Storie fiorentine dal 1378 al 1509/Nota
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NOTA 1 I. I manoscritti del Guicciardini. — II. Le storie fiorentine. — III. L’edizione Canestrini.— IV. La nostra edizione. — V. Lezioni del primo testo rifiutate dall’autore. I. Il primo che si propose di dare un compiuto inventario delle carte guicciardiniane fu l’abate Decio Maria Gallizioli, il quale dopo averle ordinate, per non dire disordinate, seguendo criteri del tutto personali ed arbitrari, le elencò nel suo Indice dei manoscritti, compilato nel 1737 (I ), sotto la lettera D. Alessandro Gherardi, che per la sua edizione critica della Storia d’Italia studiò con la diligenza che gli era propria i manoscritti dell’opera, esaminò anche le altre filze o buste, e certo ebbe l’intenzione di correggerne e completarne l’inventario. Ma le lunghe assorbenti cure della maggiore pubblicazione e la sua fine prematura gli impedirono di attuare tale proposito. Or sono quattro anni, uno studioso rumeno, André Otetea, ricercando i materiali per un suo volume guicciardiniano( 2 \ compulsò tutti i manoscritti originali e nella Bibliografia premessa al suo lavoro ne dette una descrizione sommaria, seguendo sempre l’ordinamento del Gallizioli. Questa descrizione, sebbene risenta della fretta con cui l’autore la preparò e non vada immune da molte e gravi inesattezze, rappresenta tuttavia, per il momento nel quale venne in luce, un notevole progresso sull’Indice settecentesco. Merito precipuo del conte Paolo Guicciardini, che con tanto intelligente amore conserva le preziose memorie dei suoi ante(1) Arch. Guicc., Inventarti, 3. (2) A. Otetea, Francois Guichardin. Sa vie publique et sa pensée politique. Paris, Picart, 1926. nati, fu di trasferire le carte di Francesco dalla biblioteca, dove erano rimaste per secoli, in quella che era la loro sede naturale, l’archivio familiare. In quest’occasione egli dette al fondo un piú logico ordinamento: gli enormi fasci messi insieme dal Gallizioli furono divisi in piú buste, lasciando loro una segnatura unica e distinguendole solo con un numero progressivo quando piú buste comprendevano uno stesso codice o comunque formavano un tutto omogeneo; dando altrimenti ad ogni busta una segnatura a sé. Un inventario completo in base al nuovo ordinamento, fornito del necessario ragguaglio con la vecchia classificazione, si sta pubblicando a cura del marchese Roberto Ridolfi(’ ). II. In questo sesto volume delle opere di Francesco Guicciardini ristampiamo quella Storia fiorentina che fu edita la prima volta dal Canestrini nel terzo delle Opere inedite W ed alla quale ci parve opportuno modificare il titolo, poiché l’autore non gliene dette alcuno, sostituendo al singolare il plurale, che ha piú frequenti riscontri nell’uso cinquecentesco. Il manoscritto originale è conservato nell’archivio domestico, carte di F. G., busta XI (antica segnatura D 5, voi. IV). È un codice cartaceo legato in pergamena con striscie di cuoio e fibbia. Sulla legatura è scritto di antica mano Ricordi di m. Francesco e la lettera E.
Le prime due carte sono bianche. Dalla seconda incomincia la numerazione (per carte) di mano dello stesso Guicciardini, la quale va fino alla fine (c. 173). Ma le cc. IÓ2 V -I73 sono bianche. La scrittura è abbastanza curata, lasciando larghi margini a sinistra e in basso; minor diligenza si nota nell’ultima parte e specialmente dalla c. i5S v a fine. Le cc. 155-157 sono staccate con una lacerazione assai irregolare che non offende il testo. Non vi è alcun titolo né partizione di materia se si eccettuano le date marginali dei singoli anni dal 1494 al 1508. Vi sono correzioni ed aggiunte marginali e interlineari anche di notevole estensione. (1) R. Ridolfi, L’archivio delia famiglia Guicciardini in Bibliofilia, voli. XXX, disp. 12: XXXI, disp. 1-2, S-9; XXXII, disp. 1-2 e 7. (j) Opere inedite di Francesco Guicciatdini ili. da Giuseppe Canestrini. Firenze, Barbèra, 1859, voli. io. NOTA 3À 1 La punteggiatura è scarsissima e rudimentale. Raro l’uso del punto fermo. Le pause sono quasi sempre indicate coi due punti. Del tutto capriccioso e irregolare l’uso delle maiuscole. Questa opera rimase sconosciuta fino al 1859, anno dell’edizione Canestrini, ma neppure dopo questa data fu fatta oggetto di studio particolare. L’unica trattazione di una certa ampiezza, ma di poco valore, è quella del Gioda che le dedicò un capitolo del suo volumeC 1 ).
Della sua storia intrinseca poco o nulla sappiamo. Una datazione precisa si può tuttavia desumere dalle parole dello stesso autore il quale scrive (c. XXI, p. 219): «E questo modo di giudicare che si chiamò consiglio di giustizia o vero Ruota dura ancora che siano a di 23 di febraio 1508...». Nulla ci permette di accogliere l’ipotesi del Gioda( 2 ) che vorrebbe riferita tale datazione ad un primo abbozzo, del quale il nostro testo sarebbe una piú tarda rielaborazione. In questo caso il Guicciardini avrebbe certo tolta o modificata codesta frase; e ad ogni modo il carattere giovanile del lavoro è provato dal fatto dell’incompiuta documentazione, quale appare dalle numerose lacune di nomi e di date. Si può dunque affermare con sicurezza che le Storie fiorentine, quali ci sono pervenute, furono iniziate intorno al 150S e molto probabilmente messe da parte prima del 1512. Quanto alle numerose correzioni ed aggiunte non possiamo in alcun modo precisare se furono eseguite a poca distanza dalla prima stesura o in epoca posteriore; in appoggio della prima ipotesi, oltreché il carattere delle aggiunte piú vicino a quello del testo che a quello delle opere piú tarde, sta il fatto che se il Guicciardini avesse ripreso in esame il suo lavoro in etá piú matura avrebbe certo completato date e nomi mancanti.
Osserviamo finalmente che il nostro codice non rappresenta il primo getto dell’opera, ma una copia che lo stesso autore dovette fare da un abbozzo. Ciò è provato non solo dal carattere relativamente calligrafico del manoscritto ma anche dai frequenti salti di frasi ai quali lo scrivente pone subito rimedio cancellando la frase o la parola (qualche volta una parte di parola) scritta per errore e che trova il suo posto poco dopo.
(1) C. Gioda, Guicciardini e le sue opere inedite. Bologna, Zanichelli, 18S0 (Cap. X).
