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le stesse), le affidai al primo aggiunto del nostro osservatorio, il signore Stambucchi, il quale soddisfece con rara assiduità e perseveranza al mio desiderio. Trovandomi così in grado di disporre d’oltre 2000 osservazioni tutte fatte nel medesimo luogo, coi medesimi metodi e tutte già paragonate colle mie tavole manoscritte che da molti anni servono al calcolo delle effemeridi, mi sono accinto a dedurne con opportuni confronti il valore delle costanti arbitrarie, di cui ho sopra parlato. E cominciando dall’epoca e dai moti medii, ho già fatto vedere in una Memoria pubblicata nell’Appendice alle Effemeridi astronomiche di Milano pel 1825, essere impossibile rappresentare le longitudini medie della luna osservate (e già spogliate dalla nota equazion secolare procedente dalla diminuzione dell’eccentricità dell’orbita terrestre) per mezzo d’un termine costante e d’un temine crescente proporzionalmente al tempo. Rimane perciò a spiegarsi in qual modo, nel mentre che i calcoli analitici spinti a un alto grado di approssimazione hanno dimostrato che le ineguaglianze a lungo periodo già imaginate dal Dalembert e dal Laplace non possono avere un valore percettibile, le più recenti osservazioni facciano riconoscere l’esistente d’alcun’altra ineguaglianza di simil genere, di cui non si saprebbe assegnare l’origine.
Dalla ricerca delle epoche della longitudine passai a quella dell’eccentricità e dell’epoca dell’anomalia media, e siccome una tale indagine applicata a tutte le nostre 2000 osservazioni richiederebbe molti mesi di lavoro, mi sono fino ad ora ristretto a cavare i relativi risultamenti dai primi tre anni e dai due ultimi del periodo.
Fin dall’anno 1811, e prima che il nostro Osservatorio fosse munito degli stromenti atti a dare quell’esattezza che si richiede nelle recenti osservazioni, aveva tentato di determinare l’eccentricità dell’orbita lunare pel principio del corrente secolo valendomi d’un centinajo di occultazioni di