Storie fiorentine dal 1378 al 1509/XXXI

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XXX


SEGUITA L’IMPRESA DI PISA (1509)


Seguitò lo anno 1509, principio di cose e movimenti grandissimi nel principio del quale si distraevano le cure della città in dua pensieri l’uno: l’assedio di Pisa, l’altro, la espedizione de’ príncipi collegati contro a’ viniziani; e’ successi di che, benché in gran parte venissino in uno tempo medesimo, narrerò separatamente, acciò che la distinzione tolga confusione.

Lo avere fatto dua campi contro a Pisa uno a San Piero in Grado, l’altro a Librafatta, era di natura, aggiunto allo accordo fatto co’ lucchesi ed alla poca vettovaglia che era in Pisa, che la speranza di conseguire quella vittoria tanto desiderata ogni dí cresceva, ma e’ lucchesi a chi, non ostante lo accordo, questa reintegrazione nostra era molestissima, porgevano loro continuamente di furto quelle vettovaglie che e’ potevano, cosí loro uscendo continuamente di Pisa la notte, ne portavano e di quello di Lucca e de’ luoghi nostri di continuo da vivere. La quale cosa per essere el paese largo e paludoso, e dalla banda di Lucca montuoso, non si poteva proibire dalle gente nostre divise in due luoghi distanti; né mancava in sul nostro chi gli sovvenissi, perché qualcuno di quegli usciti pel passato di Pisa, o per amore della patria o per qualche suo parente o amico gli soccorreva, molti, perché le comperavano molto care, per guadagnare furtivamente ne vendevano, fra’ quali si disse allora publicamente essere stati e’ figliuoli di Francesco degli Albizzi, massime Bernardo, con chi si diceva fare compagnia a questa incetta Tommaso di Pagolantonio Soderini. E certo si vedde molte ragione, ed uno grande comperare di grano che aveva fatto Bernardo quello verno, che fu da credere o che egli smaltissi in Pisa quello grano, o che lo vendessi in quello di Lucca a uomini, donde poi e’ pisani lo traevano; credettesi ancora lo esservi Tommaso in compagnia, perché era certo che in altre incette di bestiame atteneva seco, e di poi el romore in Firenze fu sí grande non solo nel vulgo, ma ne’ cittadini principali e ne’ collegi, e la cosa era di natura importantissima alla città, che e’ pareva ragionevole che el gonfaloniere, che sempre attese a sopire, se ne fussi risentito vivamente, se lo interesse di Tommaso non l’avessi ritenuto. Èbbene ancora carico Piero di Giannozzo Strozzi, el quale teneva in quello di Pisa certi fitti, ma lui si scusò, avere venduto grano in Lucca ed averne avuto licenzia da Niccolò Capponi commessario, il che fu con non piccolo carico di Niccolò, e non andando questa boce piú là che le parole, si addormentò presto.

Ma conoscendosi che a volere avere Pisa colla fame, bisognava strignerla piú, si accozzorono tutti a tre e’ commessari co’ principali condottieri in sullo Osoli, e quivi discussi e’ modi che lo avevano a fare, si accordorono a questa risoluzione: che bisognando chiudere la via della acqua, non bastava avere fatto el ponte a San Piero in Grado e serrato Arno perché di continuo veniva pel Fiume Morto vettovaglia ed entrata nello Osoli si conduceva in Pisa, e però che e’ si facessi uno ponte con uno bastione a Fiume Morto e si chiudessi quella via, el quale ponte e bastione fussi in guardia di chi aveva in governo el campo di San Piero in Grado; le genti che erano dalla banda di Lucca si riducessino a San Iacopo, donde impedirebbono le vettovaglie che venissino di Val di Serchio e da Lucca per la via di Librafatta; e perché rispetto allo essere el paese da quella banda grande e monti assai e pieno di fosse, rimaneva a’ pisani, pratichi de’ luoghi e che non fuggivano fatica alcuna, aperta ancora la via di condurre da vivere in sulle spalle loro, si facessi uno campo a Mezzana, mediante el quale si serrava al tutto lo via di Lucca e si proibiva che di Val di Calci ed altri luoghi quivi convicini non vi entrassi nulla. Conchiusono che serrando in questa forma non entrerebbe in Pisa di nuovo vettovaglia, o sarebbe sí poca, che se ne nutrirebbono di piú pochi dí, e che non faccendo questo, vi sarebbe partiti scarsi. Scrissonne e’ commessari a Firenze, e fu approvato questo modo e disegnato secondo lo ordine loro, che ognuno di questi campi avessi mille fanti, de’ quali piú che e’ dua terzi erano battaglioni, ed e cavalli si distribuissino quasi equalmente, e cosí rimase a San Iacopo Antonio da Filicaia, e con lui...; a San Piero in Grado Alamanno, e con lui Muzio Colonna, a Mezzana Niccolò Capponi, e con lui...