(2) Op. cit., p. 43S. III. L’edizione Canestrini pecca per un duplice difetto: la mancanza di qualsiasi criterio scientifico e la deficienza della trascrizione. La partizione dei capitoli, se anche segua con sufficiente esattezza lo svolgimento dei fatti storici, non trova alcuna corrispondenza o giustificazione nelle intenzioni dello scrittore. Il quale, come abbiamo detto, scrisse il suo lavoro tutto di seguito, con la semplice notazione a margine degli anni, per due terzi dell’opera. F. il Canestrini, per far rientrare le sue divisioni nello schema prestabilito, giunse perfino ad alterare il testo. Cosi dove il Guicciardini scrive (XVI, p. 153): «... e si reputava conscio d’ogni suo segreto. E posate per questa vittoria le arme», il Canestrini sopprime VE ed inizia con Posate il cap. XVII. Anche piú grave è l’arbitrio preso dal Canestrini nell’ultimo capitolo delle Storie. Abbiamo fatto cenno, descrivendo il manoscritto, delle tre pagine strappate. La prima di esse (155) s’inizia con le parole: «Scrissono gli imbasciatori a Firenze...» e in essa e nelle due seguenti si narra della guerra del re di Francia contro i Veneziani fino alla rotta dell’Alviano. A c. 15S il testo ricomincia con le parole «scrissono gli imbasciadori...» e per quasi una pagina ripete quello della c. 155 con solo qualche modificazione formale. Ciò fino alle parole: «seguitò lo anno T509 principio di cose e movimenti grandissimi; nel principio del quale...» Qui l’autore continua: «si distraevano le cure della cittá in dua pensieri: l’uno, l’assedio di Pisa, l’altro la espedizione de’ principi collegati contro a’ viniziani». E seguita narrando la guerra di Pisa. Termina con le parole: «si voltorono alla via dello accordo e feciono intendere a’ cittadini...» dove testo e periodo rimangono in tronco.
Ci sembra evidente che il Guicciardini in un primo tempo scrisse la narrazione della guerra con Venezia, poi pensò di rifare codesta parte facendola precedere dalla storia dell’assedio di Pisa. Riteniamo molto probabile che proprio lui abbia lacerato le tre carte, sia per potere piú comodamente ricopiare la prima pagina, sia perché anche il seguito si proponesse di correggere e rielaborare. Ad ogni modo per noi il testo definitivo e sicuro è quello che comprende l’assedio di Pisa; l’altro non può esser considerato che come una lezione di primo getto, non sapendosi se e come il Guicciardini l’avrebbe riscritta, ove la sua fatica non fosse rimasta interrotta a mezzo di un periodo. Comunque nulla NOTA permette di fondere in uno i due testi; ciò che invece ha fatto il Canestrini. Il quale dopo aver seguito il secondo fino alla fine, ha soppresso le parole: «e feciono intendere a’ cittadini...» e, fatto punto e daccapo, ha continuato col primo testo, sopprimendo tutta la parte comune e modificando le parole: «nel principio del quale» in «Nel principio dello stesso anno*.
Per quel che riguarda la grafia, il Canestrini non segue un metodo determinato: talvolta ammoderna le forme guicciardiniane, tal’altra le mantiene intatte; muta arèno in aremo, ma lascia siáno. E quel che è peggio sostituisce piú di una volta una forma antiquata a quella moderna usata dall’autore (cosi troviamo popolo arbitrariamente cambiato in populo\ capitolo in capitalo). Anche la trascrizione, come abbiamo detto, è piena di inesattezze. Troviamo spesso salti di parole e di frasi — nel c. XXXI, p. 340 (Canestrini, c. XXXIII, p. 389) sono saltate ben tre pagine, dalle parole: «Deliberati e’ tre campi...* alle parole: «dare effetto a questa materia» — e gli errori di lettura non si contano. Indichiamo di questi, per saggio, qualcuno dei piú gravi: p. 2 [del nostro testo] Canestrini, 1500 cavalli — Guicciardini, 15000 p. 5 C. fervente — G. servente p. 17 C. fatto gonfaloniere— G. tratto gonfaloniere p. 41 C. lá per loro — G. da per loro p. 77 C. imparetato— G. impaniatoli) p. 107 C. dal privato bene— G. dal privato loro p. 11S C. tenendo— G. mettendo p. 138 C. cittadini— G. contadini p. 148 C. predicato — G. replicato p. 219 C. liti in modo tale— G. liti immortale pp. 225 e 228 C. Rondinelli — G. Tondinelli p. 257 C. si forzò— G. in facto p. 285 C. mirabile— G. miserabile p. 321 C. uomini — G. inimici In alcuni di questi, e in molti altri casi che per brevitá si omettono, non solo il Canestrini errò nel trascrivere, ma non badò neppure se il testo da lui dato avesse un senso qualsiasi. (1) Questo errore del Canestrini ha prodotto una curiosa conseguenza. La parola imparetato è stata registrata nel Vocabolario della Crusca, con l’unica referenza di questo passo del Guicciardini. IV. Criterio fondamentale di questa nostra edizione è la massima fedeltá al manoscritto originale. Giá si è accennato alla partizione in capitoli quale fu fatta dal Canestrini. Nella nostra edizione abbiamo diviso secondo la materia fino a tutto il capitolo X. Dall’ XI «abbiamo seguito la divisione per anni, prendendoci solo l’arbitrio di spezzare in due capitoli quegli anni la narrazione dei quali fosse di eccessiva lunghezza. Questo metodo ci sembrò il migliore, sia perché l’autore medesimo aveva segnato in margine quelle date, sia per quel carattere annalistico che egli si compiacque dare alle sue storie. A render piú agevole la lettura abbiamo fatto precedere ad ogni capitolo un breve sommario.
Le lacune di date o di nome abbiamo lasciate com’erano indicandole con... Completammo quelle soltanto che ci parve indispensabile per evitar confusioni come i46[4] e [novembre, dove la parte tra parentesi quadre è quella aggiunta da noi. Per quel che riguarda l’ortografia del testo, abbiamo cercato di attenerci piú che fosse possibile all’originale, mantenendo rigorosamente tutto quanto ci è sembrato rappresentasse la lingua dello scrittore, modificando solo dove si trattava di pure forme grafiche, generalmente prodotte dal vezzo latineggiante, senza alcuna rispondenza sulla pronunzia.
Cosi abbiamo naturalmente distinto l ’u dal v, abbiamo tolto la h in tutte le parole dove l’italiano moderno piú non ne fa uso; reso Yy con i (hystorie, / lypolita), il k con c (kalendi, kamarlingo), il q con c (persequtori).
Abbiamo raddoppiato alcune consonanti come la z che il Guicciardini usa sempre scempia (largheza, Galeazo), e in molti casi la c (vechio, riche za).
Abbiamo risolto in f il ph (Philippo, Stephano)\ tradotto in dd il bd e il gd (subdili, sogdotnia), in mtn il dm (administratione), in s o ss i> c la x (exemplo, riduce, excepto), in ss il bs e il ps (observare, epsa), in t o tt il pt (scripto), in vv il dv e il bv (adversori, obliare), in zi il ti e il cti (potentia, salisfactione). Dove il Guicciardini scrive costantemente giá, gle, glo, giu abbiamo scritto glia, glie, glio, gliu.
Abbiamo inoltre modificato in ce il eie di fede e in ghe il rarissimo gc di brige e lungo. Della particella et abbiamo fatto e dinanzi a consonante, ed dinanzi a vocale. NOTA 355 In tutto il resto la nostra edizione riproduce esattamente le forme guicciardiniane: e da questo criterio non ci siamo allontanati nemmeno nei casi in cui l’autore usa promiscuamente la forma antica e la moderna (>).
