valor medio di queste stesse somme determinate negli ottantadue anni precedenti.
    1844 somma
    dei giorni
    sereni
    Dall’anno 1763 al 1844 Medio delle somme Differenze
    Ottobre 14,57 Ottobre 14,79 -0,22 giorni
    Novembre 11,00 Novembre 11,15 -0,15
    Dicembre 4,50 Dicembre 11,35 -6,85
    1845 Dall’anno 1763 al 1845
    Gennajo 7,36 Gennajo 12,45 -5,09
    Febbrajo 12,65 Febbrajo 13,05 -0,40
    Marzo 9,28
    Marzo 16,00
    -6,72
    Somma nel semestre 59,36 78,79 -19,43
  2. Per l’intelligenza di quanto siamo qui per esporre, riporterò un brano della Memoria sulle ineguaglianza lunari che ho pubblicata nell’Appendice alle Effemeridi astronomiche di Milano per l’anno 1812. Dopo aver dedotto dallo svolgimento della formula di Bürg in funzione di angoli proporzionali al tempo il coefficiente della prima ineguaglianza, che risultò di 22638",88, e dopo avar riferito quello che mi risultava per l’epoca dell’anno 1800 dal confronto d’un centinajo di longitudini della luna dedotte dall’osservazione delle occultazioni di diverse stelle sono la luna, il quale era di 22636",48, aggiungeva quanto segue: “Il coefficiente della prima equazione da me trovato è ancora più diverso da quello che si deduce dallo svolgimento delle delle formule usate nelle tavole lunari di Mason; giacchè, secondo i dati di questo autore, risulterebbe = 22641",68, onde sembrerebbe che l’equazione del centro della luna fosse soggetta ad una successiva diminuzione. Ma queste differenze si spiegano molto bene coll’aver riguardo alla nuova equazione della longitudine della luna proposta dal celebre signor Burckhardt nel tomo IX dell’Istituto di Francia, la quale è eguale a +4",7 sin (3E— 2d+3a)„ (Si noti che in queste formule E rappresenta l’elongazione media della luna dal sole, d la distanza media dal nodo, a l’anomalia media del sole). “Infatti s’indichi con e sin M il valore della prima equazione, e con h sin(M+x) quello dell’equazione precedente, la somma di queste due equazioni sarà = e sin M+h sin (M+x), o sia prossimamente . Siccome l’angolo x=3E-M-2d+3a varia assai lentamente, si può rappresentare l’effetto della nuova equazione coll’applicare al coefficiente ed all’argomento dell’equazione prima una piccola ineguaglianza a lungo periodo. Quindi ne segue che le determinazioni di questo coefficiente e di questo argomento fatte in diversi tempi devono necessariamente differire fra loro. Poichè nell’anno 1756 il signor Mason trovò il coefficiente della prima equazione=22641",65, e per quell’anno l’angolo x era=87.°11', si avrà e+h cos x = e+0",21 = 22641",65 e quindi e=22641,44
    Nel 1779 si trova x=132.°24', ed il suddetto coefficiente secondo Bürg era= 22638",88; si avrà dunque e-3",17=22638,88 e quindi e=22641,72
    Nel 1800 io ho trovato il medesimo coefficiente=22636,48 onde essendo per quest’epoca x=173.°28', si avrà e-4",67=22636,48 ed e=22641,15
    I tre valori di e concordano mirabilmente fra loro, onde potremo ritenere per un medio e=22641,44. La nuova equazione poi, il cui argomento è =3E-2d+3a, si riunisce coll’equazione 68.^ma, che ha lo stesso argomento, di modo che il coefficiente si cambia in +8",47„.