Questa risoluzione mostrò quanto insino a quello dí si fussi ingannato chi aveva governata ultimamente la guerra di Pisa, perché l’anno dinanzi, quando si dette el guasto, fu ferma opinione di molti, massime del gonfaloniere e di Niccolò Capponi che vi era commessario, che o in Pisa non si aspetterebbe el guasto perché e’ contadini farebbono tumulto, o aspettandolo, che in pochi mesi fussino constretti a arrendersi per la fame. Dato el guasto e non se ne vedendo effetto alcuno, si conobbe che se e’ non si chiudeva la via del mare, e, pisani si sustenterebbono, e però si condusse el Bardellotto con tanta allegrezza del gonfaloniere, de’ dieci e de’ primi cittadini, che e’ credessino in pochi mesi averne Pisa. Riuscí questa speranza vana, e si conobbe che el guasto, la armata di mare non bastavano, se non si toglieva loro el sussidio de’ lucchesi; e però doppo molti dibattiti si fece con loro quello accordo di che è detto di sopra; ma si scoperse a mano a mano che la armata sola non era atta a tenere che non vi entrassi el grano: fecesi el ponte in su Arno a San Piero in Grado, e per chiudere interamente la banda di terra, si messe el campo verso Librafatta. Di che stimando ognuno che e’ fussino serrati al tutto, e sperandosene di corto una assoluta vittoria, si vedde chiaro in spazio di qualche settimana che non faccendo altro provedimento, non solo rimaneva loro via di trarre commodità di quello di Lucca ed ancora del paese nostro, ma che è piú, che e’ non era bene chiusa la acqua rispetto al Fiume Morto e Osoli; e però fu necessario fare el provedimento sopradetto di un ponte ed uno bastione a Fiume Morto, e di uno terzo campo a Mezzana. Questo può essere esemplo a coloro che hanno a governare simile cose, che quando vogliono rompere uno disegno al nimico, non solo pensino a impedirgli quello che egli fa al presente, ma considerino piú là, toltagli quella via, quello che egli possa fare, altrimenti non chiamino riparato perché chi in una necessità sua si vale di qualche modo, se gli è levato quello modo benché con piú difficultà, ne ritruova uno altro, e sono tanti gli stimoli della necessità, che è molto difficile el proibirgli che e’ non si vaglia per qualche verso.