V. Abbiamo giá detto delle numerose correzioni ed aggiunte marginali e interlineari che il manoscritto originale presenta. Ci siamo naturalmente attenuti all’ultimo testo; ma ci è sembrato opportuno offrire agli studiosi una completa documentazione del lavoro di perfezionamento stilistico, di modificazione e integrazione sostanziale, dal quale è uscita la lezione definitiva. E perciò lasciando da parte le correzioni di errori materiali di scrittura (o per piú esattezza, di trascrizione dall’abbozzo originario), diamo qui sotto tutte le varianti del primo testo. Non senza avvertire che per le aggiunte non è da escludere in modo assoluto che qualche volta (certo raramente) possa trattarsi di parole o frasi che l’autore aveva nel copiare inavvertitamente saltate. LEZIONI DEL PRIMO TESTO RIFIUTATE DALL’AUTORE (Con T. — Testo — è indicata la lezione definitiva; con V. — Variante — la variante o lezione originaria rifiutata). p. i (testo) non perché e’ ciompi — (variante) non con animo che e’ ciompi (t.) essere signori della — (V.) governare la (T.) potenti ed inimici sua, loro — (v.) potenti, loro p. 2 (t.) finalmente con uno parlamento si — (v.) finalmente si (t.) lo stato nel 93 — (v.) lo stalo credo fussi nel 93 (t.) unione e sicurtá si continuò — (v.) unione si continuò (T.) 1420— (v.) 1434 (t.) nella quale e nella compera e nella espugnazione — (v.) nella quale innanzi la espugnassino (t.) uomini da bene e buoni — (v.) uomini buoni (1) Traccia di una discussione sul metodo da seguire in un’edizione guicciardiniana si trova nei Contributi all’edizione della Storia d’Italia. Il Gherardi vi sostiene certo suo criterio modernista in contrasto col Del Lungo. Le idee di questi, sebbene la sua lettera non sia riportata, si possono agevolmente desumere dalla risposta del suo contradittore. E a quelle idee abbiamo creduto doverci attenere nella nostra edizione. p. 4 (t.) avevono buono corso — (v.) avevono buona parte (T.) provisione e si disse con consiglio di Puccio Pucci che — (v.) provisione che p. 5 (t.) altro cittadino di Firenze dubitando — (v.) altro cittadino di Firenze e non sendo per deprimerlo per non avere cagione ed inoltre sendogli obligato per quello aveva operato per lui nel 34, ed anche sendo Neri instrumento da trarne utilitá grande in ogni occorrenzia, e pure da altro canto dubitando ( T.) e non di tal cervello — (V.) e nondimeno non di tal cervello p. 7 (t.) a chi riservorono — (v.) a chi era riservato p. 9 (t.) ambizioso ed inquieto, questa vicinitá non—(v.) ambizioso non 1 (t.) e però e cittadini — (VE) di che e’ cittadini p. 15 (t.) Luigi ed Iacopo Guicciardini — (v.) Luigi Guicciardini p. is (t.) a’ provvedimenti—(V.) agli apparati p. 19 (t.) figliuolo bastardo de! — (V.) figliuolo del (t.) viniziani co’ quali era in pratica lo tolse — (v.) viniziani lo tolse p. 20 (t.) a chi questo soccorso — (v.) a chi questa cosa (T.) 1469 di dicembre mori — (ve) 7/69 muri p. 21 (T.) seicento — (VE) 400 p. 23 (T.) el re Ferrando: alla quale pratica... Guicciardini. Ma — (VE) el re Ferrando. Àia (1.) quelle cose che si fanno — (v.) quelle cose si fanno (T.) parole che volevono—(v.) parole rotearono p. 24 (T.) In questo tempo e anno 1470 Lorenzo — (VE) In questo tempo Lorenzo (t.) ordine, in questo e negli altri magistrati andare — (VE) ordine andare (r.) aceopiatori che sedevano facessino gli accopiatori nuovi — (v.) accopiatori facessino gli accopiatori (a.) lasciando qualche volta tirare—(v.) lasciando tirare p. 25 (r.) del coramune di Volterra... alla signoria, finalmente — (v.) del corninone, finalmente (t.) fu che nel 1472 e’ volterrani—(VE) fu che e’ volterrani p. 2S (t.) Ascanio cardinale—(v.í Ascanio p. 29 (t.) tutta Italia. Guicciardini — (VE) tutta Italia. (In margine aveva scritto: L’acquisto di Fivizano, poi cancellò queste parole con un tiatlo di penna).
p. 31 (T.) ogni favore che si gli — (V.) ogni favore si gli (T.) dall’uno e l’altro. Il che era nato... avuto Imola. Ed in effetto — (v.) dall’i no e l’altro. Ed in effetto p. 34 (í.i parti da Pisa d aprile 147N el cardinale— (V.) parti da Pisa el cardi inde (T.) innanzi che entrassi — (ve) innanzi entrassi (T.) domenica mattina a di... — (V.) domenica mattina a di 26... NOTA 0 2/ p. 35 (t.) stanze che vi sono — (v.) stanze zi sono (t.) di lá e parendo... libertá cominciorno — (V.) di lá, conivi ciorno p. 41 (t.) un poco di disordine — (v.) qualclie disottiine p. 43 (t.) come dagli inimici — (v.) come da loro p. 45 (T.) e però non attendeva — (V.) e non attende: a (T.) Dalla parte di Siena — (V.) In quello di Siena (t.) castello grosso de’ sanesi —(V.) castello de’ sanesi p. 46 (t.) Ferrara insieme... Peserò rimase — (V.) Ferrara rimase p. 48 (t.) in modo che le pratiche — (v.) in modo le pratiche p. 50 (t.) sera a di 6 di dicembre chiamare — (v.) sera chiamare r La data aggiunta nel testo in spazio lasciato in bianco) (T.) disse — (v.) disse loro p. 51 (t.) due o tre galee — (V.) due galee p. 52 (T.) E multiplicando — (v.) E tanto multiplicando (t.) Gli amici del reggimento — (v.) Gli amici di Lorenzo e del reggimento p. 53 (r.) in arbitrio del re el quale — (v.) in arbitrio del re el quale non restituí Colle p. 54 (T.) Milano, Ferrara e noi — (v.) Milano e noi (t.) Lanfredini, Piero Mellini...