Deliberati e’ tre campi ne’ quali avevano a intervenire tutti e’ cavalli nostri e circa a tremila fanti de’ quali e’ due terzi o piú erano battaglioni ed ordinandosi, si fece pruova di avere Pisa per trattato, el quale sendo doppio fu di pericolo non piccolo alla città. Era stato molti e molti mesi, innanzi, insino quando Alessandro Nasi fu commessario a Cascina, stato preso Alfonso del Mutolo pisano e ritenuto prigione a Firenze. Era costui di nazione vile, figliuolo di uno fabro ed ancora nelle azione sua di poco giudicio; ma sendo della persona molto gagliardo e fiero ed adoperatosi assai nelle fazioni fatte contro a noi, aveva in Pisa seguito di molti bravi e che erano in sulle arme. Sendo adunche stato costui piú di uno anno nelle Stinche fu tentato da uno Canaccio da Pratovecchio che era della ordinanza, suo intimo amico e che in queste sue calamità gli aveva fatti molti benefíci e sovvenutolo di danari e di ogni sua necessità, di volere pensare, se mai tornassi in Pisa, di essere operatore che e’ fiorentini la riavessino; a che lui sendo stato da principio renitente, in ultimo, fatto altro disegno, mostrò di acconsentire.

Conferinne Canaccio col gonfaloniere e con Gherardo Corsini che era de’ dieci, perché si pensassi qualche modo che Alfonso tornassi in Pisa, e rispondendo Gherardo di non ne volere fare nulla perché non gli pareva potersi pigliare fede di Alfonso, lui fece capo a Antonio da Filicaia che medesimamente era de’ dieci, el quale sendosi ristretto col gonfaloniere, accadde che el Bardella, per riavere el figliuolo suo preso nel canale di Piombino, richiese che e’ fussi barattato con Alfonso del Mutolo, sapendo che e’ pisani lo farebbono volentieri. Alla quale cosa concorrendo e’ dieci con difficultà, perché pareva loro che Alfonso fussi di momento nelle cose di Pisa, pure per opera del gonfaloniere e di Antonio vi si disposono, non sapendo alcuno degli altri quello che si trattassi da canto, eccetto Gherardo Corsini el quale sendo richiesto da Antonio di favorirla, disse che se ne passerebbe di mezzo.

Fatta la deliberazione, Alfonso fece col gonfaloniere, Antonio e Canaccio questa conclusione: che si insignorirebbe di una porta e della torre, ed uno dí, quale e’ determinassi con Antonio che di già era eletto commessario, tirerebbe in sulla torre Canaccio con uno numero di uomini; e perché quello che e’ faceva lo faceva per salvare la città sua e non voleva in modo alcuno essere chiamato traditore che chiamerebbe e’ pisani, direbbe loro che e’ fiorentini fussino signori della porta e della torre e che quando e’ volessino mettergli drento amichevolmente, che aveva e’ capitoli in mano co’ quali si intendessi fatto lo accordo, e che stimava che e’ calerebbono in ogni modo e, quando pure non volessino calare, che in quello caso darebbe loro la entrata libera.

Prestò el gonfaloniere fede a questo ragionamento; ed essendo Alfonso ito in Pisa e trattando questa pratica da canto con Antonio, né se ne conferendo cogli altri commessari acciò che Alamanno non participassi di questa gloria, deliberorono farla el sabato santo la mattina a buon’ora, e che la pruova si facessi alla porta di Lucca, dove sendo venuto Antonio da Filicaia col campo suo e gli altri commessari, a chi si era scoperto in sul fatto perché era necessario vi intervenissino parte degli altri campi, lo effetto fu che avendo Alfonso tirato su a uno a uno Canaccio con una compagnia di circa a trenta della ordinanza di Casentino, ne amazzò qualcuno e gli altri tenne a prigione e cominciò a salutare e’ nostri colle artiglierie dove sendo ferito che poco poi ne morí Pagolo da Parranos, le gente nostre si ritirorono a’ luoghi loro, maravigliandosi ognuno che per sí poco acquisto avessino fatto un trattato di questa sorte, ma si intese poi che el disegno loro fu di assaltare el campo con speranza di avergli a disordinare giugnendogli fuora della opinione loro o di assaltare el ponte e gli alloggiamenti di San Piero in Grado, ma si ritennono per conforto di Tarlatino, el quale o parendogli essere troppo debole o dubitando che Alfonso non facessi qualche colpo di maestro non gli lasciò uscire fuora.