— (V.) Lanfredini... p. 56 (t.) Cittá di Castello — (V.) Castello p. 61 (t.) stato di Siena... tutta Italia — (v.) stato di Siena p. 65 (T.) luoghi che erano — (v.) luoghi erano p. 66 (t.) non potere deliberare — (v.) non deliberare p. 67 (t.) satisfazione — (V.) giustificazione p. 74 (t.) credito grande che ebbe — (V.) credito grande ebbe p. 76 (t.) Poliziano; e’ greci... Lascari; gli studi — (V.) Poliziano; gli studi p. 78 (t.) licenzia che le fanciulle — (V.) licenzia le fanciulle p. 79 (t.) imbasciadori che andavano — (v.) imbasciadori andavano p. 83 (t.) e gli altri principi — (v.) e tutti gli altri principi p. 86 (T.) dubitando che Piero — (V.) dubitando Piero p. 87 (t.) una degli Orsini — (v.) una figliuola degli Orsini p. 88 (t.) a Milano per la cittá quanto — (V.) a Milano quanto p. 90 (t.) Cosimo figliuolo di Bernardo — (v.) Cosimo di Bernardo p. 91 (T.) queste cose dello stato; messer — (v.) queste cose; messer p. 93 (T.) si roppe e squarciò la unione — (V ) si roppe la unione p. 95 (T.) el duca Lodovico — (v.) el signore Lodovico (t.) sicurtá le fortezze di Pisa, di Serezzana, di Pietrasanta e di Livorno — (v.) sicurtá Pisa, Serezzana, Pielrasanta e Livorno p. 96 (t.) campana grossa a martello — (v.) campana a martello p. 100 (t.) confinati e cacciati per conto — (v.) confinali per conto p. 101 (t.) mutazione rimanevano... governo, stavano — (v.) mutazione stavano (t.) quegli die avevano — (v.) quegli avevano p. 104 (t.) cittá papa imperadori — (V.) cittá imperadom (t.) al re che si ingegnassino— (V.) al re si ingegnassino p. io6 (r.) lo ulicio loro ed in detto... a mano; dovessino — (v.) lo ujicio loro; dovessino p. 107 (t.) otto godenti — (v.) otto gaudenti, p. 108 (t.) di buona vita — (v.) di >anta vita p. 109 (t.) Capponi, a Lorenzo... a’ Nerli ed agli altri — (v.) Capponi ed agli altri p. in (t.) passati e con questo... grandi si levassi — (V.) passati si levassi (t.) autoritá messer Francesco Secco, el conte — (X.) autoritá, el conte p. 113 (t.) avuti quarantamila — (v.) avuti el resto de’ quarantamila p. 115 (r.) mostrando che sarebbe bene — (v.l mostrando sarebbe bene (T.) il che in quel tempo — (v.) la qual cosa in quel tempo p. 11S (t.) lattosi iluca — (v.) fattosi el duca p. 119 (T.) el Soderino—(V.) el foderino fratello p. 103 (t.) Martelli, e’ Pazzi, inesser Guidantonio... Rucellai e Cosimo suo figliuolo; e’ quali—(V.) Martelli, messer Guidantonio... Rifeci lai; e’ quali (r.) Gualterotti, Giuliano Salviati, Bernardo — (V.) Gualterotti. Bei nardo p. 125 (t.) nelle Stinche e Schiatta — fv.) nelle Stinche e Michele da Cepperello p. 129 (t.) esposto allo imperadore — (V.) risposto allo imperadore p. 130 (T.) che modo umano — (v.) che a modo umano p. 133 (T.) era stato prigione, preso — (v.) era stalo prigione, preso in una rotta ebbono gli Orsini in que (T.) eccetti pochi inimici— (V.) eccelli pochi degli inimici p. 134 (t.) indrieto quasi niuno — (v.) indrieto ninno (T.) nominato di quella parte: — (V.) nominalo di quella parie, eccetti dua: p. 135 (t.) da Bernardo del Nero, messer Guidantonio — (v.) da messer Guidantonio p. 136 (T.) di casa o per loro tizi o per altro — (v.) di casa o per altro p. 139 (T.) piú anni innanzi—(v.) molti anni innanzi p. 140 (T.) misericordia o da — (v.) misericordia e da (t.) cittá o come... voce per levarsi—(v.) cittá o per levarsi p. 141 (T.) sendo el di sequente giudicati—(V.) scudo giudicati ’ p. 142 (t.) de’ compagni rimosso lui — (v.) de compagni ed avendo rimosso lui (T.l casa nobile — (v.) casa molto nobile p. 143 t.i de’ tempi sua— (V.) della etá sua (t.) grandissimi che aveva — (v.) grandissimi aveva tT.j di quegli che gli davano — (V d: quegli gli davano NOTA 359 p. 144 (t.) prestato orecchi — (v.) prestato fede (T.) nondimeno fu si piccolo — (v.) e però fu si piccolo p. 145 (T.) delitti loro e nondimeno... restituiti e dettono — (v.) delitti loro e dettono p. 146 (t.) Alessandri sua fautori, venne — (v.) Alessandri, venite p. 148 (t.) inlesi ed avevaio... Girolamo. Di che—(V.) inlesi. Di che (t.) San Francesco osservante che — (V.) San Francesco che p. 149 (t.) finalmente el di diputato che fu a di— finalmente a di p. 150 (t.) Exurgat— (V.) Exsurge (t.) con uno assito — (v.) da uno assito p. 152 (t.) lo appello da una sentenzia della vita; beneficio — (v.) lo appello; beneficio (t.) ebbe tempo — (V.) avessi tempo p. 153 (T.) otto nuovi che furono — (V.) otto che furono p. 154 (t.) di fare convocare — (V.) di convocate (t.) ma gli dispiaceva — (v.) tua gli dava noia p. *55 ( T ) populare; e fu parola... el frate. Conchiusesi — (V.) papillare. Conchiusesi p. 156 (t.) quanto non soleva — (V.) quanto a pena soleva (t.) eloquetizia non — (V.) eloquenzia pronta non p. 157 (t.) disonesti e lascivi — (v.) disonesti e cattivi ]>. 158 (t.) elemosine, molte caritá — (v.) elemosine, molte caritá -, e finalmente questa cittá parea ne’ costumi una religione: e come queste fece opere grandissime circa alle cose spirituale non furono ancora minore circa allo stato della cittá in beneficio publico. Cacciato Piero e fatto el parlamento, fecesi per le sue predicazio* p. 162 (t.) Ispagna e del re di Napoli, mossa — (v.) Ispagna, mossa (t.) gli stimolavano — (v.) lo stimolavano p. 164 (t.) Nerli e dipoi... Pitti, e per — (v.) Nerli, e per (t.) viniziani benché di poi — (v.) viniziani e di poi p. 165 (t.) Rucellai e per sotto... Capponi; e’ quali— (v.) Rucellai; e’ quali p. 166 (t.) disonorevole benché necessario perché — (v.) disonorevole perchè p. 168 (t.) matrimonio colla — (v.) matrimonio della p. 169 (t.) Levante in sospetto... danni loro: temevano — (v.) Levante in guerra col turco el quale gli premeva forte togliendo ogni di loro terre di momento come fu Modone, Lepanto, Corone ed altri luoghi: temevano (t.) collo imperadore e fiorentini—(v.) co’ fiorentini (t.) che egli concitassi e stimolassi—(v.) che eglino avessino concitato e stimolato p. 170 (T.) come sarebbe — (v.) come era (t.) reintegrassino col favore suo delle — (v.) reintegrassino delle (t.) Strozzi da’ dieci a Ferrara — (v.) Strozzi a Ferrara p 17’ , (t.) Rucellai suoi grandissimi fautori, che — (V.) Rucellai, che p 175 (t.) 15 anni —(v.) 12 anni (r.) ducati 180 mila... 12 mila — (v.) ducati 144 mila... 15 inila p i;ó (r.) do]io qualche di si risolverono... co’ fatti. — (v.) dopo qualche di ratilicorono al lodo.
(t.) 180 mila—(v.) 144 mila p. 17N (T.) parenti o amici; in modo — (V.) parenti; in modo ]). 179 (r.) in pochissimi di—(v.) in pochi di p. 1^0 (t.) disperato di potere—(V.) disperato non potere p i -1 (t.) o a difendere — (v.) 0 a difendere di verso Lodi (T.) altri fuggirono a Lucca — (v.) altri a Lucca ]>. i v 3 (T.) si fuggi a Pisa — (v.) si fuggi credo a Lucca p. i;?5 (t.) e si vede che — (V.) e si può dire che (r.) fará e’ giudicio medesimo perché — (v.) fard giudicio vero, perchè p. 1S6 (t.) viniziani, ed essendo... soccorso, acquistarla — (V.) viniziani, acquistarla p. 187 (t.) gratissima; in modo che Giovacchino— (v.) gratissima e G iovacchino (t.) vicina e sempre — (V.) vicina anzi sempre p. 189 (t.) dove venendo e’ franzesi... circumstanti, inviliti bruttamente sanza aspettargli abandonorono — (v.) dove sondo stati rotti in non so che piccola scaramuccia, inviliti bruttamente abandonorono p. 190 (t.) castellano che vi era — (V.) castellano tu’ era (t.) della fede; e loro sanza... importantissimi. E cosi —(V.) della fede. E cosi (T.) avaro, vario, mutabile e di poco — (v.) avaro e di poco p. 191 (r.) ed in aria perché avanti che le genti... di che fu lo effetto che noi fumo finalmente—(V.) ed in aria perchè non avendo mai voluto benché molte volte richiestone capitolare col re giudicava che, sendo lui cupido vittorioso ed irato, stimolato ancora da’ viniziani inimicissimi nostri e che parevano apresso a lui avere credito, dovere patire assai, pure voltasi a’ rimedi, come si intese lui essere venuto in Italia, che venne subito che ebbe la nuova dello acquisto di Milano, gli furono a Milano mandati oratori messer Francesco Gualterotti, Lorenzo Lenzi ed Alamanno Salviati a congratularsi di tanta vittoria ed a capitolare seco nel migliore modo che patissino e’ tempi e le condizione presenti, dove congiunti cogli oratori vecchi, che vi era el vescovo de’ Pazzi e Piero Sederini, doppo molti e lunghi trattati fumo finalmente p. 192 (T.) nostre eccetto Serezzana ed e — (V.) nostre ed e (t.) la cittá si obligò — (v.) la cittá si obligò dargli altra certa somma di denari (t.) prestanza che furono... 25 mila; dargli — (V.) prestanza; dargli NOTA 361 (t.) sussidio di... fanterie in caso — (v.) sussidio in caso (t.) Napoli, servirlo di 400... suo fratello. E si stipulò — (v.) JVnpoli; le quali tutte cose benché io non abbia el particulare ascesono a buona somma e grande di danari e stipulato cosi el contratto el re di sua bocca aggiunse che innanzi si valessi delle nòstre obligazioni voleva restituirci Pisa e le altre cose nostre. E si stipulò (T.l qualitá era stimato—(v.) qualitá stimato p. 193 (T.) Allegri con tutto che... del papa. La quale — (V.) Allegri. La quale i r.) el principio suo e cominciò — (v.) el principio suo e cominciò a essere nominato per potentato di Ita v (r.) ducati 15 mila — (V.) ducati 17 mila p. 194 (t.) e non si vincendo — (v.) e non vi si vincendo p. 196 (t.) di danari in scambio... di Milano. Da altra — (V.) di danari a che era obligata. Da altra (T.) Valentino, stretti... in Novara, donde — (V.) Valentino, rapporto allo stato di Milano in Parmegiana. donde p. 197 (t.) fuggiti in sul loro e gli dettano prigioni al re. E cosi — (V.) fuggiti con loro. E cosi (t.) averla ancora perduta — averla ancora perduta; è bene vero che io non mi ricordo bene se questa recuptrazione di Milano e cattura del duca ed Ascanio fu nella fine del ’ 99 o pure nel principio del 500.
p. 19S (x.) pagatogli quegli aiuti — (V.) pagatogli la quantitá de’ danari (t.) oratori, uomo... prudente, lo richiese — oratori, lo richiese (T.) a me? rispose... danari. Della quale— (v.) a meí soggiunse daremoni ducati 300 mila. Della quale p. 199 (t.) Lucca; e fu riscritto — (V.) Lucca; fu adunche risposto (r.) una paga del mese di maggio si dondolò tutto — (v.) una paga si dondolò con varie cagioni tutto (t.) partissino, perché avendo... pagati da noi. E però — (V.) pariissitio. E però (T.) per la via di Pontriemoli: vennono di poi — (V.) per alla volta di Pontriemoli e passando pe’ confini del bolognese ntesser Giovanni Bentivogli che per dimandare el re somma troppo ingorda di danari non aveva mai capitolato seco fu constretto per fuggire la furia di queste gente accordarsi e contentargli sborsare buona somma di danari: vennono di poi p. 200 (t.) di poi all’intorno di Pisa, dove — (v.) di poi a Pisa, dove (T.) fu assai ingannata dagli effetti: di che fu principalmente... a gonfiare gli animi. Di che el re si sdegnò — (v.) fu assai ingannata dagli effetti; perché, quello ne fussi cagione o la ostinazione e v alentia de’ pisani o la disubbidienzia e disordini loro che furono grandissimi o l’uno e l’altro insieme, non vi feciono frutto alcuno. • ii modo che stativi molti di e multiplicando gli inconvenienti a’ quali per non potere riparare Giovan Batista Ridolfí fingendo essere amalato si ritornò a Firenze. E cosi mancando loro la vettovaglia perché e’ cattivi pagamenti le prede e ruberie loro e disordini e strazio ne facevano erano tanti che era impossibile tenerne el campo provisto, finalmente sendo disperata la vittoria si levorono da campo quasi come rotti con grandissima diminuzione della riputazione loro la quale era grandissima per avere insino a quello di ottenuta ogni impresa che avevano fatta. E nel partire una compagnia di svizzeri, come uomini bestiali e sanza ragione, prese Luca degli Albizzi nostro commessario e lo menava prigione come inimico; se non che fu soccorso da certe nostre fanterie e cavato loro delle mani. Udita a Firenze questa partita loro si fece giudicio nella moltitudine che questo lussi stato inganno per ordine del re; in modo che nello universale se ne sparlava si bruttamente quanto fussi possibile: da altra parte el re o si doleva assai di noi mostrando che questo disordine era nato per non si essere provisto el campo di vettovaglie come si doveva o perché cosi credessi per suggestione di quegli capitani erano stati nella impresa o pure perchè non ostante sapessi el vero volessi salvare l’onore delle sue gente el piú poteva; per le quali querele e sospetti sendo sdegnati forte gli animi, accadde che el re richiese che una parte di quelle gente d’arme erano state alla impresa si alloggiassino in su’ nostri terreni, il che gli fu in tutto dinegato; benché alcuni cittadini de’ piú savi fussino di contrario parere, mossi per non si alienare in tutto dal re e perché giudicavano che sendo queste gente in sul nostro ci servirebbono a difenderci el contado di Pisa ed inoltre per la riputazione del re ci gioverebbono co’ sudditi nostri e cosi altri; ma potendo piú lo odio che el rispetto della propria utilitá si prese el peggiore partito, di che el re si sdegnò p. 201 (t.) e cosi disposti male — e cosi gonfiati p. 202 (t.) scorrere el contado di Pisa — (V.) scorrere el contado nostro (T.) della Ventura — (v.) dello Stagno p. 209 (t.) fave bastassi —(v ) fave, bisognassi