Ordinato di poi e posto el terzo campo a Mezzana, si cominciorono a strignere piú le cose di Pisa, perché lo staio del grano vi valeva piú di dieci lire ed al continuo rincarava, perché drento ne era poca quantità ed e’ passi erano in modo chiusi che ve ne poteva entrare poca somma; nondimeno la ostinazione loro era grande, massime in una sorte di capi e quali tenevano sotto la moltitudine, parte con paura parte pascendola con speranza di soccorso fuora e di nuovo ricolta, della quale per privargli si deliberò dare el guasto e si conobbe el paese essere sí abondante e le biade sí belle che ogni poco intorno alle mura che si lasciassi loro sanza guastare, aggiunto a quello che seminavono drento, gli condurrebbe molti mesi in là e cosí si espedí in non molti giorni raschiando intorno alle mura, benché vi si andassi con grande pericolo delle artiglierie.

Era già mezzo el mese di maggio e veduto e’ pisani non pigliare partito, pareva el gonfaloniere che vi si dovessi andare a campo con le artiglierie e però ne fece fare pratica ne’ dieci, dove sendo per molte ragione contradetta da messer Francesco Gualterotti, Giovan Batista Ridolfi, Piero Guicciardini, Iacopo Salviati ed accordandosi a questo parere tutta la pratica, lui di qui a pochi giorni la propose negli ottanta, chiamata insieme una pratica grande di cittadini ma di già sendo divulgato come el campeggiarla dispiaceva a cittadini piú savi, la piú parte si accordò alla medesima sentenzia in modo che questo disegno si pose da canto. Le ragione potissime che gli mossono furono queste: l’avere veduto esperienzia negli anni passati con quanto poco successo si fussi tentata tale espugnazione e se bene e’ pisani erano piú deboli che e’ non solevano, el medesimo accadere a noi, e’ quali eravamo in grande scarsità di danari, sanza condottieri a cavallo da farne molto conto, sanza capi di fanterie che avessino riputazione alcuna e sanza fanti pratichi ed esercitati, e però se si voleva fare impresa di sforzargli, essere necessario farla in gran parte in sulle spalle de’ battaglioni a’ quali non poteva la brigata disporsi a prestare fede. Queste ragione benché allora fussino benissimo considerate, nondimeno per quello che si ritrasse da poi non furono forse vere; perché oltre allo essere in Pisa piccolo numero di gente e minore che non soleva, la piú parte che vi erano, erano tanto deboli pel poco mangiare che non arebbono potuto servire francamente, come già solevano alla difesa della città né in sulle mura né a fare ripari e’ quali solevano fare tanto presto che piú volte per questo si erano salvati.

E cosí levato in tutto el pensiero della forza, si continuava nello assedio, in che si intendeva essere ogni dí piú grandissime le angustie loro, perché vi era poca vettovaglia e quella era sí cara che, vendendosi lo staio piú di tre ducati, erano tanto pochi quegli che ne potevano comperare, che la moltitudine si trovava tutta in estremità grande e di già ne cominciava a morire di fame, e tutto dí crescendosi nelle necessità, si vedeva la loro ultima ruina propinqua, di che la piú parte, sendo superata la ostinazione dalla fame, era disposta a pigliare questo accordo ma mancava chi si facessi capo di questa voluntà e repugnassi a quegli che lo contradicevano, quando la fortuna che sa trovare tutti e’ modi aperse la via a dare effetto a questa materia.