p. 213 (r.) l’anno; lasciassisi... Yitellozzo. E cosi—(V.) l’anno. E cosi (t. si usassi tutte le — (v.) si usassi di molte p. 216 (1.) perchè el re pretendeva... contro a noi; e però la paura — (V.) perchè el re essendo passato e spirati e’ tempi de’ capitoli fatti a Milano e cosi venuti a mancare quegli oblighi pe’ quali era tenuto aila difesa nostra ed e converso le obligazioni de’ pagamenti gli avavamo a fare, arebbe voluto rinnovare convenzione con noi per trarre danari dalla cittá, e conoscendo che per dolcezza non aveva a pervenire a questo disegno, si dimostrava male disposto e di volere pigliare partito de’ fatti nostri; e perú la paura NOTA p. 217 (t.) in casa; ed a questi... Francia. Le quali— (V.) in casa. Le quali (t.) conclusione perché Roan... per la cittá, monsignore — (v.) conclusione perché el re ci aveva disegnati tanto alto che la cittá o non voleva o non vi poteva salire: ed andandosene di poi Roan in Francia rimase la pratica in mano degli oratori che erano lá, monsignore p. 217-8 (t.) avavamo di Italia. In modo che... alcuno buono effetto; ma successe—(v.) avaiamo di Italia; ma successe p. 2tS (t.) Massimiano col re, lui — (V.) Massimiano, lui (t.) Firenze piú di e quivi —(V.) Firenze, e quivi (r.) fece fuora di ogni opinione lo appuntamento — (v.) fece lo appuntamento (t.) qualunque ci offendessi — qualunque potentato ci offendessi p. 219 fx.) capitani che venivano — (v.) capitani lenivano p. 222 (T.) uomini che vi erano — (V.) nomini vi erano ( r.) cittadini che attendessino — (V.) cittadini altendessino p. 224 (T.) dallo oratore nostro — (v.) dagli oratori nostri (t.) che ritornava — (v.) che ritornava con licenzia (t.) ritratto che non ostante... manometterci: e se — (v.) ritratto che in Firenze era stata o era qualche pratica co’ Vitelli; e se (t.) di Francia dove... assalto, si ritornava — (v.) di Francia si ritornava (t.) Arezzo ed in quelle... Vitelli, Guglielmo — (v.) Arezzo, Guglielmo p. 224-5 (t.) dalla cittá; la quale cosa... podestá gridorono — (V.) dalla cittá, di che avendosi qualche sentore e volendo occultamente mandare fanterie in Arezzo, scopertosi questo ordine per leggerezza di Guglielmo de’ Pazzi, el particolare non so, ma e’ n’ebbe carico grandissimo. Gli aretini presono le arme; c preso lui ed Alessandro Galilei che vi era capitano, gridorono p. 226 (t.) massime Giovali Batista de’ Nobili ed uno — (v.) massime uno p. 227 (t.) el magistrato, Piero — (v.) el magistrato cioè a di 9 di luglio, Lieto p. 228 (T.) non acquistassi — (v.) non avessi p. 229 (t.) San Stefano, el Monte a San Sovino e ciò— (v.j San Stefano e ciò p. 230 (t.) ma di darsi — (v.) ma darsi p. 232 (t.) comandò loro — (v.) mandò loro e di * (t.) impazienti — (v.) insolenti p. 234-5 (t.) artiglierie e tutti... rubello; e cosi — (V.) artiglierie; e cosi p. 235 (t.) e tante gente — (v.) ed altre gente (t.) el quale era di persona—(v.) el quale sendo di persona p. 239 (t.) cittadini e di riputazione, vedute — (v.) cittadini, vedute (r.) mutare el governo — (v.) el governo si erano in rutto alienati dallo stato p. 241 (T. ) per e’ disordini — (V.) per ^’ sospetti p. 242 (T.) e cosi di levare — (v.) e di lei’are (x.) ragione, massime nel criminale —(v.) ragione, cioè ne! civile come nel criminale p. 243 (t.) l’uomo sciolto che stesse — (v.) l’uomo che stesse p. 245 (t.) maggiori: fratelli — (V.) maggiori cioè Jrateili p. 254 (T.) atfezionato; ]>ure s’aveva a presupporre che — (V.) affezionato; che p. 256 (t.) sua messer Giovanni Frangiani suo — (v.) sua uno suo j). 259 (t.) quelle fortezze di Napoli che — (V.) quelle fortezze che p. 260 (r.) dalla cittá — (v.) nella cittá (r.) non la difticultá — (v.) non la forza p. 2Ó1 (t.) cli Francia e della cittá — (v.) di Francia e della cittá aggiunta massime p. 262 (T.) Piombino, gli stati degli Orsini e Cittá — (V.) Piombino e Cittá p. 263 (T.) uno convito — (V.) uno convito nelle vigne (T.) perché per essere — (V.) perchè si medicorono e per essere (1.) non nel conservare — (V.) non tanto nel conseri’are (t.) a tempo suo come — (V.) a tempo suo quasi come p. 264 (r.) la potenzia di uno pontefice—(v.) la potenzia della Chiesa p. 266 (t.) amato da loro — (v.) amato el nome loro (suo) p. 26S (t.) presto in battaglia assaltato — (v.) presto per ordine loro assaltato p. 272 (T.) nondimeno per ancora — (v.) nondimeno per ancora la cosa (r.) parentadi ma... notai, Giuliano — (V.) parentadi, Giuliano p. 273 (r.) el letto — (V.) el corso p. 274 (r.) per tempesta — (v.) per tempesta di mare p. 276 (T.) grande che el grano — (V.) grande in modo che el grano p. 278 (r.) a giornata di... di agosto dove — (v.) a giornata, dove p. 2>2 (t.) perché altrimenti — (v.) acciò che altrimenti (T.) E perché chi credeva — (V.) e chi credei’a p. 286 (T.) ed una provisione — (V.) e ponendo una prolusione p. 2S7 (t.) cozzare col popolo — (v.) cozzare colla signoria p. 292 (t.) riusci vano. Vinsesi... creati. Avuta — (v.) riusci vano. Avuta p. 296 (r.) Francia entrò in Savona e quivi — (v.) Francia e quivi (T.) nave e menandone seco Consalvo se ne — (V.) nave se ne p. 297 pr.) di danari cioè... tempi conservare — (V.) di danari conservare }). 298 (t.) Quegli che confortavano — (v.) Quegli confortavano (T.) concorreva Lorenzo Morelli, messer — (v.) concorreva messer (T.) da credere che volessi — (V.) da credere volessi p. 300 (t.) e’ quali non si potendo — (v.) e’ quali non vi si potendo p. 3°5 (T.) vescovo di Cortona — (v.) arcivescovo di Cortona p. 307 (r.) Questo era el parere — (v.) Questo era da principio el farei e p. 309 (t.) 100 mila ducati — (v.) 50 mila ducati NOTA 365 p. 312 (t.) escludere a’lucchesi — (v.) escludere da lucchesi p. 3 r 5 (t.) sua libertá; e però — (v.) sua libertá; e però richiedevano (t.) luogo rovinato—(v.) luogo debole rovinato p. 316 (t.) pareva loro di tanto — (v.) era di tanto (t.) innanzi che passassi — (v.) innanzi passassi p. 318 (t.) fu in suo luogo — (v.) fu in suo luogo mandato p. 319 (t.) da se medesimo. Nel medesimo anno — ( \’ .) da se medesimo. Scopersesi in questo mezzo come Filippo di Filippo Strozzi el quale non molto innanzi era andato a Napoli aveva tolta per donna la figliuola di Piero de’ Medici; la quale cosa introdusse nella cittá assai sollevazione e varietá di opinione: confessava ognuno di accordo essere stata grande leggerezza la sua che, avendo uno stato bellissimo e per la nobilitá della casa e per essere ricchissimo, si fussi impacciato con rubelli ed inimici dello stato ed avessi preso uno partito da poterlo mettere in pericolo assai; ma la divisione era circa el punirlo o no: perché el gonfaloniere dispiacendogli insino al cuore arebbe voluto procederci gagliardamente dicendo che questo era caso di stato e che Filippo sendo giovane non aver preso questo partito da se medesimo ma per conforto ed opera di altri in modo che universalmente si sparse una voce che ne era... Nel medesimo anno...