Quando gli imbasciadori pisani andorono, come di sopra è detto a Piombino sotto spezie di praticare accordo, vi fu nel numero loro per conto de’ contadini uno Filippo di Puccierello quale essendo uomo di seguito, e stato de’ primi inimici che avessino e’ fiorentini in Pisa, aveva cominciato a credere che in ultimo la vittoria sarebbe da e’ fiorentini, e però che e’ sarebbe bene farsi innanzi e acconciarsi con qualche condizione. Di che accortisi quegli cittadini pisani che erano ostinati, dubitando che lui alla ritornata di Pisa non facessi qualche movimento, gli persuasono rimanessi in Piombino e continuassi mediante quello signore, la pratica dello accordo. Dove sendo rimasto, vi stette insino a tanto che Pisa fussi chiusa da e’ tre campi, e di poi non potendo ritornare in Pisa, né volendo stare piú in Piombino perché s’era accorto a che fine vi era suto lasciato, se ne andò a Lerici, e statovi qualche giorno, si risolvé volere entrare e di comporre questa cosa. E però fatto intendere a Alamanno Salviati che volentieri verrebbe a San Piero in Grado a parlargli ed avuto salvocondotto, lo venne a trovare, e confermato da lui con molte ragione e promesse sul proposito buono, ne andò a Pisa; dove avendo detto apertamente che poi che drento mancava loro da potere vivere, ed el guasto gli aveva privati della speranza della ricolta, ed erano abandonati d’ogni soccorso forestiero, sarebbe bene pensare a qualche composizione cogli inimici, innanzi che la ultima necessità gli costrignessi.

Fece drento movimento e pensieri assai. Doppo la ribellione di Pisa, la quale non piacque meno a’ contadini che a’ cittadini, fu da principio el governo della città negli uomini piú nobili, piú ricchi e di piú riputazione, ed in quegli a’ quali per ogni rispetto si conveniva essere superiori; in costoro si distribuiva el priorato, el magistrato de’ dieci sopra la guerra, le legazione ed in effetto el pondo di ogni cosa. Ma continuando la guerra ed e’ pericoli ogni dí in sulle porte della città, dove ogni dí era necessario essere colle arme in mano, cominciorono a essere in tale credito quegli che colle arme facevono buona pruova, sanza distinzione di essere nobili o ignobili, che ristrettisi insieme presono el dominio e la sustanzialità di ogni cosa in se medesimi; perché in una città venuta di nuovo in libertà e perturbata da una guerra continua e pericolosa, si trattavano le occorrenzie con piú ferocia che non è consueto in una vita civile. Di questo cominciò a calare la autorità di quegli che a principio erano piú grandi, e succedendo di poi che e’ fiorentini occuporono quasi tutto el contado, e cosí la piú parte di chi aveva facultà, che erano quegli di sopra, avendo perduto le possessione e le entrate sua, vennono in sospetto, come se per ricuperare la roba loro desiderassino accordarsi con fiorentini; in modo che el governo di ogni cosa si ridusse in quegli che erano piú in sulle arme e che avevano meno che perdere, e gli altri, eccetto quegli che nella rebellione di Pisa si erono valuti di robe de’ fiorentini o erano loro debitori, cominciorono a essere tenuti depressi.

Con costoro che erono in sulle arme, concorreva el contado, e’ quali per essere di numero assai, erano di momento grande e però erano carezzati e si trovavano ne’ magistrati e nelle deliberazione; ma perché erano uomini grossi ed ignoranti, ne erano, nelle resoluzioni che si avevano a fare, menati da quegli altri con mille arte e mille lettere vane, ed a loro bastava essere contenti di tutto quello volevano ottenere. Nondimeno questi ultimi, stracchi dalla lunghezza della guerra e vedendosi tôrre ogni anno le ricolte, si erano cominciati a piegare e arebbono piú volte preso partito, se la disperazione del non potere trovare misericordia da’ fiorentini, nel quale dubio quegli di sopra li nutrivano, non gli avessino ritenuti, ma cominciando a prestare fede a Filippo di Puccierello ed avendo qualche confidenzia che Alamanno avessi a essere buono mezzo a fare osservare le cose promesse, si voltorono alla via dello accordo e feciono intendere a’ cittadini...

FINE