p. 320 (t.) ed inoltre che gli avessi e naturalmente — (v.) ed inoltre e naturalmente p. 322 (t.) non conversavano con loro se non — (v.) non parlavano loro se non p. 323 (t.) creato el gonfaloniere — (v.) creato dipoi el gonfaloniere p. 327 (t.) figliuoli, madonna Lucrezia, Giovanni — (v.) figliuoli, Giovanni (t.) lo stato, moltissimi — (v.) lo stalo, molti (t.) e sanza consiglio — (v.) e però sanza consiglio (t.) fussi fatto, non era — (v.) fussi fatto non era in termini da tornare adrieto p. 330 (t.) nondimeno propose — (V.) nondimeno ragionò p. 331 (t.) savio riparare — (V.) savio desiderare p. 332 (t.) o con polizze o con fave — (V.) con polizze e con fave (t.) ebbe fine facile.—(V.) ebbe fine facile. Successe di poi alla fine del mese di febraio che essendo morto uno comandatore in Pa * p. 335 (t.) Scrissono gli iinbasciadori... a fine — (v.) Scrissono gli imbasciadori a Firenze questa dimanda, e parve molto strana, perché, secondo le condizioni ragionate prima, non aveva a avere un quattrino innanzi alla avuta di Pisa, e benché promettessi rendergli al caso che Pisa non si avessi, nondimeno non si faceva fondamento l’avessi a fare; pure avendosi speranza di Pisa e considerato che negandogli era al tutto spacciata quella impresa; considerando ancora la sui venuta in Italia con uno esercito potentissimo e quanta differenzia lussi l’averlo a avere amico o nimico, si concluse facilmente el farlo, e si dette commessione agli imbasciadori che concliiudessino. E però essendo loro in sul serrare, el re disse essere contento alla protezione nostra contro a ognuno, eliam contro allo imperadore, ma che per riverenzia dello imperio non voleva si nominassi, ma si includessi con parole generale; le quale, quando non bastassino, che prometteva a parole ed in fatto lo osserverebbe. Avisoronne gli oratori a Firenze e si concluse non si lasciassi per questo, perchè quando bene si esprimessi non lo osserverebbe piú che si gli paressi, o se pure lo osservassi, cosi lo osserverebbe promettendolo a parole. E cosi ridata la commessione, l’accordo si conchiuse ne’ modi detti di sopra, e ne venne a Firenze le nuove alla fine dello anno 150S, negli ultimi di.
In detto tempo, intendendosi come monsignore di Ciamonte ne era venuto a Milano in poste per apparecchiare le cose necessarie alla espedizione contro a’ viniziani, gli fu mandato oratore Francesco Pandolfini.
Seguitò lo anno 1509 principio di cose e movimenti grandissimi: nel principio del quale el re, continuando nel proposito suo di passare alla impresa de’ viniziani, continuava mettere in ordine uno esercito potentissimo; el papa ancora si armava potentemente per assaltargli in Romagna; cosi si intendeva che lo imperadore faceva con danari avuti da Francia e dallo stato di Borgogna; ed el re di Ragona ordinava una armata per riacquistare e’ porti che e’ viniziani tenevano nel reame. Da altra banda e’ viniziani, con siderando quanto peso avessino adosso, e che le forze loro erano un zero a resistere alla potenzia di tanti principi, non cessavano ingegnarsi di separare da questa unione el papa e lo imperadore, collo offrire loro vantaggi grandi, e dimostrare che la ruina loro tornerebbe a grandezza di Francia, della quale tutti a due patirebbono: l’uno per la ambizione che aveva Roan al papato, l’altro, per lo antico odio ed inimicizia che era tra Francia ed e’ tedeschi. Ma non faccendo profitto alcuno, si volsono a fare quegli apparati che e’ potevano per difendersi, e principalmente pensando di uno buono capitano di gente di arme, perché non si fidavano del conte Niccola da Pitigliano capitano loro, per essere vecchissimo, tentorono con grandissime condizioni condurre el marchese di Mantova. Ma ricusando lui, con dire di essere obligato al re di Francia, avendo scarsitá di capi, in ultimo si risolverono di mettere el pondo di tutta la guerra in sulle spalle di Bartolomeo d’Alviano, che era a’ soldi loro con titolo di governatore; e datogli una pienissima autoritá ed obedienzia per tutto el dominio, fare quegli apparati che lui ricercassi. E di poi vólti a fare altre condotte, sol NOTA 367 dorono quanti uomini di arme potettono avere; ma per la carestia ne era, e perchè el papa non lasciò andare a effetto una condotta che e’ feciono degli Orsini, n’ebbono circa a duemila ed anche scarsamente; feciono venire di Albania circa a quattromila cavalli leggieri, e soldorono circa a ventimila fanti forestieri, a’ quali ne aggiunse de’ loro sudditi el signore Bartolomeo circa a diecimila, faceendo ordinanze come pochi anni innanzi si era fatto in sul nostro; proveddono per ordinare queste gente, grandissima somma di danari. E di poi venendo al particulare del modo del difendersi, conchiusono che, se e’ dividevano questo esercito in tutte quelle parte donde temevano di offesa, rimarrebbono in ogni luogo si deboli, che sarebbono preda dello inimico; e però giudicorono essere meglio voltare lo sforzo loro verso el re di Francia, donde el pericolo era maggiore e piú propinquo, e dalla quale banda difendendosi potevano sperare che non mancherebbe loro composizione con gli altri inimici. E perché l’altre parte non rimanessino al tutto a discrezione, lasciorono qualche numero di cavalli e di fanti in Romagna, e’ quali se non bastassino a difendere quello stato dal pontefice, almeno sostenessino lo impeto suo qualche tempo; feciono in vicentino fossi e tagliate grandi, acciò che ogni poco di guardia che si aggiugnessi alla fortezza de’ paesi, dèssi difficultá allo imperadore. Lasciorono e’ porti del reame colle guardie ordinarie, e piú a beneficio di natura. E stando in questi apparati, né sendo ancora el re in Italia, monsignore di Ciamonte, intendendo essere in Ghiaradadda alcune squadre di cavalli che si rassegnavano, passata subito la Adda, le levò su con uno proveditore viniziano chiamato messer Iustiniano Morosino, e prese Trievi e Rivalto, castelli vicini alla Adda; ed in tempo medesimo el marchese di Mantova prese Casale Maggiore in cremonese, luogo però di non molta importanza. Fu fama che questo insulto dispiacessi al re, o perché desiderassi essere el primo lui che rompessi, o perchè giudicassi che e’ luoghi presi non si potessino abandonare sanza diminuire la riputazione, né per la debolezza loro tenersi guardati sanza pericolo. El pontefice in questo tempo parendogli che le cose di Francia, benché andassino preste, non avessino quella celeritá che desiderava, mandò alla volta di Romagna uno esercito di settecento in ottocento uomini d’arme sotto el duca di Urbino, nipote suo, Giampaolo Baglioni, el conte Lodovico della Mirandola, Giovanni da Sassatello ed altri capi, e circa a cinquemila o seimila fanti, che vi erano tremila spagnuoli; a’ quali si aggiunse poco di poi tremila svizzeri. Costoro, preso Salarolo in faventino, ne andorono a campo a Bersighella; e presa la terra e saccheggiatala, e di poi la ròcca dove fu preso Giampaoio Manfroni, che era venuto in soccorso, ne andorono a Granaruolo, e quello preso, si accamporono a Rosso, luogo forte e di importanza assai rispetto a STORIE FIORENTINE Ravenna. Ed in questo tempo el papa, per offendere e’ viniziani ancora colle arme spirituali, gli ammuni che per tutto di 21 di maggio, gii avessino restituito tutte le cose di Romagna sub pena ex communicalioms lafae senlentiae, e di interdetto; e con molti gravissimi pregiudici, insino a dare le persone e robe loro in preda, comandare a’ sudditi che sotto le medesime pene si ribellassino, ed in ultimo dare indulgenzia plenaria a tutti e’ cristiani che pigliassino arme contea di loro.
Venne intanto el re di Francia in Italia, ed entrò in Milano a di primo di maggio; e trovossi uno esercito potentissimo di duamila lancie della ordinanza, e di molte centinaia di cavalli di pensionaci fratizesi e di gentiluomini milanesi, che per odio de’ Yiniziani lo servivano gratis a questa impresa, ottomila svizzeri, quattordicimila fanti oltramontani e quattromila italiani e con circa a cento pezzi di artiglierie. La quale cosa intesa a Yinegia, benché e’ fussino in gran terrore, e quasi disperati dello stato, e massime che lo imperadore, al quale, se volessi essere con loro, avevano fatto offerte smisurate di danari e di terre, ricusava ogni accordo; pure pinsono ogni sforzo loro verso la Adda, in modo che si trovorono in campo con circa a dodicimila cavalli e ventimila fanti, co’ quali erano commessari messer Giorgio Cornaro e messer Andrea Gritto, capitano el conte di Pitigliano, ma sotto la cura ogni cosa dello Alviano. El quale non pretermettendo occasione, andò colle gente a campo a Rivalta, e quella avuta, ne andò a Trevi, dove si trovava circa a cinquecento lancie franzese e duemila fanti sotto monsignore Imbalt; e quivi stato a campo un di e mezzo, finalmente l’ebbe a patti, salvo l’avere e le persone, eccetto Imbalt ed uno guascone uomo di conto, che ritnasono prigioni.
Yenuta in Milano questa nuova, ebbe el re grandissima alterazione, in modo che subito colle gente sue usci di Milano alla volta degli inimici a di 8 di maggio in martedí, non riguardando a quel di di martedí che gii soleva essere in augurio; ed arrivato alla Adda squadrò le gente come se avessi a andare a battaglia, ed ordinatamente passò el fiume su per due ponti fatti un pezzo innanzi da Ciamonte, sanza avere molestia alcuna dagli inimici che gli erano vicini a due miglia. Fu questo segno della debolezza loro, perché arebbono avuto piú vantaggio a assaltare gli inimici in sul passare el fiume, che avergli a aspettare alla campagna; e certo era ragionevole el timore loro, perché oltre allo essere lo esercito del re piú forte di numero, abondava ancora di uomini piú esperti nelle arme, di migliori cavalli, abondava di molta nobilita, che vi era el fiore di tutti e’ gentiluomini di Francia; di molti capi per la riverenzia de’ quali avevano a fare migliore pruova: el duca del Loreno, di Savoia, monsignore Roan, Tramoia, Ciamonte, messer Gian Iacopo da Triulzi e NOTA 369 molti altri; ed in ultimo del re, la presenzia di chi ringagliardiva ogni cosa. Passato el fiume si accostorono a’ viniziani a meno d’uno miglio; ma perché lo esercito loro era in luogo forte, non parve sicuro al re di assaltargli quivi, e nondimeno consumandosi di voglia di cacciargli, deliberò tórre loro la via delle vettovaglie, acciò che fussino constretti o fare volontariamente fatti di arme, o partirsi dove lui stimava avergli a necessitare a fare giornata. E però andato a campo a Rivalta, e sforzatola e morti tutti quelli che vi erano drento, andò a C... castello quivi vicino di che gli fu subito date le chiave; ma accorgendosi e’ viniziani del tratto del re, cominciorono a pigliare la via del partirsi, di che el re collo squadrone suo subito gli urtò. E benché Bartolommeo d’Alviano con circa a dugento uomini d’arme e dodicimila fanti de’ migliori del campo facessi franca difesa; pure sendo abandonato da quasi tutti e’ cavalli e dal conte, sendo piovuta una grossa acqua che aveva inumidita tanto la polvere, che poco si potettono adoperare le artiglierie, ed essendo grandissimo l’impeto francese, lo effetto fu che in quel di, che fu in lunedi a di 14 di maggio, e’ viniziani furono rotti; morivvi dal canto de’ franzesi circa a duemila persone, de’ Viniziani circa a mille cavalli ed undicimila fanti; fu pure preso e ferito el signore Bartolommeo d’Alviano.
p. 337 (t.) gli soccorreva — (v.) gli sovveniva p. 338 (t.) quello verno — (v.) quella state p. 344 (t.) e pensieri assai; doppo la ribellione — (v.) e pensieri assai. Dua erano e’ membri co’ quali si era insino a quello di retta Pisa: e’ cittadini ed e’ contadini ne’ quali era equale ostinazione ed odio contro a’ fiorentini, ma disproporzione di potenzia. Doppo la ribellione p. 345 (t.) facultá, che erano quegli di sopra avendo — (v.)faculld avendo Roberto Palmarocchi.
Nel licenziare questo primo volume della nostra edizione delle opere varie del Guicciardini ci è grato esprimere la nostra riconoscenza al conte Paolo Guicciardini che con squisita liberalitá ci apri il suo archivio e dette al nostro lavoro ogni possibile facilitazione. E uno speciale ringraziamento dobbiamo al doti. Antonio Gigli, bibliotecario di casa Guicciardini, che con tanta intelligenza, pazienza e cortesia ci accompagnò e sorresse nella nostra fatica.
R. P.